CI SONO IN GIRO PERSONE MOLTO INTELLIGENTI... MOLTE PER0' SONO ASINTOMATICHE

"Quello che sta accadendo in queste ore è inimmaginabile: i flussi migratori (clandestini) sono ormai fuori controllo
ed il centro di accoglienza di Lampedusa sta letteralmente esplodendo.
Le basti pensare che potrebbe accogliere un massimo di 190 persone ed attualmente ne ospita nove volte tante."

"C’è stato un aumento significativo, sia rispetto allo stesso periodo dello scorso anno che al periodo estivo.
Lo scorso agosto, nonostante la pandemia ancora in atto, ce ne sono stati moltissimi,
ma anche nelle fasi di maggiore criticità nell’hotspot si è arrivati a un massimo di 1000-1200 persone.
Oggi siamo arrivati a quota 1700, una cifra a dir poco spaventosa."

"Purtroppo sì, esattamente come prevedevamo. Le modifiche ai dl sicurezza hanno inciso moltissimo sui flussi migratori:
penso all’ampliamento delle ipotesi in cui non potrà più essere operato il respingimento o l’espulsione di un clandestino
ed ai permessi di soggiorno che verranno concessi praticamente a chiunque ne faccia richiesta.
È un invito a nozze per chi vuole raggiungere illegalmente le nostre coste e per le organizzazioni criminali che speculano sulla pelle dei disgraziati."

"Assolutamente no, ma non solo a Lampedusa.
La gestione dell’emergenza sanitaria, se il governo continuerà a portare avanti politiche di questo tipo, diventerà un problema di tutta Italia:
con così tante persone stipate nelle strutture di accoglienza, le norme igienico-sanitarie e di contenimento del virus sono destinate a saltare.
Siamo seduti su una polveriera pronta a esplodere, sia dal punto di vista sociale che dal punto di vista sanitario."

"Sì, diversi agenti della questura di Palermo sono stati contagiati dopo aver prestato servizio nell’hotspot di Lampedusa.
Ed è paradossale che tutto questo accada proprio mentre il Paese è alle prese con la seconda ondata di Covid."

"Beh, mi sembra quantomeno bizzarro che il governo si preoccupi di chiudere le regioni e non i propri porti..."

"La Sicilia è stata classificata dal recente Dpcm come zona arancione, in teoria sono vietati gli spostamenti sia in entrata che in uscita,
eppure chi passa dall’Africa continua ad arrivare come se nulla fosse… purtroppo il paradosso c’è ed è sotto gli occhi di tutti.
È inspiegabile che il governo non pensi ad una soluzione concreta per arginare il problema,
i centri di accoglienza possono diventare, come già accaduto nei mesi scorsi, dei focolai al pari delle Rsa."


"Ora più che mai è necessario bloccare i flussi migratori incontrollati.

Lo stiamo dicendo dall’inizio della pandemia, ma le nostre richieste, evidentemente, non vengono considerate prioritarie.

Siamo profondamente amareggiati, le donne e gli uomini in divisa sono sempre in prima linea nel difendere lo Stato,

ma lo Stato dov’è quando siamo noi ad aver bisogno di aiuto?
 
Un povero illuso si appella ancora ad una presa di posizione del PdR,
ma è inutile. Non ha spina.


In questi giorni si sta assistendo ad un pesante scontro tra Governo e Regioni
sulle misure di contenimento del Coronavirus e su quelle limitative delle libertà economiche e personali.


Il motivo principale del conflitto – lo dico subito senza inutili giochi di parole e saltando a piè pari la cronaca degli avvenimenti –
risiede nello iato rappresentativo tra centro e periferie, ossia tra Parlamento e Governo, da un lato, e territori, da un altro.

È la profonda discrepanza rappresentativa, insomma, la vera molla del conflitto o almeno quella che più di altre ostacola la convergenza delle soluzioni.

Divario che porta con sé, per forza di cose, la diversità di valutazioni e ricette da mettere in campo.


Questo aspetto va al di là degli interessi spicci e dei pur presenti ostacoli d’ordine costituzionale.

La politica, lo sappiamo, è fatta anche di esigenze legate a questioni di bottega, di convivenza sui territori,
di responsabilità giuridica, ma anche di ricerca e mantenimento del consenso e di conservazione di poltrone.

