buffone non è considerata offesa
sono passati oltre 18 mesi. Ma la vendita non si è conclusa e anzi sembra ancora in alto mare e la situazione economica e finanziaria di Alitalia si sta deteriorando. Sarebbe stato meglio arrivare subito a un'amministrazione straordinaria capace di avviare un'operazione “lacrime e sangue”. E ora c'è anche il rischio di un advisor che può diventare parte causa…
Nel 2007 Alitalia ha chiuso il suo diciannovesimo bilancio inpassivo (su venti anni), dimezzando la liquidità disponibile, che poi si è praticamente azzerata nei primi cinque mesi del 2008, con una riduzione di circa 100 milioni al mese. Nei primi tre mesi dell'anno i costi operativi sono aumentati di 44 milioni, mentre i ricavi sono diminuiti di 43 milioni rispetto al primo trimestre del 2007. A questi ritmi, il “prestito ponte” - deliberato dal governo Prodi con il consenso della nuova maggioranza - dà ossigeno per meno di tre mesi, salvo che la stagione estiva non faccia un po' crescere i ricavi. Cosa peraltro difficile, visto il consistente calo di prenotazioni dovuto all'incertezza che circonda il futuro anche prossimo della compagnia (1).
Uno sguardo dal “ponte”
Cosa assai diversa sarebbe stato il prestito ponte nell'ambito della trattativa avviata a suo tempo con Air France (Parigi: FR0000031122 - notizie) -Klm, dal momento che la compagnia franco-olandese aveva presentato un piano industriale credibile, corredato da sostanziosi impegni finanziari, oltre che dalla proposta di acquisto. Fallita quella trattativa nel fuoco della campagna elettorale (e con “l'aiuto” determinante del sindacato) la decisione del prestito ponte è stata un modo per non scegliere l'unica strada ragionevole rimasta: l'amministrazione straordinaria ai sensi della Legge Marzano. Ragionevole perché avrebbe imposto di mettere da subito mano a un severo processo di risanamento, senza il quale la compagnia è comunque destinata al fallimento. Il rischio del fallimento non sarebbe scomparso ma poteva essere ridotto, a patto di accettare subito un po' di “sangue, sudore e lacrime”.
Il timore dell'impopolarità ha fatto prendere la via (bipartisan) del “ponte”, con il suo corredo di proteste delle compagnie europee, di apertura della procedura comunitaria per aiuti di stato, di risposte imbarazzate del governo. Il problema è che un ponte è tale se porta da un punto a un altro, mentre non sembra che sia ancora chiaro il punto di arrivo, né se ve ne sia uno. Non è ancora chiaro se il governo punti a individuare dei soci finanziatori (l'ancora impercettibile “cordata italiana”), un socio industriale nazionale (Air One), o un partner internazionale (e quindi si ritornerebbe a Air France-Klm e a Lufthansa (Xetra: 823212 - notizie) ). O se cerchi una qualche combinazione tra queste alternative (assai complicata da realizzare).
La scelta di Banca Intesa San Paolo in qualità di advisor per l'operazione non appare del tutto neutrale, dal momento che quell'istituto aveva fiancheggiato Air One fino a quando (lo scorso dicembre) il governo aveva deciso di procedere a trattare con Air France-Klm in esclusiva (2). Tuttavia, i dirigenti di Intesa San Paolo già conoscono – almeno un po' – il dossier Alitalia e questo potrebbe accelerare i tempi. È inquietante, però, che il decreto approvato l'11 giugno scorso dalla Camera lasci aperta la possibilità che Banca Intesa San Paolo si trasformi da advisor in partecipante di una cordata.
Per il settore aereo c'è aria di crisi
Rimane il fatto che, comunque, il quadro entro cui l'operazione dovrebbe realizzarsi è cambiato. E non in meglio. Il continuo rialzo dei prezzi del petrolio stanno creando prospettive pessime per le compagnie aeree. Da un lato, infatti, stanno crescendo troppo i costi del carburante; dall'altro il rallentamento delle economie dei paesi più ricchi mettono a rischio la crescita della domanda. In Europa, nel primo trimestre del 2008 la capacità del comparto aereo è cresciuta del 5,3% rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente, mentre i passeggeri trasportati sono cresciuti solo del 3,9% con conseguente riduzione del coefficiente di riempimento degli aerei. Secondo la risoluzione della Iata, presa il 2 giugno scorso a Istanbul, gli sforzi per ridurre i costi non dipendenti dal petrolio, per aumentare la produttività e ridurre i consumi di carburante non sono sufficienti a compensare l'aumento di tre volte del prezzo del petrolio dal 2006. Ventiquattro compagnie (sempre secondo la Iata) hanno cessato le operazioni o sono entrate in regime di amministrazione controllata negli ultimi 5 mesi. Altre seguiranno.
E il vaso di coccio?
In un simile contesto congiunturale, una compagnia strutturalmente in crisi come Alitalia – che non porta neanche più in dote il dominio del mercato interno (3) - rischia di essere un boccone indigeribile anche per i più solidi e accreditati partner internazionali. I quali – essendo già stati messi in fuga dai giochetti della politica nazionale e dalla protervia dei sindacati - potrebbero essere ora più interessati alla prospettiva del fallimento e della spartizione delle spoglie (slot, rotte, ecc.). La deroga alla Legge 474/94 - che l'11 giugno 2008 ha ricevuto il via libera dalla Camera dei deputati - potrebbe risultare del tutto inutile. Mentre il ricorso alla Legge 39/2004 (cioè la “Legge Marzano”) sarebbe forse ancora possibile e, con un commissario determinato e capace, potrebbe portare a una soluzione più dignitosa.
1) Nei soli primi tre mesi del 2008, Alitalia ha ridotto la capacità (posti offerti) del 5% al fine di razionalizzare la sua rete, ma i posti occupati sono diminuiti del 10%, con conseguente riduzione del load factor di 3,5 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2007. Si veda il Resoconto intermedio di gestione di Alitalia, I trimestre 2008 al sito:
http://corporate.alitalia.it.
2) La scelta del governo aveva anche suscitato la reazione stizzita del consigliere delegato di banca Intesa San Paolo, giunto a definire “rinunciataria” la cessione di Alitalia al gruppo franco-olandese.
3) Tra l'altro, la quota del mercato interno di Alitalia – già molto ridotta negli ultimi dieci anni – si è ulteriormente ristretta negli ultimi mesi: nel primo trimestre del 2008 è scesa del 5% rispetto allo stesso periodo del 2007, toccando il livello del 40,8%, cioè il minimo tra le compagnie “di bandiera” europee.