Macroeconomia Crisi finanziaria e sviluppi

Questo, se volete, si può spostare nel geniale 3D "astronomico" di Maino :lol:

Venerdì 6 Marzo 2009, 13:01

2009.DD.45

Molti pericoli, ma molto noti
Di Alessandro Fugnoli
Leggendo qua e là tra blog molto autorevoli, documenti di importanti istituzioni, siti di ricerca e giornali solo considerando gli ultimi giorni siamo stati avvertiti dell'insolvenza del sistema finanziario globale (Roubini), dell'insolvenza sempre più vicina di metà dell'Europa occidentale (Spagna, Irlanda, Grecia, Austria, Belgio, Italia), dell'insolvenza delle imprese, delle banche e degli stati nazionali dell'Europa centrale e orientale (dai baltici in giù fino alla Macedonia e poi Ucraina e Kazakhstan), dell'insolvenza della Russia (Buiter), dell'insolvenza a termine degli Stati Uniti (debito al 300 per cento del Pil nel 2050 secondo il Congressional Budget Office, subito criticato per la proiezione considerata troppo ottimistica), del crollo del Giappone, dell'ulteriore probabile discesa del Pil mondiale del 10-20 per cento dai livelli attuali (Marc Faber), della durata della crisi e del bear market per molti e molti anni ancora (Roubini), del crollo a termine del dollaro e dei T-Bond (Barnes di Bca), della deflazione e dell'iperinflazione imminenti, della fine dell'euro, della fine dell'Unione Europea, dell'inutile e artificioso sforzo cinese di rilanciare l'economia. Potremmo continuare a lungo con i paesi poveri, le materie prime crollate, l'industria a pezzi, la sovracapacità produttiva, il peggio che deve ancora arrivare e un'infinità di altri temi.

Di 2009.DD.45, l'asteroide di 40 metri che martedì ha sfiorato la Terra rischiando di produrre l'effetto di mille bombe atomiche ci ha avvertiti un astronomo australiano, che si è accorto del pericolo solo tre giorni prima del possibile impatto. L'ultimo grande sasso caduto sulla Terra risale al 1908. Cadde a Tunguska, in una zona inaccessibile della Siberia, e oscurò i cieli del pianeta per un anno. Nessuno, naturalmente, l'aveva previsto. Un sasso leggermente più grande provocò l'estinzione dei dinosauri alla fine del Cretaceo, 65 milioni di anni fa. Uno ancora più grande, alla fine del Permiano, 250 milioni di anni fa, rischiò di porre fine a qualsiasi forma di vita. Si estinse il 95 per cento di tutte le specie viventi.

L'allontanarsi di 2009.DD.45 ci porta a dire che, al contrario di quanto affermano quasi tutti, il peggio è passato. Ora che le esogene non ci minacciano più restano solo banali endogene da sistemare.

Una seconda osservazione è che i pericoli mortali se ne arrivano spesso quando vogliono loro e senza che nessuno ci preavverta. I pericoli su cui al contrario tutti (lodevolmente) ci avvertono vengono spesso schivati perché, allertati, si fa in tempo a produrre una risposta che, quanto meno, ne mitiga l'impatto.

Nel film Armageddon, Bruce Willis e la Nasa avevano 18 giorni per organizzare la nuclearizzazione dell'asteroide minaccioso. Con solo tre giorni di preavviso non ce l'avrebbero fatta. Quanto alla crisi globale, il tempo disponibile è di più.

Si può discutere molto sulla risposta dei policy maker. Avrebbe potuto essere molto più tempestiva e aggressiva. Si sono invece confermati i lunghi tempi di reazione di tutte le grandi crisi precedenti, misurabili in anni e non in mesi. L'insegnamento, amaro, è che non basta avere la consapevolezza teorica di quello che succede e non basta nemmeno avere un armamentario potenziale di contromisure molto più sofisticato rispetto ai decenni e ai secoli scorsi. Non basta perché i tempi di reazione della politica e, a monte, i tempi di formazione del consenso sociale e politico sono sempre quelli. Fra 20, 50 o 100 anni saranno ancora quelli, non facciamoci illusioni.

Detto questo, non bisogna cadere però nell'eccesso opposto e guardare con scetticismo e disperazione a tutto quello che i policy maker hanno fatto e si preparano a fare. Come minimo si sta comprando, a suon di pacchetti fiscali e di politiche monetarie non convenzionali, una seconda metà del 2009 meno drammatica della prima metà che stiamo vivendo e un 2010 di faticoso e modesto recupero.

