è fatta: capitalia+unicredito

Unicredito sottoperforma il mercato, ma non preoccupa causa dai soci di Hvb

26/06/2007



La causa dei soci Hvb pesa sui corsi di Unicredit in Borsa. Complice anche l'intonazione negativa del mercato (-0,66% l'S&P/Mib) l'azione cede l'1,20% a quota 6,66 euro, anche se l'Ad di Unicredit Banca, Roberto Nicastro, all'agenzia Radiocor si è detto molto soddisfatto dell'andamento avuto nel primo semestre. La divisione retail del gruppo Unicredit "può vantare 80 mila clienti netti in più rispetto allo scorso anno".

Il manager non ha parlato di obiettivi, ma ha sottolineato che "i risultati acquisiti dall'istituto sono già superiori a quelli dell'intero 2006". Dietro tale successo, ha aggiunto, c'è Trasloco Facile, servizio che favorisce l'ingresso di nuovi clienti nell'istituto, che si assume spese e oneri burocratici del trasferimento dei conti da altre banche.

Intanto però alcuni azionisti di minoranza di Hvb (8 fondi Usa-Uk detentori dell'1,5% della controllata tedesca di Unicredit) hanno fatto causa alla banca, con una richiesta danni pari a 17,3 miliardi di euro. La motivazione risiede nel prezzo ritenuto troppo basso a cui Unicredito ha rilevato Bank of Austria da Hvb due anni fa.

"Questa motivazione ci sembra costituire l'appiglio legale scelto per ottenere condizioni più favorevoli per lo squeeze-out di Hvb, basato su prezzi già avvallati dal tribunale competente di Monaco", spiega un analista che su Unicredit ha un giudizio di outperform (sovraperformerà il mercato) e un target a 8,15 euro. "Se questo fosse il caso, il rischio per Unicredito ci sembra basso o con un impatto negativo marginale nel peggior degli scenari".

Ricordiamo che il trasferimento della quota di BA-CA a Unicredito è stato approvato lo scorso 9 gennaio per 12,5 miliardi di euro o 109,81 euro per azione. "Siamo fiduciosi e vediamo una soluzione positiva per Unicredito", afferma Manuela Meroni di Caboto (add con un prezzo obiettivo a 8,5 euro), "considerando che il prezzo è pressoché in linea con la media dei 12 mesi precedenti, inoltre i prezzi di mercato del titolo Hvb non hanno sofferto dopo che il deal è stato approvato".


Allo stesso tempo, prosegue l'esperta di Caboto, "dal momento che Unicredito detiene approssimativamente il 95% di Hvb, il vantaggio per piazza Cordusio nel sottovalutare la quota di Hvb in BA-Ca non può che essere largo". Tuttavia, in assenza di maggiori dettagli, che permettano di capire la fondatezza o meno delle pretese avanzate dai fondi azionisti di Hvb, e di commenti da parte di Unicredito, "l'incertezza in merito alla questione potrebbe pesare negativamente sulle quotazioni del titolo", avverte Elena Perini di RasBank (buy e target a 8,5 euro).

Francesca Gerosa
 
Dal Blog di I.O.
http://ideatrading.investireoggi.it/2007/07/28/i-furbetti-del-derivatino/


