DAL 4 MAGGIO USCIREMO SCAGLIONATI. SECONDO ME C'E' UNA VOCALE SBAGLIATA

Giuseppe Guarino, purtroppo, è mancato il 16 aprile scorso alla veneranda età di 97 anni, anni spesi benissimo, alla ricerca della verità e della giustizia.

Non riporto il suo sterminato curriculum vitae, sempre al servizio dello stato e della patria, ma vi racconterò del mio incontro con lui,
assolutamente fortuito, ma che ha cambiato radicalmente il mio modo di pensare e di valutare fatti ed eventi.

Di lui avevo sentito parlare negli anni ottanta solo come uomo politico democristiano.
Anche della sua attività da ministro non ricordavo alcunché, per cui dopo i primi anni novanta Giuseppe Guarino uscì al di fuori dei miei interessi.

In quel periodo ero un europeista convinto, credevo, poiché così mi avevano fatto credere, che tutti i mali del mondo, e quindi anche le mie sorti,
dipendessero dall’esito sempre incerto della eterna battaglia tra sinistra e destra.

In una visione dicotomica e in una interpretazione manichea della realtà, se vinceva la sinistra era un bene, se vinceva la destra era un male.

Passavano gli anni e restava in me la convinzione che l’Italia, inserita nel contesto europeo, fosse il miglior mondo in cui vivere e crescere i propri figli.

Certamente avevo ben viva la memoria storica delle prima repubblica e di come in essa l’economia andasse sicuramente meglio
e ci fossero grandi speranze per il futuro e la denatalità era sconosciuta.

Quando poi, nel corso degli anni novanta, le nubi cominciavano ad addensarsi sul futuro dell’Italia, per la scarsa crescita economica e la mancanza di lavoro,
credevo che tali problematiche sarebbero scomparse facendo le fantomatiche riforme, taumaturgiche per qualsiasi male.

Questo asserivano i maîtres à penser di quei tempi

. Le riforme furono fatte e che riforme!

Pur tuttavia svenduto quell’enorme patrimonio di beni comuni costituito dalle aziende IRI, privatizzato il rapporto di lavoro degli statali,
modificato in peius lo statuto dei lavoratori, trasformato il lavoro in merce, tagliate la scuola, la sanità, la ricerca e le pensioni, la situazione continuava a peggiorare.

C’era sempre qualche altra riforma da fare, qualche altra sforbiciata da dare allo stato sociale e poi tutto sarebbe andato a posto.

Era la logica del “ lo chiede l’Europa” e della mano invisibile dei mercati che si autoregolamentano.

In un mondo senza Dio il mercato aveva assunto un ruolo messianico. Per la politica italiana il giudizio dei mercati era l’odierna ordalia.

Comunque, di taglio in taglio, di riforma in riforma, di sacrifici su sacrifici arriviamo agli eventi della crisi economica del 2008.

Sorta negli Stati Uniti come crisi di debito privato, in Europa si trasformò d’amblèe in crisi di debito sovrano, il tutto per salvare le banche tedesche e francesi.

Ove non bastasse, il buon presidente Obama, fautore del multilateralismo, lasciò mano libera alla Germania, affinché scatenasse la sua furia austerizzatrice.

Nel 2011 avviene il mio incontro con Giuseppe Guarino.
Avviene nel posto più improbabile: un trafiletto nascosto nell’ultima pagina della rivista L’Espresso riportava la denuncia del prof. Guarino
del fatto che la moneta euro in circolazione si fondava su presupposti giuridici diversi da quelli originariamente previsti nei trattati di Maastricht.

Col senno del poi posso asserire che vent’anni di inutili abbonamenti a quella rivista filo europeista furono ampiamente ripagati dalla pubblicazione di quel piccolo trafiletto.

Fui incuriosito, poiché sapevo che Giuseppe Guarino non era un “terrapiattista”.

Mi procurai il suo famoso “saggio di verità” sull’Europa e sull’euro e dopo la lettura delle sue argomentazioni,
fondate sul diritto ed espresse con logica stringente e tutte ben documentate, cambiai la mia opinione sull’Europa e sull’euro.

Non sarò mai grato abbastanza a Giuseppe Guarino , per avermi disvelato con i suoi scritti e con le sue interviste tutta un’altra realtà.

Mi ha condotto fuori della caverna platonica.

