Macroeconomia Crisi finanziaria e sviluppi

Nuovo progetto "Fabbrica Italia"

Marchionne vuole abbandonare quello dei metalmeccanici.
A un passo dalla decisione, prevista per la prossima settimana.
Vertice con Marcegaglia per cercare di evitare l'uscita da Confindustria

Verso una newco per Pomigliano e un nuovo contratto nazionale auto

ROBERTO MANIA

24.07.2010 ROMA - Una new company della Fiat, ma diversa dalla Fiat, per applicare senza ostacoli sindacali (leggi Fiom) il nuovo accordo sull'organizzazione del lavoro nello stabilimento Gian Battista Vico di Pomigliano d'Arco. Sergio Marchionne, amministratore delegato del gruppo del Lingotto, è a un passo dalla decisione. Le carte dovrebbero essere scoperte la prossima settimana, ma l'orientamento del pool di giuristi che il manager ha messo al lavoro è ormai netto: fondare una nuova società (forse è già stata anche registrata) e riassumere i cinquemila lavoratori con il nuovo contratto, frutto dell'intesa separata con Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic e Ugl, senza i metalmeccanici della Cgil. Infine, non aderire alla Confindustria per non dover applicare le regole e le rigidità del contratto nazionale dei metalmeccanici. Un contratto che al Lingotto appare ormai incompatibile con il mercato globale e il progetto "Fabbrica Italia".

È uno schema pensato per Pomigliano ma destinato potenzialmente ad estendersi a tutto il pianeta auto della Fiat italiana. Un nuovo - ancorché annunciato - strappo di Marchionne, dopo lo shock provocato dalla scelta di produrre in Serbia e non a Mirafiori la prossima monovolume, proprio per la mancanza di "serietà" (così ha detto l'ad) di una parte del sindacato. Una exit strategy aggressiva dall'impasse determinata dall'esito del referendum di giugno tra gli operai di Pomigliano dove quattro su dieci hanno detto no al nuovo modello di lavoro fatto di più turni, meno pause, meno scioperi e meno assenteismo. Marchionne ha confermato gli investimenti (700 milioni di euro) per trasferire dalla Polonia in Italia la fabbricazione della Nuova Panda, e ha chiesto un nuovo "patto sociale" con i sindacati firmatari dell'accordo. Un patto perché Pomigliano, che dovrà sfornare 280 mila auto l'anno a partire dalla seconda metà del 2011, non si inceppi più.

L'incognita (neanche tanto) è la Fiom. Nelle ultime settimane ha proclamato, per ragioni diverse, una raffica di scioperi. La Fiat ha riscoperto il vecchio modello anni Cinquanta di Vittorio Valletta: ha licenziato cinque operai, tra i quali alcuni delegati della Cgil. Un muro contro muro che potrebbe proseguire ancora. E gli uomini del Lingotto si sono ormai convinti che l'unico modo per depotenziare la Fiom, per evitare una sorta di "guerriglia sindacale", sia appunto quello di creare una nuova società con il nuovo contratto di lavoro (lo stesso modello adottato già nel caso del passaggio dell'Alitalia dallo Stato alla cordata di Roberto Colaninno) così da impedire qualsiasi ricorso giudiziario per chiedere, per esempio, il rispetto del contratto nazionale, derogato dall'intesa per Pomigliano. E poi i diritti sindacali (dai permessi alle trattenute in busta paga per l'iscrizione al sindacato) finirebbero per essere riconosciuti solo alle organizzazioni che hanno sottoscritto l'intesa. La Fiom, come i Cobas, ne starebbero fuori.

Ma non basta. L'altro passo necessario, secondo la Fiat e i suoi consiglieri giuridici, sarebbe quello di non iscrivere la newco all'Unione industriale di Napoli. La tesi è che se si è iscritti all'associazione industriale si è praticamente obbligati ad adottare il contratto nazionale. Dunque, nessuna iscrizione. Sarebbe l'unica soluzione dal risultato certo che vedono a Torino. Tanto che, per evitare probabili contenziosi visto che la newco sarebbe comunque della Fiat che a sua volta aderisce alla Confindustria, si è ipotizzato anche un'uscita tecnica e temporanea del settore auto della Fiat dalla Confindustria, in attesa che, dopo il 2012 (quando scadrà l'attuale contratto dei metalmeccanici, anche questo senza la firma della Fiom), si possa definire un nuovo contratto per il solo settore automobilistico. Un ridisegno complessivo delle regole del gioco: fine del contratto Moloch che resiste solo tra i metalmeccanici e che tiene forzatamente insieme i piccoli orafi con le grandi multinazionali. Un progetto che la Confindustria condivide, ma che nello stesso tempo teme perché proprio l'organizzazione degli industriali ne potrebbe uscire ridimensionata nel ruolo e nell'appeal politico.

