CHI NON COMPRENDE IL TUO SILENZIO PROBABILMENTE NON CAPIRA' NEMMENO LE TUE PAROLE

Che brivido

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Povero di spirito e di ......


Sa un po’ di pallida imitazione di Emmanuel Macron,
che aveva giurato di impegnarsi a “rompere i cogl…” ai francesi non vaccinati, l’uscita di Pierpaolo Sileri.

Ieri, anche il sottosegretario alla Salute, come l’inquilino dell’Eliseo, ha battuto la strada delle teleminacce.

E, ospite a DiMartedì, ha dichiarato, rivolto ai no vax:


“Vi renderemo la vita difficile perché il non vaccinato e chi non rispetta le regole è pericoloso”.


Il riferimento, ovviamente, è alla giungla di norme vessatorie che s’è inventato il “governo dei migliori”:
dall’obbligo di puntura per gli over 50 (che, a quanto pare, non ha convinto molti degli irriducibili),
all’uso discriminatorio del green pass e del super green pass (ormai necessari pure per andarsi a comprare le sigarette e ritirare la pensione alle Poste).


Ma siamo proprio sicuri che, al di là dell’aberrante guerra civile che l’esecutivo sta scatenando,
pur di scaricare su un comodissimo capro espiatorio le proprie colpe,
la tesi di Sileri stia in piedi?



Proprio per niente.


E i motivi sono due.

1. Chi non è vaccinato non rappresenta un pericolo per la società, semmai per sé stesso:
ha molte più probabilità di ammalarsi gravemente di Covid.

Ma fino a prova contraria, lo Stato non ha il diritto di vietare ai cittadini di correre un rischio.

Si potrebbe obiettare: i no vax, poi, affollano gli ospedali e impediscono agli altri malati di curarsi.

Il discorso reggerebbe se, ad essere priva di anticorpi, fosse una fetta considerevole della popolazione: il 20, o magari il 30%.

Ma non sono pochi milioni di riottosi, privi della prima dose, a costituire la spina nel fianco del sistema sanitario,
tanto più che una parte di essi è stata anche già infettata e, quindi, gode di una qualche forma di immunità.

Tra l’altro, il paradosso è che, declinando piuttosto velocemente la protezione offerta dal vaccino,
il governo sta di fatto trattando alla stessa stregua dei no vax duri e puri
altresì i cittadini che hanno ricevuto due dosi, ma da oltre quattro mesi.

Compresi i ragazzini dai 12 anni in su, che senza booster, in caso di mini focolaio in classe, possono essere spediti in Dad.


O siamo di fronte a un delirio inaccettabile, o ad entrare in ospedale – come peraltro confermano i dati Iss –

non sono soltanto i non vaccinati, ma pure i vaccinatissimi, “traditi” dagli anticorpi calanti.


E poi, non sarà mica che i nosocomi vanno in difficoltà perché, dopo anni di tagli,
mancano medici e infermieri e quelli che ci sono, quando non sono stati sospesi in quanto “pericolosi” no vax,
finiscono in quarantena a causa della burocrazia targata Roberto Speranza?



2. A diffondere il virus, ormai lo hanno capito persino le pietre, non sono i non vaccinati.

Anzi, il contributo principale lo stanno offrendo, per vari motivi, proprio i vaccinati.


In primo luogo, perché sono la stragrande maggioranza
e, con varianti che ormai da mesi bucano lo scudo del farmaco,
è logico che siano loro i vettori del Sars-Cov-2.


In secondo luogo, perché alcuni di loro, specialmente prima dell’ultima ondata,
avevano decisamente abbassato la guardia, a causa di una comunicazione colpevolmente propagandistica,
che li aveva convinti di poter tornare alla normalità dopo le iniezioni.

Sarebbe anche possibile, finendola con la psicosi da bollettino dei contagi;
ma se la chimera che, nonostante tutto, ci ostiniamo a inseguire, è il Covid zero,
allora come mai siamo arrivati a proclamare, urbi et orbi, che “tra vaccinati ci toglieremo le mascherine”?


Qualcuno voleva fare pubblicità alla presunta panacea e il metodo gli si è ritorto contro?