E questo vale per tutti gli attori del momento, di opposizione e di maggioranza.

I falsi moralisti non mi sono mai piaciuti e non intendo certo entrare oggi a far parte di questa pur folta schiera.


D’altra parte, anche i difetti di coordinamento di fonte costituzionale tra poteri statali e quelli regionali non agevolano la risoluzione delle questioni.

Anzi, vien da dire che più queste sono contingenti più l’articolo 117 della Carta complica la ricerca di soluzioni condivise.

Il titolo V è la peggiore pagina della storia costituzionale della Repubblica, sia per il diritto, sia per i governanti e i cittadini.


Quel che intendo mettere in evidenza, però, non sono tanto questi aspetti, quanto la radice assai più profonda che alimenta lo scontro istituzionale in atto.

Radice malevola, che va oltre la politica quotidiana, la pratica di governo e la confusione delle regole.

La radice è per l’appunto quella che ho indicato all’inizio e che coincide con la frattura di rappresentatività fra centro e periferia,
col divario profondo che da mesi si è formato tra palazzi romani e territori.


La composizione di Governo e Parlamento non è più specchio del Paese reale,

non riflette adeguatamente il peso dei partiti in campo per come misurato nelle urne regionali dopo il voto nazionale del 2018.



Avere voluto forzare la realtà politica del Paese, averla piegata per far sbocciare esecutivi innaturali
e per continuare a tenere in vita un Parlamento non più rappresentativo della voce dei territori,
ha creato una frattura radicale tra questi e la maggioranza partitica che dal centro pretende di continuare a governare il Paese.


Quello di far nascere governi innaturali fu un errore di sostanza, compiuto sia all’inizio della legislatura,
sia nell’estate dello scorso anno, con responsabilità distribuite su molti livelli.


Errore di merito, non di forma. Tutte le scelte, infatti, furono compiute nel rispetto delle regole.

Ma la sostanza fu tradita e anche oggi continua ad esserlo.


La realtà è vendicativa: se forzata oltre misura, sebbene in omaggio alla legge, per perseguire interessi ad essa estranei,
prima o poi si vendica, mandando il sistema in cortocircuito.

Proprio quello che sta accadendo in queste ore.


Non sembri strana questa affermazione.

Qualcuno l’ha fatta prima di me:

“Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato” (Mc 2,27).


Lo disse un ebreo vissuto duemila anni fa che, anche se considerato solo nella sua dimensione umana, pare ci vedesse lungo.
 
Con la seconda ondata di misure liberticide, sulla scorta di una inaccettabile tutela della salute
che tende ad azzerare ogni altro diritto se non quello di vegetare entro le mura di casa,
emerge con grande evidenza un drammatico vulnus delle nostre democrazie.

In estrema sintesi, stiamo vivendo sulla nostra pelle una sorta di sempre più schiacciante tirannia della maggioranza,
dopo aver gettato nel panico gran parte dei cittadini, in merito alla linea adottata per contrastare la diffusione del Sars-Cov-2.

Ed è infatti bastata una pandemia con una bassa letalità, che colpisce essenzialmente le persone fragili e immunodepresse,
per sospendere d’imperio e per un tempo molto lungo gran parte delle libertà stabilite dalla Costituzione.


Una Costituzione la quale, occorre ricordarlo con estrema chiarezza,
si fonda proprio sul principio di impedire che il sovrano, possa decidere a maggioranza qualsiasi cosa,
come quella di far adottare dai suoi rappresentanti al potere misure che ledano profondamente la libertà dei cittadini.



Con il nuovo Coronavirus abbiamo stabilito un grave, gravissimo precedente con il quale, in un futuro prossimo,
sarà ancor più facile oltrepassare con un semplice atto amministrativo i non più invalicabili limiti costituzionali,
approfittando di qualunque emergenza, eventualmente enfatizzata ad arte dalle solite grancasse di regime
.


E la prova che chi governa il Paese ci abbia preso gusto a usare la leva estremamente pericolosa dei poteri speciali,
giustificati da un virus che nel 96 per cento dei casi non viene quasi avvertito da chi ne viene in contatto,
è fornito dalla imbarazzante disinvoltura con cui due grandi e produttive regioni del nord Italia,
Piemonte e Lombardia, insieme alla Calabria sono state inserite nella famigerata zona rossa,
in cui vigono misure di sostanziale regime di carcerazione in casa per i malcapitati abitanti.