Così, lontano dai riflettori, l'operazione Pomigliano è da tempo allo studio degli esperti di Viale dell'Astronomia. I contatti tra i vertici della Confindustria e quelli della Fiat si sono intensificati negli ultimi giorni. Questa è la partita chiave per le relazioni industriali. La presidente Emma Marcegaglia ha sostenuto fin dall'inizio la determinazione con la quale Marchionne ha prima annunciato la chiusura di Termini Imerese e poi scommesso sulla rinascita di Pomigliano. Marcegaglia e Marchionne si vedranno mercoledì alla Farnesina a margine della Conferenza degli ambasciatori. Un primo faccia a faccia. A Viale dell'Astronomia sono convinti che ci sia una soluzione per applicare, cominciando da Pomigliano, le nuove regole contrattuali senza dover uscire dalla Confindustria. Di certo anche questa volta Sergio Marchionne sta alzando la posta su tutti i tavoli negoziali.

:)
 
Marchionne vuole abbandonare quello dei metalmeccanici.
A un passo dalla decisione, prevista per la prossima settimana.
Vertice con Marcegaglia per cercare di evitare l'uscita da Confindustria

Verso una newco per Pomigliano e un nuovo contratto nazionale auto

ROBERTO MANIA

24.07.2010 ROMA - Una new company della Fiat, ma diversa dalla Fiat, per applicare senza ostacoli sindacali (leggi Fiom) il nuovo accordo sull'organizzazione del lavoro nello stabilimento Gian Battista Vico di Pomigliano d'Arco. Sergio Marchionne, amministratore delegato del gruppo del Lingotto, è a un passo dalla decisione. Le carte dovrebbero essere scoperte la prossima settimana, ma l'orientamento del pool di giuristi che il manager ha messo al lavoro è ormai netto: fondare una nuova società (forse è già stata anche registrata) e riassumere i cinquemila lavoratori con il nuovo contratto, frutto dell'intesa separata con Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic e Ugl, senza i metalmeccanici della Cgil. Infine, non aderire alla Confindustria per non dover applicare le regole e le rigidità del contratto nazionale dei metalmeccanici. Un contratto che al Lingotto appare ormai incompatibile con il mercato globale e il progetto "Fabbrica Italia".

È uno schema pensato per Pomigliano ma destinato potenzialmente ad estendersi a tutto il pianeta auto della Fiat italiana. Un nuovo - ancorché annunciato - strappo di Marchionne, dopo lo shock provocato dalla scelta di produrre in Serbia e non a Mirafiori la prossima monovolume, proprio per la mancanza di "serietà" (così ha detto l'ad) di una parte del sindacato. Una exit strategy aggressiva dall'impasse determinata dall'esito del referendum di giugno tra gli operai di Pomigliano dove quattro su dieci hanno detto no al nuovo modello di lavoro fatto di più turni, meno pause, meno scioperi e meno assenteismo. Marchionne ha confermato gli investimenti (700 milioni di euro) per trasferire dalla Polonia in Italia la fabbricazione della Nuova Panda, e ha chiesto un nuovo "patto sociale" con i sindacati firmatari dell'accordo. Un patto perché Pomigliano, che dovrà sfornare 280 mila auto l'anno a partire dalla seconda metà del 2011, non si inceppi più.

L'incognita (neanche tanto) è la Fiom. Nelle ultime settimane ha proclamato, per ragioni diverse, una raffica di scioperi. La Fiat ha riscoperto il vecchio modello anni Cinquanta di Vittorio Valletta: ha licenziato cinque operai, tra i quali alcuni delegati della Cgil. Un muro contro muro che potrebbe proseguire ancora. E gli uomini del Lingotto si sono ormai convinti che l'unico modo per depotenziare la Fiom, per evitare una sorta di "guerriglia sindacale", sia appunto quello di creare una nuova società con il nuovo contratto di lavoro (lo stesso modello adottato già nel caso del passaggio dell'Alitalia dallo Stato alla cordata di Roberto Colaninno) così da impedire qualsiasi ricorso giudiziario per chiedere, per esempio, il rispetto del contratto nazionale, derogato dall'intesa per Pomigliano. E poi i diritti sindacali (dai permessi alle trattenute in busta paga per l'iscrizione al sindacato) finirebbero per essere riconosciuti solo alle organizzazioni che hanno sottoscritto l'intesa. La Fiom, come i Cobas, ne starebbero fuori.

