Macroeconomia Crisi finanziaria e sviluppi

originale
http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=13070
traduzione
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=5840
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=5845

una sintesi ... 'il futuro dell'economia politica è fatto di passi sempre più rapidi verso un sistema globale di governance, ovvero di governo mondiale, con una banca centrale mondiale e una valuta globale, e che, contemporaneamente, questi sviluppi avverranno a fronte o a seguito di un declino della democrazia in tutto il mondo, con un conseguente incremento della gestione autoritaria del potere politico'

sinceramente ... leggere di Obama che si dichiara 'orgoglioso, non contento' del lavoro svolto dalla sua amministrazione nei primi 100 giorni ... da un ex suo sostenitore come me ... ma chi è veramente Obama ?
 
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la moneta unica di cui parli e' la GLOBUS .
Inutile perderci tempo dietro, dato che tutti gli economisti al mondo sostengono che i differenziali economici dei singoli stati sono troppo diversi per stare insieme, le economie devono viaggiare parallele ed indipendenti, rendendo liberi di fluttuare i differenziali sui cambi.
Diverso invce il discorso di una moneta unica asiatica, forse questa sorgera' daco che i suoi protagonisti stanno studianto a fondo l' "esperimento" euro.
 
non vorrei si pensasse che sono favorevole alla casta degli eletti ... che il fine ultimo del casino totale in corso (secondo me non successo per caso e più vedo i provvedimenti che si prendono più me ne convinco) possa essere quello indicato dall'articolista lo ritengo probabile ... che succeda è un altro discorso, io nel mio minuscolo mi opporrò con tutte le mie forze, creerò altri scec :D ... la moneta asiatica sarebbe solo una tappa verso il fatidico 2018 ... c'è tempo per distruggere qualche Paese ricco
 
Provocazione: forse è un bene che si inizino a fare delle bancarotte pilotate stile Chrysler.
Perchè? Perchè se questa fosse l'unica alternativa all'iperinflazione per cancellare il debito, io sarei contento che a pagare siano anche i bondisti che hanno rischiato anzichè dover pagare tutti indifferentemente tramite la perdita di valore del capitale.

Sbaglio?
 
Provocazione: forse è un bene che si inizino a fare delle bancarotte pilotate stile Chrysler.
Perchè? Perchè se questa fosse l'unica alternativa all'iperinflazione per cancellare il debito, io sarei contento che a pagare siano anche i bondisti che hanno rischiato anzichè dover pagare tutti indifferentemente tramite la perdita di valore del capitale.

Sbaglio?

il tuo solito ottimismo :)
le banche creditrici si oppongono, fallimento pilotato, Obama regala soldi alle banche che hanno perso soldi con Chrysler, tutti indifferentemente ci rimettono :) ... il mio solito pessimismo
 
Provocazione: forse è un bene che si inizino a fare delle bancarotte pilotate stile Chrysler.
Perchè? Perchè se questa fosse l'unica alternativa all'iperinflazione per cancellare il debito, io sarei contento che a pagare siano anche i bondisti che hanno rischiato anzichè dover pagare tutti indifferentemente tramite la perdita di valore del capitale.

Sbaglio?

magari non sostenere questa teoria in certi 3d, se posso dare un consiglio non richiesto... ;)
 
cartoon dal titolo 'The Crisis of Credit' ... carini ... sottotitoli in italiano

http://www.youtube.com/watch?v=H1cAvPiqP68
http://www.youtube.com/watch?v=u4_BF9UeIGU


i soci accolti col metal detector ... diventerà una moda http://www.ilsole24ore.com/art/Sole...7d-11de-a3bc-8ef68f46544e&DocRulesView=Libero


http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601087&sid=atnvTbDkJ13U&refer=worldwide :rolleyes: ... un post del Katz

FASB ‘Close’ on Off-Balance-Sheet Change, Herz Says (Update1)

By Ian Katz

April 30 (Bloomberg) -- The Financial Accounting Standards Board is “pretty close” to approving rules on off-balance- sheet accounting that will force banks to add billions of dollars of assets to their books, Chairman Robert Herz said.

Rules that let the companies keep assets and liabilities including mortgages and credit-card receivables off their balance sheets “were stretched,” Herz said today at an accounting conference at Baruch College in New York. The changes would take effect next year, he said.

