Il commento del gip sull’indole di Vittorio Emanuele di Savo

sharnin

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Allo stesso modo, in un’altra occasione, in coincidenza con la pubblicazione su di un sito internet di notizie irriverenti nei confronti di membri della sua famiglia e del suo entourage, è sempre SAVOIA Vittorio Emanuele a ventilare, in almeno tre diverse occasioni, metodi violenti e cruenti di “soluzione del problema”, dicendo, testualmente, al suo interlocutore: “Io con un…con.. due revolverate…l’ho fatto già fuori…non c’è più” , facendo, altresì, esplicito riferimento alla sua consuetudine di portare sempre con se armi (“questa volta sono veramente armato! Ma… ho trovato il sistema….io lo porto vuoto… e ho la munizione in ufficio!”) …..No! Gli pianto due revolverate, però devo sparare basso, eh…perché è piccolo! Il nefasto nanerottolo”. Parimenti violenti ed espliciti sono i propositi di tortura coltivati dal SAVOIA nei riguardi degli incauti autori del medesimo sito internet: “guardi che io sono Sax - Coburgo, son tedesco, eh! Ho delle reminiscenze di...di...doppia e questa qui, di doppia S lì (SS), eh! Io li faccio parlare in trenta secondi!!! si ma , me le lasci fare a me (risata) Porto la mia lampada per saldare! lo mettiamo a brandelli, guardi, gli dò tanti...si, a pezzi lo rimango!!” ; propositi a fronte dei quali, l’interlocutore, nella specie DE LUCA Achille, componente di primo piano del sodalizio criminale di cui trattasi, senza scomporsi minimamente, ribatte allusivo : “eh.. infatti, quello che stiamo facendo è quello che regolarmente si deve fare prima di passare ad altre forme, quelle(...).”
Ancora, significativa dell’indole violenta e sanguinaria del SAVOIA è il contenuto delle conversazioni telefoniche, intercorse tra il SAVOIA ed un altro dei sodali di spicco del principe, BONAZZA Ugo, nelle quali, ancora una volta, il principe, senza scrupolo alcuno, prospetta il ricorso al potere intimidatorio delle minacce e della violenza, per intimorire e prevaricare persone che rappresentano per lui un problema, palesando l’intento di servirsi del sodale MIGLIARDI Rocco, soggetto con sicuri e radicati legami con ambienti della criminalità organizzata siciliana. In tale prospettiva, il SAVOIA concorda col BONAZZA l’intervento del MIGLIARDI, affinché costui dia la giusta punizione ai suoi “nemici”; il BONAZZA, da parte sua, annuisce ed assicura che provvederà a contattare quanto prima il MIGLIARDI per la bisogna: “cerchiamo, io adesso ho già visto e cercherò io adesso di di di farlo vedere a Rocco dopo di di andare a Napoli e vedere (...) la faccenda, perchè, perchè prenderanno, prenderanno la vecchia, la prendono la vecchia e faranno parlare chi è che ha, ha prestato il nome, capisce? (…) e per forza, andiamo li alla base, (...) ci penso io a fargli fare il tutto quanto.” In che cosa consista quel “tutto quanto” che il BONAZZA si impegna a far eseguire al MIGLIARDI, è chiarito nel successivo scambio di battute tra il SAVOIA ed il BONAZZA, allorquando questi riferisce al principe: “Rocco ha detto che non c'è problema (…) Ha detto, ha detto: "Chi offende il mio principe" - ha detto - "deve passare sotto le mie...le mie grinfie".
E’ indubbio che tali circostanze assumano sicuro rilievo, ai fini della ricorrenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p. lett. C).
Del pari, il ricorso ad una “scarica di mitra” è la soluzione che Vittorio Emanuele di SAVOIA prospetta per “sistemare” le autorità straniere (“quei merda dei Francesi”, le definisce il principe), che gli hanno imposto la demolizione di alcuni manufatti, realizzati nei pressi della sua residenza sull’isola di Cavallo.
 
Vittorio Emanuele/ Le intercettazioni: "Mazzette ai doganieri"
Lunedí 19.06.2006 09:15

Dal Corriere della Sera

MAZZETTE AI DOGANIERI

"L'attività investigativa, e in particolare il monitoraggio delle linee telefoniche in uso a Vittorio Emanuele e agli uomini del suo entourage — sottolinea il Gip — ha consentito di apprendere come il principe e i membri della sua famiglia, specificamente in occasione dei loro frequenti viaggi in Italia, si sottraggano sistematicamente ai controlli transfrontalieri, corrompendo — in modo assolutamente sistematico — gli addetti ai posti di frontiera, lautamente remunerati, affinché costoro "chiudano un occhio", in occasione dei controlli effettuati sul bagaglio trasportato al seguito". Il 3 novembre 2005 Vittorio Emanuele contatta un personaggio che chiama Pico.

Vittorio Emanuele: «Io sono a Milano, rientro oggi... è martedì... per giovedì volevo sapere se giovedì il nostro amico è alla frontiera... mi fa passare...».
Pico: «Non c'è problema! Io chiamo e lo chiedo quanto e poi ci...e poi la richiamo e glielo dico».
Si sentono dopo poco e concordano tempi e prezzo del «transito agevolato».
V.E.: «Poi le devo, quanto? Novecentomila? Mille, esatto. E... così facciamo i conti appena ci vediamo».
P.: «Quando arriva dopo... dopo... il Monte Bianco mi chiama così ci diamo appuntamento».
 

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