Che siano proprio gli inoculati i veri “untori”, d’altronde, non lo sostiene mica il sito di Nicola Porro.


Lo confermano vari esperti, come Andrea Crisanti e addirittura la professoressa Anna Teresa Palamara,
direttore di Malattie infettive all’Iss, la quale, sentita dal Tg5, ha spiegato:


“La variante sta colpendo soprattutto persone vaccinate e soprattutto persone vaccinate con la terza dose”.


Ad esempio, il televirologo Massimo Galli, contagiato in un conviviale con tutti trivaccinati.
Il prof se l’è vista pure brutta ed è stato curato con i monoclonali.


Insomma, quella di Sileri è stata una sparata sgradevole sul piano politico

e sgangherata dal punto di vista medico.


Alla faccia del governo che “segue la scienza”.
 
Fantastica uscita....preludio del futuro ?
Sasso lanciato....manina nascosta.



“A garanzia del debito del Paese ci sono i risparmi degli italiani”.

Questa è la frase che non avremmo mai voluto sentire.

La pronuncia Clemente Mastella nella trasmissione Quarta Repubblica Speciale elezioni a cui ho partecipato ieri sera su Rete4.


Io parlo del Debito Pubblico, della dipendenza che il Paese vive in questa direzione rispetto all’Europa e non solo.

Parlo dell’urgenza e dell’emergenza di evitare che il Paese dia segno d’incertezza, anche nell’elezione del Presidente della Repubblica.

Dico che l’incertezza non aiuta i mercati che potrebbero far sentire la propria voce.



E lui risponde? Guardate il video…





Ci auguriamo che non tutti i politici la pensino allo stesso modo.

Tuttavia ogni tanto qualcuno riprende l’argomento,
come se la patrimoniale sui risparmi degli italiani fosse un progetto latente prima o poi da applicare.


Sta di fatto che frasi come queste creano fratture ancora più importanti
tra i risparmiatori e le istituzioni che dovrebbero rappresentarli invece che vessarli.


Non dimentichiamo che l’articolo n.47 della costituzione italiana cita testualmente:

“La repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme;
disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito.
Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione,
alla proprietà diretta coltivatrice e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del paese”.



Basterebbe aver seguito queste poche righe in maniera pedissequa
perchè l’Italia sarebbe potuta diventare uno dei paesi economicamente più forti al mondo.

Ed invece pensare che la garanzia del debito pubblico possa essere rappresentata
dal sacrificio fatto da tante persone diventa una vera e propria picconata su quel po’ di fiducia che è rimasta nel paese.
 
Buondì ragazzi.
Scusate l'assenza ma qualche volta tutto non gira per il verso giusto.

Si riprende.

Ecco qui altri poveretti. Messi male male.


Neanche i sette nani di Biancaneve vanno bene.

Così salta tutto.

Stravolgere le favole, cambiandone i connotati della tradizione,
più che un vezzo sta diventando un diktat fuori controllo.

Ma anche un capriccio arbitrario.

La Disney ha deciso di trasformarli, dopo l’ennesima polemica sulla trasposizione in live action del capolavoro:
ossia un film interpretato da persone in carne e ossa.

Sono fioccate le polemiche più disparate non appena la Disney ha dato l’annuncio:

prima la “cancellazione” del principe azzurro,

trasformato in un ladruncolo che conosce Biancaneve durante una rapina.

Poi la trasformazione della protagonista in una donna che si autodetermina,
senza “aiutini” principeschi, baci “rubati” e risvegli magici.

Ora polemica sui sette nani.


L’ha tirata fuori Peter Dinklage, il nano de Il trono di spade.

L'attore si è scagliato senza mezzi termini contro la Disney:
«Che cosa ca**o state facendo?».

Il suo ragionamento è il seguente: la Disney sarebbe inclusiva e progressista a corrente alternata.

Ne farebbero le spese i nani.

«Sono rimasto spiazzato nell’apprendere che la major fosse molto orgogliosa di aver scelto,
per il ruolo della protagonista Biancaneve, un’attrice latina (Rachel Zegler);
per poi continuare a raccontare la storia dei sette nani. Non ha senso per me!
Sei progressista per un verso ma poi continui a portare avanti questa storia:
fottutamente retrograda, di sette nani che vivono nelle caverne?”.

