il Sole 24 Ore 14/03/19
Il fronte estero di Cmc Cantieri a metà e operai in ostaggio - di Alessandro Plateroti
Costruzioni in crisi. Kenya, Kuwait, Nepal: la cooperativa ravennate ha contenziosi aperti in mezzo mondo, con accuse di truffa, corruzione e appropriazione indebita nei maxiappalti
Il 7 dicembre 2018, il giorno in cui il gruppo Cmc ha portato i libri in tribunale, due dipendenti della cooperativa di costruzioni di Ravenna sono rientrati in Italia dal Kuwait con un volo speciale del ministero degli Esteri: un mese prima, quando le notizie sulla crisi della Cmc avevano cominciato a girare sui mercati internazionali, i loro passaporti erano stati ritirati dalle autorità dell' emirato per costringere la cooperativa a completare dei lavori per cui era già stata pagata. Con la cooperativa semi-paralizzata dall' emergenza finanziaria, solo l' intervento personale del ministro Moavero ha convinto il Kuwait ad autorizzare il rimpatrio: ma l' accusa di «gravi violazioni contrattuali» resta in piedi.
In Italia i cantieri sono eterni, ma con gli arabi non si scherza. E come hanno capito a proprie spese i dipendenti della Cmc, non solo con loro. Anche se in Italia di tutto questo non c' è traccia, la reazione internazionale alla bancarotta della Cmc rischia di trasformare una crisi aziendale in un rischioso, costoso e imbarazzante scandalo internazionale.
La Cmc, ha scoperto Il Sole 24 Ore, ha problemi ben più grossi di quanto si stato rivelato pubblicamente finora. In poco più di 4 mesi, e soprattutto con l' avvio del concordato, almeno 14 tecnici italiani alle dipendenze della cooperativa sono stati privati dei passaporti e bloccati alla frontiera da quattro diverse nazioni che avevano commissionato lavori alla Cmc: ora accusano tutti l' azienda di violazioni contrattuali, pretendendo in alcuni casi il risarcimento dei danni. E non è tutto: dopo la bancarotta, le ritorsioni contro la Cmc e i suoi dipendenti per i lavori non completati o mai avviati hanno registrato un pericoloso salto di qualità.
In Kenya, solo lunedì scorso, centodieci aziende con cui la Cmc ha avuto relazioni d' affari nei nuovi appalti sulle dighe o nei vecchi progetti infrastrutturali, sono state messe sotto inchiesta con l' ipotesi di associazione a delinquere, appropriazione indebita e truffa ai danni dell' erario: gli inquirenti stanno sequestrando tutte le fatture pagate dalla Cmc ai fornitori e persino quelle relative alle spese in alberghi e ristoranti. Le indagini della magistratura sono affidate alla divisione della polizia keniota specializzata nella lotta alla criminalità organizzata, e le accuse mosse finora sono già pesantissime: le ipotesi di reato sono la corruzione nelle gare d' appalto su opere per oltre un miliardo di dollari, la truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita. Dalle prime indagini, si ipotizza che la Cmc abbia pagato tangenti a quattro ministri per ottenere i contratti sulle dighe di Arror e Kimwarerl: per tutti e quattro si prevedono le dimissioni, soprattutto perché non sarà facile spiegare ai magistrati per quale motivo non è mai stata fatta una due diligence sulla Cmc e i suoi progetti, ma soprattutto per quale ragione il contratto esecutivo sia stato firmato in corrispondenza del default della Cmc e parte dei pagamenti anche dopo l' ammissione alla procedura fallimentare. È da notare tra l' altro che la cooperativa sarebbe sotto inchiesta per corruzione anche in Sud Africa, dove ha realizzato un anno fa alcune opere pubbliche: stesse indagini sono in corso anche in Uganda. E non è tutto.
La cooperativa italiana, secondo gli inquirenti di Nairobi, sarebbe «fuggita con i soldi della nazione» subito dopo aver ottenuto il concordato preventivo a Ravenna. I legali della Cmc, ovviamente, respingono ogni addebito e si preparano alla battaglia legale, ma il Kenya ha già attivato l' Interpol per tracciare i movimenti di denaro della cooperativa: secondo gli inquirenti, almeno 165 milioni di dollari che il Kenya aveva avuto in prestito da Intesa Sanpaolo a fronte della garanzia del governo italiano (la Sace ha assicurato il credito), sarebbero stati ritrasferiti a Londra su un conto aperto presso una banca delle Westland e poi «spariti nel nulla». In Nepal, dove poche settimane fa è stato nuovamente necessario l' intervento ufficiale del ministero degli Esteri per la "liberazione" di 14 tecnici italiani della Cmc a cui era stato sequestrato il passaporto, il governo ha deciso due giorni fa di revocare due importanti contratti vinti dalla coop di Ravenna dopo aver scoperto che a distanza di mesi dalla data prevista per l' apertura dei primi cantieri, la Cmc non aveva ancora portato nemmeno una ruspa.
La reazione dei grandi clienti del gruppo ravennate al tracollo della cooperativa, insomma, non ha precedenti nelle relazioni commerciali e diplomatiche internazionali: passaporti sequestrati ai tecnici italiani, arresti domiciliari, conti bancari congelati, inchieste penali e azioni legali risarcitorie per lavori non completati o mai avviati stanno diventando la prassi in ogni contenzioso contro l' azienda italiana.
Mentre a Ravenna si discute in tribunale solo dei soldi bruciati con i bond e delle misure necessarie per evitare la liquidazione coatta, insomma, sono i dipendenti della Cmc ad essere i più esposti ai danni della crisi. Il tribunale di Ravenna ha registrato almeno sei richieste di liquidazione totale degli asset per rimborsare fornitori e investitori. Ma della situazione dei cantieri e degli appalti esteri lasciati a metà, nessuno parla. E questo fa infuriare chi ha pagato.