Tassi ufficiali di riferimento (BCE, FED, BOE) Dati macro europei, Tassi BCE e FED, politica monetaria (2 lettori)

The Beast

Rating? No grazie!
robetta sul 2013 4.6 mot prima di natale e anzichè mediare ho cominciato a scaricare i btp oltre i 2 anni...:D
fino a quando non si chiarisce come pensano di uscirne non i espongo


Ormai facciamo prima a chiedere CHI NON c'è sui moussaka bond!!!
di solito è il 3ad + seguito, 30 persone e anche più vedo!!! :lol:
 

The Beast

Rating? No grazie!
dal sito del Sole24 di oggi 17.02.10:

La Federal Reserve ha consolidato la sua fiducia nella ripresa economica degli Stati Uniti, rivedendo al rialzo le stime sul prodotto interno lordo per il 2010. Il Federal open market committee (Fomc), il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti, nel corso dell'ultima riunione dello scorso 26 e 27 gennaio ha detto di stimare la crescita del Pil di quest'anno in una forchetta compresa tra il 2,8% e il 3,5 per cento.

Nella riunione precedente, quella di novembre, il dato era stato visto in crescita tra il 2,5 e il 3,5 per cento. Per quanto riguarda invece il tasso di disoccupazione, le previsioni per il 2010 sono state portate a un range tra il 9,5 e il 9,7%, mentre la stima precedente era per una forchetta tra il 9,3 e il 9,7 per cento. Il tasso di inflazione dovrebbe invece attestarsi tra l'1,4 e l'1,7%, contro il range tra l'1,3 e l'1,6% previsto in precedenza.

La crisi finanziaria, insomma, è sostanzialmente finita - almeno nella sua forma più acuta e certo non per gli effetti sull'occupazione - ed è iniziata una «modesta» ripresa dell'economia. Lo ha confermato il presidente della Fed di Filadelfia, Charles Plosser, secondo cui la Fed deve ora mettere fine ai suoi poteri straordinari di concessione credito alle banche e iniziare a vendere gli asset acquisiti. «Man mano che la ripresa economica riprende quota - ha detto Plosser - e la politica monetaria inizia a normalizzarsi, ritengo che si debba iniziare a vendere parte delle cartolarizzazioni di mutui presenti nel portafoglio della Fed».

Il portafoglio asset della Fed è salito a oltre 2mila miliardi di dollari da circa 800 all'inizio della crisi nell'estate del 2007. Gran parte di questo aumento è strettamente legato al maxiprogramma di acquisto dalle banche di asset sofferenti da 1.250 miliardi varato all'inizio del 2009. Secondo Plosser la banca centrale ha tutte le carte in regola per attuare una exit strategy senza scatenare pressioni inflazionistiche. «Possiamo rimuovere lo stimolo straordinario che abbiamo fornito sino ad ora - ha detto - senza generare un serio rischio di inflazione nel medio-lungo termine ma questo richiederà scelte di politica attente e difficile».

Dalle minute del Fomc rese pubbliche è emerso - oltre al ritocco al rialzo delle stime sul Pil e al dibattito su come e quando ridurre lo smisurato bilancio da 2.260 miliardi di dollari dell'istituto centrale - il netto dissenso del presidente della Fed del Kansas Thomas Hoenig, repubblicano e probabile prossimo candidato del Grand Old Party alla Casa Bianca, nei riguardi del numero uno della banca centrale, l'appena riconfermato Ben Bernanke. L'oggetto del contendere è il linguaggio usato la scorsa settimana da Bernanke, che ha ribadito come l'economia a stelle e strisce abbia ancora bisogno di una politica monetaria «molto accomodante» e che i tassi d'interesse bassi debbano essere assicurati per un «periodo esteso».

Hoenig ha votato contro ed ha aupicato che il Fomc esprimesse «un'aspettativa di tassi bassi per qualche tempo», addirittura prospettando un modesto rialzo nel breve periodo. Plosser, dopo il suo discorso al World Affair Council di Filadelfia, si è detto sostanzialmente d'accordo con il collega: «In effetti con questo linguaggio creiamo le basi per delle aspettative del mercato che rappresentano un problema». (Al.An.)
 

SL66

oggi è un altro giorno
un saluto al padrone di casa....................

in attesa di giovedì sulla decisione dei tassi da parte della BCE e BOE
stamattina ci ha pensato la banca centrale australiania ad alzare il tasso di + 25 pbs
portandolo al 4 %
 

Giontra

Forumer storico
Ungheria: Banca centrale taglia tasso base di 25 pb al 5,75%

Un nuovo minimo storico (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Budapest, 22 feb - Il Consiglio di politica monetaria della Banca Nazionale di Ungheria ha ridotto il tasso base sui titoli di debito a due settimane delle banche commerciali di 25 punti base a un nuovo minimo storico del 5,75%, dal precedente 6%. Lo ha annunciato il Consiglio al termine della riunione mensile. La decisione era attesa dagli analisti e fa seguito al taglio, della stessa ampiezza, gia' deciso in gennaio. Da ottobre 2008 il tasso base in Ungheria e' stato ridotto in totale di 575 punti base a seguito della recessione, la peggiore da quasi vent'anni, accusata dall'economia ungherese.
 

