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ECONOMIA
BERLINO E BCE IN TRINCEA PER L'EURO
di
LINO TERLIZZI
Per cercare di comprendere le prossime mosse nella battaglia che si svolge attorno alla moneta unica europea, è utile partire da una domanda.
E cioè: c'entra qualcosa con l'euro la robusta ripresa economica della Germania?
La risposta è: sì, c'entra, l'euro non è sicuramente l'unico motivo della risalita della locomotiva tedesca, ma è un fattore non secondario.
Se si parte da qui, si può meglio capire perché, come ha riaffermato la cancelliera Angela Merkel, la Germania continuerà a fare molto per cercar di mantenere l'euro.
E perché in questa battaglia non facile Berlino potrà contare ancora sulla Banca centrale europea (BCE).
Periodicamente escono sondaggi che ribadiscono che buona parte della popolazione tedesca vorrebbe lasciare l'euro e tornare al marco.
È probabile che questi sondaggi riflettano umori reali, ma non bisogna farsi trarre in inganno: un conto sono le impressioni diffuse, legittime e naturali, specie in una fase come questa di «guerre valutarie», un conto sono le cifre e gli interessi del Paese, di cui sono perfettamente a conoscenza sia l'establishment economico, sia quello politico.
La verità è che sin qui la Germania ha fatto molti soldi con l'euro. Con l'avvento della moneta unica, sono state infatti cancellate dalla lavagna europea, d'un sol colpo, le svalutazioni competitive di monete deboli come la lira, la peseta, la dracma ed altre.
Il vantaggio per l'export germanico è stato consistente.
Non solo. Se si restringe lo sguardo all'ultimo anno e mezzo, si vede che per Berlino in un certo senso non tutto il male è venuto per nuocere: la discesa dell'euro in rapporto al dollaro - diversa da quella più ampia in rapporto al franco - si è concretizzata sin qui in sostanza in un riequilibrio positivo per l'export germanico.
Bisogna ricordare che l'avventura dell'euro è iniziata con un cambio di 1,16 dollari e che ora, dopo l'effetto delle crisi greca ed irlandese e dopo i timori di contagio in direzione soprattutto portoghese e spagnola, siamo ancora a 1,33. Paradossalmente, ci sarebbe in teoria spazio per una nuova discesa sul dollaro, senza che questo debba significare di per sé la fine dell'euro.
Ciò non vuol dire che la crisi dei debiti pubblici nell'Eurozona sia un
tracciato di rose e fiori per la Germania.
Non è così.
E qui veniamo ad un altro punto cruciale.
Appurato che per Berlino il mantenimento dell'area euro nella sua conformazione attuale corrisponde ad un forte interesse economico, il problema è applicare una linea che tenti di salvare i Paesi in difficoltà ma che non getti eccessive risorse del contribuente tedesco sul piatto e che, soprattutto, non abbandoni la linea di lungo termine del rigore finanziario.
Dopo alcune iniziali incertezze, ora il Governo tedesco sta muovendosi entro argini più chiari.
Nell'immediato Berlino partecipa alle operazioni di sostegno ai Paesi in crisi, ma vuole veder chiaro su ogni passo.
Come nel caso dell'aumento del Fondo salva-Stati, che forse sarà alla fine accettato, ma con garanzie. O come nel caso della diffidenza verso un ampio impiego di eurobond, in cui i vari debiti pubblici dell'Eurozona si confonderebbero prima del richiesto riaggiustamento dei conti pubblici dei Paesi in crisi.
Per gli anni prossimi, inoltre, Berlino chiede un meccanismo in cui eventuali salvataggi siano a carico non solo degli Stati, ma anche degli investitori privati.
Al di là di alcune possibili divergenze tecniche, su questa linea di fondo la Germania avrà probabilmente l'appoggio della BCE, guidata da Jean-Claude Trichet, un francese molto «tedesco» come cultura monetaria ed economica.
La scomparsa dell'euro porterebbe via ovviamente anche l'attuale BCE, che ha sede a Francoforte e che si rende conto ovviamente della centralità della Germania nel salvataggio dell'euro.
Se l'accoppiata Berlino-BCE non riuscirà a mantenere l'attuale area euro, allora tenterà comunque di salvaguardare un nucleo di euro «forte», tenendo agganciati i Paesi deboli, nell'ambito di una fascia di oscillazioni valutarie limitate. L'uscita unilaterale della Germania dall'euro resta un'ipotesi costosa ed estrema, che infatti sin qui non si è avverata.
E ciò anche per l'assetto economico dell'economia tedesca, che spinge appunto verso altre soluzioni.
È interesse anche della Svizzera che abbia successo la linea cauta della Germania sull'euro. Per la Svizzera, la Germania è il principale partner commerciale ed il fatto che la ruota dell'economia tedesca possa girare bene è positivo.
Di più, la gran parte degli scambi commerciali elvetici avvengono con l'area dell'Unione europea ed un riaffermarsi di un campo di stabilità valutaria sarebbe pure positivo. Un franco come quello attuale, cioè ai massimi sia sull'euro, sia sul dollaro, ha indubbiamente i suoi vantaggi, specie per l'import e per la piazza finanziaria elvetici. Ma ha anche svantaggi, specie per l'export di beni e servizi svizzeri. Il franco resterà comunque forte. Ma avrà bisogno di non essere troppo forte.