Figurativo vs astratto. Come si crea, come si "legge"

Credo che, come l'opera non lavora sull'occhio se l'occhio rimane chiuso, così ad occhio aperto, ma senza una attiva partecipazione dell'attenzione, siamo ancora ad un livello che chiamerei biologico, nemmeno animale. Un po' come per la digestione: possiamo favorirla (con calore, massaggi ...) o disturbarla (ansia, freddo ...), ma comunque lei va avanti per conto suo. E' dunque un vedere pre-artistico, pre-tutto, e qui potrebbe essere interessante trovare una risposta a Kossuth quando, in sostanza, con parole il più possibile complicate :ciapet: , pone il problema dell'individuazione dell'opera artistica.

Quindi chiamiamo pure livello biologico quello "passivo", in cui l'attenzione ancora non opera (ma nella realtà caso assai limitato ... quasi un'astrazione), ma non è quello che intendevo io, ne è solo il presupposto pratico. Non appena però l'attenzione agisce organizzando il guardare avviene un continuo confronto tra domanda dell'occhio e risposta dell'opera. In questa fase, all'influenza puramente fisica si aggiunge da parte del quadro (o scultura ecc) quanto l'io dell'artista ha voluto metterci, proprio per rispondere alle nostre esigenze estetiche. E ora l'opera (cioè la voce dell'artista) può proporci una modifica della nostra stessa domanda.
Sì, questo è un paesaggio, ma l'ho modificato, ho scelto di evidenziare le forme elementari, cubi, coni, cilindri ... Sì, questo è un quadro astratto, ma hai visto quanti gesti ti sono entrati sotto pelle mentre lo guardavi? ecc.

Probabilmente dobbiamo trovare un termine con in quale concordare, biologico mi pare fuorviante, il ciliegio del mio giardino dubito possa considerarsi soggetto passivo di ricezione di materiale ottico. Il minimo è la presenza dell'apparato ricettivo (l'occhio appunto); per questo parlavo di livello animale. La differenza tra fase passiva e attiva mi pare invece ottima, la prima è quella dove l'apparato riceve i segnali luminosi, la seconda è quella dove reagisce. Ovviamente concordo che stiamo parlando del vedere pre-tutto. Penso che la differenza si possa individuare nella reazione puramente emotiva dell'animale (e quindi anche dell'uomo) e della reazione poi costruita razionalmente (e quindi solo dell'uomo)..

Ricordo l'esempio - reale - degli artigiani somali, che per fare una borsa così e cosà dovevano copiarla da un'altra, non essendo in grado di interpretare il mio disegno come un modello. Già lì non si era formato il significato del segno. Eppure costoro leggevano e scrivevano in somalo. Altre conoscenze sui segni ne avevano.
Questo riporta alle funzioni di base dell'attenzione, che opera in modo binario: tiene questo e scarta quello, qui è soggetto e qui è fondo, o, nel caso somalo, linea chiusa = racchiude un corpo, cioè dentro/fuori (convenzione che evidentemente mancava agli artigiani di Mogadiscio). Quando guido, l'attenzione sceglie i segnali stradali rispetto al paesaggio - guai sennò - quando leggo essa separa lettere e parole dallo sfondo uniforme, e separa pure le lettere singole l'una dall'altra. Se non conosco un alfabeto (es. l'arabo) questo non lo posso fare, resta un magma indistinto.
Insomma, lo scartare è necessario quanto il percepire, visto che solo con un duro allenamento possiamo rendere automatiche certe operazioni per poterci concentrare su quelle superiori (esempio: nell'esecuzione musicale, l'espressione necessita di sicurezza nella lettura, che è un primo livello sottostante).

Si l'esempio è pertinente.
Il rapporto tra significato e segno è la prima mattonella di creazione del linguaggio.
Questo per me non rappresenta nulla:
806-06-BIG.jpg

ma per il mio amico giapponese significa 'amicizia'.

Torno un attimo all'astrattismo geometrico, inserendo alcuni esempi di come si possa includere in questa accezione cose completamente diverse.

La prima opera è di Albers:
002-Josef-Albers-1957.jpg


Albers ha realizzato questa serie di opere per mostrare la relatività della sensazione ottica, la sua serie dei quadrati utilizzava la stessa identica forma variando i colori per mostrarne la differente reazione nell'occhio. Questa è un'opera che va contestualizzata all'interno di una serie di opere sorelle, il suo significato include anche opere non qui presenti all'occhio. Per una corretta lettura occorre inserire la singola immagine all'interno di un percorso. Per ricevere il messaggio dell'artista occorre guardare non solo il materiale ottico.

