Qualcosa di molto grande, più devastante della crisi del 2008, accadrà in America entro i prossimi 180 giorni. A pensarla così è Michael Lombardi, salito alla ribalta nell’ultimo decennio per aver previsto i 5 maggiori eventi economici. Se dal 2002 ha invitato a entrare in acquisto con strategie di lungo periodo sull’oro, nel 2006 ha iniziato a consigliare di uscire dal mercato immobiliare. L’ultima previsione era stata quella di tornare a investire in azioni nel marzo 2009, ossia in prossimità dei minimi. Ora l’esperto mette in guardia partendo da un parallelismo con la crisi del 1929. “E’ impressionante la somiglianza che esiste tra il periodo 1934-1937 e quello 2008-2011″ sostiene l’economista nord-americano. Nel secolo scorso infatti il rally del mercato è iniziato nell’ottobre del 1934 e è durato fino all’agosto 1937, ossia si è esteso per 35 mesi. In questo arco temporale il Dow Jones Industrial Average si rivalutò del 106% prima di crollare nuovamente. Solo nel 1944, ossia 7 anni dopo, il paniere americano riuscì a recuperare. “Il rally del mercato orso, iniziato nel marzo 2009 è durato 32 mesi e finora ha portato il Dow Jones Industrials a progredire di circa il 100%”, evidenzia Lombardi ammonendo che “se l’attuale mercato orso segue lo stesso percorso di quello 1934/1937, allora mancano circa 3-6 mesi prima di una nuova fase ribassista successiva che dovrebbe portare alla violazione dei minimi del marzo 2009″.
A indirizzare Lombardi verso questa visione vi sono anche fattori macroeconomici. Su tutti il rallentamento dell’economia Usa, il tasso di disoccupazione americano che non scende, la produzione che cresce al peggior ritmo degli ultimi 12 anni e i consumi, che rappresentano circa il 70% del Pil statunitense, che si stanno prosciugando. Senza scordare che l’elevato numero di case pignorate sovrasta ancora il mercato immobiliare. “Gli Stati Uniti sono sul punto di ricadere in una recessione, la seconda gamba di quella iniziata con i mutui subprime” sostiene Lombardi facendo riferimento a uno scenario Double Dip pur ricordando che “questo non è il vero problema”. Il vero problema per l’economista è semmai che “gli Stati Uniti sono tecnicamente falliti”.
“Se lo guardiamo in modo conservativo e guardando solo le cifre ?ufficiali’ del Governo, entro la fine di questo decennio il debito nazionale Usa sarà di circa il 150% del PIL” argomenta l’esperto facendo rimembrando che è approssimativamente lo stesso livello toccato dopo la seconda guerra mondiale. “Ma dopo la guerra l’America era diventata una superpotenza, con un’enorme base manifatturiera e una valuta in grado di sostituire l’oro come moneta di riserva delle Banche centrali mondiali”. Cosa potrebbe portare ora a un nuovo boom economico gli Stati Uniti? “Niente”, taglia corto Lombardi nella sua analisi ricordando come la produzione ormai si è spostata in Messico, India o in Cina e che oltre 44 milioni di americani utilizzano una qualche forma di buoni pasto per vivere.
Per l’analista il vero problema viene dal mantenimento artificiale di tassi di interesse mai così bassi per così tanto tempo. A questo inoltre va aggiunto che la Fed ha mantenuto in vita l’economia americana negli ultimi due anni stampando una quantità straordinaria di dollari. Ora però “la Federal Reserve non può abbassare i tassi d’interesse sotto lo zero e l’inflazione rischia di soffocare l’economia”.
Come potrebbero muoversi gli investitori per non rimanere scottati dal verificarsi di uno scenario simile, specie se la svalutazione del dollaro dovesse accelerare? Per Lombardi la carta vincente sta nell’oro, con i prezzi del metallo prezioso che dovrebbero continuare a salire. “Quando guardiamo al prezzo odierno dei lingotti, in termini di inflazione regolata il valore dovrebbe essere di 2.250 dollari l’oncia per essere uguale al top del gennaio 1980 a 850 dollari l’oncia” argomenta l’esperto canadese che fissa l’asticella delle sue previsioni a 3.000 dollari nei prossimi 5 anni. Ma più che a prendere posizioni long sulla commodity, Lombardi sprona a considerare che ” i grandi vincitori del mercato rialzista dell’oro saranno le società che estraggono il metallo”.
Il vero problema per l’America è tuttavia legato all’inflazione. Secondo l’U.S. Bureau of Labor Statistics, l’indice dei prezzi al consumo sta crescendo del 3,9% annuo. “A questo punto ritengo che siamo vicini alla fine di un ciclo di lungo periodo per quel che riguarda i tassi di interesse” rimarca nuovamente Lombardi aggiungendo che “gli organi di politica monetaria saranno costretti ad alzare i saggi per combattere le pressioni inflattive appesantendo così in maniera drammatica il mercato immobiliare statunitense”.