E’ stato per me l’inizio di un proficuo percorso di conoscenza , ma anche di sofferenza interiore,
per aver scoperto gli inganni di quella parte politica per la quale avevo sempre militato.

Giuseppe Guarino intraprese la sua critica all’Unione Europea ed all’euro quando era ottuagenario.

Avrebbe potuto vivere tranquillo, ma non rinunciò a far conoscere agli italiani la verità.

Diede con l’autorevolezza della sua persona e la profondità della sua conoscenza anche quei fondamenti in dottrina, che ancora mancavano al movimento sovranista.

E’ brutto fare paragoni, ma non posso non cogliere l’abisso morale ed intellettuale tra le dichiarazioni di Prodi ,
che oggi esorta gli italiani a chiedere l’intervento del MES, ben consapevole delle conseguenze che un simile atto comporterebbe,
e Guarino che invece denunciava le vessazioni ai danni dell’Italia, contenute nei regolamenti comunitari
sottoscritti dallo stesso Prodi prima di diventare presidente della Commissione Europea.

Da credente quale sono ho l’assoluta certezza che, se si può scampare al giudizio degli uomini, già scampare al giudizio della storia è molto difficile, a quello divino è impossibile.

I consiglieri fraudolenti del popolo italiano, quelli che hanno condotto le pecore al lupo, i traditori della patria dovrebbero meditare attentamente.

Giuseppe Guarino è passato a miglior vita e certamente riposa in pace, quando arriverà il momento del trapasso per gli altri, presto o tardi che sia, chissà….
 
Domanda. Come si fanno a fare delle proiezioni sui morti ?????????? Con dati così variabili da comune a comune ? Mah........

Dal primo marzo al 4 aprile, cioè durante le prime cinque settimane di emergenza coronavirus,
in provincia di Lecco si sono registrate 527 morti in più rispetto alle scorso anno.

A certificarlo sono le ultime rilevazioni Istat sui decessi in 25 comuni del territorio (pari al 56% degli abitanti), poi proiettate sull’intera popolazione.

Tornando alle rilevazioni Istat, lo scorso anno dal primo marzo al 4 aprile nel nostro territorio sono scomparse 343 persone,
contro le 870 di quest’anno: 527 decessi in più per una crescita del 153%.

La maggiore incidenza si registra tra gli uomini, con un aumento delle morti del 166%, mentre per il sesso femminile l’aumento è del 141%.

Di queste 527 morti,
il 44% (232 casi) ha riguardato persone con più di 85 anni,
il 32% (170 decessi) persone tra i 75 e gli 84 anni,
il 13% (67 casi) la fascia dai 65 ai 74 anni
e per l’11% (58 vittime) l’età adulta, cioè tra i 15 e i 64 anni.

Fortunatamente nessuna vittima da coronavirus si è registrata tra gli under 15.

Interessante il focus sulla città di Lecco, che fa registrare una crescita dei decessi percentualmente inferiore
a quasi tutti gli altri comuni lecchesi di cui sono disponibili i dati.

In città, infatti, dal primo marzo al 4 aprile 2019 erano scomparse 53 persone, contro le 95 di quest’anno,
per un aumento del 79% (97% negli uomini e 58% nelle donne).

Tra le situazioni più critiche, quelle di Brivio, con i decessi passati da due a 29;
di Calolzio dove si è passati da 14 a 55,
di Costa Masnaga da tre a 17,
di Olginate da quattro a 16
e di Verderio dove si è saliti da a un morto del 2019 a 18.
 
Signor Presidente del Consiglio,

ho quasi 74 anni. Sono in casa dal 9 marzo. Mai uscito, neppure sul pianerottolo. Sono sano e vitale.

Il 4 maggio, dopo 56 giorni, andrò fuori a passeggio, con gli accessori prescritti.

Se fermato e multato, eccepirò a verbale il motivo dell’uscita: “svago in libertà”.

Poi impugnerò la sanzione fino alla Corte europea, se necessario.

Dico al Governo:

“Mi hai rinchiuso per la mia e l’altrui salute. L’ho preservata. Ho obbedito alla quarantena.
Rispetto le cautele e, da sano, non contagio nessuno. Non hai più alcun diritto di togliermi la libertà,
né di lasciarmi morire in casa sotto il pretesto di salvarmi la vita all’esterno.


