Macroeconomia Crisi finanziaria e sviluppi (2 lettori)

stockuccio

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The components of the ECRI weekly leading index are money supply plus stock & bond mutual funds, the JOC-ECRI industrial materials price index, mortgage applications, bond quality spreads, stock prices, bond yields, and initial jobless insurance claims.

... e lo chiamano pure indicatore economico :rolleyes: ... chissà come mai sale :down:

con deleveraging che si intende ? sbolognare al taxpayer ? comunque, meno presti (oculatamente o meno al giorno d'oggi è indifferente) meno guadagni
 

stockuccio

Guest
TheLondoner ... sbaglierò ma non credo il gigantesco tentativo di convincere il risparmiatore che tutto va bene avrà successo ... mi piace molto la frase simbolo di Mazzalai, 'la Verità è figlia del Tempo' ... da incidere nella roccia :)
 

Imark

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stockuccio

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stockuccio

Guest
vabbè ... nessuno ne parla mai in questo forum ... lo posto io ... per sentire magari qualche parere ... http://www.vatican.va/holy_father/b...-xvi_enc_20090629_caritas-in-veritate_it.html


40. Le attuali dinamiche economiche internazionali, caratterizzate da gravi distorsioni e disfunzioni, richiedono profondi cambiamenti anche nel modo di intendere l'impresa. Vecchie modalità della vita imprenditoriale vengono meno, ma altre promettenti si profilano all'orizzonte. Uno dei rischi maggiori è senz'altro che l'impresa risponda quasi esclusivamente a chi in essa investe e finisca così per ridurre la sua valenza sociale. Sempre meno le imprese, grazie alla crescita di dimensione ed al bisogno di sempre maggiori capitali, fanno capo a un imprenditore stabile che si senta responsabile a lungo termine, e non solo a breve, della vita e dei risultati della sua impresa, e sempre meno dipendono da un unico territorio. Inoltre la cosiddetta delocalizzazione dell'attività produttiva può attenuare nell'imprenditore il senso di responsabilità nei confronti di portatori di interessi, quali i lavoratori, i fornitori, i consumatori, l'ambiente naturale e la più ampia società circostante, a vantaggio degli azionisti, che non sono legati a uno spazio specifico e godono quindi di una straordinaria mobilità. Il mercato internazionale dei capitali, infatti, offre oggi una grande libertà di azione. È però anche vero che si sta dilatando la consapevolezza circa la necessità di una più ampia “responsabilità sociale” dell'impresa. Anche se le impostazioni etiche che guidano oggi il dibattito sulla responsabilità sociale dell'impresa non sono tutte accettabili secondo la prospettiva della dottrina sociale della Chiesa, è un fatto che si va sempre più diffondendo il convincimento in base al quale la gestione dell'impresa non può tenere conto degli interessi dei soli proprietari della stessa, ma deve anche farsi carico di tutte le altre categorie di soggetti che contribuiscono alla vita dell'impresa: i lavoratori, i clienti, i fornitori dei vari fattori di produzione, la comunità di riferimento. Negli ultimi anni si è notata la crescita di una classe cosmopolita di manager, che spesso rispondono solo alle indicazioni degli azionisti di riferimento costituiti in genere da fondi anonimi che stabiliscono di fatto i loro compensi. Anche oggi tuttavia vi sono molti manager che con analisi lungimirante si rendono sempre più conto dei profondi legami che la loro impresa ha con il territorio, o con i territori, in cui opera. Paolo VI invitava a valutare seriamente il danno che il trasferimento all'estero di capitali a esclusivo vantaggio personale può produrre alla propria Nazione [95]. Giovanni Paolo II avvertiva che investire ha sempre un significato morale, oltre che economico [96]. Tutto questo — va ribadito — è valido anche oggi, nonostante che il mercato dei capitali sia stato fortemente liberalizzato e le moderne mentalità tecnologiche possano indurre a pensare che investire sia solo un fatto tecnico e non anche umano ed etico. Non c'è motivo per negare che un certo capitale possa fare del bene, se investito all'estero piuttosto che in patria. Devono però essere fatti salvi i vincoli di giustizia, tenendo anche conto di come quel capitale si è formato e dei danni alle persone che comporterà il suo mancato impiego nei luoghi in cui esso è stato generato [97]. Bisogna evitare che il motivo per l'impiego delle risorse finanziarie sia speculativo e ceda alla tentazione di ricercare solo profitto di breve termine, e non anche la sostenibilità dell'impresa a lungo termine, il suo puntuale servizio all'economia reale e l'attenzione alla promozione, in modo adeguato ed opportuno, di iniziative economiche anche nei Paesi bisognosi di sviluppo. Non c'è nemmeno motivo di negare che la delocalizzazione, quando comporta investimenti e formazione, possa fare del bene alle popolazioni del Paese che la ospita. Il lavoro e la conoscenza tecnica sono un bisogno universale. Non è però lecito delocalizzare solo per godere di particolari condizioni di favore, o peggio per sfruttamento, senza apportare alla società locale un vero contributo per la nascita di un robusto sistema produttivo e sociale, fattore imprescindibile di sviluppo stabile.
 

Gaudente

Forumer storico
Giovanni Paolo II avvertiva che investire ha sempre un significato morale
Altroche' se ce l'ha.
Il mondo e' pieno di poveri pronti a spezzarsi la schiena pur di migliorare il proprio reddito. La globalizzazione e la delocalizzazione hanno permesso ai capitali di raggiungerli e offrire loro l'opportunita' di una vita migliore.Il fatto che questi capitali non siano piu' al servizio della svogliata, pretenziosa,ipertutelata e ipersindacalizzata manodopera locale ma si siano spostati creando opportunita' per chi maggiormente le merita per laboriosita' e disponibilita' a lavorare sodo ha un'enorme valenza morale.
 

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