Siamo i primi a nutrire dei dubbi sulla possibilità di un'uscita pulita e definitiva dalla crisi. Trent'anni di accumulazione di debiti non si smontavano in due anni nemmeno nell'Ottocento. Una volta comprato a caro prezzo il 2010 ci sarà subito dopo il rischio di una ricaduta come nel 1937 oppure quello di un'uscita inflazionistica. Per questo sarà decisivo spendere il 2009 e il 2010 per accelerare la sistemazione degli asset tossici e per ristrutturare il debito delle imprese e degli stati.

Bisognerà anche continuare a rassicurare i mercati su un percorso postcrisi di risanamento fiscale. Le tasse di Obama hanno certo un di più di ideologico, ma sono in larga misura inevitabili. Si ricorda sempre positivamente Roosevelt, ma si dimentica la sua ferocia fiscale (con l'aliquota marginale al 90 per cento), così come si dimentica la durezza del conflitto politico dell'epoca, infinitamente più aspro di quello odierno.

Entro due settimane avremo notizie più precise sul Public-Private Fund da un trilione che dovrà rilevare gli asset tossici. Il 25 marzo partirà la Talf con un altro trilione. A fine aprile sarà concluso lo stress test delle banche e verranno assegnati i 350 miliardi per la ricapitalizzazione delle banche. Sarebbe bello utilizzare subito anche i 750 miliardi che Obama ha prenotato per il Tarp 2, ma i tempi della politica e del consenso esigono che le cose si facciano un po' alla volta. In giugno cominceremo ad avere i primi effetti del pacchetto fiscale, così che nel terzo e quarto trimestre il Pil avrà un sostegno del 3 per cento annualizzato.

L'Europa si muove con il suo cronico ritardo, ma non bisogna sottovalutare troppo quello che sta facendo e, soprattutto, quello che si sta preparando a fare in caso di emergenza. E' un peccato aspettare sempre di avere l'acqua alla gola, ma i mercati devono riconoscere la differenza tra una situazione di stress estremo cui si è pronti a rispondere con dei piani e una a cui si arriva totalmente impreparati. La Bce sta studiando il quantitative easing. I governi stanno approntando misure, che al momento non vogliono rendere pubbliche, per il salvataggio in extremis di paesi in difficoltà di rifinanziamento, tanto a ovest quanto a est. Possiamo immaginare la creazione di fondi speciali, l'emissione eventuale di debito garantito dall'Unione o, per l'est, l'ingresso istantaneo nell'euro di questo o quel paese, che sia perfettamente pronto o no (si è osservato giustamente che Eurolandia oggi non potrebbe entrare nell'euro se le si applicassero tutte le regole che si stanno imponendo all'est).

A est, non c'è dubbio, ci saranno aggiustamenti dolorosi. Se ne faranno carico il Fondo Monetario, la Berd, l'Unione, la Bce (con gli swap di euro contro le valute locali), gli stati nazionali occidentali che dovranno aiutare le loro banche esposte a est e gli azionisti di queste banche. Ma se ne faranno carico molto di più, alla fine, gli stati e le banche centrali dell'est, che si caricheranno di una parte significativa degli asset più tossici.

Qualcuno forse farà default, ma il default non è sempre un evento catastrofico. L'Ucraina riprofilò i suoi bond negli Novanta, costringendo gli obbligazionisti ad aspettare cinque anni per riavere indietro i loro soldi, con un 10 per cento di interesse all'anno per il disturbo. Alla fine gli obbligazionisti fecero un ottimo affare. Questa volta un eventuale default potrebbe essere meno benigno, ma difficilmente sarà catastrofico.

Lo scetticismo dei mercati verso le misure di policy coinvolge ormai anche la Cina. L'annuncio di un secondo piano fiscale sta producendo in queste ore un recupero delle borse che probabilmente ci sarebbe stato comunque, visti gli estremi di ipervenduto cui si era arrivati. Dietro la facciata, però, è tutto un fiorire di commenti disincantati. La Cina, si dice, guadagna solo tempo mangiandosi il capitale delle riserve e drogando il credito. La ripresa delle materie prime e del greggio, quindi è solo effimera.

Qui bisogna mettersi d'accordo. In tutto il gran daffare dei governi e delle banche centrali di tutto il mondo manca, come ha notato severamente Volcker, la cosa più importante di tutte, ovvero l'idea di una nuova architettura finanziaria globale (anche se gli squilibri che hanno causato la crisi del vecchio ordine si vanno riducendo giorno dopo giorno insieme al disavanzo delle partite correnti americane).

