La decisione del presidente della Federazione russa, invece, potrebbe rappresentare “un atto dimostrativo” di Putin “per fare emergere in modo ancora più eclatante la dipendenza Ue dalle forniture di gas russo” ma anche “un atto dimostrativo del presidente russo per dimostrare che non ha bisogno di divisa forte: non ho bisogno di esportare per avere i vostri euro o i vostri dollari. Un ragionamento che è vero e non è vero insieme perché se gli importatori europei devono convertire in rubli i loro pagamenti gli euro o i dollari arriverebbero comunque al sistema bancario russo”. Comunque, sottolinea Messori, “da economista questa decisione lascia sgomento anche perché si tratta di una violazione contrattuale. Ogni contratto internazionale, soprattutto per quelli a medio-lungo termine, specifica la divisa internazionale che viene utilizzata per il pagamento. Pertanto questa iniziativa unilaterale di cambiare moneta significa legalmente rigettare il contratto”. E quindi, si interroga l’economista, “perché rischiare un contenzioso del genere? Il rischio è che voglia creare un casus belli. Se gli europei rifiuteranno di pagare in rubli allora il contratto non avrà più validità e si rischia uno stop alle forniture di gas. E questa sarebbe un’escalation veramente pesante dal punto di vista economico. Con l’interruzione totale delle forniture di gas e di petrolio per l’Europa ci sarebbe il rischio di andare in recessione“.