U.S. bank regulators examining finances of 19 large banks calculated that the institutions would record $900 billion in off-balance-sheet assets in 2010, according to a Federal Reserve report released April 24 as part of the so-called stress tests. The Fed based its calculation on data provided by the banks.

In July, FASB postponed by at least a year the effective date of the changes after banks including Citigroup Inc. and trade groups complained. The Securities Industry and Financial Markets Association and the American Securitization Forum said the measure may make companies appear to be short of capital during regulatory reviews.

Investors are wary of a company’s unknown obligations as the world’s biggest banks and brokerages reported more than $1.3 trillion in writedowns and credit losses since the start of 2007, some stemming from losses at off-balance-sheet vehicles.

Many lenders made profits before the subprime-mortgage market collapsed by selling pools of loans to off-balance-sheet trusts, which repackaged the pools into mortgage-backed securities. Some banks then sold those securities to other off- balance-sheet vehicles they sponsored, concealing from investors that the securities were backed by souring mortgages.

The Fed report last week was part of the U.S. government effort to restore public confidence in banks, some of which have reported that capital was “substantially reduced” by the recession and financial crisis. Results from the bank tests are due for release as soon as May 4.
 
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tempi moderni :D:D

http://ildiariodiperestroika.blogspot.com/2009/04/tempi-duri-per-i-banchieri.html
Tempi duri per i banchieri

Una folla inferocita di azionisti ha contestato duramente, fuori e dentro il teatro dove si svolgeva l'Assemblea annuale, il Presidente e CEO di Bank of America, Ken Lewis. Un gruppo organizzato ha anche presentato una mozione con la quale si chiedeva che il padre-padrone di BofA rinunciasse almeno alla carica di CEO e si nominasse una figura indipendente. L'inossidabile Ken è passato come un carrarmato sulle critiche, infischiandosene delle urla e delle richieste di dimissioni rivendicando come un merito le operazioni contestate in particolare quelle di acquisizione di Countrywide e Merrill Lynch ma ha dovuto cedere alla fine almeno la poltrona di presidente.

E' andata peggio, qualche giorno fa, all'assemblea di Fortis, dove una fronda di piccoli azionisti fermamente contrari alla cessione di una parte dell'istituto ai francesi di Bnp Paribas ha minacciato seriamente l'esito della riunione. Un grosso gruppo di azionisti si è alzato, avvicinandosi al palco dove si trovavano i dirigenti urlando "Dimissioni!", "Venduti", o "Democrazia" ed alcuni hanno addirittura lanciato documenti, scarpe e monetine e la riunione è stata sospesa. Sequestrate scarpe e monetine l'Assemblea è ripresa più tardi con l'approvazione della cessione a Bnp Paribas nonostante la contestazione degli irriducibili al grido di "Siamo belgi, non siamo francesi".

C'è da capirli oggi i contestatori, ma dove si erano nascosti quando nemmeno due anni fa approvarono il megalomane piano di acquisizione di Abn Amro che costò alla banca belga-olandese oltre 20 miliardi di euro? All'epoca erano impegnati a stendere tappeti di velluto rosso al Presidente ed al CEO, non certo a tirare loro, come avrebbero invece dovuto, scarpe e monetine. La storia si prende sempre le sue rivincite. E' la legge del contrappasso, e qualcuno, anche in Italia, riceverà presto una bella lezione. Indovinate di quale banca e di chi parlo.
 
tempi moderni :D:D

http://ildiariodiperestroika.blogspot.com/2009/04/tempi-duri-per-i-banchieri.html
Tempi duri per i banchieri

Una folla inferocita di azionisti ha contestato duramente, fuori e dentro il teatro dove si svolgeva l'Assemblea annuale, il Presidente e CEO di Bank of America, Ken Lewis. Un gruppo organizzato ha anche presentato una mozione con la quale si chiedeva che il padre-padrone di BofA rinunciasse almeno alla carica di CEO e si nominasse una figura indipendente. L'inossidabile Ken è passato come un carrarmato sulle critiche, infischiandosene delle urla e delle richieste di dimissioni rivendicando come un merito le operazioni contestate in particolare quelle di acquisizione di Countrywide e Merrill Lynch ma ha dovuto cedere alla fine almeno la poltrona di presidente.