Il secondo esempio è un'opera di Halley:
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Halley introduce un significato simbolico e metaforico. i quadrati delle sue opere uniti da 'cunicoli', 'strade' sono degli ideogrammi, dei labirinti, nelle intenzioni arrivano sino alla critica sociale, alla rappresentazione della società post-industriale. Rappresenta un atto di denuncia di solitudine e dell’uomo imprigionato in una esistenza altamente tecnologica e inserita in labirinti ma vuota nella sua essenza.

Il terzo esempio è un'opera di Mondrian:
mondrian_comp_rgb.jpg


Mondrian costruisce un linguaggio essenziale, riduce la sua rappresentazione a quattro colori e a linee nere verticali e orizzontali. Con questi elementi minimali opera una analisi spaziale e armonica. La tela diventa un pentagramma e i suoi elementi hanno una significanza simile ai pochi segni usati in musica per rappresentare ritmi e melodie.


(...) questa sera continuerò con altre opere di astrattismo geometrico con letture completamente diverse.[/QUOTE]
 
Si l'esempio è pertinente.
Il rapporto tra significato e segno è la prima mattonella di creazione del linguaggio.
Questo per me non rappresenta nulla:
806-06-BIG.jpg

ma per il mio amico giapponese significa 'amicizia'.


Il secondo esempio è un'opera di Halley:
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Halley introduce un significato simbolico e metaforico. i quadrati delle sue opere uniti da 'cunicoli', 'strade' sono degli ideogrammi, dei labirinti, nelle intenzioni arrivano sino alla critica sociale, alla rappresentazione della società post-industriale. Rappresenta un atto di denuncia di solitudine e dell’uomo imprigionato in una esistenza altamente tecnologica e inserita in labirinti ma vuota nella sua essenza.

Scusami l'apparente provocazione (non lo è).
Per me dell'opera di Halley
se voglio trovarci quello che ti ho sottolineato e grassettato
potrei dire lo stesso che hai detto tu dell'amicizia in giapponese:
"Questo per me non rappresenta nulla."
Naturalmente potrei imparare il "giapponese" del caso
ma riconoscere l'arte non dovrebbe prevedere troppe istruzioni dell'uso
perché a suon di condizionamenti si può pure spiegare che Giulio Cesare è morto di insonnia.

O, per fare un altro esempio,
potrei alla fine convincere qualcuno che i forchettoni di Capogrossi
erano un attacco politico contro la dieta mediterranea.
 
Scusami l'apparente provocazione (non lo è).
Per me dell'opera di Halley
se voglio trovarci quello che ti ho sottolineato e grassettato
potrei dire lo stesso che hai detto tu dell'amicizia in giapponese:
"Questo per me non rappresenta nulla."
Naturalmente potrei imparare il "giapponese" del caso
ma riconoscere l'arte non dovrebbe prevedere troppe istruzioni dell'uso
perché a suon di condizionamenti si può pure spiegare che Giulio Cesare è morto di insonnia.

O, per fare un altro esempio,
potrei alla fine convincere qualcuno che i forchettoni di Capogrossi
erano un attacco politico contro la dieta mediterranea.

Questa valenza simbolica è tratta da sue dichiarazioni.
 
Questa valenza simbolica è tratta da sue dichiarazioni.
Beh, sinceramente non me ne faccio nulla se non traspaiono decentemente dall'opera.
Capisci che anche Faccincani potrebbe dichiarare che i suoi quadri sono un'accusa contro l'uomo, che rovina i paesaggi naturali. Perché no?
D'altra parte, questa moda di dichiarare un impegno politico "contro", fingendo che le proprie opere siano di denuncia contro una qualche condizione umana, ha già mostrato da tempo di essere intriso di furba ipocrisia.Forse l'esempio non funziona, o funziona in negativo.

Alla fine, è pur vero che una certa "cultura" figurativa è sottintesa nello spettatore di un'opera d'arte. Simboli quali corone, spade, teschi, frecce sono talmente entrati nel nostro pensiero visivo che non ci rendiamo più conto di come possano agire nel subconscio solo se preceduti da una certa cultura. Persino il selvaggio Basquiat vi ricorre costantemente. Il loro effetto, un po' come l'omino rispetto agli altri segnali stradali, difficilmente può venir visto solo dal punto di vista formale.
Per lo stesso motivo, nel 900 le scritte han cominciato ad apparire nei dipinti facendone parte anche al di là del significato letterale. Che, quando inteso, risulta però parassitario, aggiunge un'altra modalità di comunicazione avente comprensibilità relativa, cioè assai meno universale. Mondo chiuso, per es., a chi non conosce l'inglese.

