Hsbc e Ubs nel ciclone Madoff
dall'inviato Claudio Gatti
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Venerdí 09 Gennaio 2009
NEW YORK- Per la truffa Madoff sui conti economici di Hsbc e Ubs c'è il rischio che si abbatta un colpo di scure da tre miliardi di euro. Se non di più. Per anni i due istituti europei hanno agito da banca depositaria, e cioè custode dei cespiti di alcuni dei fondi che alimentavano la gigantesca catena di Sant'Antonio messa in piedi da Bernard Madoff. E poiché quei cespiti sono apparentemente svaniti nel nulla, le due banche potrebbero adesso ricevere costosissime richieste di risarcimento da chi aveva investito nei fondi. Per Ubs l'esposizione potrebbe essere di 1,4 miliardi di euro. Per Hsbc di almeno 1,6 miliardi di euro, che però si andrebbero ad aggiungere al miliardo di dollari di potenziale perdita già dichiarata.
Nella frenetica corsa al risarcimento ormai partita sia negli Usa che in Europa, è chiaro che colossi quali Hsbc e Ubs costituiscono un bersaglio estremamente appetibile per gli avvocati di gestori e investitori consapevoli del fatto che né il liquidatore di Madoff né i fondi che lo alimentavano abbiano oggi la tenuta finanziaria per rimborsare tutte le perdite.
La questione dell'attuale valore dei fondi i cui capitali erano dati in gestione a Bernard L. Madoff Investment Securities è ancora irrisolta. I fondi non non hanno per ora inviato comunicazioni ufficiali. Ma è logico aspettarsi che il valore venga completamente azzerato. A Il Sole 24 Ore risulta infatti che, nella propria contabilità interna molte grandi banche, incluso la stessa Hsbc, lo abbiano già portato a zero. Con gli investitori e i gestori in trepida attesa di capire come o quando saranno rimborsati, è dunque partita la corsa al risarcimento. Una corsa all'ultimo dollaro. O euro. Tutti contro tutti.
Molti si stanno posizionando ai blocchi di partenza giudiziari. Alcuni sono già partiti con richieste risarcitorie e azioni collettive, o class action. Il primo bersaglio è stato ovviamente Madoff e la sua casa d'investimento. Un gradino più in basso, sono stati colpiti i cosiddetti feeder fund, i fondi che alimentavano la catena di Madoff, come Tremont e Fairfield. Quindi si è arrivati ai loro revisori dei conti, vedi Ernst & Young.
Adesso stanno per essere messe sotto tiro le banche depositarie. Un bersaglio estremamente appetibile perché capace di reggere la forza d'urto di una domanda che si preannuncia di gran lunga superiore alle disponibilità sia del liquidatore di Madoff Securities che dei fondi.
La prima salva è partita dalla Deminor, società specializzata nell'assistenza degli azionisti di minoranza, che ieri ha annunciato l'intenzione di fare causa a Hsbc, Ubs e altre banche depositarie per «non aver mai verificato la vera natura degli investimenti fatti da Madoff».
«Quando si parla di fondi di fondi, oppure hedge fund registrati alle Cayman o alle Bermuda, la questione della responsabilità ultima sui cespiti è aperta a varie interpretazioni», spiega un gestore che opera in Svizzera e ci chiede l'anonimato. «Ma nel caso di fondi registrati in Europa e armonizzati, che cioè in base alle normative comunitarie possono essere venduti per la gestione patrimoniale in qualsiasi paese europeo, sia i prospetti che la normative non lasciano margine al dubbio: la responsabilità ultima ricade sulla banca depositaria».
Il Sole 24 Ore ha individuato almeno tre fondi armonizzati i cui denari sono finiti a Madoff: il Thema International, creato dalla famiglia svizzera Benbassat di Genevalor, Bebassat & Cie ma gestito da Bank Medici, l'Herald Lux Sicav, creato il 18 febbraio 2008 dalla stessa Bank Medici, e il Luxalpha Sicav, creato il 5 febbraio 2004 dalla Ubs. Tutti e tre appartengono alla categoria di fondi Ucits, acronimo di Undertakings for collective investment in trasferable securities, che indica un fondo di investimento regolamentato da un'authority della comunità europea che può quindi essere venduto liberalmente in qualsiasi paese comunitario.