E' andata peggio, qualche giorno fa, all'assemblea di Fortis, dove una fronda di piccoli azionisti fermamente contrari alla cessione di una parte dell'istituto ai francesi di Bnp Paribas ha minacciato seriamente l'esito della riunione. Un grosso gruppo di azionisti si è alzato, avvicinandosi al palco dove si trovavano i dirigenti urlando "Dimissioni!", "Venduti", o "Democrazia" ed alcuni hanno addirittura lanciato documenti, scarpe e monetine e la riunione è stata sospesa. Sequestrate scarpe e monetine l'Assemblea è ripresa più tardi con l'approvazione della cessione a Bnp Paribas nonostante la contestazione degli irriducibili al grido di "Siamo belgi, non siamo francesi".

C'è da capirli oggi i contestatori, ma dove si erano nascosti quando nemmeno due anni fa approvarono il megalomane piano di acquisizione di Abn Amro che costò alla banca belga-olandese oltre 20 miliardi di euro? All'epoca erano impegnati a stendere tappeti di velluto rosso al Presidente ed al CEO, non certo a tirare loro, come avrebbero invece dovuto, scarpe e monetine. La storia si prende sempre le sue rivincite. E' la legge del contrappasso, e qualcuno, anche in Italia, riceverà presto una bella lezione. Indovinate di quale banca e di chi parlo.

io non l'ho capito di chi parli, ma sono interessato.
Puoi essere più esplicito, per cortesia?
 
il blogger ce l'ha con Montepaschi ... non è l'unico

sono andato a ripescare un intervento ;)

Assemblea del 29 aprile 2009 – Intervento del socio Renato Lucci

Il mio intervento all’assemblea dello scorso anno esordiva lamentando la perdita di valore subita dalla nostra azione che a quella data quotava 2 euro e 86, ben distante dai 4 euro e 70 di quando, nel giugno 2006, si era insediato il nuovo Consiglio di Amministrazione e veniva presentato il nuovo piano industriale. A quel punto avevamo perso più del 39% contro una perdita della media del settore bancario del 13,48%.

Quale sia la situazione attuale non sto nemmeno ad accennarlo, visto che per tornare almeno ad un valore medio tra l’originaria emissione e l’aumento intervenuto, cioè 2,50 euro, non basterebbe un recupero del 100%.

Nessuno di noi vuole certo negare, in questa sala, la situazione generale di crisi dei mercati finanziari che, ovviamente, ha interessato anche la nostra quotazione, ma dobbiamo anche evitare di usare la crisi come un paravento.

Non abbiamo in portafoglio titoli tossici, non abbiamo impegni rilevanti con le economie dell’est europeo e abbiamo condotto in porto, così ci è stato detto, una fantastica operazione di acquisizione. Perché i mercati ci hanno punito come e più di altre società bancarie? Perché ci attribuiscono un valore addirittura inferiore a quello speso per l’acquisto della sola Antonveneta?
Se guardiamo il risultato di bilancio dovremmo darci qualche risposta.

E, considerato il ruolo determinante che nel nostro bilancio hanno giocato le imposte, voglio anzitutto richiamare l’attenzione su una delle ultime risultanze del conto economico, il risultato dell’operatività corrente al lordo delle imposte, che nel 2007 era stato di 1 miliardo e 270 milioni e, con il contributo di 7 dodicesimi di quanto Antonveneta aveva totalizzato per questa voce nel 2007, avrebbe dovuto aumentare, mantenendo un andamento costante, ad 1 miliardo e 369 milioni.

Registriamo invece un meno 92,2 milioni, una perdita che credo non trovi traccia nella storia, almeno quella recente, del nostro Gruppo.

Il risultato finale di bilancio, l’utile di 923 milioni, lo facciamo stavolta grazie ai benefici fiscali. La voce 290, imposte sul reddito, riportava nel 2007 un costo di oltre 551 milioni, i 7 dodicesimi di quanto contabilizzato da Antonveneta nel 2007 per questa voce avrebbero portato un ulteriore costo di 109 milioni determinando un costo fiscale complessivo di 660 milioni. Possiamo invece contabilizzare uno sbilancio positivo tributario di circa 930 milioni con un beneficio fiscale complessivo, quindi, di circa 1 miliardo e 590 milioni.