I furbetti del derivatino
28 Jul

Posted by Tr@derOne as Finanza

Scrivevo diverse settimane fa nelle mie analisi settimanali che potete rileggervi qui, quando da poco si iniziava a parlare del problema derivati per banca Italease, che avevo un forte timore che l’uso poco ortodosso di tali strumenti non fosse solo pratica esclusiva di tale banca ma che il loro uso fosse prassi comune anche in altri istituti. La mia preoccupazione più volte apertamente dichiarata nei miei post circa il comportamento anomalo della nostra borsa che sottoperformava alla grande da settimane rispetto alle altre era sotto la luce del sole riconducibile all’affanno del settore bancario che molto peso ha nel nostro paniere principale. Gli accadimenti che si stanno susseguendo vanno ahimè pian piano schiarendo le nebbie e si inizia a leggere, notizia di oggi, che, secondo quanto risulta a F&M, Banca d’Italia, di concerto con la Consob, ha avviato una «ricognizione generale» sulle esposizioni del sistema bancario. Dopo lo scandalo che ha travolto Italease e i sospetti di posizioni in bilico che gravano su altre grandi banche, Mario Draghi e Lamberto Cardia hanno deciso di rompere gli indugi e di indagare a fondo su un elemento del sistema finanziario, la cui pericolosità è già stata segnalata in più occasioni da entrambe le autorità. Inoltre, non è escluso che siano stati aperti dossier su alcune singole società.
Si inizia a parlare di “posizioni in bilico che gravano su altre grandi banche e che non è escluso che siano stati aperti dossier su alcune singole società.”
Quali sarebbero le altri grandi banche? Beh di grandi banche oltre il Banco Popolare che già ha la sua gatta da pelare (banca Italease appunto) ne restano pochine, Intesa S.Paolo e Unicredito. Io che sono trader-fai-da-te da tempo sostengo che i grafici parlano molto chiaro a chi ha orecchio fine per intenderli, e se dico che un grafico mensile di Intesa S.Paolo mi suggerisce che gli eventuali problemi su derivati potrebbero essere per questo istituto assai circoscritti rispetto ad un Unicredito il cui grafico non lascia speranze, potrei forse andarci vicino…
Ma la situazione va vista ancora a più ampio raggio. Guarda caso per Italease si è fatto di tutto per non dire, per rimandare, per dire a puntate, chissà mai perché…guarda caso era in corso una delicata fusione della controllante Banca Popolare Verona e Novara con la Popolare Italiana, e lo scoppio anzitempo di tale bubbone avrebbe senza ombra di dubbio creato non pochi problemi…
Poi spostiamoci su Unicredito. Fino a pochi gg fa non mi ero dato ancora nessuna spiegazione su come il suo condottiero da tutti ritenuto il n. 1 avesse potuto pagare Capitalia 8 euro per azione quando solo pochi anni fa si prendeva con un decimo di oggi… La storia del rafforzamento della posizione in Italia non mi è mai andata giù e sempre mi chiedevo che ci doveva essere dell’altro…per forza… E forse ho una spiegazione, mia personale si intende… E cioè che a Profumo serviva proprio adesso come il pane un istituto dove le aderenze politiche sono sempre state molto presenti, quindi solo acquisendo Capitalia si poteva garantire un qualcosa in più a livello politico… Ma un qualcosa in più che servirebbe a cosa?
Beh forse adesso il cerchio si stringe…Servirà mica per per salvare le chiappe ( e le poltrone) ai furbetti del derivatino?

W l’Italia.
 
Italian Shopkeepers Blame Banks for Derivative Losses (Update1)

By John Glover and Sonia Sirletti
http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601092&sid=aEFAV5L2_XU8&refer=italy


July 27 (Bloomberg) -- Piera Levo and her husband, who run a 15-employee plumbing supply company in northeastern Italy, bought ``insurance'' against interest rate increases from UniCredit SpA in 2000.

Six years later, they paid 85,000 euros ($117,000) to extricate themselves from a derivative known as an interest-rate swap that is normally sold to large companies and fund managers. Derivatives are contracts whose value is based on that of another security, index or commodity, or linked to events such as changes in interest rates.

``I had no idea what I was getting into,'' Levo said. ``I don't even play slot machines. I would never sit down to play blackjack against Alessandro Profumo,'' chief executive officer of UniCredit, Italy's biggest lender.

Italian banks, including UniCredit and Banca Italease SpA, have sold swaps to as many as 100,000 small businesses, according to lawyers and industry groups. Concern about the contracts intensified last month, when Milan-based Italease said about 2,200 clients may lose 600 million euros on derivatives. Italy's central bank this week barred Italease from selling its most-profitable derivatives and ordered directors to resign.

The Bank of Italy estimates that non-financial companies had 3 billion euros of liabilities on derivatives at the end of 2006.

Banks sold swaps to clients as insurance against rising rates. They also made lots of money. Commissions from sales of derivatives represented 48 percent of operating revenue at Italease in the fourth quarter, according to John Raymond, an analyst at CreditSights Inc. in London.

`Very Lucrative'

``These products are very lucrative,'' said Jacopo Ceccatelli, a former swaps trader who's now a consultant to two Italease clients who lost money on derivatives. ``If a bank's sales force has to make their numbers, then this is a way of doing it.''

Italian courts have upheld the contracts because buyers signed forms declaring they were ``qualified investors.'' Qualified investors are either institutions such as banks, or people or companies that demonstrate they understand the transactions, according to Italy's stock market regulator.

