IL DETTO "DALLA PADELLA ALLA BRACE" VERRA' SOSTITUITO CON: "DAL 2021 AL 2022"

Alcuni media ci rivelano l’ultima stranezza , veramente assurda, legata al caso David Rossi:


le email con cui annunciava la sua intenzione di suicidarsi,

datate apparentemente quattro marzo 2013,

sono in realtà state create il giorno sette marzo,

cioè in il giorno dopo la morte del manager del Monte dei Paschi di Siena.



Morto dopo essere precipitato dal proprio ufficio ed essersi schiantato sul selciato sottostante.

Praticamente l’email in cui annuncia il suicidio è stata creata il giorno sette marzo,
ma l’invio al direttore Fabrizio Viola, con tanto di oggetto “Questa sera mi suicido, aiutatemi!!!!”
é stata fatta apparire avvenuta il quattro marzo.

La Polizia Postale non riesce a trovare una logica spiegazione a questo fatto, inspiegabile,
senza pensare a una falsificazione o al viaggio ne tempo.


Però la cosa non è finita qui.

La relazione della Polizia Postale che rileva questa anomalia risale al 2020,
ma non è stato reso noto sino a ora.


E questo è il vero scandalo, perché:

  • Nel 2013 nessuno fra gli inquirenti ha pensato a fare una perizia ulteriore sulle email inviate dal computer di David Rossi e su quelli di chi le aveva ricevute?

  • la procura di Genova voleva chiudere l’indagine su quella di Siena con una archiviazione.
  • Come si può chiudere un’indagine con un problema di questo genere?
Naturalmente tutte queste stranezze sono normalissime nella Siena del Monte Paschi.

Ormai siamo a livello di “47 morto che parla”, o morto che invia le email.


Però va tutto benissimo, e nessuno pagherà per questi "pasticci".

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La demenzialità non ha confini.
L'ignoranza pure. La voglia "di stare a galla" dei politici, tanta.

Io rifletto. Se Djokovic è arrivato in Australia il 5 gennaio
ed oggi -dopo 10 giorni - non è positivo, cosa significa ?

Che il virus non ce l'ha.


Novak Djokovic si consegnerà domattina alle 8 alle autorità australiane,
non andrà in galera ma in detenzione in attesa del processo finale che si terrà domenica.

Infatti mentre si stava allenando è arrivato il verdetto del Ministro:

visto ritirato, dobbiamo pensare alla sicurezza, alla salute, lo stato mostra i muscoli eccetera.


Adesso ci sarà un altro ricorso sul quale si pronuncerà un tribunale federale,
e così i giornalisti per un altro paio di giorni si potranno produrre in un classico del repertorio
lamentando con aria serissima che “si parla troppo di Djokovic speriamo di tornare al tennis”.

La categoria non fa lotta di classe, effetto Buster Keaton assicurato.


Infatti il ministro australiano per l’immigrazione ha deciso oggi
che Novak si doveva togliere di mezzo, per il bene del Paese ovviamente,
dice che alimenterebbe il sentimento novax in buona sostanza.

Lo ha fatto in serata, così col weekend di mezzo la decisione sarebbe stata inappellabile.

Invece c’è stata subito una nuova udienza dal giudice Kelly,
con gli avvocati di Novak che hanno detto che sabato avrebbero presentato nuovo ricorso
con decisione finale da prendere di domenica, “every minute is precious” hanno detto.


Quindi far aprire i tribunali sabato e domenica, immaginate una cosa del genere in Italia.


“Giudice guardi che c’è da tornare in aula perché il ministro ha cancellato il visto, adesso, con urgenza”.
“Che? Ma io sto già al ristorante, a me piace Federer e poi domenica ho il paddle alla Canottieri”.


Rublev comunque è rammaricato, così come i giornalisti.

Tocca capirli, visto che per scrivere sono costretti a fare qualche ricerca in più su internet,
leggere qualcosa in più del solito, magari in inglese,
documentarsi ad esempio sulle policy di frontiera, santo cielo,
altro che scrivere che Murray ha battuto Opelka al terzo set.