Un’uscita francamente bizzarra da parte dell’attore.

“Intendiamoci: amo l’attrice protagonista, ha il mio massimo rispetto;
così come le persone che pensano di star facendo la cosa giusta.
Ma mi limito a chiedere: esattamente, cosa state facendo?
Fermatevi, fate un passo indietro e riflettete».


A suo avviso se si racconta la storia di Biancaneve in maniera progressista,
allora bisognerebbe essere coerenti in tutto.

Anche lato sette nani, insomma.

Stravolgerla del tutto.


Che cosa c’è di offensivo e di retrogado in sette nani ingenuotti e teneroni?

Che di notte vivono in una sorta di comune; e di giorno vanno a lavorare in miniera al grido di «Andiam, andiam, andiamo a lavorare».


Bizzarro che nella saga del Trono di spade proprio il suo personaggio prendesse le peggiori irrisioni, addirittura odiato dalla madre.
Strano che proprio con Biancaneve l’attore senta questo imperativo categorico di bocciare la favola vera per trasformarla in qualcos’altro.


La risposta della Disney è forse più sconcertante delle rimostranze dell’attore.

Attraverso una dichiarazione rilasciata a The Hollywood Reporter,
la celebre casa cinematografica ha affermato che il nuovo film intende adottare
“un approccio diverso con questi sette personaggi”;
per “evitare di rafforzare gli stereotipi del film d’animazione originale”.

La società ha aggiunto che “si sono consultati con i membri della comunità interessata dal nanismo”
durante il “lungo periodo di sviluppo del film”.

Hanno concluso dicendo che ulteriori informazioni saranno condivise all’inizio della produzione della pellicola.


Insomma, la Disney ha accolto l’obiezione dell’attore .

«Non vediamo l’ora di poter condividere le novità una volta che il film entrerà in produzione»,
ha aggiunto la casa di produzione.

Come si sa le riprese sono infatti fissate per quest’ estate.

L’obiettivo di questa rivisitazione sarà proprio quello di
«evitare di rafforzare gli stereotipi dell’originale film animato».

A questo punto logica vorrebbe che il film cambiasse il suo titolo,
visto che con la favola originale non centra più nulla.


Ma in un clima avvelenato in cui bisogna tutto cancellare, tutto riscrivere,
a molti piacerà ugualmente andare a vedere una storia che di Biancaneve e i sette nani,
non ha più ne lo spirito dell’una né gli altri.


Chissà come la Disney ripenserà i sette nani.

Se li farà più alti, più bellocci, chissà.


Senza valutare che far finta che i nani non esistano è un’offesa forse peggiore
che lasciarli nella loro veste tradizionale.


La figura del nano è una figura leggendaria che fa parte di millenni di tradizioni nordiche.

Figura ricca di significati simbolici, evocazione di un mondo magico e avventuroso;
portatore di valori quali amicizia, coraggio solidarietà.

Tolkien nei suoi romanzi riserva loro un ruolo di spessore e positivo.


Come da tradizione.
 
Chi ha un minimo di apertura mentale

e non ha bisogno di difendere contro ogni logica lo status quo per qualche interesse strumentale,

non può non vedere come la Repubblica parlamentare italiana

si trascini ormai stancamente con delle ritualità piuttosto arcaiche.


Se poi, all’usura delle Istituzioni,

aggiungiamo la mancanza di spessore del ceto politico,

ecco che tutto si incarta in maniera spaventosa.


Se anche oggi non dovesse sbloccarsi l’impasse dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica,

la settimana che sta per concludersi, caratterizzata da fumate nere e schede bianche,

rimarrà nella Storia come un esempio di pessima politica.


Sui Cinque Stelle stendiamo un velo pietoso.

Del resto, i “ragazzi meravigliosi” di Beppe Grillo
hanno sempre capito di politica come un eschimese
può capire di afa e aria condizionata.

Il Partito Democratico, a cominciare dal proprio leader Enrico Letta,
si è rivelato ipocrita per l’ennesima volta,
(i candidati di parte vanno bene solo se di sinistra),
e abbondantemente tracotante,
(qualsiasi personalità proposta dal centrodestra deve essere respinta, quand’anche fosse Gandhi).


