Il comitato parlamentare d'inchiesta svizzero ha pubblicato un rapporto di 569 pagine sul collasso di Credit Suisse, esprimendo numerose critiche sul modo in cui le autorità hanno gestito la crisi ma assegnando la responsabilità principale alla cattiva gestione del management della banca.
Il rapporto attribuisce il collasso della seconda banca elvetica per dimensione ad anni di cattiva gestione, sottolineando che i bonus erogati ai dirigenti tra il 2010 e il 2022 (34 miliardi di franchi svizzeri) hanno superato le perdite della banca nello stesso periodo.
Il comitato ha altresì criticato la FINMA, l'autorità svizzera di vigilanza sui mercati finanziari, per aver concesso eccessiva flessibilità riguardo ai requisiti patrimoniali della banca.
Le discussioni tra le autorità sono state descritte come un po' troppo “ad hoc” e prive di trasparenza, con frequenti riunioni informali o "non-riunioni" che hanno bypassato i formati ufficiali di gestione delle crisi. Tuttavia il rapporto riconosce che le autorità svizzere siano riuscite a prevenire una crisi finanziaria di implicazioni globali.
Le fragilità del sistema svizzero, come segnala l'analisi, sono ora tutte sulle spalle dell'unica grande banca nazionale rimasta, UBS, che oggi ha un bilancio più grande dell'intera economia svizzera, alimentando preoccupazioni sui rischi sistemici.