Così, come sembra ancor imbarazzante rilevare che le stesse regioni sono tutte guidate da Amministrazioni appartenenti all’opposizione di centrodestra.

In questo caso, all’arbitrio di misure di confinamento di massa si somma l’arbitrio, altrettanto letale per la democrazia,
di un Governo giallorosso che pare orientare le proprie restrizioni più sulla scorta di ragioni politiche
e molto meno sulle effettive esigenze sanitarie.

Il caso clamoroso della Campania, di cui si è annunciato per settimane l’imminente collasso sanitario,
lasciata misteriosamente fuori dalla citata zona rossa, ne costituisce la prova lampante.



Ma al di là di tutta una serie di argomenti logici, come la superiore organizzazione ospedaliera di Piemonte e Lombardia rispetto ad altre regioni,
soprattutto del sud, che rendono abbastanza inspiegabile una simile scelta, a monte di tutto c’è stato, a mio modesto avviso,
il rapido smottamento di quasi tutti i vincoli costituzionali con cui, senza il fermo diniego dei vertici della polizia di Stato,
la maggioranza al potere si sarebbe messa sotto i piedi l’inviolabilità costituzionale del domicilio.
 
Puglia ???? mi ricorda qualcuno che viene da quella regione .........

L'immagine, condivisa su Facebook dal giornale locale on line "L'Ora di Brindisi", è chiara:

sui primi ventiquattro posti dell'autobus non ci si poteva sedere,
ma ci si poteva accomodare solo negli ultimi ventinove posti.

In teoria, a bordo del bus, la capienza massima richiesta dall'ultimo dpcm sarebbe stata rispettata,
ma il regolamento non era stato ben interpretato dalla società di trasporti.

Tutti gli autobus o vagoni della metro devono avere una capienza massima fino al 50 per cento
e, cosa ancora più importante, i posti a sedere devono essere alternati.


La cosa evidentemente non era chiara ad un collaboratore della Stp.

A spiegarci meglio la vicenda è stato il direttore della Stp Brindisi, la società che da oltre quarant'anni
si occupa del trasporto pubblico nella provincia brindisina.

"La foto è stata scattata in una fase sperimentale, tant'è che è da oggi in vigore il decreto e noi ci siamo messi in regola".

La cosa che ha sorpreso anche in azienda è che il collaboratore che aveva sistemato le transenne a bordo del mezzo
non aveva ben compreso in che modo dovessero essere suddivisi i posti a sedere.


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Spesso si è pensato che la strategia svedese contro il Covid-19,
legata essenzialmente al non fare molto ed a lasciare che si raggiungesse l’immunità di massa,
sia stata legata anche ad una causalità, magari all’indecisione, che poi è sfociata nel lasciare che le cose andassero un po’ come come volevano,
con un lockdown molto limitato che ha lasciato tutte le attività aperte.

Però il giornale svedese Expressen ci rivela una realtà ben diversa.
Il 15 marzo, poche settimane dopo i primi segnali che il coronavirus era stato registrato in Svezia, abbiamo il primo scambio di email fra esperti governativi.

Peet Tüll è un ex consulente medico e capo dell’unità di controllo delle infezioni del National Board of Health and Welfare
scrive al suo successore, Anders Tegnell che ha assunto la sua posizione quando Tüll si è ritirato.


Nell’e-mail, Tüll cerca di dare dei consigli a Tegnell.


Ciao Anders, ci sono tre strategie per fermare l’epidemia “, ha scritto nella corrispondenza e-mail riprodotta nel prossimo libro “Flocken”,
il cui estratto è stato pubblicato su Svenska Dagbladet.


  • La prima strategia ha significato un blocco totale in Svezia, per quattro settimane.

  • La seconda alternativa, che Peet Tüll ha sostenuto nella sua e-mail: rintracciare il più possibile l’infezione e mettere gli infetti in quarantena per due settimane.

