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Forumer storico
La Clinton ha spostato capitali in Qatar? Di certo c’è che WikiLeaks ci racconta un sistema marcio
Di Mauro Bottarelli , il 20 ottobre 2016 95 Comment
Non perdo tempo a ragguagliarvi su quanto accaduto durante il dibattito televisivo di questa notte tra Hillary Clinton e Donald Trump, tanto ne parleranno tutti i tg e tutti i giornali. Preferisco parlarvi di quanto i grandi media non vi diranno. In primo luogo, una notizia uscita il 16 ottobre scorso di cui non sono riuscito a trovare riscontri diretti ma che sta facendo il giro del mondo e che – fino ad ora – non ha ricevuto alcuna smentita da nessuna delle quattro parti in causa. La Clinton Foundation avrebbe spostato 1,8 miliardi di dollari presso la Banca centrale del Qatar utilizzando come agente facilitatore JP Morgan Chase.
La notizia sarebbe emersa da fonti finanziarie vicine alla Banca per i Regolamenti Internazionali (BIS) che avrebbe registrato la transazione. Il tutto sarebbe avvenuto nell’arco di poche ore tra il 15 e il 16 ottobre: sabato scorso, Hillary Clinton, il suo braccio destro John Podesta e l’amministratore delegato di JP Morgan Chase, Jamie Dimon, si sarebbero incontrati nella tenuta dei Clinton a Chappaqua, fuori New York, per discutere della faccenda e, 12 ore dopo il meeting, la BIS avrebbe registrato la transazione. Ripeto, non ho trovato riscontri diretti tramite la BIS a questa notizia ma mi appare verosimile, se non vera, per due motivi.
Hillary Clinton Moves v.8 Billion To Qatar Central Bank
Primo, nel 2009 l’amministrazione Obama su pressione di Hillary Clinton consentì Jamie Dimon di infrangere la legge statunitense, comprando milioni di dollari di titoli della banca prima che fosse reso noto che la stessa stava per ricevere una linea di credito da 80 miliardi di dollari dalla Fed, fatto che fece schizzare alle stelle le quotazioni. Dal 2010 ad oggi, la crescita dei dividendi di JP Morgan è stata del 920%. Secondo, questa tabella
ci mostra come il do ut des tra Dipartimento di Stato e Qatar abbia portato il primo a concedere autorizzazioni a go-go per commesse di armi verso il Paese del Golfo e il secondo a diventare un munifico donatore della Clinton Foundation, visto anche l’interessamento della Clinton quando era segretario di Stato per far assegnare al Qatar i mondiali di calcio del 2022.
Ma c’è qualcos’altro di molto più interessante che la stampa autorevole non avrà spazio o tempo di dirvi e di cui ho trovato conferme dirette. Come sapete, il governo dell’Ecuador ha tagliato il collegamento Internet del fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, il quale vive in esilio nell’ambasciata londinese del Paese latino-americano, perché avrebbe violato l’imparzialità delle elezioni presidenziali Usa pubblicando le mail tra John Podesta e Hillary Clinton. Da due giorni, i principali collaboratori di Assange, tra cui Kristinn Hrafnsson and Sarah Harrison, non danno notizie e la stessa ambasciata ecuadoriana si rifiuta di offrire qualsiasi informazione riguardo il destino di Assange. C’è da preoccuparsi per la sua incolumità? Questo memo di Hillary Clinton quando era segretario di Stato
farebbe propendere per il sì. Ma non siamo precipitosi. Il ministro degli Esteri ecuadoriano, Giullaume Long, ha infatti reso noto che Assange rimarrà sotto la protezione governativa, sottolineando che questa resterà attiva “fino a quando le circostanze che hanno portato alla concessione dell’asilo resteranno in atto”. C’è però qualcosa che non quadra. Il presidente ecuadoriano, Rafael Correa, è stato da subito un sostenitore dell’attività di Assange, tanto da arrivare ai ferri corti con gli Usa quando gli concesse l’asilo: nel 2011, il braccio di ferro fu tale che si arrivò all’espulsione di diplomatici.