Ma non basta. L'altro passo necessario, secondo la Fiat e i suoi consiglieri giuridici, sarebbe quello di non iscrivere la newco all'Unione industriale di Napoli. La tesi è che se si è iscritti all'associazione industriale si è praticamente obbligati ad adottare il contratto nazionale. Dunque, nessuna iscrizione. Sarebbe l'unica soluzione dal risultato certo che vedono a Torino. Tanto che, per evitare probabili contenziosi visto che la newco sarebbe comunque della Fiat che a sua volta aderisce alla Confindustria, si è ipotizzato anche un'uscita tecnica e temporanea del settore auto della Fiat dalla Confindustria, in attesa che, dopo il 2012 (quando scadrà l'attuale contratto dei metalmeccanici, anche questo senza la firma della Fiom), si possa definire un nuovo contratto per il solo settore automobilistico. Un ridisegno complessivo delle regole del gioco: fine del contratto Moloch che resiste solo tra i metalmeccanici e che tiene forzatamente insieme i piccoli orafi con le grandi multinazionali. Un progetto che la Confindustria condivide, ma che nello stesso tempo teme perché proprio l'organizzazione degli industriali ne potrebbe uscire ridimensionata nel ruolo e nell'appeal politico.

Così, lontano dai riflettori, l'operazione Pomigliano è da tempo allo studio degli esperti di Viale dell'Astronomia. I contatti tra i vertici della Confindustria e quelli della Fiat si sono intensificati negli ultimi giorni. Questa è la partita chiave per le relazioni industriali. La presidente Emma Marcegaglia ha sostenuto fin dall'inizio la determinazione con la quale Marchionne ha prima annunciato la chiusura di Termini Imerese e poi scommesso sulla rinascita di Pomigliano. Marcegaglia e Marchionne si vedranno mercoledì alla Farnesina a margine della Conferenza degli ambasciatori. Un primo faccia a faccia. A Viale dell'Astronomia sono convinti che ci sia una soluzione per applicare, cominciando da Pomigliano, le nuove regole contrattuali senza dover uscire dalla Confindustria. Di certo anche questa volta Sergio Marchionne sta alzando la posta su tutti i tavoli negoziali.

:)

deindustrializzazione galoppante, magnaccia sempre più ricchi operai sempre più poveri, corruzione dilagante ....

Ernesto Che Guevara: “Chi lotta può perdere. Ma chi non lotta ha già perso”
:)


geronzi etico ha la stessa credibilità del nostro premier quando dice che passa tutti i fine settimana coi nipotini


immobiliiare statunitense, chi sono gli acquirenti charles hugh smith-No Wonder Home Sales Are Plummeting: Look Who Was Buying

il taglio di tasse ai ricchi fatto da Bush (a chi prende più di 200.000 dollari annui se single o 250.000 family) pare verrà cancellato http://www.reuters.com/article/idUSTRE66O0R120100725
 
USA: GUAI FISCALI PEGGIORI DELLA GRECIA

Confirmed: U.S. Fiscal Woe Is Worse Than Greece


By Dian L. Chu on July 27, 2010 | More Posts By Dian L. Chu | Author's Website

Reading the annual Long Term Budget Outlook by the Congressional Budget Office (CBO) has become an increasingly depressing experience in recent years. This year seems even more so than ever.
The latest projection puts the federal debt rising to 62% of the nation’s Gross Domestic Product (GDP) by the end of the year (from 40% pre-crisis), the highest percentage since just after World War. (See Graph)