Ma un po’ tutti hanno dimostrato di avere poche di quelle capacità di negoziazione
che contrassegnavano, per esempio, molti leader della cosiddetta Prima Repubblica.

In passato, l’architettura istituzionale era la medesima di oggi,
ma allora c’era almeno una classe dirigente più preparata e meno ingenua.

Oggi, il livello generale del panorama politico si è abbassato
e ciò è persino una ragione in più per insistere su una riforma della Repubblica italiana in senso presidenziale
o, almeno, semipresidenziale alla francese.

Un cambiamento profondo che, oltre a migliorare il funzionamento quotidiano della democrazia, responsabilizzi una politica immatura.


L’unica consapevole di questa necessità,
peraltro già avvertita più di trent’anni fa dalla lungimiranza
del Partito Liberale italiano, di Bettino Craxi, di Marco Pannella,
è Giorgia Meloni, la quale ha auspicato che la prossima elezione del Capo dello Stato possa essere diretta e popolare.
 
Avanti popolo.


La gelateria Baroncini in via Celso a Firenze si oppone al Green pass e diventa subito un caso.

I soci titolari, Daniela Baroncini e Marco Ruocco,
chiedono solo ai clienti il “rispetto delle norme vigenti per l’ingresso con la mascherina e il distanziamento e collaborazione”.

Spiegano che la mancata richiesta di controllo del certificato verde
è nel rispetto delle leggi sul rispetto della norma sulla privacy,
e anche perché il locale non esercita attività di ristorazione.


Marco Ruocco dice:

“Noi non vogliamo discriminare nessuno.
Sia chiaro, sono vaccinato con ciclo completo, ho scelto di farlo, qui lo siamo tutti.
Non ho nulla contro i vaccini, non sono un No Vax e non voglio passare da tale.
Ho sempre rispettato le normative.
Ma siamo arrivati a un punto in cui le persone non sono libere di scegliere e sono discriminate”.


Come racconta Repubblica,
“la storica Gelateria Baroncini, nata nel 1946,
ha conservato l’aspetto di una latteria d’altri tempi,
con specchi, banchi e rifiniture in marmo verde chiaro.
È un locale molto frequentato.
Dentro c’è un’intera famiglia, mamma papà e quattro bambini,
che è arrivata dall’Isolotto per supportare l’iniziativa della gelateria.

Mentre il titolare parla con noi, la cliente gli fa i complimenti e aggiunge:

‘Sono un’insegnante di matematica e scienze.
Dal 15 dicembre scorso, quando è entrato in vigore l’obbligo vaccinale per il personale scolastico,
ho rinunciato a insegnare – racconta la cliente, che aggiunge di aver fatto, fino ad allora,
la maestra in un istituto comprensivo all’Isolotto-.

Sono laureata in biologia, io e la mia famiglia abbiamo avuto di recente il Covid, ci siamo curati in casa.

Anche la nonna, che era vaccinata, si è ammalata con noi, ora sta bene.

Farò un altro lavoro, dopo 17 anni di insegnamento, non ci sto a queste regole'”.



Dal 20 gennaio nella gelateria c’è un viavai di clienti,
vecchi e nuovi, che appoggiano la scelta di Marco Ruocco,
che già è incappato nella prima sanzione per non aver controllato il Green Pass delle persone presenti nel locale.

‘Ieri mattina, due giorni dopo l’affissione del cartello, che sta facendo il giro dei social,
sono entrati due agenti della polizia municipale in borghese e mi hanno fatto una multa da 400 euro.
La contesterò.
Continueremo ad andare avanti per la nostra strada.
E anche se dovessero chiuderci, grazie ai nostri legali alla fine riapriremo.
Resto convinto della scelta fatta – dice-.
Sto ricevendo parecchi attestati di stima e ieri sono venuti a comprare il gelato qui per solidarietà'”.

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“Entra una coppia, un uomo e una donna, ordinano una cioccolata calda
e un cappuccino e prima di accomodarsi l’uomo, che dopo si presenta come dipendente pubblico
e indica in sua moglie un’insegnante, anche lei, come la donna che è uscita poco prima,
laureata in biologia, esordisce ad alta voce:

‘Innanzitutto complimenti per il coraggio in questo momento allucinante.

