GUERRA NEWS...:(

29 gennaio 2003 14:31
Borsa Usa vista negativa, pesano timori guerra


NEW YORK, 29 gennaio (Reuters) - Per la borsa Usa si
prospetta un'apertura debole, dopo che le dichiarazioni del
presidente George W. Bush hanno contribuito ad alimentare i
timori che il paese sia sempre più vicino a una guerra in Iraq e
hanno delineato uno scenario economico avvolto nell'incertezza.
Le preoccupazioni per le conseguenze di un eventuale
conflitto sulla ripresa dell'economia Usa e sui mercati azionari
accresce il nervosismo degli investitori. Questa settimana segna
anche il culmine della stagione delle trimestrali e molte
società stanno fornendo prospettive per il 2003 improntate alla
cautela.
Alle 14,25 il futures sullo Standard & Poor's 500 cede lo
0,83% a 847,4 punti e quello sul Nasdaq 100 arretra dello 0,5% a
993,5.
((Redazione Milano, Reuters Messaging:
[email protected] +39 02 66129549,
[email protected]))
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genesta ha scritto:
Non mi stupirei proprio per niente se la strage dell'11 settembre non fosse altro che una tattica ulteriore per arrivare a questo.

In fondo, "qualche" vittima e due grattacieli da sacrificare come investimento peroficuo per il futuro stesso americano, ne vale la pena. :o


scusa ma chi sei per scrivere certe cose??
Ho capito che è opinione personale.
ma qui vai a offfendere quella povera gente innocente che ora riposa in pace!!

...
vorrei vedere se TU avessi qualche parente morto nel crollo delle torri gemelle
se fossi ancora qua a scrivere ciò che hai scritto!!
Materialzizzare tutto credo sia l'errore + grosso che uno possa fare..
soprattutto in occazioni del genere

Spero avrai l'accoretezza di smentire ciò che hai scritto,
in nome di tanti innocenti ammazzati da chi è talmente codardo
da nascondersi dietro le armi :(
 
04/02/2003 09:28 Euro in lieve rialzo su dollaro, atteso discorso Powell
LONDRA, 4 febbraio (Reuters) - L'euro è in leggero rialzo contro dollaro in apertura del mercato europeo a un cent dai massimi di 3 anni. Gli investitori sono ribassisti nei confronti del biglietto verde in attesa del discorso del segretario di stato Usa Colin Powell al Consiglio di sicurezza dell'Onu. Domani Powell dovrebbe fornire al Consiglio le prove del mancato rispetto da parte di Baghdad delle risoluzioni Onu. Il mercato è in attesa del dato preliminare di gennaio per la zona euro alle ore 12,00 italiane, con gli economisti che si aspettano un rialzo 2,2%, appena sotto il target della Bce del 2%. ((Redazione Milano, Reuters messaging: [email protected], 0039 02 801284, fax 0039 02 801149, [email protected]))
 
USA-IRAQ, MALEDETTO PETROLIO

di di Jeffrey Sachs

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4 Febbraio 2003 16:30 NEW YORK

Tutti ci chiediamo quale sia il vero motivo della guerra all'Iraq. Le armi di distruzione di massa? La vendetta di un figlio nei confronti di chi ha tentato di uccidergli il padre? Difendere Israele? Rendere il Medio Oriente una regione più democratica? O mettere le mani sul petrolio iracheno?
Sono svariate le motivazioni addotte dall'amministrazione Bush, sebbene l'enfasi venga posta sulle armi di distruzione di massa. Paul Wolfowitz, sottosegretario alla Difesa, parla della volontà di fare dell'Iraq la «prima democrazia araba». Molti, nell'amministrazione, sostengono che una politica aggressiva nei riguardi dell'Iraq può portare all'abbattimento dei Governi autocrati in Medio Oriente, come l'amministrazione Reagan aveva abbattuto l'impero sovietico. Fuori dall'America, quasi nessuno crede a queste ragioni. Si crede che il petrolio sia il vero motivo dell'atteggiamento americano. A meno che gli archivi della sicurezza nazionale non si aprano all'improvviso, non sarà possibile fare un bilancio definitivo dei pensieri più reconditi del presidente. Inoltre, i funzionari americani hanno diverse priorità. È possibile che Bush chiami in causa le armi di distruzione di massa; che Wolfowitz punti alla democrazia; che altri abbiano messo gli occhi sul petrolio. Più che indagare le motivazioni dell'America, è più utile chiedersi come agiranno gli Usa in guerra. Se si guarda alla storia, è difficile credere che gli Stati Uniti trasformeranno il Medio Oriente in una regione democratica. Oggi, il Medio Oriente si presenta come una costruzione di Stati Uniti e Europa.