Al netto della Terza Bretton Woods di cui tanto si sente il bisogno, ci sono tuttavia, come abbiamo visto, gli sforzi sempre maggiori di contenimento della crisi da parte dei governi. Del resto, quando i governi fanno il contrario di quello che stanno facendo adesso, quando cioè alzano le tasse o tagliano drasticamente la spesa pubblica, nessuno si sogna di alzare le spalle. La Cina, in particolare, ha già dimostrato durante la crisi asiatica del 1997 e durante la crisi del 2001-2003 di sapere trovare al proprio interno le risorse per lo sviluppo. D'altro canto i pianificatori cinesi non saranno così stolti (come si sospetta continuamente da tante parti) da ampliare la capacità produttiva dei settori rivolti all'export in crisi di sovrapproduzione, ma privilegeranno le infrastrutture e i servizi per il mercato interno.

In conclusione, ci sembra troppo tardi per stare corti, ma anche troppo presto per mettersi lunghi. Si può dire quello che si vuole, ma il Pil mondiale si trova in un ascensore al quale si è spezzato il cavo e sta precipitando a una velocità del 7 per cento annualizzato negli Stati Uniti e di poco meno in Europa. Fra due tre mesi entreranno in funzione gli ammortizzatori della caduta e ci sarà tutto il tempo, prima di comprare, per vedere se saranno efficaci.

Diceva Darwin che nelle catastrofi ecologiche estreme, come quelle del Permiano o del Cretaceo, scarafaggi e batteri, con il loro stile di vita sobrio, sono molto più adatti a sopravvivere delle creature complesse dalle grandi ambizioni. In questi mesi tumultuosi ci sarà senz'altro qualcuno che, da corto o da lungo e con leva aggressiva, riuscirà a costruire fortune e a entrare nella leggenda. Per uno che riuscirà ce ne saranno però dieci che falliranno miseramente. La selezione naturale, nei grandi numeri, favorirà gli scarafaggi dei Bot.

da Il Rosso e Il Nero, settimanale di strategia.

Bel post, mi sembra ragionevole.
Parentesi O.T.: leggendo gli articoli in home page mi sembra trasparire un certo ottimismo sulla fine della crisi (quantomeno dell'azionario).
Che ne pensate?
Va bene la "fiducia" ma credo che sia ancora presto per sbilanciarsi nel suggerire che il peggio è alle spalle.
 
vabbè ... visto che si criticava quello che diceva Roubini .... ecco il Fugnoli doc ... fa tenerezza ... chissà in quanti ci hanno lasciato le penne seguendolo :):)


(01 febbraio 2007)
Da il Rosso e il Nero, settimanale di strategia
di Alessandro Fugnoli, strategist Abaxbank MILANO - Non c’è nulla di più noioso, in questo periodo, che leggere gli elenchi di quello che potrebbe andare male in un futuro prossimo che altrimenti si presenta, in tutta evidenza, radioso e perfetto. Sono elenchi da disclaimer, sembrano scritti più dall’ufficio legale che da economisti o strategist. Il petrolio potrebbe risalire, si dice, il dollaro potrebbe bruscamente deprezzarsi, la crisi dell’immobiliare potrebbe aggravarsi, la Cina potrebbe andare in deflazione, la questione iraniana potrebbe riaprirsi, la crescita dei profitti potrebbe rallentare, quest’estate potremmo rivedere gli uragani, un atto terroristico drammatico potrebbe essere compiuto in qualsiasi momento, una pandemia potrebbe produrre danni umani ed economici incalcolabili, eccetera.
C’è un che di polveroso, burocratico e pigro in questi elenchi,