Ho letto con piacere che un pochino ci si ribella alla follia’”.
 
La Svezia dice no al vaccino per i bambini:
con una decisione che ha subito fatto il giro del mondo,
il ministero della Salute ha infatti annunciato
di non approvare la somministrazione alla fascia della popolazione tra i 5 e gli 11 anni,
preoccupato dal fatto che rischi possano superare i benefici.


Una scelta in linea con i tanti allarmi lanciati dagli esperti in questi mesi
e puntualmente ignorati, invece, dal governo italiano,
che ha deciso di aprire comunque all’inoculazione per i più giovani.


“Sulla base delle conoscenze che abbiamo oggi, il rischio di malattie gravi nei bambini è molto basso.
Per questo non vediamo quali siano i benefici di un’eventuale vaccinazione”


ha spiegato il funzionario dell’Agenzia della Salute Britta Bjorkholm
in una conferenza stampa tenuta per mostrare i risultati delle valutazioni scientifiche raccolte.

La decisione, secondo l’esecutivo svedese, potrebbe essere “rivista” in caso dovessero essere sviluppati nuovi vaccini.


Stando a quanto riportato dall’agenzia Reuters,
i bambini considerati “a rischio”, quelli cioè affetti da patologie gravi,
potranno comunque essere sottoposti alla vaccinazione, con il consenso delle famiglie.

Nelle ultime ore la Svezia ha registrato complessivamente oltre 40 mila nuovi casi di Covid,
anche se il governo ha rassicurato i cittadini spiegando come le strutture ospedaliere stiano reggendo la pressione,
al contrario di quanto accaduto all’inizio della pandemia.


Oltre a escludere la vaccinazione per i più piccoli,
l’esecutivo svedese sta ragionando anche sull’abolizione delle ultime misure restrittive rimaste in vigore nel Paese.

Fino al 9 febbraio i locali continueranno infatti a dover rispettare degli orari di apertura limitati
e con un tetto massimo di presenze all’interno.

A partire dalle prossime settimane potrebbero però essere rimossi anche questi ultimi paletti.
 
Chi pagherà per queste tragedie ? I fanfaroni forse ?


Morta per le complicazioni “legate a un’infezione polmonare derivante dal Covid”
al Policlinico Umberto I di Roma, a soli 29 anni.

Una tragedia che ha distrutto una famiglia,
quella che ha visto perdere la vita Adriana Tanoni, madre di due bambini.

E sulla quale ora la famiglia della ragazza e il compagno Donavan vogliono vedere chiaro,
scossi dal terribile sospetto che alla base di questo dramma
possano esserci il disinteresse verso lo stato di gravidanza avanzata della giovane
e le sue condizioni di “infetta non vaccinata”.

Attraverso il loro legale, hanno così presentato una denuncia, ipotizzando il reato di omicidio colposo.


Alle pagine della Verità, l’avvocato Sebastiano Russo ha spiegato la decisione della famiglia:

“Il sospetto è che quando Adriana arrivò all’Umberto I, la sera del 7 gennaio 2022,
la situazione a livello polmonare fosse già pesantemente compromessa
in seguito a gravi carenze nell’assistenza sanitaria, anche al rifiuto di assisterla.
La giovane poteva essere salvata, vogliamo vedere le cartelle cliniche
ma già tanti elementi ci fanno capire che forse è stata abbandonata al proprio destino”.


Il dubbio, atroce, è che ad Adriana siano state negate le cure perché non vaccinata.


Secondo il penalista che rappresenta la famiglia della ragazza scomparsa,
Adriana sarebbe stata lasciata in attesa per ore e ore, in pieno inverno,
nonostante fosse all’ottavo mese di gravidanza, con la febbre e delle forti difficoltà respiratorie.


Come ricostruito da La Verità, la giovane viveva ad Aprilia insieme al compagno Donavan accanto alla casa dei genitori.
Al terzo mese di gravidanza, felicissima per l’arrivo del secondo figlio,
la ginecologa le aveva consigliato di non vaccinarsi per evitare complicazioni.