Devono fare i giornalisti insomma, prima di criticare vorremmo vedere voi, costretti a lavorare.


Questo è il pensiero dominante anche dei fan, che vogliono parlare di tennis.

Ma di tennis si parla e se ne scrive sempre in egual maniera,
solo che essendo il numero uno del mondo impegnato a rovinare definitivamente la sua immagine sui media occidentali,
non dovrebbe essere difficile nemmeno per loro comprendere che la vicenda va seguita.

In Australia e altrove se ne stanno occupando persone abituate ad andare oltre i risultati di cui sopra.


Ma è così, nel tennis come nelle altre cose:

è più comodo mettere la testa sotto la sabbia e non sforzarsi di analizzare e comprendere.


Anche noi amiamo parlare di tennis, ma non riusciamo a scindere l’uomo del campo dall’uomo fuori dal campo.

E questo perché al giorno d’oggi, durante la pandemia, gli sportivi sono chiamati a rispettare le regole come tutti.

Questa ci pare di aver capito sia l’imputazione principale in carico a Djokovic,
anche per Stefanos Tsitsipas, uno che fino a due mesi fa era sulle stesse posizioni di Djokovic, pensate un po'.

E parliamo anche noi di Djokovic, con la premessa che abbiamo un distacco pressoché totale dalla vicenda.
La stiamo seguendo, ma se gioca o non gioca il torneo ci cambia nulla.


L’Australia ha le sue leggi, in quell’hotel ci si arriva da ricchi o da poveri.

Il ricco ha possibilità di far valere lo stato di diritto, sapete la separazione dei poteri, no?

Infatti il giudice, trovatosi di fronte lo scempio compiuto dalla polizia di frontiera,
altro non poteva fare che rendere Djokovic libero in Australia.

Stato di diritto.

Ci fosse stato un profugo povero al posto di Djokovic,
manco ve lo diciamo cosa sarebbe successo,
semplicemente non ci sarebbe stato il profugo povero al posto di Djokovic.

Sulle cose contestabili a Novak diciamo che per quello che ha fatto in Serbia da positivo
(ammesso lo sia mai stato, altro punto oggetto di domanda)
ne dovrà dare conto in Serbia, di certo non in Australia.

La colpa di non aver dichiarato di essere stato in Spagna prima che in Australia è sua
o dell’impiegato che ha compilato in sua vece il documento?

Intanto l'Australia non ha ancora finito di decidere,
più che altro non vorrà avere casini durante le due settimane del torneo.


Peccato, perché dal punto di vista tennistico sarebbe interessante a sto punto
vederlo in campo, per quanto sia diventato improbabile.

Come sarebbe stata la reazione del pubblico?

E soprattutto, quale sarebbe stata la sua?

Sarebbe riuscito ad esaltarsi dopo queste due settimane di calvario giudiziario?

A trovare da qualche parte (magari abbracciando un platano o qualche albero che cresce da quelle parti)
la forza interiore per distaccarsi da tutto e concentrarsi solo su pallina e campo?


Sembra che non lo sapremo mai, possiamo solo ricordare che in fondo
è stato l’uomo capace di battere Federer al quinto set a Wimbledon annullando due matchpoint.


Detto ciò, se siete arrivati alla fine di questo missile, al netto dei sofismi degli scienziati politici
(colleghi di Galli della Loggia e Cacciari ricordiamo, quindi pesatele sempre le loro parole),
se a noi dicessero "guarda che senza vaccino non entri in palestra, al circolo tennis e al ristorante"
ordineremmo subito una 0.40 di Moderna. O in alternativa ci spareremmo.


Ah in tutto ciò è tonitruante la posizione dell’ATP sulla vicenda.

Ah ma fuori c’è il sole.

Vabbè, con calma.
 
Ci hanno fatto una capa tanta in questi ultimi due anni.

“Bisogna mettere da parte l’individualismo egoistico generato dalla mentalità capitalistica in favore del bene comune”.

“La libertà è partecipazione”.