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Beh, sinceramente non me ne faccio nulla se non traspaiono decentemente dall'opera.
Capisci che anche Faccincani potrebbe dichiarare che i suoi quadri sono un'accusa contro l'uomo, che rovina i paesaggi naturali. Perché no?
D'altra parte, questa moda di dichiarare un impegno politico "contro", fingendo che le proprie opere siano di denuncia contro una qualche condizione umana, ha già mostrato da tempo di essere intriso di furba ipocrisia.Forse l'esempio non funziona, o funziona in negativo.

Alla fine, è pur vero che una certa "cultura" figurativa è sottintesa nello spettatore di un'opera d'arte. Simboli quali corone, spade, teschi, frecce sono talmente entrati nel nostro pensiero visivo che non ci rendiamo più conto di come possano agire nel subconscio solo se preceduti da una certa cultura. Persino il selvaggio Basquiat vi ricorre costantemente. Il loro effetto, un po' come l'omino rispetto agli altri segnali stradali, difficilmente può venir visto solo dal punto di vista formale.
Per lo stesso motivo, nel 900 le scritte han cominciato ad apparire nei dipinti facendone parte anche al di là del significato letterale. Che, quando inteso, risulta però parassitario, aggiunge un'altra modalità di comunicazione avente comprensibilità relativa, cioè assai meno universale. Mondo chiuso, per es., a chi non conosce l'inglese.
La tua obiezione mi permette di chiarire un aspetto di cui abbiamo accennato ma sul quale non ci siamo ancora espressi in dettaglio.
L'aspetto è relativo alla questione, fondamentale in arte, a cui dobbiamo dare una risposta: "Dove nasce il significato"?
Il termine "significare" ha la derivazione latina di signum (segno) e ficare, facere (fare), ovvero "significare" ha come origine etimologica, l'atto di trasmettere qualcosa per mezzo di segni.
A questo aggiungo che la componente più intima, l'essenza, della comunicazione, è basata sull'aspetto convenzionale del "significare".
Comunichiamo quando condividiamo un codice e questo condividere codice diventa il mezzo per il passaggio di informazioni, concetti ed emozioni: il codice mediante la condivisione diventa linguaggio.
A volte usiamo il termine significare anche per indicare una relazione più diretta con la realtà: lo squillo del telefono significa che i miei sono arrivati, lo squillo sul telefono significa l'arrivo dei miei, ovvero non di soli segni si parla come "significanti" bensì anche di cose più complesse come immagini, gesti, suoni.
Nel nostro discorso precedente ci siamo concentrati sul "riconoscimento" come relazione tra l'immagine e il nostro apparato percettivo,
ora possiamo fare una ulteriore passo in avanti parlando della comunicazione, ovvero quel aspetto sociale e condiviso di creazione di un linguaggio di segni, simboli, gesti, suoni per trasmettere messaggi.
Questi messaggi possono essere tendenzialmente razionali (e quindi passati attraverso simboli astratti come le parole -o gli ideogrammi- di una lingua) o a volte emotivi (e quindi principalmente passati attraverso gesti, suoni, immagini).

Il processo di costruzione di un linguaggio artistico non è diverso dal processo di costruzione di un generico linguaggio: passa dalla creazione -personale- di una qualche codifica e la successiva condivisione con i fruitori.
Quando i messaggi espressi nel dato linguaggio passano correttamente dal creatore ai fruitori si ottiene un passaggio di significati, di contenuti.
Si può poi ragionare sulla qualità del linguaggio (quanto pura e completa rimanga il messaggio tra chi esprime e chi riceve) e sulle potenzialità del linguaggio (che quantità di informazioni può passare quel dato linguaggio) ma sono argomenti di una vastità e complessità che direi esulano dalle necessità di questo post.

Nel mondo contemporaneo, rispetto al passato, questo processo di creazione di linguaggi a scopo comunicativo artistico è diventato più astratto, ovvero la creazione dei linguaggi artistici si è fatta più concettuale, meno immediata.
Infatti il "riconoscimento" è diventato da immediato e basato sul processo "passivo" (animale come preferisco dire io, biologico come preferisci dire tu) a mediato e basato su un processo "attivo" (più precisamente mediata attraverso la ratio).
Questo processo attivo viene facilitato dalla conoscenza delle intenzioni dell'autore e dalla accettazione della sua proposta di linguaggio simbolico.