  • La terza alternativa proposta da Tüll , che sarebbe stata la così controversa strategia svedese:
  • Lascia che la diffusione dell’infezione, lentamente o rapidamente, raggiunga un’ipotetica ‘immunità di gregge’ “.

Tüll però riteneva che la terza strategia fosse una provocazione perchè credeva che potesse portare a migliaia di morti.

Infatti successivamente ha scritto:

Mi sembra una strategia senza testa, che non avrei mai accettato se fossi stato in carica.


Ma lo stesso giorno gli arriva la risposta via e-mail di Anders Tegnell: l’opzione scelta è la tre.


A quel tempo, la parola “immunità di gregge” era poco conosciuta dal pubblico svedese, ma presto lo sarebbe stata a tutto il mondo. .


Dall’inizio della pandemia, più di 6.000 persone sono morte per covid-19 in Svezia.

Quasi 142.000 sono stati infettati dal virus.

Facendo un confronto con l’Italia , che ha 60 milioni di abitanti,
la Svezia ne ha avuti leggermente di meno rispetto agli abitanti
ed ha avuto più o meno lo stesso numero di casi,
ma non si può parlare di raggiungimento dell’immunità di gregge.
 
Oggi il Sole 24 ore ci dà in modo ufficiale una notizia che dovrebbe preoccupare, ed arrabbiare, i cittadini italiani da nord a sud.

Il governo ha colorato le varie regioni, dal giallo al rosso, con il verde scartato perchè sarebbe stato troppo “Tranquillizzante”,

ma questa divisione è avvenuta sulla base di dati INATTENDIBILI o VECCHI.




Non lo diciamo noi, e non lo dice neanche il Sole.

Lo dice direttamente l’Istituto Superiore di Sanità.

Ad esempio la Campania ha un Rt, l’indice di contagiosità, ad un basso 1,2,
peccato che secondo l’ISS questi dati siano, nella migliore dell’ipotesi, parziale,
in quella peggiore, come dice lo stesso ISS, “INATTENDIBILI”.

Al contrario la valutazione della chiusura totale della Lombardia è stata fatta per i dati di un Rt pari a 2, ma vecchio di oltre dieci giorni,
alcuni giorni fa era 1,57 e che oggi potrebbe benissimo essere sotto la soglia di 1,5 al di sotto della quale si torna gialli.

Non solo: le zone del bergamasco e del bresciano, così duramente colpite in primavera,
godono di valori molto bassi di contagiosità, per cui oggi potrebbero godere di regimi meno stringenti,
mentre il problema è a Milano, con un Rt più alto.


Però il governo “C’ha l’algoritmo” e sulla base di quello chiude in casa gli italiani, li condanna alla galera, oppure li lasci liberi.

Anche ammettendo che la formula con le 21 variabili abbia un fondamento scientifico,
se ci carico dei dati farlocchi avrò dei risultati sballati.


Nonostante questo Conte e Speranza, il noto autore del libro “Perchè Guariremo”, hanno deciso di affibbiare patenti sulla base di questi dati.


Naturalmente non si parla MAI di protocolli terapeutici a domicilio, come vorrebbe il dott. Cavanna,

come vorrebbero tutti coloro che si trovano veramente nella necessità di curare i cittadini.

Non si parla di strumenti di diagnosi a distanza, tele-medicina, di corsi di aggiornamento per i Medici generici,

di misure di sicurezza per garantire comunque la didattica dal vivo, come un elevato ricambio d’aria.

No, non c’è nulla di tutto questo.

Solo obblighi, punizioni e chiusure.


Perchè, come ha sottolineato la Quartapelle, la colpa dell’epidemia è dei cittadini italiani.
 
“Oggi in Lombardia siamo a 8.800 con 41.500 tamponi. Siamo certi che questa numerosità di tamponi eseguiti risponda a un razionale?
Pensate che la numerosità dei tamponi eseguiti e il risultato che ne traiamo possa in qualche modo aiutare per esempio noi a gestire meglio i malati?
Assolutamente no, perché la tempestività di intervento, la protezione degli anziani,
l'adozione di corrette misure sono completamente indipendenti dalla positività, dai nuovi positivi".

Nonostante qualcuno continui a sostenere che l’equivalenza tra positività e malattia è accertata,
questo non è assolutamente vero, come assicurato dal professore.