“Da soli non ci si può salvare, l’unico modo per uscire dalla pandemia è stare tutti uniti”.

“Vaccinarsi è un atto d’amore, il green pass uno strumento di libertà”.

E si potrebbe andare avanti a lungo.


Bè, possiamo dire che dopo una campagna politico-mediatica martellante e pervasiva,
la classe dirigente di questo paese ha di fatto ottenuto il suo scopo:


il sacrificio dell’individuo sull’altare del collettivismo ipocrita e perbenista.

Il problema, però, è che, quando si decide che è giusto che il singolo si immoli,
che metta da parte le sue legittime istanze in favore di un’entità astratta come la “società”,
ecco che non si ottiene né il bene del singolo individuo né quello delle persone che gli stanno attorno.

Anzi, il risultato è l’esatto opposto: si generano mostri e la storia è lì a dimostrarlo.


Grida vendetta in questo senso la vicenda di una signora sarda alla quinta settimana di gravidanza

che si reca al pronto soccorso per delle perdite e un mal di pancia molto forte.

Aveva desiderato quel bambino con tutte le sue forze e dopo anni di tentativi, ecco che finalmente era arrivato.



Premessa: la signora aveva fatto due dosi di vaccino ed era in attesa della terza.

Per noi è una puntualizzazione assolutamente inutile, ma ci teniamo a chiarirlo:

Maria (nome di fantasia) aveva fatto il possibile per proteggere se stessa, il bambino,
financo la società italiana, europea e mondiale.


Ma alla legge italica, alla burocrazia dell’ospedale e a chi l’ha fatta applicare evidentemente questo non è bastato.

Sì, perché Maria, oltre ai vaccini e al green pass avrebbe dovuto anche fare un tampone molecolare almeno il giorno prima,
onde evitare il rischio di contagio delle sue compagne di stanza, dell’intero reparto, dell’ospedale, di tutta Sassari e via dicendo.

Nella struttura ospedaliera, infatti, sarebbe stato possibile effettuarlo solo dopo il weekend.



Troppo tardi.

Così, in nome del bene comune, per evitare un ipotetico rischio di contagio,
i medici preferiscono rispedire a casa la donna.

“Tenga monitorata la perdita – le dicono – e qualora dovesse aumentare si ripresenti”.


Maria non fa in tempo a salire in macchina che ha un aborto spontaneo.


Ecco, a voi sembra bene comune questo?

A noi suona più come una tragedia, un abominio.

Perché quando si sacrificano le persone in nome di leggi assurde,
siamo molto lontani dal bene e più che mai vicini all’inferno.

E all’inferno dell’amore non vi è traccia, anzi lo si utilizza come scusa per fare il male.


Sarebbe accaduto comunque?

Sì, no, forse, probabilmente.

Non lo possiamo sapere.

Quel che è certo è che chi ci governa, non il covid,

è riuscito a privarci persino di quel briciolo di umanità che davamo forse troppo per scontata.



“So benissimo che queste cose durante il primo mese possono capitare – ha detto Maria –.
E non voglio dire che una visita avrebbe potuto cambiare il destino.
Ma io mi sento profondamente triste e arrabbiata, perché ciò che mi è mancata è stata la comprensione umana.
Mi sono sentita messa da parte, perché penso che una visita a una mamma che sta male,
che aspetta questo tesoro da cinque anni, sia un diritto sacrosanto.
Mi avrebbe aiutato ad accettare tutto con meno amarezza”.
 
00:15 Toc toc: la corte costituzionale americana considera illegittimo l’obbligo vaccinale.
Ma dico: un commentino, uno dei nostri intellettuali no?!

03:54 Bollettino sanitario, le Regioni non ce la fanno più con queste regole e gli scienziati litigano su come mostrare i dati.

06:40 La storia assurda della donna incinta che non viene visitata in ospedale perché senza tampone e ha un aborto spontaneo.
Lo racconta Massimo Gramellini sul Corriere.

