se sono queste le c<ose che spaventano
Prendiamo l’Iraq: lei è convinto che la forza della preghiera sia più pacificatrice di quella delle armi?
Sì, sì. Direi che è la forza che abbiamo noi, perché vediamo che anche con le armi più forti non si può spegnere la fiamma del terrorismo. Violenza crea violenza. Certo, una difesa è necessaria, ma solo con la controviolenza non possiamo spegnere queste fiamme. Abbiamo bisogno di una forza spirituale che nasce proprio dalla preghiera. Se nella società, nel mondo intero è vivo lo spirito di riconciliazione e della forza dei valori possiamo creare un clima in cui questi valori hanno forza e possono vincere.
Quali sono i confini della tolleranza nel rapporto con le religioni?
C’è un primo punto fondamentale. Da sempre è chiaro che la fede è un evento di libertà e non può essere imposta e che l’altro, con la sua fede, la sua convinzione religiosa merita rispetto. Merita di essere trattato come un fratello, come un uomo creato ad immagine di Dio. Poi c’è la responsabilità reciproca. L’altro, probabilmente, cerca di convincerci delle sue ragioni. Rispettiamolo, riflettiamo pure su quanto dice, ma, d’altro canto, dobbiamo essere sicuri che abbiamo una strada che porta verso la giustizia. Cerchiamo, dunque, di aprire il cuore ai valori che conosciamo, nel pieno rispetto della libertà dell’altro.
Anche perché ci sono valori comuni.
Sì
Quindi, nessuna guerra di religione?
Assolutamente no.
Trovandosi di fronte al prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, c’è chi viene tentato di chiederle: può andare in paradiso anche un credente che non pratica o un non cristiano?
Un uomo che dimentica o trascura la fede, e quindi la comunione eucaristica, perde cose essenziali della sua vita, quindi è in pericolo di perdere valori importanti di se stesso. E perciò possiamo soltanto invitarlo a stare attento a non fermarsi alle cose secondarie. Non è di nostra competenza dire se va in paradiso o all’inferno, ma quella di promuovere attenzione per il cammino che la persona prende. Se in montagna l’escursionista imbocca un sentiero sbagliato, lo mettiamo in guardia: attenzione, ciò che fai è una cosa pericolosa. Altrettanto deve accadere nella vita. Per quanto riguarda i non cristiamo, ricordiamo che il Signore ha dato ad ogni uomo l’organo della sua coscienza che lo aiuta ad essere buono, a seguire la strada del bene e del giusto. Anche gli altri, dunque, hanno questa forza interiore. E il Signore completa quanto noi non possiamo dare. Quindi non c’è una condanna dei non cattolici, dei non cristiani, ma alla fine esiste una convergenza di tutti. Quindi non c’è un bene per un cattolico che sia un male per un musulmano. Alla fine il bene è sempre lo stesso: l’amore, il perdono, la giustizia. E anche se viviamo in contesti diversi, dobbiamo puntare a questa convergenza sotto la guida della nostra coscienza.
allora vi crucciate per poco