Se non teniamo conto di questo straordinario beneficio fiscale, ripeto, di circa 1 miliardo e 600 milioni, il risultato finale d’esercizio di 922 milioni, signori soci ed amministratori, non ha alcun significato. Ma dobbiamo anche considerare che anche le aziende che amiamo definire competitors hanno avuto brusche riduzioni del risultato al lordo delle imposte, ma che nessuno è andato in rosso: Intesa dimezza il risultato 2007 ottenendo 3,5 miliardi e Unicredit dimezza anch’essa ottenendo 5,4 miliardi.

Avrete notato che, in due passaggi del mio intervento, ho aggiunto al nostro 2007 i 7 dodicesimi dei risultati 2007 Antonveneta. Al riguardo voglio esprimere il mio apprezzamento per il lavoro di riclassificazione che è stato effettuato e descritto nella “Relazione Finanziaria” dove, per rendere confrontabili i due esercizi a seguito dell’ingresso in itinere della Antonveneta, si sono conglobati i dati del gruppo e di Antonveneta per il 2007 e, per il 2008, si sono aggiunti ai nostri dati i risultati economici di Antonveneta dei primi 5 mesi del 2008.

Un metodo sicuramente corretto, ma che porta a ragionare sui dati 2008 come se fossero realmente conseguiti e non chiaramente fittizi oltre a non consentirci di comprendere la ragione di un evidente paradosso che vado a descrivervi.
Se guardiamo i giornali dei giorni scorsi, in particolare il Sole 24Ore di domenica, dove il 58% degli analisti esprime raccomandazioni negative sulla nostra azione contro il 5% delle positive, vediamo che la gran parte di essi dichiara comunque apprezzamento per la riduzione dei costi che, infatti, seppur in lievissima entità, appare dai conti riclassificati come ho appena descritto. Dunque, dai nostri prospetti, emergerebbe un leggero contenimento dei costi che è accompagnato da un lieve incremento del margine di intermediazione primario e da una leggera flessione del margine della gestione finanziaria e assicurativa.

Eppure il nostro cost income è peggiorato, come è peggiorato per le altre grandi banche italiane, salendo a 66,1 dal 60,8 del 2007. Dato che resta peggiore di Unicredit, che sale a 62,1, e di Intesa, che sale a 54,7.

Per capire il reale andamento del nostro Gruppo ho allora provato a ragionare diversamente dalla Relazione Finanziaria e ho rettificato non i nostri risultati effettivamente conseguiti nel 2008, così come riportati in bilancio, ma i nostri risultati 2007 maggiorandoli dei 7 dodicesimi di quelli registrati dalla sola Banca Antonveneta, visto che non tutto il gruppo di quest’ultima è stato acquisito. Forse i dati totali 2007 possono risultare un po’ sottostimati, ma almeno, in questo modo, si ragiona su un 2008 effettivo.

Devo dire che questo metodo mi ha fornito risultati ben diversi da quelli illustrati nella Relazione Finanziaria: il margine d’interesse, da questo conteggio, risulta cresciuto del 6,2% e non del 23,41% che scaturisce dalla relazione, le commissioni nette sono calate di ben il 17,5% e non del 12,1% o addirittura del 9% come sposto nella slide illustrata dal Presidente, il margine d’intermediazione primario è calato dell’1,7% e non aumentato del 2,6%, il margine della gestione finanziaria e assicurativa è calato del 9,6% e non dell’8,5%.

Per quanto riguarda le spese amministrative, sono cresciute sia nel totale, il 4,8% in più, sia nelle due componenti del costo del personale, +4,3%, e delle spese generali, addirittura +5,7%. Altro che il contenimento dei costi che è stato fornito agli analisti!
Per essere più esplicativo: le spese generali del Gruppo Monte nel 2007 erano state 1 miliardo e 163 milioni, quelle della Banca Antonveneta 500 milioni che, ridotte a 7 dodicesimi, sono pari a 292 milioni. Abbiamo così un totale 2007 di 1 miliardo e 454 milioni che è superato per 82 milioni dal miliardo e 537 milioni registrati nel 2008 dal nostro gruppo. Appunto un aumento del 5,7%.