09:03 Marco Gervasoni se la prende con il costo dei no vax per la sanità…

10:14 I poliziotti, come il sottomarino, con la mascherina rosa.
Applausi al generale Figliuolo!

11:29 Quirinale, oggi il centrodestra si vede.

15:00 Generali, Caltagirone alza lo scontro.

15:54 La regina toglie il titolo al Principe Andrea.

17:15 Violenze Capodanno, i verbali choc pubblicati da Libero.

17:45 Inflazione, Michele Brambilla si incavola sul Qn.

19:34 Il Manifesto pro Enel.

19:55 Caso David Rossi, quella mail dove annunciava il suicidio sarebbe falsa…
 
E' una barbarie non curare un malato, particolarmente una donna gravida,
perché non ha eseguito un tampone che attesti che non è positiva al Covid.

Il medico, il personale sanitario, i dirigenti che hanno consentito questo scempio andrebbero cacciati a pedate.


Capito, ministro Roberto Speranza?

Ha letto le cronache?

Si è fatto un’idea?

Ha qualcosa da dire?


Tra l’altro, ironia della sorte, i camici bianchi più “feroci” con le donne incinte
sono stati puniti proprio nel Paese che per quelli come Speranza rappresenta un modello
e che, nel contrasto alla pandemia, ha applicato metodi spietati: la Cina.

Già, perché il governo di Pechino, avendo appreso che una donna ha perso il figlio
a causa delle regole da lockdown all’ospedale di Xi’an
(aveva un tampone negativo, ma eseguito troppe ore prima l’ingresso in corsia),
ha fatto licenziare tre persone ai vertici del nosocomio.

Ecco, per una volta che i compagni di Leu,
quelli del Covid come occasione per ricostruire l’egemonia culturale della sinistra,
dovrebbero davvero imitare il regime di Xi Jinping, se ne stanno zitti.


Toc toc, Speranza: se c’è, batta un colpo e faccia – metaforicamente, eh – saltare qualche testa.
 
Ciclicamente torna in auge la proposta di non pagare le cure ai no vax che si ammalano di Covid
perché rappresenterebbero un costo per il sistema sanitario nazionale.

Non è una novità, ci hanno provato a proporlo alcuni virologi, qualche giornalista,
perfino certi politici ma fa riflettere se questa idea nasce da chi si professa conservatore.

Perché siamo di fronte a una proposta che non ha nulla a che fare
né con il conservatorismo né tantomeno con il liberalismo,
eppure non è nemmeno una questione di ideologia quanto di civiltà.


Affermare di non voler curare un ammalato è un principio pericoloso;

oggi sono i non vaccinati,

domani si potrebbe applicare lo stesso ragionamento a persone
che aderiscono a una specifica corrente politica o ideologia e così via.


Peraltro è un ragionamento che non sta in piedi
dal momento che il sistema sanitario si fa carico delle malattie dei fumatori,
degli alcolizzati, di chi si droga, tutte patologie che si sarebbero potute evitare
ma che è giusto e doveroso curare.


Recita il giuramento d’Ippocrate:

“Giuro di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno,

prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale

e ideologia politica e promuovendo l’eliminazione di ogni forma discriminazione in campo sanitario”.




Inoltre è così che funziona la sanità pubblica.

Se poi si vuole smantellare la sanità pubblica
e affidarsi a un sistema come quello in vigore negli Stati Uniti
o in altri paesi basato sulle assicurazioni,
tutto cambia ma non mi sembra sia questo il punto del dibattito.

Non curare i non vaccinati
(che sono cittadini che pagano le tasse come tutti gli altri)
significherebbe rinnegare principi basilari della civiltà occidentale
e non è solo una proposta sbagliata nell’ottica della libertà individuale
ma anche in una prospettiva di comunità.


Comunità significa infatti evitare che si creino fratture insanabili tra cittadini di serie A
e cittadini di serie B e che si diffonda un clima di odio o discriminazione verso le minoranze.