La malattia è conclamata quando presenta i sintomi che molti hanno conosciuto, sia come pazienti che come medici.

È dunque in quel momento che si deve agire in modo corretto e tempestivo.

In questo momento, secondo il suo parere, dovrebbero essere ascoltati e apprezzati
coloro che ragionano con razionalità e che non agiscono terrorizzando le persone.

Questo comportamento fa solo in modo che la popolazione prenda d’assalto le strutture ospedaliere,
anche soggetti che potrebbero essere curati nelle proprie abitazioni.

Come ha precisato, il terrore è quindi cattivo consigliere.


"non dobbiamo concentrarci sulla numerosità dei nuovi positivi, perché non facciamo altro che confondere le persone
e dare loro l'apparenza che in qualche modo siano dei potenziali malati e che possano anche ammalarsi gravemente per cui queste persone arrivano in ospedale".


Per l’esperto è un passo avanti molto importante il fatto che l’Ats di Milano abbia stoppato i tamponi per i contatti diretti.

Infatti, ha poi spiegato:

“Io che sono venuto a contatto con un positivo cosa faccio?
Cerco di fare un tampone nella speranza che invece il mio sia negativo.
Se per caso il mio è negativo cosa faccio da un'ora dopo?
Mi comporto probabilmente in modo poco responsabile,
perché dico sono negativo anche se sono venuto a contatto con Mario Rossi.
Invece quello a cui tutti noi dovremmo tendere è anche una questione veramente di responsabilità sociale,
è quello di eseguire il tampone quando è strettamente necessario".


Sarebbe molto più importante restare a casa e cercare di proteggere le persone che per causa nostra potrebbero ammalarsi.


Sarebbe questo il comportamento da tenere, molto più responsabile e razionale.
 
Da povero pirla che passa per la strada, lo sto ripetendo da mesi.
La statistica è un'evidenza per tutti.
Si distrugge un paese per delle scelte di incompetenti, che ancora
scrivono su un dpcm che sono ammesse le mascherine fatte in casa,
che hanno solo "valore estetico" e gli anziani sono quelli che le portano,
con le chirurgiche, quando invece dovrebbero essere obbligatorie per loro le FFP2.

Il professor Roberto Bernabei, geriatra del Policlinico Gemelli di Roma, è stato recentemente ospite a Piazzapulita su La7
dove ha sostenuto la tesi secondo la quale a morire a causa del coronavirus siano soprattutto le persone anziane
ed, in particolare, gli ottuagenari.


Un'idea sostenuta da più parti in questi mesi per smontare gli allarmismi legati alla paura di contrarre il coronavirus e di non riuscire a superarlo.

Roberto Bernabei, oltre a essere uno dei medici geriatri più importanti del Paese,
è anche uno dei membri del Comitato tecnico scientifico che in queste settimane sta tenendo sotto controllo la situazione epidemiologica in Italia.

La tesi esposta nel programma di Corrado Formigli si basa su evidenze statistiche e scientifiche che non sembrano lasciare spazio a dubbi:


"I contagiati sono tra 0 e 40 anni il 32%, i contagiati tra 30 e 70 sono il 42%, rimane un 25% che sono i contagiati dai 70 in su. Ebbene, questo 25% fa il 90% dei morti".


La sua analisi si basa sui dati delle ultime settimane e porta il medico del Policlinico Gemelli di Roma a trarre una conclusione netta:

"Muoiono praticamente quasi solo ed esclusivamente i vecchi, l’età media dei deceduti supera gli 80 anni. E in più hanno tre malattie".


Parole che non sembrano nasciare spazio ai dubbi e alle interpretazioni quelle di Roberto Bernabei,
che nella sua esposizione ha anche accennato a quali sembrano essere le patologie
che causano la maggiore probabilità di decesso tra i pazienti più anziani che contraggono il coronavirus:

"Le più frequenti sono diabete, ipertensione, insufficienza renale, fibrillazione atriale e lo scompenso di circolo. Sono le malattie della cronicità, della fragilità".

Stando al suo ragionamento, quindi, il coronavirus colpisce con forza e letalità
laddove il quadro clinico del paziente è già fortemente compromesso da patologie croniche,
che espongono gli anziani a maggiori rischi e non solo in ambito Covid:


"Quando nel 2003 ci fu l’ondata di calore, morirono le stesse persone, ultra 80enni e con le stesse patologie".