Analogamente potete controllare gli altri dati che vi ho citato e che, ricostruiti in questo modo, diventano finalmente coerenti con l’andamento degli indici forniti dalla Relazione che dichiarano, oltre che al già citato aumento del cost income, ora comprensibile, un quasi dimezzamento del Roe sul patrimonio medio, un calo dal 19,8 all’11,9 del Roe sul patrimonio puntuale, di un incremento della percentuale dei crediti in sofferenza e di un indice Tier1 a 5,1 contro un Core Tier1 di Unicredit a 6,45 e di Intesa a 6,3. Ma le slides del Presidente vogliono nascondere questo divario esponendo un Tier1 a 5,6 all’1/1/2009. Un solo giorno, dal 31/12/2008, per migliorare di 0,50 punti.

Ma non è solo il beneficio fiscale, seppur determinante, a ribaltare il negativo risultato del 2007. Sapppiamo che, ogni anno, il risultato di bilancio è stato fortemente rimpolpato da poste che nulla hanno a che vedere con la nostra attività d’impresa. Ci sono stati anni in cui abbiamo attinto alle riserve, altri in cui abbiamo lesinato sugli accantonamenti, il 2007 è stato uno degli anni in cui abbiamo profittato delle dismissioni. Per il 2008, pur con gli scarsi mezzi di cui dispone un piccolo azionista, sono andato a controllare alcune voci e mi sono soffermato sulla valutazione attribuita alle azioni Banca d’Italia da noi detenute.
Il bilancio al 31/12 2004 esponeva una partecipazione del 2,5% in Banca d’Italia con 7.500 azioni valutate al valore nominale di 0,52 euro, per un valore complessivo di circa 3.900 euro

Nel 2006 la valutazione di bilancio è salita a 342.956.078 euro (45727 euro ad azione).
Nel 2007, nella Voce Attività finanziarie disponibili per la vendita, si evidenzia la crescita della percentuale di partecipazione al 4,6% e del corrispondente valore a 640.336.000 euro, con il valore per azione che viene lievemente aumentato a 46.401 euro.
Nel 2008 la percentuale di partecipazione è invariata al 4,6% ma il valore cresce a 794.969.000 euro con un valore per azione che sale a 57.606 euro e con un maggior valore di oltre 150 milioni di euro, in assenza del quale la perdita di bilancio di 92 milioni avrebbe superato i 250 milioni.

Il valore totale di banca d’Italia stimato dal Monte ha pertanto la seguente evoluzione

2006 13 miliardi e 718 milioni
2007 13 miliardi e 920 milioni
2008 17 miliardi e 282 milioni

Ma le altre banche quanto stimano il valore di Banca d’Italia? Ho trovato in un sito, che non cito perché so che è particolarmente inviso al vertice aziendale, i seguenti dati scaturenti da quanto hanno valorizzato in bilancio la loro partecipazione: Popolare di Milano 4,35 miliardi, Banco Popolare 3,1 miliardi, Intesa 1,47 miliardi, Unicredit 1,28 miliardi e Ubi 524 milioni. Il nostro ex istituto di emissione sembra proprio come la trippa, anche se noi gli diamo il valore dei tartufi.

Sempre nella mia sommaria analisi ho notato nella nota descrittiva della voce patrimoniale 40 “Attività finanziarie disponibili per la vendita” che nel 2008, applicando l’emendamento ai principi contabili, vi sono stati trasferimenti di obbligazioni il liquide e di quote OICR tra il portafoglio AFS, i “crediti verso clientela” ed i “crediti verso banche”: una manovra contabile che ha consentito di non iscrivere a bilancio una ulteriore perdita di circa 290 milioni di euro.
Visto che a questo punto la perdita ante imposte arriva a superare il mezzo miliardo di euro, per amor di patria, ho evitato di indagare su ulteriori voci, ma ritengo necessario esprimervi ancora alcune considerazioni sia sulla qualità di quello che abbiamo acquistato, che avevo già decisamente criticato nell’assemblea dello scorso anno, che sulla situazione che vedo delinearsi a breve/medio termine.
Una rapida occhiata alle poste della situazione patrimoniale, che almeno non presentano problemi di riclassificazione, possiamo vedere che l’acquisto di Antonveneta, che avevamo ritenuto valesse la metà del nostro gruppo in virtù dei suoi 1000 sportelli contro i nostri 2000, ci ha portato 30,6 miliardi di crediti verso clientela, valori del bilancio 2007, contro i 106,4 che avevamo, cioè un aumento del 28,8%. Ci ha portato anche debiti verso clientela per 19,8 miliardi contro i 60,4 che avevamo, con un aumento del 32,7%. I crediti verso banche di Antonveneta, 7,8 miliardi, sono in effetti circa la metà dei 14,8 miliardi del nostro 2007, ma, e qui viene la ulteriore sorpresa, i debiti verso banche sono addirittura superiori ai nostri: 13,9 miliardi di Antonveneta contro i nostri 13.7.