Più nulla giustificherà la precauzione coattiva, che così sarà pervertita in esecrabile coercizione incostituzionale.
Se non danneggio nessuno, il padrone della mia vita sono io."


.
 
La distinzione tra decreto legge e decreto del presidente del Consiglio dei ministri non è roba da legulei.

Mentre il primo deve essere convertito in legge entro sessanta giorni, e quindi esso si realizza sotto il controllo diretto del Parlamento,
il citato dpcm non ha forza di legge, in quanto costituisce un mero atto amministrativo utilizzato di prassi per dare attuazione,
al pari dei decreti ministeriali, a norme già esistenti o/e varare regolamenti.


Ebbene, il Governo in carica ha realizzato una compressione delle libertà costituzionali dei cittadini italiani
proprio con un atto amministrativo, suscitando la piena riprovazione di autorevoli costituzionalisti del calibro di Sabino Cassese.


Ma ovviamente, avendo letteralmente sommerso il Paese sotto una coltre di paura, se non di vero e proprio terror panico,
con le principali grancasse giornalistiche e televisive schierate a sostegno di tale linea terrorizzante,
si è avuto buon gioco nell’imporre con un semplice tratto di penna un surreale regime sanitario di polizia.

Nessuna forza politica, nessuna organizzazione economica rappresentativa, nessuno di quei salotti radical chic
che per anni hanno straparlato del pericolo di un ritorno del fascismo ha avuto il coraggio non dico di contestare frontalmente
le impressionanti misure restrittive decise dal Comitato di sanità pubblica al potere
, ma almeno di criticarne alcuni evidenti elementi di chiara irrazionalità.

Tutti zitti e tutti muti, letteralmente paralizzati dal timore di venire indicati come alleati o fiancheggiatori del Covid-19.

Tuttavia, nel frattempo questo banale atto amministrativo firmato, a mio avviso, con grande leggerezza da Giuseppe Conte
sta producendo danni colossali tanto sul piano economico che su quello sociale, causando una notevole devastazione nel morale
di un crescente numero di cittadini a cui si continuano a mandare gli stessi messaggi allarmistici dei primi momenti,
senza indicare una chiara prospettiva d’uscita da questo spaventoso incubo collettivo.

Le cronache ci segnalano con cadenza inquietante episodi di violenza.

Un signore di Padova che correva rispettando le norme è stato massacrato di botte,
mentre due coniugi di Sassari, usciti per gettare l’immondizia nel cassonetto,
sono stati aggrediti brutalmente da ben 4 pattuglie di vigili accorsi sul luogo del “crimine”.

Nel giorno di Pasquetta Barbara D’Urso, che in queste settimane si sta distinguendo come implacabile fustigatrice dei “delinquenti”
che si permettono di uscire di casa senza un valido motivo, ha mandato in onda nel suo programma su Canale 5
un ampio servizio sulla caccia senza quartiere che la Guardia di finanza stava dando ad un pericoloso runner fuggito lungo la spiaggia di Jesolo.

In Piemonte, al contrario, si registrano proteste quasi al limite della sommossa, come nel caso di Torino in cui molta gente è scesa in strada
ad inveire contro le Forze dell’ordine, o come accaduto a Pinerolo dove una cittadina, esasperata dall’obbligo di restare agli arresti domiciliari,
ha gettato in terra la mascherina davanti ad un gruppo di poliziotti.

Insomma, in un clima che si fa sempre più cupo man mano che passano i giorni, con i centri abitati annichiliti in un silenzio irreale,
chi ha in mano il pallino del comando sembra baloccarsi in un imbarazzante giochino della margherita,
sfogliandone con estrema lentezza i petali, così da arrivare finalmente alla fatidica decisione di riaprire il Paese alla vita.

Costoro ci ripetono che lo stanno facendo per il nostro bene, che debbono valutare con estrema attenzione
i prossimi passi, perché ne va della nostra salute.

Ma è anche della salute civile e democratica che occorrerebbe preoccuparsi, e non poco visto che,
speriamo solo temporaneamente, siamo passati da un regime parlamentare ad uno assai più restrittivo di natura sanitaria,
in cui un atto amministrativo sembra pesare assai più di una norma costituzionale.
 
Non bastava l’elicottero che rincorre un povero disgraziato che se ne andava, tutto solo, a passeggio sulla battigia.