I suoi despoti e monarchi devono le loro posizioni alle macchinazioni e alla connivenza dell'Occidente. Anche se l'America va in guerra sventolando il vessillo della democrazia, i risultati si prospettano meno gloriosi. In tutto il XX secolo, autodeterminazione, democrazia e riforme economiche nei Paesi arabi sono passati in secondo piano rispetto al petrolio. Quando i britannici spinsero i leader arabi a combattere per l'impero britannico durante la Prima Guerra Mondiale, agli arabi non fu riconosciuto, al termine del conflitto, il premio della sovranità, ma quello della crescente subordinazione a Gran Bretagna e Francia.

Ogni volta che la vera democrazia mediorientale ha minacciato il controllo americano sulle riserve petrolifere, essa è stata messa da parte. Pensiamo al colpo di Stato sostenuto dalla Cia contro il primo ministro iraniano Mussadegh. Nel 1951, Mussadegh nazionalizzò l'industria petrolifera, provocando un boicottaggio britannico e poi, nel 1953, l'intervento degli Stati Uniti (che ha fatto vacillare il primo ministro, poi incarcerato).

Un altro caso esemplare è rappresentato dal sostegno occidentale alla repressione militare in Algeria, dopo le elezioni democratiche del '92, quando il Fis (Fronte Islamico di Salvezza) per poco non giunse al potere. Quando sembrava che il Fis avesse ormai la vittoria in pugno, l'esercito algerino intervenne a bloccare le elezioni. E i Governi occidentali, sotto la guida dalla Francia e con l'appoggio degli Usa, sostennero i generali algerini.

Altrettanto significativo è l'atteggiamento americano nell'Asia centrale dell'ex Unione Sovietica. Sono molti, nell'amministrazione Bush, a indicare gli interventi statunitensi in quest'area come un esempio di come potrà essere trasformato il Medio Oriente. Finora la democrazia non ha avuto assolutamente nulla a che fare con la politica americana in Asia centrale, dove i diplomatici e le compagnie petrolifere statunitensi si fanno una concorrenza spietata per promuovere accordi con i dispotici Kazakhstan, Turkmenistan e Uzbekistan.

Un quadro rappresentativo della politica Usa in Iraq nel dopoguerra può essere offerto da importanti documenti scritti da e per l'amministrazione Bush prima dell'11 settembre. Il documento più interessante è probabilmente uno studio intitolato «Strategic Energy Policy Challenges of the 21st Century» (Le sfide strategiche nella politica energetica del XXI secolo), del James Baker III Institute for Public Policy della Rice University del Texas e del Council on Foreign Relations.

Lo studio chiarisce due punti.

Primo: l'Iraq, seconda più grande riserva petrolifera al mondo, è fondamentale per i flussi petroliferi provenienti dal Medio Oriente. Nella relazione si insiste sul concetto che per ragioni di sicurezza economica l'America ha bisogno del petrolio iracheno, ma per ragioni di sicurezza militare gli Stati Uniti non possono permettere a Saddam la produzione del petrolio. Chiara l'implicazione: per la loro sicurezza energetica, gli Stati Uniti hanno bisogno di un regime democratico in Iraq. Nello studio la democrazia non viene mai nominata.

È interessante che nel documento vengano inoltre passate brevemente in rassegna le preoccupazioni di funzionari come il vicepresidente Dick Cheney e il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld. Entrambi hanno rivestito cariche nazionali sotto la presidenza di Gerald Ford nel '74, durante l'embargo del petrolio arabo, sfociato in enormi crisi economiche. Lo studio dà grande peso alle possibilità che si ripeta, oggi, una simile crisi. È chiaro che l'embargo degli anni 70 rappresentò un momento determinante nello sviluppo del pensiero strategico di Cheney e Rumsfeld.

Forse l'amministrazione Bush crede di andare in guerra per combattere a favore della democrazia in Medio Oriente, ma il sostegno statunitense alla vera democrazia si candida tra le prime vittime. Tristemente, una guerra combattuta per il petrolio sarà una guerra che destabilizzerà ulteriormente la politica e la società internazionali, minando la vera sicurezza degli Usa e del mondo.


Ciao Xet!
 
non capisco perchè molta gente pensa che l' america vuole inpadronirsi del petrolio di saddam.

quando un balordo di nome saddam, con il ricavato del petrolio vuole mettere in ginocchio il mondo costruendo armi di sterminio è meglio che gli si tolga questo potere del petrolio e destinarlo a mani migliori in grado di gestirlo meglio per il bene di tutti.
 