Si tratta perciò di una proposta anche per i conservatori che, oltre a considerare la libertà un valore fondamentale,
sono influenzati dal cattolicesimo che si fonda sull’amore per il prossimo, sulla solidarietà e sull’aiuto di chi è in difficoltà, vaccinato o non vaccinato che sia.
 
Il 7 novembre del 2011 le strade di Roma furono invase da giovani festanti
che esultavano per le dimissioni da presidente del consiglio dei ministri di Silvio Berlusconi.

Su Twitter, social al tempo da poco divenuto rifugio di giornalisti e appassionati di politica,
spopolava l’hashtag #AEIOUY assurto in pochi minuti a trending topic della giornata.


Le sei vocali dell’alfabeto ritmate a passo di samba,
divenute celebri grazie alla canzone Brigitte Bardot di Jorge Veiga,
colonna sonora di ogni festa che preveda un trenino gaudente,
erano l’implicita metafora di una gioia incontenibile di un popolo, quello italiano,
che finalmente credeva di essersi liberato per sempre del presunto despota.

Quei ragazzi per le strade della Capitale assaporavano l’inizio di un nuovo tempo.

La fine del berlusconismo.

Più per incapacità politica del leader azzurro nel gestire la crisi economica
e per mano della finanza internazionale e dei governi francese e tedesco,
che per forza dell’opposizione parlamentare.

L’inizio, a chicchessia fosse dovuto il merito,
comunque di una nuova fase basata sulla speranza di una imminente rivincita del centrosinistra
che avrebbe potuto chiamare le immediate elezioni e vincerle.


Sappiamo che non andò così.


La crisi dello spread impose la responsabilità di un governo tecnico.

Bersani leader del PD accettò suo malgrado
le indicazioni del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di votare la fiducia al governo Monti.

Le elezioni ci sarebbero state solo nella primavera del 2013
e il centrosinistra riuscì nell’incredibile impresa della “non vittoria”.

Sulla scena politica entrava con prepotenza un nuovo protagonista: il M5S.


Bersani
non solo non riuscì a formare un governo,
non solo bruciò da kingmaker dell’elezione del presidente della Repubblica ben due suoi candidati, Marini e Prodi,
ma fu costretto a dare il suo consenso alla nascita, sotto l’ala protettrice del rieletto capo dello Stato Napolitano,
di un governo di grosse koalitionen, come si diceva all’epoca, guidato da Enrico Letta con il supporto dell’odiato Cavaliere nero.


Dieci anni dopo il berlusconismo non solo non è finito,
nonostante i processi, le condanne ai servizi sociali, l’espulsione dal Senato in applicazione della Legge Severino,
le testimonianze puntuali e pruriginose sulla dequalificante per l’Italia nel mondo epopea del Bunga Bunga,
i governi gialloverdi e giallorossi, il calo dei voti nelle urne e di consenso nei sondaggi.

No, non solo non è finito, ma è talmente radicato all’interno del sistema politico
e nell’immaginario collettivo degli italiani che il centrodestra di Salvini e Meloni
ha ufficializzato che il proprio candidato alla carica di presidente della Repubblica è proprio lui,
Silvio Berlusconi, classe 1936.

Ora Berlusconi può decidere come giocare la sua partita finale, quella che lo consegnerà alla storia.

Salvini e Meloni gli hanno messo in mano l’intero mazzo di carte per decidere la partita del Quirinale,
utilizzando la formula “è il nostro candidato se scioglie la riserva”.


Berlusconi potrà decidere di non accettare la candidatura
e promuovere l’intesa su una figura capace di unire il paese
e raccogliere i voti di tutte le forze parlamentari, seguendo il consiglio di Gianni Letta,
e così riabilitarsi agli occhi di alleati e avversari come vero custode dell’interesse del Paese.

Il gesto finale dello statista che dovrebbe essere riconosciuto anche dai suoi più acerrimi nemici.


Oppure può decidere di incaponirsi fino alla fine.

Portare il Parlamento in seduta comune fino al quarto scrutinio, quando occorrerà solo la maggioranza relativa.