Dopo questa lunga premessa torno un attimo su Halley.

Le sue opere sono piene di quadrati colorati e linee di collegamento tra questi quadrati, l'impressione visiva che ottengono si avvicina alle rappresentazioni usate per i circuiti digitali.
Con questo lui intende rappresentare delle unità (i rettangoli colorati) e delle relazioni (le linee di collegamento) in un mondo freddo e tecnologico.
Le unità sono dei rettangoli, e non delle forme geometriche quali per esempio il cerchio, perché il rettangolo rispetto al cerchio meglio rappresenta il raziocinio, l'atteggiamento auto-vincolato nei rapporti.
Il cerchio non avrebbe ottenuto lo stesso scopo perché nella nostra cultura il cerchio rappresenta cose come il sole, la luna, la perfezione.
Il rettangolo con i suoi spigoli e la sua forma vincolata appare meno naturale e più legato alle decisioni razionali umane.
I colori diversi dei rettangoli rappresentano le diverse emotività delle unità che interagiscono in modo vincolato e razionale.
Occorre ulteriormente annotare che i colori usati da Halley sono colori saturi, perché tesi a rappresentare le emozioni forti racchiuse nelle forme vincolate razionali di quadrati e rettangoli e collegate da linee simili a quelle usate nei circuiti stampati.

Per comprendere meglio poi farò altri esempi anche per mostrare oltre a cosa Halley usa cosa (colori saturi, quadrati e rettangoli, linee di collegamento) anche cosa Halley volutamente non usa (altre forme geometriche, colori insaturi, velature, equilibrio) che portano il linguaggio astratto geometrico verso altre direzioni.
 
@HollyFabius
Stavolta procedo parallelamente a te, un po' perché il tuo discorso non è completato, un po' perché mi interessa precisare altro.

Per esempio che al primo impatto linee curve e linee rette, ovvero chiusure curve e chiusure ad angolo, rispondono diversamente al mio guardare. Solo le curve infatti possono rimandarmi al vivente (animale e, in parte, vegetale), mentre le rette rimandano o al razionale o al non vivente (a parte alcune somiglianze con certo mondo vegetale). Se indago quale effetto si ottenga per empatia, con le curve agirò sulle emozioni, con le rette sulla razionalità dell'osservatore, che in quest'ultimo caso proverà anche un certo senso di costrizione.
Tutto ciò avviene a quel livello biologico (termine riferito all'uomo, ovviamente: la pianta non guarda, ed ogni animale ha modalità diverse per guardare. Chiamiamolo Visione Zero, vuoi?) nel quale appena apro verso l'esterno la porta del vedere entra la particolare luce di ogni immagine, e influenza l'interno. In questo gioco continuo di rimandi, mi affaccio a quella porta e trovo una proposta, che può venirmi dal mondo o da un uomo. Sulla proposta del mondo (in questo caso proposta è termine improprio, ma vabbè), per esempio passano uccelli in cielo, posso rispondere con un atteggiamento ludico, scientifico, pratico ecc. La proposta umana, peraltro, può essere di tipo artistico (oltre che commerciale, di rapporto personale ecc.) e non può essere di tipo artistico se non umana (eventualmente uso il mode-estetico-on, ma non il mode-artistico).
Di fronte agli estremismi dell'arte concettuale occorrerà anche poter definire meglio che cosa significhi e come si individui una proposta di tipo artistico.
Intanto ciò che mi preme individuare è il fatto che esiste una sequenza di domanda-risposta. Nella visione di un quadro, per esempio La fabbrica di Horta de Hebro, Pablo Picasso, antecedentemente riprodotta, posso vederla così:
1 entro e mi appare il quadro; prima influenza biologica, visione zero, passiva, empatetica, chiamala come vuoi
2 attivo una domanda di tipo estetico (perché mi appare presentato come oggetto estetico, o comunque dotato di caratteristiche non banali per la cui comprensione la chiave estetica appare a tutta prima come la più adatta)
3 il quadro (= l'autore, ma tutto in anticipo, al momento della creazione) non risponde esattamente alla mia domanda (sembrava un paesaggio, ne cercavo la dolcezza)
4 ricalibro la mia domanda, posso trovare altri valori oltre al riconoscimento del paesaggio: sono anzi gli stessi valori cui sarei arrivato anche in caso di paesaggio classico, ma qui ci arrivo o più rapidamente, o comunque per altra via, essendo diverso l'atto del riconoscimento.
5 il quadro rivela di essere molto attento alle ritmicità di forme - semplificate - e colori
6 apprezzo questa caratteristica, come la apprezzavo in Cézanne, Daubigny, Constable ...
7 cerco se vi sia altro ... ... ecc ecc
8 valuto le operazioni sin qui compiute e così via.

Occorrerà misurarsi a questo livello non solo con l'arte concettuale, ma pure con l'arte povera. Un'impresa da prendersi a calci da soli :consolare:
 
Fabio :(

mi sa che, come al solito, abbiamo fatto scappare tutti :B :d:

:bla::bla::bla: .......................
 
INTERMEZZO DI OSSERVAZIONI

... "Dove nasce il significato"?
...
Comunichiamo quando condividiamo un codice ...: il codice mediante la condivisione diventa linguaggio.
Sì. Però la stessa realtà può venir letta secondo molteplici codici.
La Madonna di Raffaello: si può contemplarne l'aspetto artistico, venerarla per l'aspetto religioso, valutarne lo stato di conservazione, il valore economico ...

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Nel nostro discorso precedente ci siamo concentrati sul "riconoscimento" come relazione tra l'immagine e il nostro apparato percettivo,
ora possiamo fare una ulteriore passo in avanti parlando della comunicazione...
Lo vedo come un passo parallelo, piuttosto che "avanti". La suddetta Madonna comunica religiosità prima ancora che bellezza in molti individui. Il codice "religione" è più semplice ed immediato che non quello "arte".Comunque è vero che altre forme di comunicazione nascono solo dopo che si sia rinunciato al riconoscimento, o comunque se ne sia valutata la possibilità e qualità. Ma questo, solo nella cultura della maggioranza dei popoli: non però in tutti. E lo stesso riconoscimento può seguire codici differenti, v. l'esempio degli artigiani somali che non sanno leggere un disegno, o quello della tribù africana che nel feticcio ricerca non il riconoscimento visivo ma quello animistico, che non è banalmente figurativo.

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Questi messaggi possono essere tendenzialmente razionali (e quindi passati attraverso simboli astratti come le parole -o gli ideogrammi- di una lingua) o a volte emotivi (e quindi principalmente passati attraverso gesti, suoni, immagini).
Praticamente distingui le forme comunicative prive di analogia formale-funzionale (come la simbologia del semaforo, o le "astratte" lettere dell'alfabeto - che tuttavia inizialmente, presso egizi o fenici, tale analogia possedevano, cioè la loro forma imitava quella dell'oggetto indicato, derivando da pittogrammi) da quelle che mostrano una analogia formale-funzionale, come la freccia disegnata o l'omino del cartello stradale. Ci sono poi anche situazioni intermedie, talora di difficile collocazione.

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Il processo di costruzione di un linguaggio artistico non è diverso dal processo di costruzione di un generico linguaggio: passa dalla creazione -personale- di una qualche codifica e la successiva condivisione con i fruitori.
Quando i messaggi espressi nel dato linguaggio passano correttamente dal creatore ai fruitori si ottiene un passaggio di significati, di contenuti.
La seconda affermazione è logica, ma la prima è carente. Oggi l'artista crea in una certa misura anche il proprio codice (ed è qui il punto) : tutto sta vedere se questa creazione può essere arbitraria, o riferirsi ai codici dell'attualità (come sembrano fare gli artisti oggi) o ancora invece deve sottostare a certe limitazioni - per esempio, se l'artista inserisce una frase scritta nel paesaggio, e questa frase è in Swahili, solo una minoranza può "capire". Quando hai scritto Per ricevere il messaggio dell'artista occorre guardare non solo il materiale ottico. hai appunto centrato la questione del limite superabile o meno.
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Nel mondo contemporaneo, rispetto al passato, questo processo di creazione di linguaggi a scopo comunicativo artistico è diventato più astratto, ovvero la creazione dei linguaggi artistici si è fatta più concettuale, meno immediata.
Infatti il "riconoscimento" è diventato da immediato e basato sul processo "passivo" (animale come preferisco dire io, biologico come preferisci dire tu) a mediato e basato su un processo "attivo" (più precisamente mediata attraverso la ratio).
Questo processo attivo viene facilitato dalla conoscenza delle intenzioni dell'autore e dalla accettazione della sua proposta di linguaggio simbolico.
Qui non sarei d'accordo. Nella Visione Zero non vi è ancora alcun riconoscimento. Questo proviene sempre già da un processo attivo. La differenza si trova nel tipo di processo attivato dall'osservatore. Posso leggere un poema di Dante scritto in bella calligrafia come un'opera poetica o, limitandomi al supporto, come un bel lavoro grafico.
Come vedi, siamo sempre a ridosso dell'arte concettuale, che pare voler "spacciare" come bistecche delle belle mazze di tamburo alla piastra. In fin dei conti, ripetendo il Magritte di Ceci n'est pas une pipe. Ma incrociare i linguaggi crea qualche problema ...
 