E neppure il motoscafo delle Forze dell’ordine che fermava e severamente multava il malcapitato che, in totale solitudine,
girava per il mare con la propria barchetta alla ricerca di un posto tranquillo dove provare a pescare con la lenza.

Adesso pare che chi non scaricherà sul proprio telefonino la app scelta dal governo per mappare sul territorio immuni e contagiati
e, soprattutto, per seguire i movimenti dei contagiati al fine di identificare le fonti di possibili nuovi focolai,
non solo verrà punito con multe salatissime ma sarà costretto anche ad indossare un braccialetto elettronico
simile a quello che viene messo ai detenuti in semilibertà per tenerli sempre sotto controllo.

La ripresa, dunque, sempre che parta sul serio, sarà segnata dal passaggio dagli arresti domiciliari al braccialetto elettronico.
 
Già prima del coronavirus l’Italia aveva un’economia di guerra.

Sono 18 anni che gli italiani hanno in tasca l’euro, è tempo di tracciarne il bilancio.

Con questo articolo diamo un’occhiata ad una serie di grafici, presi da fonti ufficiali, per dimostrare
quanto – negli ultimi 20 anni – gli italiani sono stati saccheggiati in termini di risparmio, reddito, PIL e così via.

Cominciamo

RISPARMI E POTERE D’ACQUISTO
Si sa che l’Italia è uno dei paesi con il risparmio privato più alto al mondo, cosa è successo dall’introduzione dell’euro ad oggi?

Verifichiamo



FONTE: ISTAT- Report conti istituzionali (1995-2019)
Se nel 2002, anno in cui l’euro entra in vigore, la propensione al risparmio era il 13% del reddito disponibile, nel 2018 è stata appena dell’8,1%.

Da questa prima immagine salta subito all’occhio la voragine del 2012: risparmio al 7,1% e potere d’acquisto crollato del -5,3%.

Ma qui probabilmente è colpa è dell’asteroide dei Maya, perché come sappiamo Monti ha salvato il paese!

Battute a parte, andiamo avanti. Dal 2008 al 2013 il potere d’acquisto delle famiglie è sempre crollato.

Per chi è sopravvissuto a quel bagno di sangue, c’è stata una modesta ripresa del potere d’acquisto.



FONTE: ISTAT – Conto AP reddito risparmio e profitti
Tuttavia alla fine del 2019 non era stato recuperato nemmeno il 2011, mentre il 2007 rimane lontano anni luce.

CHI CI HA PERSO DI PIÙ
Con l’euro tutti ci hanno rimesso. Vediamo nel dettaglio del principali categorie di reddito familiare.



FONTE: ISTAT – Reddito familiare netto (2003-2017)
Fatto 100 il reddito familiare netto del 2003 (cioè quello reale) dopo 14 anni sono i lavoratori autonomi il ceto più danneggiato:
nel 2017 il loro reddito è diminuito del 25% rispetto al 2003.

Inizialmente ci avevano guadagnato solo i lavoratori dipendenti, poi dopo la crisi del 2008 sono precipitati come tutte le altre tipologie di reddito.

I pensionati sono quelli che hanno perso di meno (il 5%)

Vediamo ora una comparazione del reddito, i termini pro capite, con il resto dell’unione europea dal 2000 al 2018,
grafico del Dipartimento programmazione economica



FONTE: DIPE
Semplicemente un disastro, anche questo caso non è stato recuperato nemmeno il valore del 2011
e siamo stati superati anche dall’europa dei 28 che comprende i (poveri) paesi dell’est.

PRODOTTO INTERNO LORDO
Attraverso i dati del Fondo Monetario Internazionale, vediamo la variazione del PIL reale dal 1980 al 2019



Elaborazione su dati FMI
Facciamo un po’ di conti. Negli anni 80 (1980-89) la crescita media annua è stata del 2,35%. Negli anni 90 (1990-99) è stata del 1,46%

Nel primo decennio del nuovo millennio (2000-09) è stata dello 0,54%.

Nel secondo decennio del 2000 – appena concluso (2010-19) – la crescita è stata dello 0,25%

Con l’euro in tasca (2002-2019) la crescita media è stata appena dello 0,12%.



FONTE: ISTAT
Vediamo l’andamento del PIL in milioni di euro (prezzi costanti del 2015).

Come in alcuni precedenti grafici, anche per il PIL è stato recuperato a malapena il valore del 2011.