Despite the gloomy projections, many economists seem to agree that a Greek style debt crisis is unlikely to take place in the U.S. due to the size of the economy, the single currency structure and dollar prestige.
After all, Greek debt totals 120% of GDP–twice the US figure–plus a comparison of the long-term bond yield, seem to suggest that the U.S. is in much better fiscal shape.
Or do they?
In a Financial Times op-ed dated July 25, Laurence Kotlikoff, economics professor at Boston University, contends due to the “labeling problem”–governments can describe receipts and payments in any way they like–we are essentially “in a fiscal wonderland of measurement without meaning.”
Kotlikoff believes a better benchmark of fiscal fitness is the fiscal gap, or the present value difference between all future expenditures and receipts. His calculations reveal Greece future expenditure at 11.5% of the value of future GDP, after incorporating the new austerity measures.
The US figure, based on the CBO projections–12.2%–is worse than that of Greece, but not by too much.
However, Kotlikoff says the U.S. is in much worse shape than the 12.2% figure suggests, because the CBO’s projections assume “a 7.2% of GDP belt-tightening by 2020,” with “highly speculative” assumptions, such as a substantial rise in tax receipts and wage growth.
A separate analysis by the New York Times also put the U.S. debt–measured by medium term deficit as a percentage of GDP–higher than that of Greece. (See chart) Furthermore, in a roundabout way, Kotlikoff and Da Gong, the largest credit rating agency in China, seem to be in agreement as to the fiscal position of the United States; although many have dismissed Da Gong’s objectivity when it downgraded the U.S. from AAA to AA.

Will America have a Greek style debt crisis? Probably not, given the country’s resources and resilience.
However, it is a matter of political will to make tough choices between strategic vs. tactical spending and taking necessary measures to put the fiscal house in order.
With the current bond market willing to overlook debt for an economic recovery, tactical spending should take priority in order to give more immediate boost to jobs and to sustain a tepid recovery. Cramming strategic spending during a recession, as with the first stimulus, most likely will only saddle the nation with more debt while impeding growth and recovery.
Meanwhile, the current trajectory would suggest a different kind of debt crisis could manifest sooner or later, and over-confidence, a ”Too-Big-To-Fail” mentality some of the nation’s leaders seem to have adopted, will only lead to a dangerous path of no return.
Dian L. Chu, July 26, 2010

(Dailymarkets.com)
 
(Apcom) - "La costituzione della New Co 'Fabbrica Italia Pomigliano' è un ulteriore colpo di mano di Marchionne nella direzione della distruzione del contratto nazionale di lavoro". E' quanto afferma in una nota il segretario nazionale del Prc, Paolo Ferrero.
"Questa linea, che tende a mettere i lavoratori in concorrenza tra di loro, è tutt'uno l'attacco alla Fiom e con una ulteriore riduzione della presenza produttiva dell'azienda in Italia - sostiene il segretario di Rifondazione - La mossa di Marchionne ci dice una volta di più che gli interessi della Fiat e quelli dell'Italia non collimano".
"Il governo deve chiedere alla Fiat di restituire gli smisurati finanziamenti pubblici ottenuti, in modo da utilizzare quel denaro per finanziare la riconversione ambientale dell'industria della mobilità", conclude Ferrero.







Fiat, Fim-Uilm: Passi la newco ma il contratto nazionale non si tocca
Fiom: E' il più grave attacco ai diritti dei lavoratori dal 1945

Roma, 27 lug (Il Velino) - Il contratto nazionale non si tocca. L'ipotesi secondo cui la Fiat avrebbe intenzione di uscire da Federmeccanica e disdire il contratto nazionale di lavoro che regola il rapporto con i suoi dipendenti ha messo in allarme i sindacati di categoria. Non solo la Fiom che a partire dalla vertenza su Pomigliano si è posizionata sulla linea del "no" alle richieste dell'azienda, ma anche la Fim e la Uilm che invece quell'intesa l'hanno sostenuta, negoziata e firmata. La vigilia del tavolo a Torino tra le parti diventa quindi sempre più tesa. E mentre dalle tute blu della Cgil già si grida al "più grave attacco ai diritti dei lavoratori dal 1945 a oggi", la linea dei 'colleghi' resta più equilibrata ma ugualmente chiara: vanno bene le richieste contenute nell'accordo su Pomigliano, passi anche la creazione di una newco - è il senso del discorso di Fim e Uilm - ma assolutamente non si puo' prescindere dall'intesa che regola il lavoro di tutte le fabbriche metalmeccaniche. "L'accordo siglato per Pomigliano è importante per difendere i 5 mila posti di lavoro - ha dichiarato al VELINO il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella - e noi siamo stati determinanti per chiudere la partita con un'intesa giusta e innovativa" che ora "deve essere applicata". In questo senso l'idea della nuova società per il sito in provincia di Napoli "non ci vede favorevoli ma neppure troppo turbati, anche perché è già successo all'interno del gruppo e in altre realtà produttive". Ma, ha avvertito Palombella, "la cosa che non accetteremo prima, dopo e durante è l'uscita dal contratto nazionale" sulla quale "siamo completamente in disaccordo".