Condurre all’estreme conseguenze la sua “Operazione Scoiattolo”,
quella nella quale è impegnato da giorni per cercare i consensi fra i grandi elettori del gruppo misto
e anche fra i grillini e i democratici che possano consentirgli di racimolare i 30/40 voti mancanti alla sua elezione.

Franchi tiratori permettendo.
 
Quirinale, il centrodestra candidata Berlusconi ma, parliamoci chiaro, i suoi alleati ci credono poco.

Meloni e Salvini tornano vassalli.

La sinistra va nel panico tentando di rifilarci l’ennesimo cattocomunista.


05:46 Il Consiglio di Stato boccia i vertici della Cassazione nominati dal Csm…


08:16 Massimo Gramellini sfotte la candidatura di Berlusconi al Colle.
Il Domani di De Benedetti riesce a definirlo come il candidato più indegno.
Se il Cav ce la dovesse fare godrei come un riccio solo per loro!


11:20 Covid, il Cts fa il duro e rifiuta di passare dal bollettino quotidiano a quello settimanale.
Le Regioni non ci stanno, ma neanche la realtà.


14:15 Il socialista Sanchez dà lezioni all’Italia sul Covid…


15:42 Caso Djokovic, Giuliano Ferrara continua con la difesa del tennista citando Umberto Eco…


16:30 Il caso pazzesco dell’ospedale di Sassari che ha respinto una donna incinta
perché senza tampone e poi ha avuto un aborto spontaneo. Toc toc: ministro Speranza batta un colpo!


17:30 Caro bollette, il solito piano di Draghi per scongiurare l’aumento…


18:45 Generali alla sfida finale, il solito titolo, che riguarda il Calta.


19:40 I bond tirano su la testa…
 
Frati, monache e preti lo sanno: non c’è maggior integralista di un convertito.

Chi cambia strada, facendo un’inversione ad “U”, poi tira dritto senza guardarsi indietro.


Non fa eccezione Pasquale Bacco, già autore di “Strage di Stato.

Le verità nascoste della Covid-19
“,
già sostenitore dell’idea che i vaccini sono “peggio dell’acqua di fogna”,
adesso va in tv da “no vax pentito” a sostenere (giustamente)
la validità dei prodotti anti-Pfizer e della pericolosità del virus.

Il problema è che nel “convertirsi” al sacro vaccino, ha forse un po’ esagerato nella sterzata.


Ospite di Non è l’Arena su La7,
Bacco s’è scagliato contro chi minimizza il propagarsi nell’epidemia nel Belpaese.

E ha detto:

“Viviamo una situazione estremamente difficile.
Forse non vi rendete conto: stanno morendo i bambini, nelle terapie intensive abbiamo i minorenni“.


Di fronte a lui, in collegamento, c’era l’eurodeputata Francesca Donato, ex Lega,
cacciata anche per le sue posizioni sulla pandemia.

“Non dica fesserie – ha attaccato – Questa è veramente una disinformazione vergognosa.
Bisogna smetterla di diffondere terrore divulgando panico con dei dati falsi“.

E ancora: “Non è vero che i bambini muoiono di Covid.
Gli unici bambini che sono morti, risultati positivi, sono morti per altre patologie.
Il rischio di mortalità Covid per i bambini è zero“.


Bacco ha invitato la Donato ad andare in un reparto di terapia intensiva.

E per carità, è vero che qualche minore intubato c’è.

Ma non è vero che il covid sta uccidendo i bambini come se non ci fosse un domani.

Chi lo sostiene sbaglia, o non ha letto attentamente l’ultimo report dell’Iss sulla situazione coronavirus nel nostro Paese.

L’ultimo bollettino di sorveglianza integrata è datato 5 gennaio, quindi abbastanza fresco.

Al capitolo “distribuzione dei casi e dei decessi per fascia d’età” si legge chiaramente che
la “letalità” dei bambini tra gli 0 e i 9 anni, così come tra i 10 e i 19 anni, è inferiore allo 0,01%.


Ripetiamo: inferiore allo 0,01%.


