Crollano ponti e imprese

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Crollano ponti e imprese

Il crollo del grande ponte sul Mississippi avvenuto nel Minnesota il 1 agosto torna a riproporre negli USA il tema tanto evitato delle infrastrutture: invecchiamento e mancanza di finanziamenti indispensabili alle manutenzioni si traducono ormai in disintegrazione.
Il ponte sull’Interstate-35W non è un’eccezione ma la regola. Circa il 25%* dei 590.750 ponti degli Stati Uniti sono stati catalogati come “strutturalmente carenti e funzionalmente obsoleti” dalla American Society of Civil Engineers (ASCE) che in un rapporto del 2 agosto 2005 spiegava: “Eliminare le carenze dei ponti costerà 9,4 miliardi di dollari l’anno, per venti anni. Alla penuria di investimenti a lungo termine si aggiunge l’assenza di un programma federale per i trasporti”. Secondo la FHA nel resto degli USA ci sono altri 756 ponti come quello crollato in Minnesota.
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La tedesca IKB ha perso il 40% in una settimana a causa della sua esposizione sui mutui sub-prime del mercato immobiliare statunitense. In tale occasione Jochen Sanio, direttore di BaFin, l'ente federale per i servizi finanziari omologa della Consob, avrebbe affermato: “Questa è la più grande crisi bancaria dal 1931”. In tal modo Sanio si riferiva al crollo della Darmstadt National Bank nel 1931 che segnò l’inizio della Grande Depressione in Germania. L’americana Accredited Home Lenders Holding Company, finanziaria specializzata in mutui subprime, ha fatto sapere che rischia il fallimento. Le sue azioni hanno perso di conseguenza il 35%; la Bear Stearns ha annunciato la sospensione dei rimborsi da parte di un suo hedge fund (il terzo) del quale si era verificata la corsa agli sportelli degli investitori; sono crollate le monete australiana e neozelandese, che hanno rispettivamente perso il 4,1 e il 6,1 per cento (ambedue le monete erano state gonfiate dal carry trade).
Il senatore democratico Jack Reed ha deciso di affrontare la questione più seriamente alla Commissione Banche Edilizia e Urbanistica il 31 luglio. “Cresce la preoccupazione che la crisi sistemica possa arrivare sui nostri mercati finanziari” ha esordito Reed. “La proliferazione di prodotti come i CDO [Obbligazioni di Debito Collateralizzato] che non sono collaudati in situazioni sfavorevoli di mercato; l’accumularsi di capitali in mano a hedge funds non regolamentati e operanti con rapporti d’indebitamento elevati, e regole di contabilità che non promuovono la trasparenza nei rendiconti hanno evidentemente creato le circostanze per problemi che dai mercati finanziari possono riversarsi sull’economia generale”. Reed ha inoltre affermato: “Settori dell’indice [ABX] che replicano bond particolarmente rischiosi emessi sui mutui, con un grado minimo di affidabilità, sono in declino, ma adesso questo declino contagia settori dell’indice che replicano obbligazioni che hanno un rating AAA o AA ... Inoltre, quando vedo come prodotti strutturati sui mutui che inizialmente avevano un rating AAA ora vengono trattati a prezzi tipici dei junk bonds, solo ad un anno dalla loro emissione, mi chiedo se non vi sia un problema strutturale nel modo in cui gli istituti di credito svolgono il loro lavoro. Per me è evidente che un rating AAA non significa più quello che significava in passato”.

(Claudio Giudici)
 

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