fomc
Le minute del FOMC gelano Wall Street. Addio a nuovi tagli dei tassi
Di Alberto Susic
La Federal Reserve chiude la porta a nuovi tagli dei tassi di interesse, che sono ora più di prima improbabili non solo per la prossima riunione in calendario a giugno, ma anche per gli incontri dei mesi successivi. La crescita economica negli Stati Uniti appare ancora più debole di quanto stimato in precedenza, e al contempo diventano sempre più preoccupanti i timori sul fronte dell'inflazione, destinata ad aumentare nei mesi a venire. E' questo in estrema sintesi il messaggio che emerge dalle minutes del FOMC diffuse questa sera, ossia dei verbali riferiti all'ultimo meeting della Banca Centrale americana, svoltosi il 29 e il 30 aprile scorsi. In quella occasione la Fed aveva deciso di ridurre il costo del denaro dello 0,25%, portando i Fed Funds al 2%, intervento al contempo sul tasso ufficiale di sconto, abbassato in ugual misura al 2,25%. Quest'ultima operazione era stata approvata all'unanimità, mentre la prima non aveva trovato d'accordo tutti i membri del Board, visto che Richard Fisher e Charles Plosser non avevano espresso voto favorevole, schierandosi per un nulla di fatto.
Già in occasione dell'ultima riunione era stata confermata la debolezza dell'attività economica, accompagnate da non poche preoccupazioni sul versante dell'inflazione. Proprio quest'ultimo aspetto aveva portato a preannunciare circa 20 giorni fa una pausa nella politica monetaria espansiva portata avanti da settembre scorso fino al mese passato.
Le indicazioni arrivate questa sera dalla Banca Centrale americana appaiono non certo più incoraggianti, dal momento che la Fed prevede ora una crescita più debole di questa stimata in precedenza e precisamente a gennaio di quest'anno.
Dalla lettura dei verbali dell'ultima riunione si apprende infatti che il Board guidato da Bernanke ha tagliato di quasi un punto le sue previsioni sulla crescita per l'anno in corso. Mentre la stima precedente indicava un incremento del Prodotto Interno Lordo compreso tra l'1,3% e il 2%, ora i numeri parlano di un incremento decisamente più contenuto, fra lo 0,3% e l'1,2%.
Per il 2009 è attesa invece una ripresa della congiuntura, con un tasso di crescita stimato tra il 2% e il 2,8%, ma per ora l'espansione è più debole di quella avuta nel 2007, per via della crisi immobiliare, del credit crunch e degli elevati costi dell'energia.
Cattive notizie anche per il mondo del lavoro, dal momento che è atteso un aumento del tasso di disoccupazione nei prossimi mesi, tanto che la Fed prevede ora forchetta compresa tra il 5,5% e il 5,7%, rispetto all'intervallo indicato a gennaio tra il 5,2% e il 5,3%.
Non sono certo migliori le indicazioni per l'inflazione, che rappresenta ora la principale preoccupazione della Banca Centrale americana. Le previsioni per quest'anno parlano di una crescita tra il 3,1% e il 3,4%, con una revisione al rialzo di un punto in confronto all'indicazione di gennaio racchiusa tra il 2,1% e il 2,4%. Meno significativo l'innalzamento delle stime per l'inflazione “core”, che dovrebbe salire tra il 2,2% e il 2,4% quest'anno, con un aumento dello 0,2% rispetto alla previsione formulata a gennaio scorso.
Nei verbali si legge che la forte crescita dei prezzi del petrolio e di altre commodities da inizio anno, e' stato il principale fattore che ha portato alla forte revisione al rialzo delle proiezioni sull'inflazione nel breve termine. Proprio le rinnovate tensioni che stanno interessando la dinamica dei prezzi al consumo hanno portato la Fed a rilevare un maggiore bilanciamento tra i rischi di una crescita più debole e quelli di un'inflazione più elevata. Proprio per questo motivo, la decisione di tagliare ancora una volta i tassi di interesse a fine aprile è stata per un soffio, tanto che diversi membri già in occasione dell'ultimo meeting avevano ritenuto appropriato fermare sin dalla riunione di aprile la politica monetaria espansiva portata avanti da settembre scorso.
Indicazioni che nel complesso hanno avuto un effetto molto negativo sul mercato azionario, provocando un'ondata di vendite nelle ultime due ore di contrattazioni. I listini sono stati affossati soprattutto dal venir meno della prospettiva di nuovi tagli dei tassi di interesse. I future sui Fed Funds scontano al 90% un nulla di fatto per il meeting in programma nella seconda metà di giugno e la scommessa è ancora più drastica per i mesi successivi, per i quali al 94% si prevede che non ci sarà alcun intervento al ribasso per il costo del denaro.