Stranamente, l’altro giorno la Reuters faceva notare non solo che Rafael Correa rendeva noto di conoscere Hillary Clinton personalmente ma che tifa per lei alle presidenziali: “Per il bene degli Stati Uniti e del mondo, mi piacerebbe che Hillary vincesse”. Correa è a fine mandato e penso il grado di leverage politico dell’amministrazione Obama su di lui potrebbe aumentare non poco da qui all’8 novembre, visto che WikiLeaks – senza che nessuno smentisse – ha dichiarato che la decisone del governo ecuadoriano rispetto al collegamento Internet di Assange sia stata presa dopo dirette pressioni di John Kerry in tal senso.
Ma non basta. Martedì, sempre WikiLeaks ha denunciato come Julian Assange sia diventato bersaglio di una campagna diffamatoria da pare di un “front group” e dei media democratici Usa. “Un’entità sconosciuta che si spacciava come un’agenzia di appuntamenti on-line ha preparato un elaborato piano per denunciare come Julian Assange abbia ricevuto 1 milione di dollari dal governo russo, mentre un secondo piano lo accuserebbe di molestie su una bambina di otto anni”. Insomma, una bella cura Strauss-Kahn per chi rompe troppe le scatole al manovratore. Di più, riguardo alle accuse di pedofilia il piano era ben congegnato e in fase avanzata e di basava sulla denuncia di una coppia di canadesi, a detta dei quali Julian Assange avrebbe molestato sessualmente on-line la figlia durante una vacanza alle Bahamas. C’è anche l’atmosfera tropicale, proprio niente male.
Le molestie di Assange sarebbero avvenute sul sito Toddandclare.com, peccato che il team legale di WikiLeaks abbia portato le prove del fatto che la stessa agenzia li abbia contattati per offrire ad Assange un contratto da 1 milione di dollari, affinché comparisse in un video pubblicitario per la stessa agenzia di appuntamenti. Per il team legale si trattava di “un’elaborata immondizia finalizzata a intrappolare la reputazione di Assange in una pubblicità non desiderata e non garantita”. Ma quelli di WikiLeaks con computer e satelliti ci sanno fare e hanno tracciato l’indirizzo da dove sarebbe partito l’intero schema per screditare Assange e sono arrivati a quello che sembra un garage o un magazzino, come ci mostra la foto, situato al numero 645 della 7Th Street a San Francisco.
Attraverso Reddit si è scoperto che quella è la sede di un’azienda di intelligence privata, la Premise Data Corporation. E chi compare nel board di questa ditta? Larry Summers, ex segretario al Tesoro e personaggio ampiamente connesso con la campagna elettorale di Hillary Clinton.
Non solo, Summers fa parte anche del Center for American Progress, think tank fondato da John Podesta, il capo della campagna elettorale di Hillary Clinton di cui WikiLeaks sta pubblicando le mail e finanziato da George Soros.
Stranamente, poi, l’11 ottobre, quattro giorno dopo l’inizio della pubblicazione delle mail di Podesta da parte di WikiLeaks, cominciava a circolare la voce che Toddandclare avesse avviato una causa legale contro Assange presso una corte britannica, cercando anche l’appoggio delle Nazioni Unite. Il 17 ottobre, poi, sulla pagina Facebook dell’azienda compariva una lettera aperta al premier canadese, Justine Trudeau, nella quale gli si chiedeva di intervenire nella disputa “a difesa di una povera famiglia canadese che era stata molestata e spaventata”. Di più, Reddit ha scoperto che le sedi di Toddandclare e Premise Data Corporation distano casualmente soltanto sette minuti di auto l’una dall’altra, stando a Google Maps. Dulcis in fundo, il co-fondatore della Premise Data Corporation si chiama David Soloff e pochi mesi fa guardate in compagnia di chi era?
Ma come mai, dopo migliaia e migliaia di mail pubblicate e quasi mai riprese dalla grande stampa che fa il tifo per la Clinton, di colpa Assange sarebbe diventato così pericoloso da dover essere isolato dal mondo e posto in quarantena, se non peggio?
Perché le mail di John Podesta sono una miniera di informazioni spaventosa e ora cominciano a toccare nervi scoperti che vanno al di là delle malefatte della Clinton quando guidava la politica estera Usa.
Ieri è stata pubblicata l’11ma tranche di quelle mail e all’interno è saltato fuori un memo inedito del 9 novembre 2008 spedito dall’attuale membro del board dei governatori della Fed, Dan Tarullo a Barack Obama, all’epoca ancora un privato cittadino visto che sarebbe entrato alla Casa Bianca di lì a due mesi.