Sulla stessa linea il segretario nazionale della Fim-Cisl, Bruno Vitali: "Il problema non è la newco" ma "andare fuori dal ccnl", ha sottolineato al VELINO, "anche perché il contratto nazionale va già bene per soddisfare le esigenze di maggiore flessibilità e produttività richieste dall'azienda" anche per quanto riguarda Pomigliano e la nuova società. Per questo "la mossa della Fiat ci sembra eccessiva", ha continuato Vitali, comunque "noi siamo pronti a contrattare e a sporcarci le mani. Il nostro compito adesso è stare dentro il processo, non serve fare finta di niente e girarsi dall'altra parte, anche perché il rischio - ha concluso il dirigente sindacale - è che il Lingotto vada avanti in maniera unilaterale". Scontata invece la posizione della Fiom, che mette insieme l'ipotesi di uscita da Confindustria con newco e Pomigliano per attaccare l'atteggiamento della Fiat (e quindi dei colleghi che l'hanno accettate): "Quello che oggi tutti i giornali preannunciano per la Fiat, cioè l'abbandono del contratto nazionale - ha affermato Giorgio Cremaschi - è il piu' grave attacco ai diritti dei lavoratori dal 1945 ad oggi. Così come la vicenda di Pomigliano annunciava l'attacco a tutti i diritti dei lavoratori Fiat, così la scelta della newco e del contratto pirata, che di questo si tratta, per il settore auto, rappresenta la messa in discussione del contratto nazionale per tutti i lavoratori italiani".

Di conseguenza "l'incontro di domani, alla luce di queste anticipazioni - ha proseguito il sindacalista della Fiom - si presenta come una patetica sceneggiata, nella quale saranno rappresentate la prepotenza della Fiat e l'impotenza delle istituzioni di fronte alle multinazionali. E' una vergogna per l'Italia e un danno drammatico per i lavoratori e per l'industria. In ogni caso è chiaro che le decisioni Fiat apriranno la via a conflitti sindacali e legali senza precedenti". Secondo il leader della Uilm è stato proprio questo atteggiamento della Fiom, "l'annunciare scioperi, azioni di lotta e legali" ad aver portato il costruttore torinese a cercare di tutelarsi. Anche pensando a soluzioni "sbagliate". "La costituzione della newco così come le altre ipotesi - ha evidenziato Palombella al VELINO - sono dettate dalla paura di non poter gestire compiutamente gli accordi" ad esempio quello su Pomigliano, "visto che la Fiom ha fatto di tutto per boicottarlo". La Cgil e soprattutto la Fiom "si sono presi una responsabilità grandiosa" ma "la partita si sta facendo dura e fare muro contro muro non risolve i problemi - ha chiosato il segretario della Uilm -. Quindi spero che domani a Torino ci sia una distensione dei rapporti per convergenze tra tutti.
Solo così ipotesi come l'uscita dal contratto verranno affossate".



non posso far altro ce esprimere la mia solidarietà agli operai schiavizzandi ed il mio profondo disprezzo e livore (se potessi godere di impunità anche manesco) verso i pagliacci sfruttatori e i pagliacci che si propongono come difensori ed in realtà umiliano chi dovrebbero sostenere

non siamo in un Paese civile


mi associo in toto all'ultima frase di Ferrero
 
Geller ... 'fabbrica Italia' ...


TORINO (MF-DJ)--"Fabbrica Italia non e' un accordo. E' un nostro progetto. Non e' stato concordato ne' con il mondo politico ne' con il sindacato. Per questo e' incredibile la pretesa che ho sentito piu' volte rivolgere alla Fiat di rispettare un presunto accordo. Non c'e' stato nessun accordo, aldila' di quello di Pomigliano".

Lo ha detto l'a.d. di Fiat, Sergio Marchionne, nel corso dell'incontro con istituzioni e sindacati a Torino, aggiungendo che "Fabbrica Italia e' nata dalla nostra volonta' di trasformare l'Italia in una base strategica per la produzione e le esportazioni di vetture".

