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Il flash crash di Fineco e Campari sull’errore di Bloomberg Intelligence. Le vendite innescate dalle macchine possono aver impattato sul retail, influenzandone l’operatività
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Il sistema di trading automatico legge male: così l’algoritmo affossa il titolo in Borsa
Il flash crash di Fineco e Campari sull’errore di Bloomberg Intelligence. Le vendite innescate dalle macchine possono aver impattato sul retail, influenzandone l’operatività
di Vito Lops
10 agosto 2024
I punti chiave
Le anomalie
Il confronto uomo-macchina
3' di lettura
I mercati finanziari possono attraversare cigni neri (imprevedibili), cigni grigi (in parte prevedibile ma comunque sorprendenti nelle dinamiche) e anche, molto più banalmente, errori nella comunicazione dei dati. L’ultimo cigno nero è stato il Covid. Quanto al cigno grigio è ancora in corso. Si tratta della bolla delle operazioni carry trade montate negli ultimi due anni su uno yen debole, profittando della clamorosa divergenza di politica monetaria tra la Fed e la Bank of Japan. Il fatto che il cambio dollaro/yen fosse una minaccia era nell’aria ma in pochi avrebbero immaginato che sarebbe bastato un rialzo di 15 punti base da parte della BoJ per portare la volatilità a 65 punti, come ai tempi della pandemia appunto.
Le anomalie
Quanto agli errori, capitano di frequente. Ne sono un esempio lampante le anomalie dovute a sistemi automatici e algoritmici di trading che nei giorni scorsi hanno impattato persino dei titoli molto liquidi del listino milanese come Fineco e Campari. «Entrambi i titoli hanno avuto una forte oscillazione dopo la pubblicazione dei conti trimestrali - spiega Guido Pardini, Direttore Generale di Intermonte e responsabile area Sales & Trading -. Il punto è che il movimento è stato innescato da una lettura errata da parte degli algortimi, che ormai dominano il trading, dei dati di bilancio per via di un errore del comunicato di Bloomberg intelligence, uno dei motori più influenti per gli algoritmi finanziari. Per quanto riguarda Fineco è stato riportato per il secondo trimestre un utile netto di 147 milioni. Il titolo è subito sceso del 4%, da 16,15 a 15,5, per poi recuperare il tutto dopo 10 minuti quando sono stati pubblicati i dati corretti, ovvero un utile netto di 173 milioni di euro. Ancora più evidente il caso di Campari - prosegue Pardini - che a causa di un analogo errore è arrivato a perdere l’8% ed è scattata una sospensione per eccesso di ribasso per mezz’ora. La reazione a caldo arriva dalle macchine, ma molti investitori retail hanno subito un danno perché nei minuti successivi, vedendo i titoli scendere, potrebbero essere stati influenzati nell’operatività. Decidendo magari di vendere i titoli dopo aver notato conti peggiori di quanto poi non lo fossero in realtà. Considerando le capitalizzazioni di mercato delle due aziende, i due titoli complessivamente a causa dell’errore hanno subito uno scivolone ingiustificato di circa 700 milioni di euro. Gli esempi citati sono quelli più recenti ma la casistica che abbiamo potuto riscontrare negli ultimi anni è ampia».
Il confronto uomo-macchina
Come si può risolvere un problema del genere, soprattutto considerando che non si tratta di un caso isolato? «La macchina legge in un secondo il comunicato mentre l’uomo ci mette qualche minuto. Non c’è partita. L’uomo, dinanzi a un reporting season, arriverà sempre dopo la macchina. E sarà ancor più penalizzato nei casi in cui capitino degli errori come nei casi citati. Un modo per arginare questa vulnerabilità potrebbe essere stabilire che le società italiane, come peraltro accade da tempo negli Stati Uniti, riportino a mercati chiusi. In questo modo si ridurrebbe la volatilità durante la comunicazione di dati sensibili, le macchine non avrebbero un così grande vantaggio rispetto all’investitore retail come accade oggi. E in più si eviterebbe casi clamorosi come quelli recentemente capitati agli investitori di Fineco e Campari».