ECONOMIA ITALIANA
Datalogic, lo shopping americano spinge il fatturato verso i 500 milioni
ENRICO MIELE
Da un piccolo laboratorio di congegni elettronici, nato nella canonica di una chiesa bolognese nel 1972, a un colosso dell’hitech che vende lettori di codici a barre ai quattro angoli del globo. Datalogic, fiore all’occhiello dell’elettronica emiliana, archiviata la crisi, oggi ha ripreso a macinare profitti, chiudendo un annata record con 25,9 milioni di utili. E proseguendo in uno shopping in giro per il mondo che porta l’azienda, guidata dall’ad Mauro Sacchetto, ad acquisire un concorrente dopo l’altro. Se la sua storia assomiglia a quella dei pionieri del software della Silicon Valley, l’impatto dei prodotti Datalogic nella nostra vita quotidiana non è da meno rispetto alle App per smartphone delle aziende californiane. Dietro ogni oggetto, in fondo, si nasconde un codice a barre. Dalle etichette dei bagagli imbarcati in aeroporto ai prodotti alimentari che passano per le casse dei supermercati ai pacchi smistati negli uffici postali. I lettori Datalogic, messi a punto per la prima volta dall’ingegnere Romano Volta quarant’anni fa, permettono di identificare ogni sorta di prodotto, dandogli un nome e un destino. Una tecnologia che arriva anche sulle linee Fiat. E negli stabilimenti Pirelli dove gli pneumatici vengono movimentati, lungo la linea di produzione, grazie ai lettori di barcode messi a punto dalla ditta bolognese.
Il sapiente mix di export e ricerca industriale ha permesso a Datalogic, quotata a Piazza Affari dal 2001, di uscire (quasi) indenne dalla crisi. Dalla profonda riorganizzazione aziendale, messa in campo da Sacchetto, sono trascorsi meno di tre anni, ma al manager sono bastati per raggiungere nel 2011 il miglior risultato della storia dell’azienda: 425,5 milioni di ricavi dalle vendite (+8,3%) e 25,9 milioni di profitti (+44%). Per la gioia degli azionisti, a partire da Hydra, la holding della famiglia Volta che controlla il gruppo con il 66,9%.
Oggi il fondatore, 74 anni, pur mantenendo la presidenza della società, con la sua Hydra si è tuffato anche in altri settori: immobiliare e biotecnologie. Tra gli incarichi, Volta, ex presidente di Assindustria Bologna, oggi siede nel consiglio d’indirizzo della Fondazione Carisbo. Nel portafoglio della holding spicca Hydra Immobiliare, nata nel 2009 per gestire i "gioielli" di famiglia. Nel cuore del centro storico di Bologna spiccano Palazzo Hydra, ex abitazione del matematico Federigo Enriques, e il sontuoso palazzo Pizzardi, oggi sede del tribunale della città.
Il legame tra l’azienda e gli imprenditori della "Packaging Valley" di Bologna è da sempre molto stretto. A loro si deve il merito di aver chiesto al giovane Volta, negli anni Settanta, di progettare dei sensori ottici in grado di centrare con precisione il nome del marchio sulle confezioni dei prodotti. Da lì ai lettori di codici a barre il passo è stato breve. Oggi il gruppo esporta quasi tutta la sua produzione: «L’export è al 93% – prosegue l’ad – e abbiamo divisioni organizzate per i diversi settori dove siamo leader mondiali». Dal campo dei lettori per il mercato retail all’automazione industriale che vale un terzo del fatturato. Solo nell’ultimo anno gli investimenti in ricerca hanno superato i 26 milioni. L’azienda conta 2.600 dipendenti e un patrimonio di oltre mille brevetti ottenuti anche grazie ad aggressive politiche di acquisizione. Una "bulimia" industriale che ha permesso di allargare il perimetro del gruppo di anno in anno. Gli ultimi arrivi sono le due concorrenti americane AccuSort System, pagata 135 milioni di dollari, e Ppt Vision per altri 5,2 milioni. Due gioielli aggiunti al portafoglio aziendale che potrebbe sfondare il tetto dei 500 milioni di fatturato già nel 2012. Con l’obiettivo di aumentare l’espansione nell’area Brics e rafforzarsi in Usa e in Europa.
Eppure, non molti anni fa, la crisi ha bussato anche alle porte della Datalogic. Il 2009 è stato l’annus horribilis dell’azienda che subisce una brusca battuta d’arresto con un "rosso" di oltre 12 milioni. «Il peggior momento di sempre» racconta l’ad che quell’anno viene chiamato a risollevare il gruppo. Arrivato sotto le Due Torri, l’ex manager Pirelli intuisce che il ciclone della crisi sta per stravolgere il mercato. E rivolta l’azienda come un calzino in meno di un anno: «Tagliando i costi di esercizio di 25 milioni di euro e riorganizzando la produzione». A quel punto ogni euro risparmiato viene speso in ricerca e innovazione. Inaugurando un nuovo stabilimento in Vietnam «per stare vicini ai clienti asiatici, perché il segreto per vendere lì è essere un produttore locale». Superata la crisi, arriva la "svolta" del Paladozza, il tempio del basket bolognese. Teatro di scontri tra la Virtus e gli odiati "cugini" della Fortitudo. Nell’inverno 2009 la struttura ospita un inedito evento. Ad esser chiamati a raccolta, per una volta, non sono i tifosi delle due squadre avversarie ma i dipendenti Datalogic. In quell’occasione Sacchetto annuncia che l’azienda è pronta per ripartire: «La convention arrivò in un momento delicato, in dieci mesi avevamo fatto una riorganizzazione rapida ma molto pesante. Dal palco dissi che avevamo le basi per ricominciare e tornare in alto». Da quel momento Datalogic è tornata in vetta. Per restarci a lungo.