Thema e Herald Lux, con un totale di 1,6 miliardi in Madoff Securities, avevano come banche depositarie due sussidiarie del gruppo Hsbc, la prima irlandese e la seconda lussemburghese. Il fondo Luxalpha, con 1,4 miliardi in Madoff Securities, aveva invece Ubs come depositaria.
«Nel prospetto del fondo Thema, che io ho comprato, c'è scritto chiaramente che Hsbc è responsabile della custodia dei beni», ci dice il gestore.
Per questa attività di custodia, Hsbc veniva ovviamente pagata. Nel caso dei fondi Thema e Herald Lux, sulla base dei rispettivi prospetti, abbiamo calcolato che Hsbc incassava quasi 1 milione di euro all'anno su un totale custodito di 1,6 miliardi.
Il Sole 24 Ore ha contattato Hsbc per chiedere un commento sulla questione dei suoi compensi e più in generale delle sue responsabilità di banca depositaria. L'istituto inglese si è limitato a dire di «non ritenere che gli accordi di custodia possano creare problemi di esposizione per il gruppo».
Ubs ci ha invece solo ripetuto il testo di una dichiarazione di alcuni giorni fa, in cui diceva semplicemente che «su Luxalpha Ubs supportato propri clienti creando la struttura del fondo su loro richiesta».
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Abbiamo perciò deciso di rivolgersi direttamente alle due autorità di controllo competenti, la Commission de surveillance du secteur financier in Lussemburgo e il Financial Regulator in Irlanda.
Alla Cssf abbiamo citato il caso di Herald Lux e chiesto se la sua banca depositaria sia da ritenere responsabile dei suoi cespiti. La risposta è stata: «Sulla base della legge del 20 dicembre 2002, la banca depositaria è responsabile con i sottoscrittori di qualsiasi perdita subita in seguito alla colpevole mancata osservanza dei propri obblighi».
La risposta della autorità irlandese è stata forse ancora più specifica: «Thema International Fund ha dato incarico di banca depositaria a HSBC Institutional Trust Services (Ireland) Limited, e la normativa Ucit prevede che la banca depositaria sia parte responsabile nei confronti di Thema International Fund e dei suoi investitori per qualsiasi perdita dovuta a un'ingiustificata mancata osservanza dei propri obblighi. Tale responsabilità non viene meno se i cespiti vengono dati in sotto-custodia ad altri».
In altre parole, secondo le autorità di controllo lussemburghesi e irlandesi, i garanti finali dei beni sono le banche depositarie. La notizia non potrà che far piacere agli investitori. «Noi abbiamo investito il 15% circa del fondo che gestiamo su Thema ed Herald, proprio perché erano entrambi armonizzati, e quindi sicuri per quanto riguarda la reale esistenza dei titoli presso le depositarie», dice un altro gestore che opera in Svizzera e chiede l'anonimato. «Poiché le clausole in merito alle responsabilità delle banche depositarie sono chiare e vincolanti, mi aspetto che ci venga rimborsato il denaro al più presto. In caso contrario verrebbe messa in discussione la stabilità dell'intero settore dei fondi armonizzati europei».
Per Hsbc, le cattive notizie non finiscono qui. Un'altra rivendicazione potrebbe arrivare anche dal Banco Santander, proprietario attraverso una sussidiaria irlandese di Optimal Multiadvisors e Optimal Strategic, due fondi che che hanno perso 2,33 miliardi di euro nella truffa di Madoff. In un suo comunicato stampa, Santander ha espressamente citato Hsbc Institutional Trust Services, la sussidiaria irlandese del Gruppo Hsbc, come "custode" dei cespiti dei fondi Optimal dicendo di essere pronta a «intraprendere qualsiasi azione legale a difesa degli interessi dei suoi clienti».
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