Qualche riflessione in ordine sparso sui singoli stati.
I Democratici si stanno spendendo molto in Florida, Texas, Arizona e Georgia.
Ma potrebbero essere vittima un miraggio simile a quello intravisto in molti cicli elettorali, a parti invertite,
dai Repubblicani in New Jersey o Pennsylvania (con la straordinaria eccezione di quest’ultimo stato nel 2016).
A mio avviso in
Florida le comunità di esuli cubani e venezuelani voteranno in massa per Trump,
annullando il vantaggio democratico con i portoricani.
Lo stato resta un “toss-up” naturale per la sua composizione demografica, ma il GOP è in leggerissimo vantaggio.
E
i primi numeri sull’early voting – seppure da
prendere con le pinze – sono meno favorevoli ai Dem
di quanto abbia previsto la stragrande maggioranza degli analisti.
Per quanto riguarda la
North Carolina, la
media RCP vede Biden in vantaggio di 2 punti.
Il 31 ottobre del 2016 la stessa media vedeva avanti la Clinton di 3 punti abbondanti.
Alla fine vinse Trump con 3 punti e mezzo di margine.
The Donald potrebbe farcela anche questa volta, magari con un distacco inferiore.
Se invece in North Carolina prevalesse Biden, la partita sarebbe virtualmente chiusa.
In
Arizona, Texas e
Georgia, infine, si giocherà tutto a Suburbia.
Si fa un gran parlare delle “suburban moms” che si sarebbero ribellate a Trump,
ma la mia sensazione è che le scorazzate di BLM e Antifa in giro per il paese,
con la copertura implicita del Partito democratico, abbiano livellato il terreno dello scontro.
E in questo caso il vantaggio – strutturale – sarebbe tutto del GOP.
In ogni caso, come per la North Carolina, una vittoria qualsiasi di Biden nella Bible Belt
sarebbe un segnale esplicito di una vittoria a valanga dei Democratici.
Due stati che potrebbero rappresentare una sorpresa positiva per Trump sono Nevada e Minnesota.
In
Nevada, la pandemia potrebbe paradossalmente portare acqua al mulino del GOP,
vista la dipendenza dal turismo dell’economia del Silver State.
In
Minnesota dipende tutto dalla reazione della popolazione alle devastazioni BLM e Antifa.
In entrambi i casi, continuo a vedere Biden leggermente favorito, ma non mi sorprenderei troppo in caso di ribaltoni elettorali.
Non mi sorprenderei troppo neanche se Trump riuscisse a confermare il risultato del 2016 in
Wisconsin e
Michigan.
Ma parto dal presupposto che i Democratici abbiano imparato qualcosa dai grossolani errori del 2016
e quest’anno abbiano preso contromisure efficaci. Anche in questo caso: vantaggio Biden.
Come è facile intuire, resta soltanto la
Pennsylvania, che in questo scenario (estremamente favorevole a Trump, lo ripetiamo),
sarebbe un “must win” per entrambe le campagne.
Biden, in teoria, potrebbe vincere anche senza il Keystone State, trovando grandi elettori – per esempio – in Arizona o Georgia
(ci sono grandi aspettative Dem anche per l’Iowa, ma
questo sondaggio potrebbe aver messo fine a ogni speranza).
Per Trump, invece, a meno di risultati anomali nel Midwest che ad oggi sono difficili da ipotizzare,
la Pennsylvania è uno stato da vincere ad ogni costo.
Nella media RCP, Biden è davanti di 4 punti.
Nel 2016, il 31 ottobre, la Clinton era in vantaggio di 6 (ridotti poi a 2 il giorno prima del voto).
Per ora (e non solo in Pennsylvania) non ci sono state oscillazioni nei sondaggi paragonabili a quelle del 2016.
Ma lo stato resta, a mio avviso, estremamente competitivo.
E non è un caso che Trump, soltanto ieri, sia stato presente in 4 rally con una grande partecipazione di pubblico.
Il vantaggio resta, razionalmente, dalla parte di Biden.
Ma potrebbe essere una sfida molto più incerta di quella che i
mainstream media ci hanno descritto finora.
Adesso, la parola spetta al
popolo americano.
A noi resta soltanto la speranza.