anche perché il petrolio sta scendendo, il dollaro appare tranquillo, l’immobiliare sarà anche in crisi ma intanto nel Regno Unito i prezzi delle case continuano a salire furiosamente (e a Manhattan hanno ripreso a crescere, mentre dove scendono si fa fatica ad accorgersene), la Cina sta benissimo, l’Iran costruisce le sue bombe serenamente operoso (e circondato dall’affetto di cinesi, russi ed europei), i profitti crescono come previsto, el Nino ci toglie di mezzo gli uragani e ci regala un inverno caldissimo, al Qaeda trova più utile logorare l’America in Irak che organizzare attentati in Occidente, le pandemie aspettano tempi migliori. Insomma, non c’è una nuvola a cercarla. Il cielo è sereno a perdita d’occhio, fino alle montagne. Inutile negarlo.
E’ semmai di quello che potrebbe essere in preparazione dietro le montagne che bisogna stilare elenchi di avvertenze.
1) La campagna per la Casa Bianca potrebbe essere così aspra da indurre un candidato democratico a sbilanciarsi pesantemente in favore di un ritiro totale dall’Irak (idea tanto più allettante quanto più impopolare diventa la guerra), al punto da doverlo realizzare sul serio in caso di vittoria. Come conseguenza del ritiro il conflitto, se non sanato in tempo nei prossimi mesi, potrebbe coinvolgere l’Arabia Saudita e l’Iran, mentre Al Qaeda avrebbe tutto lo spazio che vuole. A quel punto l’Arabia Saudita potrebbe forzare al rialzo la produzione di greggio per mettere in ginocchio l’Iran, ma l’Iran e il Venezuela suo alleato risponderebbero forzando anche la loro produzione per finanziare conflitto e consenso. Sulla carta il greggio potrebbe scendere, ma il premio al rischio di tutto (incluso il greggio) schizzerebbe verso l’alto. Quanto alla volatilità, potete immaginarla da soli.
2) Dopo el Nino del 2006/2007 e la Nina del 2007/2008, dal 2008/2009 dovremmo tornare ad avere inverni freddi, estati calde e uragani a volontà.
3) Dopo le Olimpiadi dell’estate 2008, la Cina potrebbe essere colpita dalla sindrome post-olimpica che colpì il Canada nel 1976 o la Grecia nel 2004. Un brusco calo degli investimenti in infrastrutture, unito alla quasi saturazione di autostrade, dighe, aeroporti, centri commerciali – oggi già visibile - potrebbe portare a un rallentamento, non necessariamente drammatico ma comunque avvertibile.
4) Un rallentamento della crescita globale potrebbe portare a un aumento della domanda di protezionismo, finora tenuta a bada dalla forte espansione di questi anni. Una Casa Bianca democratica farebbe fatica a contenere le pressioni del Congresso in tale direzione.
5) Stephen Roach, che dal 2001 cerca invano nuvole nere nel cielo sereno, ne ha forse trovata una meritevole di attenzione. Dopo anni di crescita dei profitti e di salari stagnanti, il pendolo ha iniziato in tutto il mondo (perfino in Cina) a invertire la direzione di marcia. Non, dice acutamente Roach, nella forma tradizionale di un recupero sindacale di forza contrattuale e potere d’acquisto (strada preclusa dalla globalizzazione), bensì per via elettorale e politica, attraverso un aumento della pressione fiscale sui profitti, le rendite e i redditi medio-alti. Questo processo è solo all’inizio, ma prenderà gradualmente velocità.
6) Alla ripresa della lotta di classe, data prematuramente per morta, si affianca in modo sempre più evidente la ripresa di ideologie radicali e socialisteggianti in aree come l’America Latina. Il ripudio del debito è trendy (c’è un team di consulenti argentini che gira il continente per offrire consulenza su come fare default e vivere felici), le nazionalizzazioni sono incessanti. L’asse Cuba-Venezuela-Ecuador-Bolivia-Iran (con il Messico che ha evitato per un soffio di entrarci) produce più petrolio di quanto ne produceva l’Unione Sovietica (che non lo usò mai come arma).
7) Il bull market azionario, fino ad oggi mantenutosi in limiti di assoluta ragionevolezza, potrebbe a un certo punto decidere di librarsi troppo audacemente nel magico regno dell’espansione dei multipli, oggi sulla bocca di tutti, rendendosi via via più vulnerabile e diventando esso stesso, a un certo punto, fattore di rischio sistemico.