Osvaldo Pettene, a Verona-based lawyer, is representing a marble miner, an industrial design studio and a furniture maker in lawsuits against the banks. He says lenders didn't fully explain the contracts.

```Need a loan? Then just sign here,' was the banks' approach,'' Pettene said.

`Adequately Informed'

Clients were ``adequately informed,'' and documentation was ``complete in both form and substance,'' said Italease spokesman Tomaso Davico.

``All of the transactions, regardless of the level of their complexity, are agreed with the clients,'' he said. UniCredit spokeswoman Francesca Palermo declined to comment.

Levo said she plans to sue Milan-based UniCredit for the return of her 85,000-euro payment plus unspecified damages.

Italease leases everything from digging machinery to cars and real estate. The company's shares rose sixfold from its initial public offering in June 2005 to Feb. 9, 2007, as it increased leasing, and moved into mortgages and factoring. They have since plunged 72 percent.

Former Italease CEO Massimo Faenza resigned June 4 as client losses mounted. Massimo Sarandrea, the former head of derivatives, has also left.

Italease, controlled by investors led by Banco Popolare Scrl, sells derivatives from outside suppliers to clients with mortgages or leasing contracts. It has to cover losses if clients can't pay. The Bank of Italy estimates Italease will lose 500 million euros on derivatives contracts opened with clients, Italease said July 25.

Italian regulators are warning foreign investment banks to monitor more closely their sales of derivatives products amid concern that clients have not been fully informed of the risks, the Financial Times reported, citing people familiar with the institutions.

Ratings Cut

In the past two months, Moody's Investors Service and Fitch Ratings cut Italease's credit rating to the lowest investment grade as potential losses soared.

In a basic swaps contract, one borrower exchanges the interest payments on its floating-rate debt for the fixed-rate payments of the second. This helps the first borrower protect against rate increases, while the other profits if rates decline.

When rates fell after the Internet bubble burst and the Sept. 11 attacks slowed the global economy, many of the contracts became money losers for clients. From October 1999 to April 2001, the European Central Bank increased its benchmark rate to 4.75 percent from 2.5 percent. Over the next 14 months, the rate dropped to 2 percent, where it remained until December 2005.

Italease's sales pitch for the derivatives centered on the importance of insuring against changing rates, according to the text of a November 2006 presentation to potential buyers.

Two Options

The document discusses two alternatives. First, a basic swap in which Italease pays the three-month euro interbank offered rate, a benchmark money-market rate, and the client pays a fixed 3.96 percent.

The bank also proposes a more complex structure based on the number of days an interest rate is lower than a stated barrier. Italease has an option to close the trade unilaterally and free of cost after the first year, a possibility denied to the client.

The potential downside for the client is ``far greater'' than any possible gain, Ceccatelli said.

``Swaps have been sold the wrong way, they're unfair and unbalanced in favor of the bank,'' said Emanuele Argento, a lawyer who has represented plaintiffs against other banks. ``The people these were sold to don't even know what a swap is.''

To contact the reporters on this story: John Glover in London at [email protected] ; Sonia Sirletti in Milan at at [email protected]
 
Questa mattina in assemblea per l'approvazione della fusione con capitalia

Profumo ha dichiarato che l'esposizione in USA nei mutui SUBPRIME da parte di Unicredito è MARGINALE

la fusione è stata approvata con il seguente concambio

ogni azione Capitalia verranno sostituite 1,12 azioni Unicredito

inoltre gli azionisti di capitalia potranno esercitare il diritto di recesso al prezzo di 7,015
 
A MINA CONDUIT