Perchè in questo momento la cosa + facile .
è dare la colpa all'America


come se l'america volesse tutto questo...
Dopo quello che hanno fatto agli USA credo sia legittimo agire come stanno facendo,

ciò che fa ora l'America
è più una difesa che un attacco vero e proprio,
e oltre a difendere sè stessa difende anche gli alleati.
dovremmo solo ringraziare
 
Seashore ha scritto:
....
ciò che fa ora l'America
è più una difesa che un attacco vero e proprio,
e oltre a difendere sè stessa difende anche gli alleati.
dovremmo solo ringraziare

Ciao Seashore, ti posso chiedere solo una cosa?
OK, Saddam è colpevole, quindi gli facciamo guerra... non ho dubbi sul fatto che venga vinta, viste le forze in campo... quindi cacciamo Saddam (o lo eliminiamo) e liberiamo il paese da questo bastardo.
A guerra conclusa facciamo delle belle elezioni per far scegliere il nuovo governo.
A questo punto pensi davvero che il problema del terrorismo di questi fanatici sarà risolto?
Buona giornata

Fo64
 
fo64 ha scritto:
Seashore ha scritto:
....
ciò che fa ora l'America
è più una difesa che un attacco vero e proprio,
e oltre a difendere sè stessa difende anche gli alleati.
dovremmo solo ringraziare

Ciao Seashore, ti posso chiedere solo una cosa?
OK, Saddam è colpevole, quindi gli facciamo guerra... non ho dubbi sul fatto che venga vinta, viste le forze in campo... quindi cacciamo Saddam (o lo eliminiamo) e liberiamo il paese da questo bastardo.
A guerra conclusa facciamo delle belle elezioni per far scegliere il nuovo governo.
A questo punto pensi davvero che il problema del terrorismo di questi fanatici sarà risolto?
Buona giornata

Fo64

ciao Fo ;)

credo di non poter rispondere a questa domanda,
xkè le variabili in campo sono troppe.

A mio parere non penso assolutamente che il problema terrorismo venga eliminato,
viene però così eliminata una sua parte questo sì.
Preferisci vedere eliminato in parte un problema oppure vedere un problema che si ingigantisce??
Io verosimilmente scelgo la prima,
dove finalmente si tirano fuori le palle

E sono contento della posizione italiana,
ciao ;)
 
05 febbraio 2003 08:49
Borse Europa viste stabili, trimestrali in luce, attesa Powell


LONDRA, 5 febbraio (Reuters) - Le piazze europee dovrebbero
vedere un'apertura piatta, dopo i dati di Cisco grosso modo in
linea con le previsioni, ma nel pomeriggio l'atteso discorso di
Colin Powell potrebbe rapidamente mutare gli umori.
Il Segretario di Stato Usa parlerà al Consiglio di Sicurezza
Onu alle 16,30 italiane; nell'attesa, il prezzo dell'oro è
schizzato al massimo da sei anni e mezzo.
Le trimestrali hanno portato al centro del mirino un turbine
di aziende tra cui Bnp Paribas, Aventis, Commerzbank, Vivendi
Environment, Lion Bioscience, Ubi Soft.

BNP PARIBAS ha annunciato un forte calo degli
utili netti (-20%), ma leggermente meglio delle attese.
La farmaceutica AVENTIS archivia il trimestre con
una crescita dei ricavi superiore alle previsioni (+28%) ma ha
abbassato gli obiettivi per il 2003.
COMMERZBANK , sui cui numeri erano già circolate
indiscrezioni, vede un ritorno al nero quest'anno ma per il 2002
ha annunciato il primo rosso della sua storia.
VIVENDI ENVIRONMENT ha annunciato vendite
leggermente sotto le attese ma in crescita (+3,3%).
LION BIOSCIENCE ha confermato l'obiettivo di break
even per il prossimo anno fiscale. Nel trimestre, però, la
perdita operativa è salita del 72% a 14,84 milioni di euro e i
ricavi sono scivolati a 9,46 milioni da 10,13.
Per UBI SOFT , i ricavi sono cresciuti del 15,4%,
come da attese, anche grazie al nuovo gioco Splinter Game;
confermati gli obiettivi per l'intero 2002/3.
S&P ha poi abbassato il rating sul credito di NEXANS
: quello di lungo periodo è passato a BBB- da BBB,
quello a breve a A-3 da A-2.
((Redazione Milano, Reuters Messaging:
[email protected], 0039 02 66129638,
fax 0039 02 72002157 [email protected]))
 

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