Tutto era andato per il meglio fino a Natale,
quando la ragazza aveva iniziato ad accusare tosse, raffreddore e febbre, scoprendo di essere positiva al Covid.


Il 3 gennaio, visto il peggioramento delle condizioni di salute,
Adriana si era recata al Gemelli di Roma,
dove le avevano detto che avrebbe dovuto attendere molto per l’assenza di personale.

Così, insieme al compagno, si era spostata all’Umberto I, senza ricevere anche qui assistenza.

Il giorno dopo era stata trasportata all’ospedale dei Castelli, fuori la capitale, senza però essere accettata.



“Perché non vaccinata” è la denuncia dei genitori.


Da lì la giovane era finita poi al Santa Maria Goletti di Latina,
dove le era stata diagnosticata una “polmonite bilaterale interstiziale in stato ormai avanzato”.

Poi la nuova corsa all’Umberto I, dove Adriana aveva dato alla luce in maniera prematura il secondogenito, Noah.


La donna sarebbe morta pochi giorni dopo senza mai poterlo vedere.
 
Un’accusa terribile, che lo ha rovinato e gli distrutto la carriera.

Nonostante lui, in realtà, fosse completamente innocente.

La vita di Massimiliano Prosperi è cambiata per sempre il 5 marzo del 2015:
all’epoca imprenditore di successo, che lavorava anche per volti noti dello spettacolo,
l’uomo si era visto infatti suonare alla porta le forze dell’ordine.

Immobilizzato, portato in carcere in quanto presunto mandante dell’omicidio di Sesto Corvini,
quartiere residenziale di Casalpalocco dove un 74enne era stato ucciso a colpi di pistola.

Tutto falso, ma il corso della giustizia sarebbe stato lungo, lunghissimo.


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Prosperi si era dichiarato da subito innocente, ma nel frattempo era iniziato il suo calvario.

In totale 132 giorni trascorsi in cella, con i guai che erano poi proseguiti una volta fuori da Regina Coeli.

Il giudice di primo grado lo aveva infatti condannato a 30 anni di carcere sulla base della testimonianza di un pentito,
Giancarlo Orsini, che aveva puntato il dito contro Prosperi.

Accuse poi crollate nei successivi gradi di giudizio, ma il suo percorso non era purtroppo ancora finito.


Soltanto nel giugno 2018 era infatti arrivata la sentenza definitiva della Cassazione, che aveva riconosciuto l’innocente di Prosperi.

La fine di un incubo lunghissimo, che era proseguito anche dopo l’assoluzione:
intorno a lui, infatti, l’aria si era fatta irrespirabile.


Distrutto, l’uomo nel frattempo aveva chiesto un risarcimento allo Stato, responsabile del suo calvario.

La sentenza della Corte d’Appello si era però rivelata l’ennesima beffa:

poco meno di 40 mila euro per tutte le ingiustizie subite. Per giunta, mai pagati.


Una storia terribile arrivata fino a oggi:

“Il mio assistito chiede aiuto per porre fine alla sua disperazione
dovuta al fatto che lo Stato l’ha punito ingiustamente due volte.
Prima arrestandolo preventivamente per 6 mesi,
poi condannandolo ingiustamente a 30 anni di reclusione.
E, per giunta, oggi, il ministero dell’Economia e delle Finanze
non esegue la decisione della Corte di Appello di Roma,
che ha liquidato, in favore di Prosperi, la somma di 40.000 euro
a titolo di equo indennizzo per ingiusta detenzione in data 9 marzo 2021.
Purtroppo siamo stati ignorati, nonostante i numerosi solleciti,
ma non ci arrenderemo e, se costretti, pignoreremo la scrivania del ministro”.
 
Era il 25 maggio dello scorso anno.

Era il tempo in cui, attorno alla vaccinazione,
avevamo costruito una mistica della libertà e della ripartenza,
a costo di una certa leggerezza e di una sostanziale sottovalutazione dei rischi
connessi a somministrazioni “allegre”, rifilate anche ai più giovani.

Era il periodo in cui le Regioni, sostanzialmente incoraggiate o almeno tollerate dalle strutture centrali, organizzavano i famigerati “Open day”.