Cosa ci riserva il futuro?

Le stime del FMI per il 2020 e per il 2021 sono rispettivamente del -9,1% e del +4,8%.

Per la serie “al peggio non c’è mai fine”

POVERTÀ E DISUGUAGLIANZE
Vediamo ora il numero di individui in povertà assoluta, segue grafico realizzato su dati Istat.



Dati Istat povertà nuova serie dati principali
Nel 2018, si stima siano oltre 1,8 milioni le famiglie in condizioni di povertà assoluta, con un’incidenza pari al 7,0%,
per un numero complessivo di 5 milioni di individui (8,4% del totale).

Pur rimanendo ai livelli massimi dal 2005, si arresta dopo tre anni la crescita del numero e della quota di famiglie in povertà assoluta.

ANNO POVERI ASSOLUTI GOVERNO
2005 1.911.000 Berlusconi
2006 1.660.000 Berlusconi / Prodi
2007 1.789.000 Prodi
2008 2.113.000 Prodi / Berlusconi
2009 2.318.000 Berlusconi
2010 2.472.000 Berlusconi
2011 2.652.000 Berlusconi / Monti
2012 3.552.000 Monti
2013 4.420.000 Monti / Letta
2014 4.102.000 Letta / Renzi
2015 4.598.000 Renzi
2016 4.742.000 Renzi / Gentiloni
2017 5.058.000 Gentiloni
2018 5.040.000 Gentiloni / Conte
Ora sorge spontanea una domanda, chi ci ha guadagnato in tutto questo?

Ce lo spiega sempre l’ISTAT, a pag 4 di questo comunicato.

Al quinto più ricco della popolazione 6,1 volte il reddito del quinto più povero

Un problema che non è solo italiano, tuttavia

Più disuguaglianza dei redditi in Italia che negli altri grandi paesi europei

Per grandi paesi europei l’ISTAT si riferisce a Francia e Germania. Andiamo avanti

COMPETITIVITÀ
Vediamo la produzione industriale con un altro grafico del DIPE.

Fatto 100 l’anno 2000, nel 2018 avevamo perduto 15 punti di produzione.



FONTE: DIPE
Perché si produce di meno?

Banalmente i prodotti italiani sono sempre meno richiesti, sul mercato interno per la perdita del potere d’acquisto (che abbiamo visto prima),
ma anche all’estero la situazione non è rosea, adesso vediamo il motivo.

Il prossimo grafico mostra la differenza di competitività fra Spagna, Italia, Francia e Germania
rispetto a 60 paesi concorrenti (grafico di Banca d’Italia) sui prodotti manifatturieri.



Un aumento dell’indice segna una perdita di competitività, viceversa una diminuzione dell’indice segna un guadagno di competitività.

In estrema sintesi le industrie manifatturiere tedesche e francesi sono riuscite a surclassare
la concorrenza italiana e spagnola nel giro di 20 anni, nonostante le “riforme” che Spagna e Italia hanno attuato per ridurre il costo del lavoro…



FONTE: DIPE
Ricordiamo inoltre che – a partire dal 2012 – il ritrovato attivo della bilancia commerciale,
dal momento che non si poteva attuare una svalutazione monetaria (su base nazionale),
allora ci fu bisogno delle lacrime e sangue di Monti per dare una stretta alle importazioni.

NASCITE E SALDO NATURALE
Dal 1980 al 1992 i nati vivi superano il numero dei morti, dal 1993 questa tendenza si invertirà (quasi sempre) fino al 2008.

Mentre dal 2009 in poi le nascite andranno a picco, mentre i morti continueranno a salire



Con questo grafico si chiude il cerchio di un disastro che non ha precedenti in tempo di pace.
 
ITALEXIT
Come starebbe l’Italia fuori dall’euro?

Ve lo faccio spiegare dal Der Spiegel un giornale tedesco che, per usare un eufemismo, è tutto fuoché pro-Italia.



In un articolo del 13 giugno 2012 scrisse:

« Con un’uscita dall’Euro e un taglio netto dei debiti la crisi interna italiana finirebbe di colpo. La nostra invece inizierebbe proprio allora.

Una gran parte del settore bancario europeo si troverebbe a collassare immediatamente.
Il debito pubblico tedesco aumenterebbe massicciamente perché si dovrebbe ricapitalizzare il settore bancario
e investire ancora centinaia di miliardi per le perdite dovute al sistema dei pagamenti target 2 intraeuropei.