di Felice Meoli
http://www.wallstreetitalia.com/articolo.asp?ART_ID=491803

Un «condotto» verso il nulla. Che sta rubando la scena ai mutui subprime americani. Oltre a questi veicoli «nascosti» (sono fuori bilancio!) anche i «Siv» spaventano gli operatori. Gli "strutturati" valgono sul mercato globale oltre $1.200 miliardi.
25 Agosto 2007 17:51 MILANO


(WSI) – Un «condotto» verso il nulla. È stato eloquente il titolo dell’Economist sulla questione conduit, che sta rubando la scena ai mutui subprime americani. Se infatti in Italia solo UniCredit presenta uno small conduit fuori bilancio - che secondo Morgan Stanley non può destare preoccupazioni - in Europa la pratica di nascondere questi veicoli sembra essere molto più diffusa.

Come afferma Mps «sarà probabilmente ostico anche per le banche centrali riuscire ad avere in tempo reale un quadro preciso dell’entità degli asset in circolazione e dei soggetti coinvolti, trattandosi di veicoli che non rientrano nei bilanci bancari e quindi non tali da offrire un adeguato livello di trasparenza».

Alla fine di marzo, secondo Citigroup, nei conduit europei erano presenti oltre 500 miliardi di dollari di Abcp. Il mercato globale delle Abcp è stimato sui 1.200 miliardi. Ma l’ingegneria non si è fermata ai conduit semplici: la finanza strutturata ha dato alla luce i Siv, Structured Investment Vehicles, simili ma con una leva maggiore, utilizzati per arbitraggi.

Moody’s, a maggio, stimava i volumi di alcuni dei maggiori Siv europei: Solitaire di Hsbc possiede attività per 17 miliardi di dollari ed è esposto per il 70% ad asset americani. Amstel di Abn, con un volume di 14,9 miliardi di dollari, presenta un esposizione a Cdo/Cbo/Clo per l’84 per cento. Una delle più attive in questo mercato è Deutsche Bank. A marzo, in un documento depositato presso la Sec (la Consob americana), Deutsche stimava un’esposizione a perdite su prodotti strutturati per 2,3 miliardi di dollari.

E pochi giorni fa si è rivolta per la prima volta alla nuova «discount window», aperta dalla Fed per gestire la crisi, per un prestito dall’entità imprecisata. A Deutsche fanno riferimento tre conduit (Bills, Rheingold e Rheinmain) per un totale, secondo una stima di Moody’s datata ottobre dello scorso anno, di 12 miliardi di dollari.
Secondo Domenico Picone, analista di Dresdner Kleinworth, «se il fermento sulla finanza strutturata persisterà, è probabile che molti conduit europei e americani si troveranno a vendere i loro asset per far fronte alle scadenze delle commercial paper».

Oggi è diventato difficilissimo trovare investitori disposti a rifinanziare le commercial paper. Per cui i veicoli sono stati costretti ad appoggiarsi sulle banche sponsor, alle quali sono venute in aiuto le banche centrali, chehannoaccettatocomegaranzia titoli che non solo non avevano acquirenti, ma che non erano voluti neanche come collateral. Oltre a essere in una crisi di liquidità, siamo in una crisi di fiducia, «anche di fronte ad asset con rating molto elevato», che sta «comportando la preferenza verso approdi sicuri rappresentati dai titoli governativi Usa e tedeschi», conclude Mps.

Sullo stesso tema leggere anche l'analisi di Antonio Cesarano:
PULIZIA ETNICA IN BORSA
 
Capitalia: nel 1° sem utile netto -6,%, risultato operativo +10%

(Teleborsa) - Roma, 6 set - Capitalia ha riportato nel 1° semestre
un risultato lordo di gestione che si attesta a € 1.295,5 milioni, con un miglioramento del 18,3% rispetto al primo semestre 2006.
Il cost/income ratio si porta pertanto al 56,2% registrando un miglioramento di 3,2 punti percentuali rispetto al 30 giugno 2006.
Il risultato operativo netto risulta pari a € 845,4 milioni in aumento del 10,2% rispetto al dato dello scorso anno.
L'utile prima delle imposte ammonta a € 856,9 milioni (-0,4%). Dedotte imposte sul reddito per € 324,9 milioni (€297,7 milioni al 30 giugno 2006) e con un utile di pertinenza di terzi pari a € 1,0 milioni, l'utile netto consolidato si attesta a € 530,9 milioni (-5,7%).