"Siamo l'unica impresa che ha deciso di investire in questo Paese in modo strutturale. La sola cosa che abbiamo chiesto e' di avere piu' affidabilita' e piu' normalita' in fabbrica. Da qualcuno ci siamo sentiti rispondere che stiamo ricattando i lavoratori, violando la legge o addirittura la Costituzuione. Non voglio piu' commentare assurdita' del genere", ha sottolineato il top manager.




ora ... tu che credi alle boiate che ti spara il maglione ambulante ... mi spieghi come mai se vuol tanto produrre in Italia le auto elettriche che sono il futuro oramai prossimo le fa in USA coi soldi che gli passa Obama, chiude Termini Imerese, mettendo solo 350 milioni fa un investimento da un miliardo in Serbia per produrre le vetture che sostituiscono l'intera produzione di Mirafiori, Pomigliano se ne parla tra due anni dopo due anni di cig ...

azzardo una previsione ... entro due anni, secondo me entro un anno, la fiat non è più una fabbrica italiana e salta pure Pomigliano ... i pagliacci che ti son tanto cari si godranno tranquilli i soldi che te ed io gli abbiamo regalato in tanti anni e loro si son messi in saccoccia invece che investire in azienda ... come si sa PSA BMW ecc. il grosso lo fanno in patria e le retribuzioni nette dei loro operai sono superiori a quelle degli operai fiat nonostante il fatto indiscutibile che il cuneo fiscale francese e quello tedesco è peggio del nostro ....


la faccenda è molto grave è credo proprio finirà anche male ... e i nostri inverecondi politici, 'opposizione' (mai esistita) compresa, tacciono
 
Geller ... 'fabbrica Italia' ...


TORINO (MF-DJ)--"Fabbrica Italia non e' un accordo. E' un nostro progetto. Non e' stato concordato ne' con il mondo politico ne' con il sindacato. Per questo e' incredibile la pretesa che ho sentito piu' volte rivolgere alla Fiat di rispettare un presunto accordo. Non c'e' stato nessun accordo, aldila' di quello di Pomigliano".

Lo ha detto l'a.d. di Fiat, Sergio Marchionne, nel corso dell'incontro con istituzioni e sindacati a Torino, aggiungendo che "Fabbrica Italia e' nata dalla nostra volonta' di trasformare l'Italia in una base strategica per la produzione e le esportazioni di vetture".

"Siamo l'unica impresa che ha deciso di investire in questo Paese in modo strutturale. La sola cosa che abbiamo chiesto e' di avere piu' affidabilita' e piu' normalita' in fabbrica. Da qualcuno ci siamo sentiti rispondere che stiamo ricattando i lavoratori, violando la legge o addirittura la Costituzuione. Non voglio piu' commentare assurdita' del genere", ha sottolineato il top manager.




ora ... tu che credi alle boiate che ti spara il maglione ambulante ... mi spieghi come mai se vuol tanto produrre in Italia le auto elettriche che sono il futuro oramai prossimo le fa in USA coi soldi che gli passa Obama, chiude Termini Imerese, mettendo solo 350 milioni fa un investimento da un miliardo in Serbia per produrre le vetture che sostituiscono l'intera produzione di Mirafiori, Pomigliano se ne parla tra due anni dopo due anni di cig ...

azzardo una previsione ... entro due anni, secondo me entro un anno, la fiat non è più una fabbrica italiana e salta pure Pomigliano ... i pagliacci che ti son tanto cari si godranno tranquilli i soldi che te ed io gli abbiamo regalato in tanti anni e loro si son messi in saccoccia invece che investire in azienda ... come si sa PSA BMW ecc. il grosso lo fanno in patria e le retribuzioni nette dei loro operai sono superiori a quelle degli operai fiat nonostante il fatto indiscutibile che il cuneo fiscale francese e quello tedesco è peggio del nostro ....


la faccenda è molto grave è credo proprio finirà anche male ... e i nostri inverecondi politici, 'opposizione' (mai esistita) compresa, tacciono


Non mi sbilancerei sui tempi ma la previsione che quella parte di Fiat che,
dopo le varie ingegnerie, si occuperà di auto divenga, in tutto e per tutto, un'azienda americana con centri di controllo e governance negli USA non mi sembra destituita di fondamento.
Ciò nondimeno quando Marchionne dice

"Siamo l'unica impresa che ha deciso di investire in questo Paese in modo strutturale"...

è di una certa importanza capire se e quanto questo descriva la presente situazione operativa perché ovviamente il bene od il male, il giusto o o l'ingiusto non esistono mai in maniera inerente.
 

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