Da out!
Porta in faccia dell’Italia alla von der Leyen sugli aiuti a Kiev
(#GL) Sta assumendo i contorni del grottesco la vicenda del prestito della Ue all’Ucraina, garantito dai proventi degli asset finanziari russi sequestrati dal marzo 2022. Appena cinque giorni fa,
vi avevamo riferito dalle colonne del quotidiano La Verità della fuga in avanti di Ursula von der Leyen che, pur di presentarsi a Kiev con la promessa di un sostanzioso prestito di 35 milioni di euro (40 milioni di dollari), non ha esitato a mettere a carico della UE anche la quota che, in origine, avrebbe dovuto essere coperta dagli Usa.
Ma ieri quest’ultimo piano della von der Leyen, che avrebbe dovuto avere la maggioranza qualificata del Consiglio dei ministri UE, è stato clamorosamente bocciato già a livello preparatorio (ambasciatori Ue riuniti nel Coreper che preparano le sedute del Consiglio) per mano della netta opposizione di Francia, Italia e Germania.
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La promessa della von der Leyen a Volodymyr Zelensky è improvvisamente divenuta carta straccia.
Infatti l’accordo del G7 di giugno in terra pugliese, prevedeva che i 50 milioni di dollari di prestito a Kiev avrebbero dovuto essere divisi tra la Ue e gli USA (20 milioni ciascuno) e Uk, Canada e Giappone (altri 10 milioni in tutto).
Senonché quando gli USA hanno fatto notare ai loro partner che la garanzia offerta dai proventi degli asset sequestrati era a rischio perché le sanzioni che dispongono il sequestro sono soggette a rinnovo (all’unanimità) ogni sei mesi, per la Ue è stato impossibile riuscire ad allungare tale scadenza e quindi gli Usa hanno fatto retromarcia, lasciando Bruxelles col cerino in mano.
Da lì la affrettata fuga in avanti della von der Leyen che però aveva fatto i conti senza l’oste, cioè i governi nazionali che hanno clamorosamente bocciato l’iniziativa del Presidente della Commissione.
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A questo punto, l’unica via di uscita, rivelata da
Bloomberg oggi pomeriggio, è tornata ad essere quella di convincere gli Usa a contribuire al prestito offrendo proprio ciò che gli Usa chiedevano, cioè una congrua estensione del periodo di validità delle sanzioni (forse 36 mesi) e, di conseguenza, della disponibilità dei fondi russi sequestrati. In subordine, gli Usa si sono dichiarati disponibili ad erogare un prestito di minore ammontare anche qualora la Ue non riuscisse ad allungare il periodo di validità delle sanzioni che, ricordiamolo viene votato all’unanimità. Su questo voto incombe ogni volta la decisione dell’Ungheria che ha fatto sapere di non volersi impegnare prima dell’esito delle elezioni Usa del 5 novembre.
Ora toccherà al Consiglio Europeo del 17-18 ottobre trovare quell’intesa all’unanimità in grado di garantire gli Usa e al successivo incontro a livelli di ministri del G7 poter confermare il prestito nella formulazione iniziale definita in linea di principio a giugno, ma che tuttora stenta concretamente a decollare.
Per la von der Leyen non è proprio un buon inizio di mandato.