Giontra

Forumer storico
La Cina apre agli Usa e sgancia lo yuan dal dollaro. Obama: «Un passo costruttivo per la crescita»

dal nostro corrispondente Luca Vinciguerra
19 giugno 2010 SHANGAI - La Cina sgancia lo yuan dal dollaro. «La ripresa e la crescita dell'economia cinese ha acquistato solidità con il rafforzamento della stabilità economica. In questo quadro, è necessario proseguire la riforma del tasso di cambio e aumentare la flessibilità del renminbi», spiega un comunicato emesso sabato sera dalla People's Bank of China.
Nonostante il tono vago e un po' criptico della nota, il senso sembra chiaro: dopo essere rimasto agganciato al dollaro per quasi due anni, lo yuan tornerà presto a fluttuare sul mercato dei cambi.
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Il che, tuttavia, non implica particolari rivoluzioni rispetto al passato. Pechino, infatti, esclude che a breve termine possano verificarsi «sensibili apprezzamenti» dello yuan, giacché non «sussistono le condizioni». D'altronde, anche se il comunicato della Pboc non lo dice, il recente deprezzamento dell'euro sul renminbi ha assestato un duro colpo alla competitività del made in China sui mercati del Vecchio Continente.
Quindi, niente rivalutazioni secche e neppure generosi allargamenti della banda di oscillazione quotidiana, come auspicato dagli Stati Uniti che da mesi esercitano forti pressioni sulla Cina accusandola di protezionismo valutario. «È improbabile che la Cina abbandoni la sua tradizionale politica di gradualismo», osserva Ben Simpfendorfer, economista di Royal Bank of Scotland, prevedendo che lo yuan si porti intorno a quota 6,75 sul dollaro entro la fine del 2010 e che si rivaluti di circa il 3% l'anno prossimo.
La mossa a sorpresa della Pboc porta semplicemente l'orologio del meccanismo di cambio cinese all'estate 2008 quando, per contrastare la crisi economica globale, la Cina riagganciò di fatto il valore del renminbi a quello della moneta americana. «Si ritorna semplicemente al vecchio regime: tutto ciò che accadeva prima del luglio 2008 tornerà ad accadere d'ora in avanti», osserva Wang Qing, economista di Morgan Stanley.
Per comprendere cosa accadeva prima, è bene fare un passo indietro. Nel luglio 2005, dopo aver tenuto ancorato il valore dello yuan a quello del dollaro per oltre dieci anni, la Cina decise di riformare il proprio sistema di cambio. L'operazione si articolò in tre mosse: rivalutazione secca del 2,1% sulla moneta americana; sganciamento immediato del renminbi dal biglietto verde Usa; nuovo ancoraggio dello yuan a un paniere valutario di cui Pechino non ha mai svelato la composizione.
Da allora fino all'agosto del 2008, muovendo un passetto dopo l'altro dentro la banda di oscillazione definita dalla Pboc (il margine quotidiano è compreso tra -0,5 e + 0,5 per cento), il renminbi si è apprezzato di circa il 18% nei confronti del dollaro. Dopo di che, la marcia rialzista della moneta cinese si è improvvisamente arrestata perché, per sostenere le esportazioni in caduta libera, due anni fa il Dragone ha congelato le oscillazioni quotidiane dello yuan riagganciandolo al dollaro. Così, da quel momento fino a oggi, con grande e crescente disappunto di Washington, la quotazione del renminbi sulla moneta americana è rimasta inchiodata intorno a quota 6,8.
Ora che l'emergenza è finita, come del resto va ripetendo da mesi la stessa banca centrale cinese, quel meccanismo dovrebbe riprendere a funzionare. Il comunicato della Pboc non precisa però da quando. Il mistero non dovrebbe durare a lungo. Domenica, infatti, la banca centrale emetterà una nuova nota con le modalità operative del provvedimento. E comunque lunedì alla riapertura dei mercati si scoprirà subito se l'era seconda del peg yuan-dollaro (la prima era quella conclusasi nel luglio 2005) è davvero terminata.
La riforma valutaria cinese ha senza dubbio un forte significato politico. La perfetta scelta di tempo con cui la Cina ha tagliato il contestatissimo cordone che per due anni ha legato lo yuan al dollaro, infatti, consente al presidente cinese, Hu Jintao, di presentarsi al vertice del G20 della settimana prossima da una posizione di forza. Il messaggio per i leader che parteciperanno al summit di Toronto è chiaro: riformando il suo sistema cambio, la Cina ha fatto la sua parte per sostenere la ripresa dell'economia globale che continua a dare segni d'instabilità. Ora tocca agli altri fare la loro.
IlSole24ore
 

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