Questo elenco (facciamo un disclaimer sul disclaimer) è solamente esemplificativo e non è in nessun modo lo scenario di base da cui partiamo. E’ però possibile, come sono possibili altri scenari negativi in universi paralleli sol che si voglia provare a pensarci con un minimo di fantasia. Serve poi a ricordare che il fatto che non ci sia una nuvola all’orizzonte non significa che non pioverà mai più. L’economia mondiale e i mercati, docili e mansueti in questi anni che un giorno ricorderemo con nostalgia, potranno un giorno diventare meno governabili.
Scritto il disclaimer, torniamo allo scenario di base, che resta ancora strutturalmente benevolo anche per la fase che va dalla fine del 2008 in avanti (con però una probabilità di correzioni importanti molto superiore a quella dei prossimi 16-20 mesi).
In primo luogo, sulle questioni geopolitiche, è probabile che una Casa Bianca democratica mantenga una presenza militare in Irak, sia pure ridimensionata. Quanto alla radicalizzazione dell’America Latina, è inverosimile che coinvolga il Brasile, che è sempre restato estraneo alle sirene del castrismo.
Sul riequilibrio per via politica tra capitale e lavoro notiamo che tasse più alte sulle persone fanno meno male ai mercati di una riduzione dei margini delle imprese per via sindacale in stile anni Settanta. Quello che si rischia però di dimenticare (lo dimentica perfino Roach, troppo affezionato alla sua idea dell’arbitraggio globale dei salari) è che può comunque crearsi una situazione da anni Sessanta, ovvero un oggettivo aumento di potere contrattuale del lavoro dovuto al raggiungimento del pieno impiego. Ci sarà anche la Cina, ma l’arbitraggio non è perfetto se la Ig Metall chiede per il 2007 aumenti del 6.5 per cento e se i salari in America (se si includono i bonus) hanno un andamento sempre più brillante. Attenzione, comunque, non tutti gli anni Sessanta finiscono nei Settanta (e nei Sessanta, per di più, le borse continuarono a salire).
Quanto alla Cina, un gruppo dirigente formatosi sulla pianificazione sovietica saprà ben trovare, dopo le Olimpiadi, qualche stimolo si crescita per un’economia che risponde ancora molto bene alle misure amministrative. E sul protezionismo, che una crescita globale decente potrà ancora tenere a bada, la simbiosi tra Cina e America è troppo utile a entrambi per essere sacrificata sull’altare del populismo e dell’ideologia.
Questi problemi riguardano in ogni caso il dopodomani. Da qui all’estate del 2008 bisognerà invece sfruttare al massimo il momento propizio. Questo non significa abbandonare ogni selettività e comprare a leva qualsiasi cosa (e quanto è più rischiosa meglio è). Un solo esempio. Su molte operazioni di carry (ad esempio su valute locali emergenti) sarà meglio essere più prudenti dell’anno scorso e limitarsi ad agire opportunisticamente nei momenti di avversione al rischio. Molti paesi (Turchia, Brasile, Ungheria) hanno stretto l’estate scorsa dopo la crisi di fiducia e in questo modo hanno riportato il cambio sui massimi. Ora le valute sono care e i tassi stanno per essere abbassati, per cui è meglio uscire che entrare.
Posizioni particolarmente aggressive sulle Borse potranno essere ripristinate più avanti nell’anno. Per l’immediato, tuttavia, è preferibile mantenersi neutrali e vendere in più una buona quantità di put come yield enhancement ed eventuale ingresso a prezzi più bassi. E’ in corso infatti una corrrezione al rialzo (un ossimoro che abbiamo creato sul modello della growth recession, la recessione con segno positivo). Che siamo in correzione lo si capisce dal fatto che eventi molto positivi sopraggiunti nelle ultime settimane, come il petrolio a 50 dollari, vengono festeggiati con rialzi molto più modesti di quello che meriterebbero. Questa correzione sui generis è più che dovuta, dopo una galoppata di cinque mesi, e si prolungherà ancora per qualche settimana. La fine della correzione, tuttavia, potrebbe coincidere con un recupero del petrolio (ci sembra difficile che scenda ancora) e con una modesta e temporanea battuta d’arresto dell’economia europea, per cui il bull market azionario, nel primo trimestre, potrebbe continuare ad andare al trotto, non al galoppo.
 