Il margine d'interesse del primo semestre 2007 raggiunge € 1.546,8 milioni, registrando una crescita significativa (+11,2%) rispetto al corrispondente periodo del 2006.
Le commissioni nette si attestano a € 865,7 milioni e si raffrontano con € 862,1 mln del primo semestre del 2006 (+0,4%).
La raccolta diretta dalla clientela ha raggiunto € 103.138 milioni in progresso del 17,5% rispetto a € 87.792 milioni al 30 giugno 2006. Gli impieghi con la clientela ammontano a € 103.616 milioni, con una crescita del 15,4% rispetto a € 89.800 milioni del 30 giugno 2006.
Per quanto riguarda la solvibilità patrimoniale, al 30 giugno 2007 il tier 1 ratio risulta pari a 6,3%.
 
Exane Bnp Paribas si è espressa su Capitalia e su altre banche italiane. In riferimento all'istituto romano il broker ha confermato il rating di neutral, ma ha portato il prezzo obiettivo a 8,4 euro da 9 euro. Un target che comunque offre un margine di apprezzamento del 20% rispetto al prezzo attuale del titolo.

Una revisione al ribasso del target che segue un ritocco delle stime di Eps del nuovo gruppo Unicredito-Capitalia. Infatti l'utile per azione di quest'anno è visto a 0,56 euro per azione, quello 2008 a 0,62 euro da 0,63 euro e quello 2009 a 0,70 da 0,72 euro per azione.

"Nei prossimi mesi, dopo questi dati, ci concentreremo sulla progressione degli utili della banca. Questo perché riteniamo che Capitalia rappresenti il principale rischio per una revisione al ribasso delle stime di consenso di Unicredito", titolo su cui la banca d'affari mantiene un rating di neutral dopo averne rivisto il target a 7,6 euro da 8 euro.
 
da http://www.finanzaonline.com/forum/showthread.php?t=831915&page=7
scritto da cuccureddu


.......Il nostro mercato delle cartolarizzazioni (Mbs e Abs) è piuttosto giovane, nato com’è da una legge del 1999 (vedere box a pagina 8). Ma da buon giovane, in pochissimo tempo ha fatto molta strada. Basta pensare che già nel 2002, solo tre anni dopo, è lievitato tanto da diventare il secondo mercato europeo dopo il Regno Unito. In quell’anno il mercato britannico ha registrato operazioni per 55,4 miliardi di euro, mentre in Italia ci sono state operazioni per 30,1 miliardi di euro. Con riferimento specifico alle sole operazioni di Mortgage-Backed Securities, già nel 2002 l’Italia rappresentava il quarto mercato europeo con 7,5 miliardi di euro contro i 35 miliardi del Regno Unito, gli 11 miliardi della Spagna e i 9 miliardi dell’Olanda. Dietro Francia e Germania, rispettivamente con 4,6 e 3 miliardi di euro. Nel 2006 il volume di operazioni si è poi gonfiato ulteriormente, raggiungendo all’incirca 35 miliardi.
In Italia le società più attive su operazioni di Mbs e Abs sono state le banche –in alcuni anni hanno rappresentato quasi il 40% del mercato– che hanno utilizzato lo strumento della cartolarizzazione, guarda caso, soprattutto per smobilizzare crediti in sofferenza.
Prendiamo la situazione di Unicredit, allora.
Limitandosi a considerare i dati disponibili in bilancio
il gruppo è esposto per 200 milioni di dollari in Rmbs (obbligazioni garantite dai mutui)
e per 220 milioni in Cdo (derivati per copertura rischi) nel comparto subprime. Dimensioni quindi contenute e in ogni caso con strumenti che vantano un rating molto alto.
Per quanto riguarda però le voci non iscritte a bilancio (off-balance sheet), sempre Unicredit conta tre veicoli finanziari (conduit) per un totale di 4,5 miliardi di attività creati dall’acquisita Hvb per deconsolidare i crediti inesigibili. Uno dei tre, in particolare, che di nome fa “Bufco”, conta attività per 800 milioni di dollari ed è esposto per una parte nel settore subprime.
Nel bilancio Unicredit, per le ragioni che abbiamo spiegato, Bufco non figura. Ma esiste. E’ stato scovato da due analisti italiani di Morgan Stanley, Guglielmo Zadra e Andrea Bua, che hanno deciso di focalizzare il microscopio su piazza Cordusio.