In una mail a Podesta, lo stesso Tarullo svela il contenuto del memo: gli allora capo del Tesoro, Hank Paulson e governatore della Fed, Ben Bernanke, gli avrebbe detto “su basi confidenziali che, prima che i mercati aprano domani mattina, ci sarà l’annuncio di una significativa ristrutturazione del pacchetto di salvataggio di AIG. Stanno copiendo questo passo per evitare quella che loro definiscono una crisi sistemica”. Perché due pezzi da novanta come Paulson e Bernanke avrebbe detto questo a chi all’epoca non era membro della Fed ma solo un professore di legge alla Georgetown University? Mistero. La mossa in questione prevedeva il coinvolgimento del TARP per un investimento da 40 miliardi di azioni privilegiate AIG al fine di evitare il collasso del gigante delle assicurazioni, di fatto fallito.
Per Tarullo, “questa somma sarà utilizzata per permettere che AIG cominci a ripagare il denaro preso in prestito dalla facility della Fed. Ridurranno inoltre l’ammontare del debito nel bilancio di AIG ed eviteranno così il downgrade del rating. Fino a quando AIG non potrà cominciare a vendere assets, comunque, continuerà a drenare liquidità dalla Fed ma non nell’ammontare originariamente concesso”. Sempre nel memo, Tarullo dice a Obama che “potranno esserci delle critiche da parte di osservatori economici e di mercato, perché questa ristrutturazione ha allentato i termini del finanziamento di AIG senza addizionali benefits per i contribuenti… Paulson e Bernanke hanno enfatizzato di non essere stati felici di aver fatto questo ed entrambi hanno detto che l’attuale approccio è quello che avrebbero voluto prendere in settembre quando il TARP ha preso vita”.
Quale era la richiesta implicita di Tarullo a Obama?
Forse quella che, quando fosse diventato ufficialmente presidente il 20 gennaio successivo, sarebbe stato meglio non rovinare o ribaltare quella modifica al piano di salvataggio di AIG per non far innervosire i mercati? Ecco cosa scrive Tarullo a Obama: “Come nostra reazione – noi sicuramente non vogliamo innervosire i mercati dicendo qualsiasi cosa che suggerisca che il Dipartimento del Tesoro potrebbe smontare questa modifica dopo il 20 gennaio. Comunque, il combinato dei termini questionabili del prestito originale della Fed e del fallimento nell’aumentare la quota effettiva dei contribuenti come parte di questo accordo significa che noi dobbiamo evitare di dire qualsiasi cosa che potrebbe identificarci con questa mossa. La nostra posizione è forse meglio inquadrata nel rammaricarsi del fatto che era necessario fare questi cambiamenti nell’accordo di settembre”.
Nemmeno insediato e già alle prese con mezzi ricatti, false versioni e impicci alle spese dei contribuenti: complimenti, mr. President! A quale titolo, poi, Tarullo condivideva informazioni confidenziali di Treasury e Fed con un presidente eletto sì ma che, formalmente, a novembre del 2008 era ancora un privato cittadino? Chissà, di certo ci sono solo due date: il 20 gennaio 2009, Barack Obama si insedia alla Casa Bianca, mentre il 29 gennaio 2009, Dan Tarullo prende servizio al board della Fed. Capito perché WikiLeaks adesso comincia a dare noia davvero? E se ancora non ci credete guardate questo breve video,
il quale ci mostra come ieri sia bastato che il deputato repubblicano Chris Collins, parlando di come ormai i due terzi degli americani sappiano che Hillary Clinton è una bugiarda, nominasse la parola WikiLeaks per far cadere il segnale del satellite alla CNN.
Solo l’ennesima coincidenza? A proposito, nel mio articolo di ieri facevo notare come sempre più americani si fidino soltanto dei militari, un qualcosa che potrebbe far pensare al rischio di un golpe o, comunque, di un loro coinvolgimento diretto e attivo in una situazione di emergenza. Et voilà,
questa schermata del Televideo di stanotte ci dice che il presidente Obama è già preoccupato per una potenziale emergenza. La quale, se scoppiasse, sarebbe gestita da lui e non da Hillary, eletta ma non insediata.
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