E chi crede che non vi saranno allora dei rifiuti tra i paesi europei, non s’immagina neanche
cosa possa accadere durante una crisi economica così profonda.

Un’uscita dall’euro da parte dell’Italia danneggerebbe probabilmente molto più noi che non l’Italia stessa

e questo indebolisce indubbiamente la posizione della Germania nelle trattative.


Non riesco ad immaginarmi che in Germania a parte alcuni professori di economia statali
e in pensione qualcuno possa avere un interesse a un crollo dell’euro
»

Del resto l’euro è solo un Marco camuffato, pensato per avvantaggiare gli esportatori tedeschi.

Segue grafico con i saldi delle partite correnti – in rapporto al PIL – di Italia, Germania, Cina e Giappone



FONTE: Elaborazione su dati OCSE
Il mantra secondo cui “ci serve l’europa per competere con la Cina” è un qualcosa che, dati alla mano, non ha né capo né coda.

CHI CI GUADAGNA CON L’EURO?

Oltre alla Germania, anche i Paesi Bassi ci hanno guadagnato con la moneta unica.

Se guardiamo sul sito del governo olandese, alla domanda sul perché i Paesi Bassi non tornano al fiorino, ecco la loro incredibile risposta



« Lasciare l’euro sembra semplice, ma comporta grandi rischi e costa molti soldi.
Se i Paesi Bassi ritornano al fiorino, i prodotti olandesi diventeranno troppo costosi per altri paesi.
Le esportazioni, la principale fonte di reddito nei Paesi Bassi, quindi diminuiscono e i Paesi Bassi perdono molto reddito e posti di lavoro.


L’euro ha semplificato le esportazioni in Europa.
Gli imprenditori ora non devono più preoccuparsi dei tassi di cambio e non hanno costi di cambio.
Questo è vantaggioso per le società olandesi e quindi per i Paesi Bassi.


Una valuta comune come l’euro impedisce anche a un altro paese dell’Unione europea di diminuire di valore (ndr – svalutare).
Una valuta più economica rende le esportazioni di quel paese più convenienti. Questo è dannoso per le esportazioni olandesi.



FONTE: elaborazione su dati OCSE
L’economia olandese dipende fortemente dalle esportazioni.
I Paesi Bassi fanno molti soldi esportando e ci sono anche molti posti di lavoro nell’export.
Pensate, ad esempio, ai camionisti, alle persone che lavorano nel porto o nell’orticoltura.
Se i Paesi Bassi tornano al fiorino (costoso), le esportazioni diminuiranno notevolmente.
»

Serve aggiungere altro?

Ah si, il titolo di questo articolo è ispirato dall’intervento di Paolo Barnard a “La Gabbia”,
che già nel 2016 ci spiegava che l’eurozona è in realtà una zona di guerra.

« Pigliamo la parola eurozona, togli euro lascia zona, aggiungi di guerra, siamo in una zona di guerra, dobbiamo andarcene »
 
Negli ultimi giorni si segnalano decine e decine di post e commenti su telefonate ricevute dalla Tunisia che “invitano” gli utenti a richiamare il numero.

Il motivo? Si tratta di numeri a pagamento: basta un solo squillo per vedersi addebitati 1,5 euro sul credito telefonico.

Ma come funziona esattamente questo tipo di truffa?

Molto semplice. Si riceve una chiamata da un numero estero: un paio di squilli, giusto il tempo per catturare l’attenzione dell’utente,
che incuriosito dal numero estero prova a richiamare.

E qui scatta la truffa: dopo il primo squillo c’è subito la risposta, pochi secondi di silenzio e la telefonata finisce.


Il nome tecnico per questo tipo di truffa è Wangiri e utilizza il sistema del ping call. on si tratta di una truffa ideata di recente, ma va avanti da oramai diversi anni e, purtroppo, sempre con ottimi risultati. La truffa segue un canovaccio oramai rodato.

Pochi secondi e la chiamata viene troncata.
In molti pensano che sia qualche brutto scherzo, ma basta controllare il conto telefonico per scoprire
che per pochi secondi di chiamata sono stati addebitati 4 o 5 euro.

Infatti, il costo della chiamata è di 1,5 euro al secondo.
 

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