vabbè ... visto che si criticava quello che diceva Roubini .... ecco il Fugnoli doc ... fa tenerezza ... chissà in quanti ci hanno lasciato le penne seguendolo :):)

:ot:

Solo gli stolti non cambiano mai idea e Fugnoli, da analista attento quale è, pochi mesi dopo il report che hai postato si esprimeva in ben altri termini.

Tenerezza non saprei, a differenza di te non mi lascio guidare dai sentimenti quando leggo queste cose...

Ma soprattutto credo che sia profondamente sbagliato il concetto di "seguire": farsi portavoce di questo o quel "partito", invitando a seguirne i dogmi e i precetti senza analizzarli criticamente e costruirsi una propria opinione è profondamente sbagliato.

Uno dei presupposti su cui si fonda questo forum è proprio quello di consentire un confronto laico fra idee diverse, se possibile fornendo un contributo personale, proprio per fare sì che ciascuno sia in grado di ragionare, e di investire, con la propria testa.

Le guerre di religione e le militanze politiche lasciamole fuori da qui, per favore.
 
Tremonti Bond

Il ricorso a questa liquidità è inevitabile.

Solamente che cercano di rinviarlo a dopo le assemnle e l'approvazione dei Bilanci.

Vogliono evitare l'auto-evirazione.

peggio per i soci di maggioranza....(:lol::lol: pensate al Colonnello, io con la tenda mi pianterei davanti casa di quel Wanna M del cavaliere:lol:)

I banchieri non sono i soci, ma il management, il quale fila d'accordo col governo...

E poi anche gli altri listini van male. Certo, i nostri istituti forse apparivano sopravvalutati, la crisi è endemica e globale. nessuno ne resterà fuori.

Saluti

PJ
 
Siamo a livelli di guardia per tutti,
rischi di liquefazione assai presenti e vicini :

Aig: appello a Usa, salvataggio o crollo
di ANSA
Gruppo avvisa, rischierebbero anche banche europee
ANSA - ROMA, 9 MAR -
Senza un 4/o intervento di salvataggio dalle autorita' Usa, American International Group crollerebbe
con rischi per le banche europee.

Il crollo di Aig potrebbe infatti trascinare con se' altre societa' di assicurazioni e costringere anche le banche europee a nuovi aumenti di capitale.
Lo scrive il gruppo in un documento in cui chiede immediati aiuti da parte di Federal Reserve e dipartimento del Tesoro per evitare un crac 'catastrofico' dagli effetti peggiori di quello di Lehman Brothers
 
questa news l'ho letta suu F1nec0:
I futures sulla borsa di Wall Street stanno cedendo poco più di un punto percentuale a un'ora dall'avvio delle contrattazioni. Ricordiamo che la Borsa oggi aprirà alle 14.30.

Il famoso finanziere Warren Buffett, parlando alla CNBC, ha detto che l'economia americana è caduta in un precipizio e che i massicci interventi pubblici a sostegno dell'economia potrebbero far volare l'inflazione oltre i livelli record degli anni '70. Non sono previsti appuntamenti con i dati macroeconomici.

Sotto pressione nella seduta odierna saranno ancora una volta i titoli finanziari. HCSB ha espresso seria preoccupazione sull'evolversi della situazione dei crediti incagliati negli Stati Uniti. Sono in calo nel preborsa tutti i titoli delle principali banche americane.


Uorren accende il fuoco.... affonda il coltello nella ferita.....
 
:ot:

Solo gli stolti non cambiano mai idea e Fugnoli, da analista attento quale è, pochi mesi dopo il report che hai postato si esprimeva in ben altri termini.

Tenerezza non saprei, a differenza di te non mi lascio guidare dai sentimenti quando leggo queste cose...

Ma soprattutto credo che sia profondamente sbagliato il concetto di "seguire": farsi portavoce di questo o quel "partito", invitando a seguirne i dogmi e i precetti senza analizzarli criticamente e costruirsi una propria opinione è profondamente sbagliato.

Uno dei presupposti su cui si fonda questo forum è proprio quello di consentire un confronto laico fra idee diverse, se possibile fornendo un contributo personale, proprio per fare sì che ciascuno sia in grado di ragionare, e di investire, con la propria testa.

Le guerre di religione e le militanze politiche lasciamole fuori da qui, per favore.

concordo ...
vedi ... quello che mi da fastidio di Fugnoli e similia è l'atteggiamento saccente con critiche velate e meno velate votate a suscitare ilarità sull'opinione avversa altrui ....
già la cosa sarebbe fastidiosa in chi ha ragione ... in chi ha torto e ha un andamento zigzagante da ubriacone lo è ancora di più
se leggi i post di Nouriel sul suo blog MAI fa riferimento men che meno ironico a chi a pensa diversamente da lui ... semplicemente esprime le sue tesi in modo semplice e comprensibile a tutti .... modo di esprimersi tipico di chi sa :)
ho già detto che son più pessimista io di quel che dice Nouriel ... non so se sono più pessimista di quello che pensa :)

Troppidebiti ... si avvicinano le scadenze trimestrali ... come sostengono anche gli analist del sito che ospita questo forum dovrebbe approssimarsi un rimbalzo
non è certo una indicazione da parte mia, riporto solo l'opinione diffusa nel sito e un pò ovunque
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto