Beh, sinceramente non me ne faccio nulla se non traspaiono decentemente dall'opera.
Capisci che anche Faccincani potrebbe dichiarare che i suoi quadri sono un'accusa contro l'uomo, che rovina i paesaggi naturali. Perché no?
D'altra parte, questa moda di dichiarare un impegno politico "contro", fingendo che le proprie opere siano di denuncia contro una qualche condizione umana, ha già mostrato da tempo di essere intriso di furba ipocrisia.Forse l'esempio non funziona, o funziona in negativo.
Alla fine, è pur vero che una certa "cultura" figurativa è sottintesa nello spettatore di un'opera d'arte. Simboli quali corone, spade, teschi, frecce sono talmente entrati nel nostro pensiero visivo che non ci rendiamo più conto di come possano agire nel subconscio solo se preceduti da una certa cultura. Persino il selvaggio Basquiat vi ricorre costantemente. Il loro effetto, un po' come l'omino rispetto agli altri segnali stradali, difficilmente può venir visto solo dal punto di vista formale.
Per lo stesso motivo, nel 900 le scritte han cominciato ad apparire nei dipinti facendone parte anche al di là del significato letterale. Che, quando inteso, risulta però parassitario, aggiunge un'altra modalità di comunicazione avente comprensibilità relativa, cioè assai meno universale. Mondo chiuso, per es., a chi non conosce l'inglese.
La tua obiezione mi permette di chiarire un aspetto di cui abbiamo accennato ma sul quale non ci siamo ancora espressi in dettaglio.
L'aspetto è relativo alla questione, fondamentale in arte, a cui dobbiamo dare una risposta: "Dove nasce il significato"?
Il termine "
significare" ha la derivazione latina di
signum (segno) e
ficare, facere (fare), ovvero "significare" ha come origine etimologica, l'atto di trasmettere qualcosa per mezzo di segni.
A questo aggiungo che la componente più intima, l'essenza, della comunicazione, è basata sull'
aspetto convenzionale del "significare".
Comunichiamo quando condividiamo un codice e questo condividere codice diventa il mezzo per il passaggio di informazioni, concetti ed emozioni: il codice mediante la condivisione diventa linguaggio.
A volte usiamo il termine significare anche per indicare una relazione più diretta con la realtà: lo squillo del telefono significa che i miei sono arrivati, lo squillo sul telefono significa l'arrivo dei miei, ovvero non di soli segni si parla come "significanti" bensì anche di cose più complesse come immagini, gesti, suoni.
Nel nostro discorso precedente ci siamo concentrati sul "riconoscimento" come relazione tra l'immagine e il nostro apparato percettivo,
ora possiamo fare una ulteriore passo in avanti parlando della comunicazione, ovvero quel aspetto sociale e condiviso di creazione di un linguaggio di segni, simboli, gesti, suoni per trasmettere messaggi.
Questi messaggi possono essere tendenzialmente razionali (e quindi passati attraverso simboli astratti come le parole -o gli ideogrammi- di una lingua) o a volte emotivi (e quindi principalmente passati attraverso gesti, suoni, immagini).
Il processo di costruzione di un linguaggio artistico non è diverso dal processo di costruzione di un generico linguaggio: passa dalla creazione -personale- di una qualche codifica e la successiva condivisione con i fruitori.
Quando i messaggi espressi nel dato linguaggio passano correttamente dal creatore ai fruitori si ottiene un passaggio di significati, di contenuti.
Si può poi ragionare sulla qualità del linguaggio (quanto pura e completa rimanga il messaggio tra chi esprime e chi riceve) e sulle potenzialità del linguaggio (che quantità di informazioni può passare quel dato linguaggio) ma sono argomenti di una vastità e complessità che direi esulano dalle necessità di questo post.
Nel mondo contemporaneo, rispetto al passato, questo processo di creazione di linguaggi a scopo comunicativo artistico è diventato più astratto, ovvero la creazione dei linguaggi artistici si è fatta più concettuale, meno immediata.
Infatti il "riconoscimento" è diventato da immediato e basato sul processo "passivo" (animale come preferisco dire io, biologico come preferisci dire tu) a mediato e basato su un processo "attivo" (più precisamente mediata attraverso la ratio).
Questo processo attivo viene facilitato dalla conoscenza delle intenzioni dell'autore e dalla accettazione della sua proposta di linguaggio simbolico.
Dopo questa lunga premessa torno un attimo su Halley.
Le sue opere sono piene di quadrati colorati e linee di collegamento tra questi quadrati, l'impressione visiva che ottengono si avvicina alle rappresentazioni usate per i circuiti digitali.
Con questo lui intende rappresentare delle unità (i rettangoli colorati) e delle relazioni (le linee di collegamento) in un mondo freddo e tecnologico.
Le unità sono dei rettangoli, e non delle forme geometriche quali per esempio il cerchio, perché il rettangolo rispetto al cerchio meglio rappresenta il raziocinio, l'atteggiamento auto-vincolato nei rapporti.
Il cerchio non avrebbe ottenuto lo stesso scopo perché nella nostra cultura il cerchio rappresenta cose come il sole, la luna, la perfezione.
Il rettangolo con i suoi spigoli e la sua forma vincolata appare meno naturale e più legato alle decisioni razionali umane.
I colori diversi dei rettangoli rappresentano le diverse emotività delle unità che interagiscono in modo vincolato e razionale.
Occorre ulteriormente annotare che i colori usati da Halley sono colori
saturi, perché tesi a rappresentare le
emozioni forti racchiuse nelle forme vincolate razionali di quadrati e rettangoli e collegate da linee simili a quelle usate nei circuiti stampati.
Per comprendere meglio poi farò altri esempi anche per mostrare oltre a cosa Halley usa cosa (colori saturi, quadrati e rettangoli, linee di collegamento) anche cosa Halley volutamente non usa (altre forme geometriche, colori insaturi, velature, equilibrio) che portano il linguaggio astratto geometrico verso altre direzioni.