Camilla Canepa, diciottenne di Sestri Levante (Genova),
quel giorno di primavera si era recata proprio in uno degli hub aperti a tutti, per ricevere il farmaco Astrazeneca.


È un’iniziativa che le costa la vita.


Il 3 giugno, la ragazza si presenta in ospedale, a Lavagna, per un forte mal di testa con fotosensibilità.

Le viene fatta una tac senza contrasto
(mentre le prime linee guida per individuare le trombosi post vaccino ne richiedono l’impiego);
il giorno dopo viene dimessa.

Il 5 giugno, essendosi aggravata, torna in corsia, ma ormai è troppo tardi:
nonostante il trasferimento al San Martino di Genova,
una trombosi al seno cavernoso, cinque giorni dopo, spegne per sempre il suo sorriso.


Alcuni mesi fa, i periti dei pm che coordinano le indagini sulla tragedia,

hanno messo nero su bianco che Camilla è morta

a causa di un effetto collaterale provocato dal vaccino anglosvedese

e che non assumeva altri farmaci né soffriva di patologie pregresse.


Adesso, però, all’inchiesta si aggiunge un dettaglio inquietante.


I dottori che hanno curato la ragazza, infatti,
sentiti dal magistrato come persone informate sui fatti,
hanno confermato una testimonianza che già i genitori della Canepa avevano rilasciato nelle sedi competenti.

Secondo questi ultimi, al momento del primo ricovero,
la figlia aveva informato i medici di essere stata da poco inoculata con Astrazeneca.

Allora, era già noto che quel medicinale potesse provocare gravi effetti avversi,
tanto che, in seguito ad alcuni decessi sospetti e a un allarme lanciato dalla Germania,
il vaccino era stato sospeso per alcuni giorni, il 16 marzo, anche dal ministro Roberto Speranza


Due settimane dopo, Berlino aveva disposto un ulteriore stop,
essendo state registrate cinque morti correlabili all’iniezione.

Insomma, i sanitari avrebbero potuto e forse dovuto considerare
la puntura anti Covid come un fattore di rischio, vista anche la giovane età della paziente:
Astrazeneca, ad aprile, era stato “raccomandato” ai soli ultrasessantenni,
benché non ne fosse stata vietata la somministrazione agli under 60.

Ecco perché gli Open day…

In più, appunto, esistevano già delle indicazioni sui metodi diagnostici
per individuare trombosi e trombocitopenia postvaccino.


Qualcosa, allora, non ha funzionato?



Per capirlo, torniamo a quel 3 giugno 2021:
stando a quanto affermano i genitori e a quanto adesso ammettono i medici di Lavagna,
Camilla rivela a chi la sta assistendo di essersi vaccinata.

E in un messaggio inviato a un amico è lei stessa a raccontare
che è finita in ospedale per problemi legati all’inoculazione.

Eppure, nella cartella clinica non c’è traccia di questo particolare.

I medici non scrivono che la diciottenne ha ricevuto Vaxzevria.

Niente di niente: come se non ne fossero stati al corrente.


Lo ripetiamo: sulla cartella clinica non compare quell’informazione,

nonostante i dottori, per loro stessa ammissione, fossero consapevoli che la Canepa si era vaccinata con il preparato anglosvedese,

nonostante ci fossero già numerosi campanelli di allarme sui rischi connessi ad Astrazeneca e

nonostante fossero state predisposte linee guida sull’individuazione degli effetti collaterali gravi del farmaco.




Qualcuno non ha fatto fino in fondo il suo dovere?

E perché?

Camilla si poteva salvare?

Lo stabiliranno le toghe.

Ma delle responsabilità politiche di quella morte, forse, si doveva già parlare da un pezzo:
per quale motivo i nostri ragazzi, che dal Covid rischiano quasi zero,
sono stati indotti a correre negli hub, senza adeguate valutazioni sui rischi che correvano?

Perché si è raccontato loro che bastava una punturina per riconquistare la libertà
e la spensieratezza perdute – il che, tra l’altro, non è avvenuto?

Perché sono stati organizzati addirittura degli Open day con un vaccino che era consigliato agli over 60?


Insomma, chi ha sulla coscienza il sorriso dolce di Camilla?
 

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