Sarebbe proprio la compromissione del quadro clinico a causare i problemi maggiori nei pazienti.

Tuttavia, l'analisi della situazione del geriatra appare lucida e rassicurante, ben diversa da quelle che venivano fatte in primavera:

"Il passaggio in terapia intensiva, ma anche nel reparto normale, evita fatti gravi, perché ormai sappiamo curare i pazienti".

"Se questa malattia fucila i vecchi è molto grave, ma è una malattia normale: le malattie infettive purtroppo aggrediscono i più fragili".
 
Oltre a questo "elemento", si devono dimettere anche il presidente del consiglio
ed il ministro della sanità, che solo 2 giorni orsono l'avevano confermato.


La Regione non ritiene adeguate le misure di massima costrizione imposte e si dice ancora in grado di gestire l'emergenza sanitaria.

Ieri la trasmissione Titolo Quinto ha smascherato un sistema di incompetenze e di mal funzionamento della macchina sanitaria calabrese
che vede a capo non la giunta, ma il generale Saverio Cotticelli, commissario alla Sanità in Calabria.

"Avrei dovuto farlo io, già a giugno scorso?",

ha dichiarato il commissario ad acta in merito all'elaborazione del piano Covid.

Successivamente alla trasmissione, Giuseppe Conte ha dichiarato sui social che intende destituire l'ex carabiniere dal suo ruolo.

Intanto emerge una lettera di Jole Santelli, presidente di regione prematuramente scomparsa,

con la quale già il 13 settembre si segnalavano "discrasie e difficoltà nel rapporto con l'Ufficio del Commissario alla Sanità".



La domanda che si fanno in tanti, soprattutto i calabresi, in questi giorni
è sul perché la loro Regione sia diventata zona rossa, nonostante i contagi tutto sommato contenuti.

Il fattore che ha scatenato le misure più severe è l'indice Rt eccessivamente alto, sopra 1.5,
che potrebbe portare a un incremento rapido dei casi Covid a breve termine se non venissero attuate adeguate misure di restringimento.

La sanità della Regione Calabria è stata consegnata da Giuseppe Conte a Saverio Cotticelli

con un decreto datato 7 dicembre 2018 con atto dell'allora ministro dell'Economia e delle Finanze, Giovanni Tria,

di concerto con la collega della Salute Giulia Grillo e sentita Erika Stefani, che era ministro per gli Affari regionali per le autonomie.



In questo ruolo, in un momento di così stringente emergenza, il commissario avrebbe dovuto lavorare
per predisporre un piano emergenziale capace di contrastare l'emergenza Covid ma ora la Calabria si ritrova completamente impreparata.

Il motivo? La scarsa conoscenza del suo ruolo da parte di Saverio Cotticelli.

"Era compito della Regione Calabria, tanto che ho anche chiesto al Ministero della Salute di risolvere il quesito su chi avesse il titolo per farlo",
ha detto con una certa sicumeria Saverio Cotticelli ai microfoni di Titolo Quinto, il programma di Rai3 condotto da Francesca Romana Elisei e Roberto Vicaretti.

Una risposta, però, smentita con i fatti dall'inviato della trasmissione, che ha inchiodato alle sue responsabilità riguardo le competenze.

"Avrei dovuto farlo io, già a giugno scorso?",

ha esclamato con stupore l'ex generale dei carabinieri colto da evidente panico e imbarazzo.

Ma gli sono bastati pochi secondi prima di prendere atto della situazione e capire: "Domani mattina mi cacceranno per questo".


L'impreparazione del commissario è emersa in tutta la sua gravità durante l'intervista,
anche quando lo stesso ha dichiarato di non essere a conoscenza del numero di terapie intensive della regione.

Ha addirittura tentato di coinvolgere l'usciere, chiedendo a lui quanti fossero, mentre la sua vice lo riprendeva, il tutto sotto le telecamere:

"La prossima volta studia, presentati preparato, comu te l’aggia a dì".


Un'intervista considerata imbarazzante da più parti, che da stamattina ha scatenato la bufera mediatica.