Questi dati, seppur grezzi, ci dicono, signori, che i mezzi e gli impieghi verso clientela di cui disponeva Antonveneta a fine 2007, erano significativamente inferiori a quanto poteva collegarsi al volume dei suoi sportelli e che, allo stesso tempo, si trattava di una banca che aveva un saldo negativo di esposizione verso il sistema di circa 6 miliardi di euro. Da considerare che il nostro gruppo aveva a fine 2007 un saldo positivo verso il sistema di circa 1 miliardo e 100 milioni, mentre il bilancio 2008 chiude con uno sbilancio negativo di 9,6 miliardi.

Anche sulla qualità del credito concesso da Antonveneta devo esprimere forti dubbi. Non avendo avuto modo di distinguere i dati delle sofferenze e degli incagli di Antonveneta dai nostri, non ho potuto che prendere atto che, dal 2007 al 2008, le sofferenze passano da 2 miliardi a 3.6 con un aumento dell’80% e le partite incagliate da 1,2 miliardi a 2,6 con un aumento del 116%. Chiedo: è il normale andamento di un anno critico o abbiamo acquistato troppo incagli e sofferenze?
Per concludere sull’acquisto della Banca Antonveneta richiamo l’attenzione dei soci, senza aggiungere commenti, che dei 10,1 miliardi spesi per l’operazione, si sono dovuti iscrivere 6,3 miliardi come “avviamento indistinto”, non essendovi altra voce patrimoniale dove poter allocare tale rilevante importo, e che 794 milioni di “intangibili” derivanti dall’acquisizione sono stati iscritti come “altre attività immateriali”.

Riguardo la situazione attuale, oltre a registrare il sopra detto indebitamento verso il sistema bancario per 10 miliardi, che non credo si sia ridotto in questo primo trimestre del 2009, ho visto nelle informazioni sul patrimonio consolidato che il totale degli strumenti ibridi e dei subordinati computabili sfiora ormai i 6 miliardi di euro essendo aumentato nel 2008 di ben 2,9 miliardi. Si tratta, in parte, di convertibili che potranno tramutarsi in azioni ed incidere sui soci. In ogni caso, questi strumenti contengono un onere per interessi, che in un caso raggiunge il 7,44% fisso, che penso non si sia ancora pienamente riflesso sul nostro bilancio almeno per le emissioni del 2008 e che, nei prossimi anni, andrà ad assorbire una parte non secondaria dei futuri utili.

Devo, a questo punto, per ovvie ragioni di tempo, concludere il mio intervento e lo faccio con una richiesta e con un giudizio di sintesi.

Chiedo: che l’assemblea venga informata se risponde al vero la notizia di una condanna del Gruppo a riassumere un dipendente licenziato per motivi di età e se sono stati appostati gli opportuni accantonamenti per fronteggiare gli oneri anche per l’ipotesi che tale pronunciamento possa riguardare tutti gli altri numerosi dipendenti che si trovano nella stessa situazione.
Il mio giudizio di sintesi è che il bilancio 2008 presenta rilevanti punti critici ben oltre gli effetti della sfavorevole congiuntura ed in ragione principalmente della inopportuna, intempestiva ed onerosa acquisizione di Banca Antonveneta. Resta l’impressione che a questo siano da aggiungere anche errate politiche nella gestione del personale, particolarmente delicata non solo in presenza di fusioni, nel controllo dei costi e nel presidio delle attività commerciali, argomenti che non posso qui approfondire.

Annuncio pertanto il mio voto contrario all’approvazione di un bilancio che, privo dei benefici fiscali straordinari e delle altre poste soggettive che ho sopra illustrato, è in consistente perdita ed alla distribuzione di un dividendo che, seppur modestissimo, è comunque immotivato, pur essendo consapevole che ciò serve soprattutto ad evitare i ben più rilevanti effetti negativi che deriverebbero da una conseguente mancata corresponsione degli interessi ai sottoscrittori dei subordinati.
 

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