Val
Torniamo alla LIRA
Strónzo (Treccani): massa fecale solida.
Quello che ieri disse: se non ti inietti quella roba, muori.
Non solo: fai anche morire chi ti è accanto.
Strónzo (Treccani, ibidem), quello che oggi dice:
se abbiamo problemi è colpa loro, di quelli che non si sono iniettati quella roba.
Si schianta a terra uno dei tanti, il calciatore Ousmane Coulibaly: tre dosi di felicità cardiaca.
Treccani: massa fecale solida.
Correlazioni? Sì. Massa fecale solida. Cuore che trema e crolla.
Menzogna clinica, ceffoni sulla verità.
Ceffoni a cena, a casa, al bar, ovunque.
Palestra, discoteca, Olimpo.
Non ascoltarle, dice il buffone, quelle lingue tronche:
il disco rotto, le rette spezzate, la gommalacca che vi avvolge
e vi distoglie da quello che siete veramente.
Siete capelli e vento, canta il poeta.
Ma dite che il poeta è pazzo, giustamente.
Lo dite “voi che siete uomini, sotto il vento e le vele” (“Rimini”, De André).
Ebbene, abbiamo qui uno strónzo (Treccani: massa fecale solida),
però è il Nostro Strónzo, er mejo der bigoncio: e poi, li avete visti, gli altri?
Li abbiamo visti, sì.
Ma il biglietto l’avevamo pagato per intero, sperando che la scelta non fosse tra lo strónzo e gli altri strónzi,
magari meno acconci e meno presentabili, meno prestigiosissimi nonché graziosamente oracolari.
E’ che le supercazzole han fatto il loro tempo, non hanno retto di fronte agli schiaffoni:
che fioccano spietati, come se fosse antàni, senza misericordia per nessun diritto.
Fioccano a muso duro, rompendo il guscio delle convenzioni e dell’ipocrisia.
Scassano le vestigia di quel ch’è stato il Novecento,
diroccato nei tremila morti delle Torri, nei diecimila infermi di Ground Zero cucinati a fuoco lento dall’amianto.
Chi siete voi, reggenti?
Cosa volete, ancora?
Quale alchimia mefitica, dietro la vostra disgustosa macroeconomia?
E quali squallidi pagliacci si nascondono nel vostro bisogno di nascondervi?
Voi non vi vergognate, no.
Voi siete i player, siete gli storyteller.
Siete i sapienti delatori della lezioncina.
Incubatori pitagorici, soavi aspersori di sempre nuove religioni.
Sapete, avete l’aria di essere defunti, vagamente, come defunta – inconsapevolmente –
è la platea di quanti (per pigrizia, per greve consuetudine) vi stanno ancora ad aspettare,
sul litorale ripido dove la notte si concede le sue svenevoli licenze, ben consapevole dell’alba che verrà.
Il primo a dirlo, Enki: avanti, costruisciti la barca.
Verrà il diluvio, si salveranno solo quelli come te.
Degli altri non è il caso di parlare: di lor non ti curar, ma guarda e passa.
Quello che ieri disse: se non ti inietti quella roba, muori.
Non solo: fai anche morire chi ti è accanto.
Strónzo (Treccani, ibidem), quello che oggi dice:
se abbiamo problemi è colpa loro, di quelli che non si sono iniettati quella roba.
Si schianta a terra uno dei tanti, il calciatore Ousmane Coulibaly: tre dosi di felicità cardiaca.
Treccani: massa fecale solida.
Correlazioni? Sì. Massa fecale solida. Cuore che trema e crolla.
Menzogna clinica, ceffoni sulla verità.
Ceffoni a cena, a casa, al bar, ovunque.
Palestra, discoteca, Olimpo.
Non ascoltarle, dice il buffone, quelle lingue tronche:
il disco rotto, le rette spezzate, la gommalacca che vi avvolge
e vi distoglie da quello che siete veramente.
Siete capelli e vento, canta il poeta.
Ma dite che il poeta è pazzo, giustamente.
Lo dite “voi che siete uomini, sotto il vento e le vele” (“Rimini”, De André).
Ebbene, abbiamo qui uno strónzo (Treccani: massa fecale solida),
però è il Nostro Strónzo, er mejo der bigoncio: e poi, li avete visti, gli altri?
Li abbiamo visti, sì.
Ma il biglietto l’avevamo pagato per intero, sperando che la scelta non fosse tra lo strónzo e gli altri strónzi,
magari meno acconci e meno presentabili, meno prestigiosissimi nonché graziosamente oracolari.
E’ che le supercazzole han fatto il loro tempo, non hanno retto di fronte agli schiaffoni:
che fioccano spietati, come se fosse antàni, senza misericordia per nessun diritto.
Fioccano a muso duro, rompendo il guscio delle convenzioni e dell’ipocrisia.
Scassano le vestigia di quel ch’è stato il Novecento,
diroccato nei tremila morti delle Torri, nei diecimila infermi di Ground Zero cucinati a fuoco lento dall’amianto.
Chi siete voi, reggenti?
Cosa volete, ancora?
Quale alchimia mefitica, dietro la vostra disgustosa macroeconomia?
E quali squallidi pagliacci si nascondono nel vostro bisogno di nascondervi?
Voi non vi vergognate, no.
Voi siete i player, siete gli storyteller.
Siete i sapienti delatori della lezioncina.
Incubatori pitagorici, soavi aspersori di sempre nuove religioni.
Sapete, avete l’aria di essere defunti, vagamente, come defunta – inconsapevolmente –
è la platea di quanti (per pigrizia, per greve consuetudine) vi stanno ancora ad aspettare,
sul litorale ripido dove la notte si concede le sue svenevoli licenze, ben consapevole dell’alba che verrà.
Il primo a dirlo, Enki: avanti, costruisciti la barca.
Verrà il diluvio, si salveranno solo quelli come te.
Degli altri non è il caso di parlare: di lor non ti curar, ma guarda e passa.