"Signor presidente si è dimenticato di scrivere un particolare importante.

Il commissario Cotticelli l'ha nominato lei e i suoi ministri del M5S.

Ha talmente controllo delle sue nomine che ha scoperto dell'incapacità del commissario dalla tv.

La Calabria non merita questo",


ha dichiarato Roberto Occhiuto, vice capogruppo vicario di Forza Italia alla Camera dei deputati, rivolgendosi a Giuseppe Conte.


Duri anche gli interventi dei due maggiori leader politici dell'opposizione.

"Sul commissario governativo alla Sanità della Calabria Cotticelli sta andando in scena uno spettacolo indecoroso e un ignobile scaricabarile.

Oggi il presidente del Consiglio Conte si scandalizza per una nomina che lui stesso ha fatto nel dicembre 2018,

insieme all'allora ministro M5S della Salute Grillo, e che ha confermato solo pochi giorni fa.

Il M5S, partito della Grillo, prende le distanze, ringrazia Conte e dice che servono 'persone all'altezza' per gestire l'emergenza Covid"


"La scandalosa inadeguatezza del commissario Cotticelli dimostra la scandalosa inadeguatezza di tutto il governo,

che l'aveva appena confermato alla guida della Sanità calabrese. I cittadini non meritano uomini come Arcuri e Cotticelli,

ora sia la Calabria a riprendersi in mano la sua dignità e la sua Sanità".


"La vergognosa ammissione di responsabilità del commissario di governo Cotticelli: per i calabresi non ha un piano di emergenza Covid.

E lo hanno pure riconfermato col decreto Calabria due giorni fa. Il ministro Speranza si deve dimettere subito".



Nella tarda mattinata è arrivato anche l'intervento di Giuseppe Conte:

"Il commissario per la sanità in Calabria Saverio Cotticelli va sostituito con effetto immediato.
Anche se il processo di nomina del nuovo commissario prevede un percorso molto articolato,
voglio firmare il decreto già nelle prossime ore: i calabresi meritano subito un nuovo commissario
pienamente capace di affrontare la complessa e impegnativa sfida della sanità".
 
“Nessuno ha mai messo in discussione prima il meccanismo di monitoraggio che ha portato alla divisione dell’Italia in tre fasce,
rifiutarlo significa portare il Paese a sbattere contro un nuovo lockdown generalizzato“.

“Chi ci accusa di agire sulla base di discriminazioni politiche è in malafede”.

“Non c’è alcuna volontà di penalizzare alcune aree a discapito di altre”.


Sta di fatto che l’esecutivo giallofucsia sta perdendo il controllo della situazione,
scollato anche dalle realtà territoriali le cui differenti problematiche vengono messe in evidenza dagli enti locali.

La capacità analitica di un governo, basilare premessa a qualsivoglia decisione da prendere,

si evince proprio dal rapporto di fiducia instaurato e possibilmente rinnovato con la rappresentanza politica territoriale.

Conte ha perso la sfida del legale conciliante e adesso “minaccia” neanche troppo velatamente chiusure totali.

Lo fa limitandosi a parlare di “ingiustizia di imporre lo stesso regime di misure che stiamo applicando alle Regioni rosse

anche a cittadini che vivono in territori in condizioni meno critiche”.



Resta però il nodo della scelta discutibile, che il primo ministro cerca di motivare con la buona fede:

Non c’è alcun margine di discrezionalità politica nell’ordinanza del ministro Speranza.
Le Regioni sono parte integrante di questo meccanismo
“.

Eppure sono proprio le Regioni a sentirti bypassate.

Al di là del preoccupante quadro sanitario, sul quale Conte continua appunto a scontrarsi con le Regioni,
il governo si sta dimostrando del tutto incapace di elaborare un serio piano economico (peraltro sempre più urgente).

Quanto siano insufficienti, per usare un eufemismo, le misure previste nel nuovo decreto ristori, è sotto gli occhi di tutti.

Ma il primo ministro ostenta sicurezza:
“Abbiamo inserito un fondo per erogare nuove risorse da destinare a Regioni che dovessero peggiorare il proprio livello di rischio”.

Il problema è che servono fondi immediati da destinare subito ai cittadini, non l’immobile attesa del disastro totale.
 

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