marofib
Forumer storico
metto un po' io per rinfrescarti la memoria
«Li polverizzavamo con l'esplosivo» Le confessioni-choc dei russi in Cecenia - Corriere della Sera
La seconda guerra cecena avrebbe dovuto rappresentare la rinascita dell’esercito umiliato dal presidente Boris El’cin e offeso nella prima guerra cecena. Proprio per questo il presidente Vladimir Vladimirovič Putin, senza perdere neppure un prezioso istante, diede l’ordine di attaccare appena venti giorni dopo la sua elezione a primo ministro della Federazione Russa. Il comando delle forze d’“invasione” fu affidato al generale Vladimir Anatol’evič Šamanov, pluridecorato comandante della 58-esima armata, di stanza a Vladikavkaz, e persona dall’alquanto oscuro passato militare. Sarà proprio lui l’indiscusso protagonista di quella che ancora oggi viene definita la macelleria cecena.
Per molti aspetti, la 58-esima armata è il simbolo dello sfacelo delle forze armate russe. Va da sé che tutto era cominciato prima dell’arrivo al potere di Vladimir Putin, più precisamente sotto la traballante egida di Boris El’cin. Ma l’attuale presidente ha enormi responsabilità: in primo luogo per aver tollerato la più completa anarchia degli ufficiali, in secondo luogo per aver concesso loro – di fatto – lo status d’intoccabili. Qualunque sia il crimine commesso, gli alti gradi dell’esercito rimangono impuniti
e dulcis in fondo il tuo amico
Centinaia di soldati e civili innocenti sono morti a causa di una guerra priva di alcuna umanità, priva di qualsiasi senso logico. Interi villaggi e intere famiglie sono scomparsi nel buio delle notti illuminate soltanto dalle vampate dell’artiglieria russa. Nomi di strade e di persone sono stati cancellati da un odio disumano che ha trovato sfogo nelle crudeli parole di Vladimir Putin, riportate poi da Anna Politkovskaja: «I ceceni vanno stanati e uccisi fin nei cessi!».
Soldati dimenticati (2). Šamanov, il macellaio della Cecenia
«Li polverizzavamo con l'esplosivo» Le confessioni-choc dei russi in Cecenia - Corriere della Sera
La seconda guerra cecena avrebbe dovuto rappresentare la rinascita dell’esercito umiliato dal presidente Boris El’cin e offeso nella prima guerra cecena. Proprio per questo il presidente Vladimir Vladimirovič Putin, senza perdere neppure un prezioso istante, diede l’ordine di attaccare appena venti giorni dopo la sua elezione a primo ministro della Federazione Russa. Il comando delle forze d’“invasione” fu affidato al generale Vladimir Anatol’evič Šamanov, pluridecorato comandante della 58-esima armata, di stanza a Vladikavkaz, e persona dall’alquanto oscuro passato militare. Sarà proprio lui l’indiscusso protagonista di quella che ancora oggi viene definita la macelleria cecena.
Per molti aspetti, la 58-esima armata è il simbolo dello sfacelo delle forze armate russe. Va da sé che tutto era cominciato prima dell’arrivo al potere di Vladimir Putin, più precisamente sotto la traballante egida di Boris El’cin. Ma l’attuale presidente ha enormi responsabilità: in primo luogo per aver tollerato la più completa anarchia degli ufficiali, in secondo luogo per aver concesso loro – di fatto – lo status d’intoccabili. Qualunque sia il crimine commesso, gli alti gradi dell’esercito rimangono impuniti
e dulcis in fondo il tuo amico
Centinaia di soldati e civili innocenti sono morti a causa di una guerra priva di alcuna umanità, priva di qualsiasi senso logico. Interi villaggi e intere famiglie sono scomparsi nel buio delle notti illuminate soltanto dalle vampate dell’artiglieria russa. Nomi di strade e di persone sono stati cancellati da un odio disumano che ha trovato sfogo nelle crudeli parole di Vladimir Putin, riportate poi da Anna Politkovskaja: «I ceceni vanno stanati e uccisi fin nei cessi!».
Soldati dimenticati (2). Šamanov, il macellaio della Cecenia
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