@baleng dopo rispondo alle tue osservazioni, accetto comunque di buon grado di usare 'Visione Zero' nella accezione che abbiamo dato.

Porto altri due esempi di uso diverso dell'astrattismo geometrico.
Il primo esempio è paul klee

220px-Polyphony.jpg
zzz Paul Klee - Colore - Acrilico su tela 100x80r.jpg


La costruzione del linguaggio artistico delle sue opere di astrattismo geometrico è di taglio completamente diverso da quelle viste in precedenza.
La sua concezione nelle opere è quella di esprimere un lirismo simile a quello musicale.
Nel primo dei due esempi che ho mostrato (quello di sinistra) le forme geometriche sono solo quadrati e rettangoli ma irregolari, così come sono irregolari le campiture, i colori sono stesi in modo non compatto e l'uso di colori insaturi domina.
Nell'esempio di destra le forme sono nitide ma mancano i quadrati, sono tutti ovali sovrapposti, i colori sono principalmente saturi e stesi quasi ovunque in modo compatto, i colori caldi e freddi si intrecciano fortemente, dando un senso di equilibrio della temperatura ricavato da forti squilibri.
Sono due opere molto diverse, realizzate probabilmente in periodi diverse, l'approccio estetico è molto diverso ma sono con evidenza legate da un approccio emotivo simile.
Di Klee è giusto ricordare che fu insegnante della Bauhaus, che fu anche musicista professionista e che la sua concezione di arte richiamava l'idea che l'Arte dovesse portare alla luce dei contenuti non immediatamente visibili e dovesse con questo arricchire lo spirito.
"L'arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è"

In questo senso credo che ciò che viene rilevato nella Visione Zero non sia sufficiente per comprendere l'opera, ma la successiva interrogazione non è ancora razionale bensì emotiva, ovvero in entrambe le opere viene prima l'osservazione dell'insieme come macchie di colore ed equilibrio estetico/dinamico e poi comincio a riconoscere ed identificare qui i quadrati, lì le curve, nel riconoscimento mi accorgo velocemente della minore importanza di quale forma è usata rispetto a quale colore è usato e l'equilibrio nella ricezione non passa, almeno nel mio caso, da una giustapposizione di elementi razionali quali "quella linea è verticale o orizzontale, quella zona è un cerchio o un quadrato" che viene dopo.

Per il secondo esempio mi vesto del mio ruolo "istituzionale" e uso delle opere di mio padre.
Le opere sono tutte mostrate in doppia fotografia, a sinistra con luce naturale, a destra con luce nera (o luce di Wood).

Nel suo linguaggio sono evidenti sia le intenzioni lirico/estetiche che le intenzioni scientifico/didattiche. Qui l'uso dell'astrattismo geometrico è la fine di un percorso di scelte legate alla migliore risposta da dare alle problematiche legate al metamerismo a cavallo del cambio di illuminazione.
Il fine è molteplice, da una parte viene cercata l'esaltazione del difetto metamerico, dall'altra viene ricercato l'equilibrio compositivo sia nell'opera visibile che nell'opera nascosta e mostrata con la seconda illuminazione, infine vi è una finalità scientifica di presentare esempi di superamento dei limiti della versione classica di teoria del colore.
Viene esaltato proprio il motto di Klee, con la importante aggiunta che qui l'opera non è mai visibile completamente, ma occorre agire nella luce per vedere il suo completamento, il suo doppione complementare. La filosofia di fondo ricerca una verità nella realtà della luce e dei colori simile a quella orientale e legata alla compartecipazione degli opposti. Mostra che solo una parte della realtà è visibile e che cambiando punto di osservazione (cambiando luce) una realtà molto diversa può apparire. L'opera completa è composta da più versioni di realtà osservabile ma queste non possono venire viste contemporaneamente.

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