Il conduit (il significato letterale è “condotto”, “canale”) o Bankruptcy-remote special purpose vehicle (Spv) è, come si diceva, una società veicolo creata per deconsolidare crediti che emette titoli (commercial papers) nell'ambito di un asset backed commercial paper program (Abcp).Il conduit Bufco è stato creato per “arbitraggiare” sul differenziale tra i commercial papers e il rendimento degli asset: investe in titoli statunitensi e in Cdo (collateralized debt obligations, titoli a reddito fisso che derivano dall'aggregazione di diverse attività soggette a rischio di credito) alcuni dei quali connessi ai subprime.
 
metto anche qui i dubbi che mi sono venuti nel sentire la notizia

tontolina ha scritto:
sentita adesso da Bloomberg

La BCE ha fornito un ingente prestito ad una BANCA TEDESCA che era in gravi difficoltà di liquidità
ma NON DICE QUALE
il prestito è di 3,5 miliardi di euro al tasso puntitivo del 5%

ewwiwa la trasparenza
queste sono le notizie che fanno davvero bene a tutti


che possa essere HVB il cui 93% è di Unicredito?
in definitiva ha dichiarato che elargiva mutui agli inglesi che sono simili ai subprime in quanto non necessario versare il capitale ma solo gli interessi

e sappiamo anche che utilizza i Conduits ed Abs per finanziarsi

Unicredito poi è azionista di DAB ma non so nulla di questa

Infine Unicredito ha emesso un'altra obbligazione di 1 miliardo di euro
ogni 2x3 ne amette una

ciao
http://www.investireoggi.it/forum/topic-redirect-vp521456.html#521456
 
CAPITALIA “PULISCE” I CONTI PER UNICREDIT - IL GRUPPO ESCE DA FIAT (0,8%), CEDUTE PARTECIPAZIONI PER 535 MILIONI - NON SOLO, LA BANCA DI PROFUMO DOVRÀ GESTIRE IL 2% DI RCS E IL FORTE LEGAME STORICO TRA GERONZI E CLASS EDITORI DI PANERAI…

M. R. per “Il Giornale”
http://213.215.144.81/public_html/articolo_index_34753.html




Opera di pulizia per 535,9 milioni nei bilanci di Capitalia prima del matrimonio con Unicredit che sarà effettivo dal primo ottobre. La prima novità, che emerge dalla semestrale del gruppo creditizio, è l’azzeramento della partecipazione in Fiat. Capitalia aveva ancora un pacchetto dello 0,8% che ha ceduto a maggio incassando 195,4 milioni: si tratta del residuo del prestito convertendo firmato per salvare il Lingotto.
(Profumo e Geronzi - Foto U.Pizzi)

Un’altra iniezione di 261,4 milioni è il risultato della cessione, peraltro già annunciata dal gruppo di Via Minghetti, dell’intera partecipazione in Parmalat (5,1%). A fine giugno il gruppo, sempre secondo i documenti contabili consultati ieri dall’agenzia Radiocor, ha poi ceduto altre partecipazioni minori. A partire dal passaggio ai blocchi, di oltre 2 milioni di azioni Generali, riferibili al prestito convertibile acceso dal gruppo per uscire dal Leone: la mossa ha fruttato 60 milioni. Capitalia ha poi rinunciato al 14,47% dell’agenzia regionale per gli investimenti e lo sviluppo - Sviluppo Lazio (7,1 milioni) e al 31,24% di Consortium (3,3 milioni).

Malgrado il clima negativo di Borsa conseguente dalla crisi dei mutui subprime statunitensi, la razionalizzazione della rete di partecipazioni dovrebbe essere proseguita anche in questi mesi. Improbabile, tuttavia, un ritocco alla quota in Pirelli, considerata strategica da Roma.
L’impegno principale della superbanca di Alessandro Profumo, che ha registrato ieri l’atto di fusione al registro delle imprese di Genova, sarà comunque redistribuire il 9,4% di Mediobanca «ereditato» da Capitalia.
(Marco Tronchetti Provera - Foto U.Pizzi)

Piazza Cordusio manterrà invece il proprio 8,8% assecondando gli equilibri del patto della merchant bank. Roma porterà inoltre in dote anche poco più del 2% di Rcs, la quota è teoricamente bloccata nel patto. L’accordo scade tra due anni ma in passato Profumo ha già dimostrato di prediligere le quote «industriali».

Non solo, la grande Unicredit dovrà gestire anche il forte legame storico tra Capitalia e Class Editori. La banca di via Minghetti detiene, infatti, il 27,11% del capitale ordinario della lussemburghese Euroclass Multimedia Holding che è a sua volta socio di riferimento (46,9% del capitale) del gruppo editoriale di Via Burigozzo.


Dagospia 28 Settembre 2007
insomma.... Milano finanza è un giornale economico molto indipendente... tanto indipendente da essere di proprità della Banca"
 

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