A fronte di 436mila casi da inizio epidemia tra gli under 9 si registrano 15 deceduti.

Con 745mila, invece, casi nella fascia 10-19 si contano 21 morti.


In totale per i minorenni parliamo di 36 decessi.



Una disgrazia, certo, ma da qui a parlare di cadaveri accatastati negli ospedali ce ne passa.

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Se poi vogliamo entrare nel dettaglio,
possiamo dare anche uno sguardo ad ospedalizzazioni e ricoveri in terapia intensiva in età scolare.

Nel periodo 20 dicembre 2021 – 2 gennaio 2022 - 12 MESI -

sono stati segnalati 197mila casi di infezioni tra bambini under 19.

Di questi, 832 sono stati ospedalizzati e “solo” 8 ricoverati in terapia intensiva.


Di decesso se ne conta uno.



Dall’inizio dell’epidemia, invece, - ALMENO 24 MESI -

i bambini morti sotto i 3 anni sono stati cinque,

quelli di 3-5 anni sono morti in sei,

nove sono deceduti nella fascia 6-11

e altrettanti tra i 12-15enni.


Se si aggiungono i sette decessi nella fascia 16-19 si arriva ad un totale di 36 morti, come visto prima,

su oltre 1 milione di casi con 268 ricoveri in terapia intensiva, che evidentemente nella larga fetta dei casi si sono conclusi positivamente.



Dunque sarà anche vero che “stanno morendo” alcuni bambini, cosa drammatica,
così come è vero che alcuni letti di rianimazione sono occupati da corpicini innocenti.

Ma bisogna trattare i dati con la giusta attenzione.

E mostrare come, in realtà, il covid se colpisce un pargolo difficilmente porta a nefaste conseguenze.

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Troppe balle.

Il gioco delle tre carte è in scena a Palazzo Chigi,
con un premier che pare aver subito una trasformazione inaspettata.

Draghi è davvero cambiato oppure nessuno lo conosceva così come si è manifestato.

Dopo aver preso il posto di Giuseppe Conte sembrava l’Uomo della Provvidenza.

E per un po’ è andata così, con la campagna vaccinale a gonfie vele.

Poi, il sogno del Quirinale lo ha fatto sbattere contro la verità.

Un’ambizione coccolata da troppi politici e giornalisti sembra avergli fatto perdere il senso della realtà.

I sorrisini che allietavano per i più le sue conferenze stampa sembrano spariti.

I partiti non gli obbediscono più se non al prezzo di estenuanti, sfibranti trattative.


Il suo problema è che un grande banchiere è abituato a discutere di moneta
e non conosce il fatturato democratico: è composto da voti che si rappresentano.


L’obbligo vaccinale a metà è l’ultima delle balle che ci sono state propinate nel contrasto alla pandemia.

È ovvio che i no vax non possono essere il modello da seguire, perché il Covid va sconfitto.


Ma si sono ignorate troppe alternative in maniera incomprensibile, a partire dalle cure domiciliari

e tanto altro ancora, si sta riportando tutto in ospedale, non c’è un briciolo di autocritica sugli errori commessi.


Gli italiani si sono – ci siamo – vaccinati per circa il 90 per cento della popolazione.

Il resto non lo fa per ideologia antivaccinista o per paura, confusione, dubbi alimentati da chi governa.

Irridere, sfottere, mortificare chi non ha ancora detto sì è sbagliato,
soprattutto da postazioni privilegiate come quelle istituzionali.

Ed è inutile prendersela con i partiti che danno voce alle preoccupazioni dei cittadini, inclusi quanti si sono sottoposti al siero.

La pandemia, la corsa al Colle, il probabile tonfo della politica e l’arrivo delle elezioni anticipate,
determinano il caos voluto dalla presunzione di chi governa convinto di non sbagliare mai.


Cinque grandi balle stanno facendo precipitare Draghi in un tunnel simile all’agonia del secondo governo di Giuseppe Conte.

La luna di miele del premier col popolo italiano pare essere finita da un pezzo.

C’è un’impressionante continuità con Conte, anche allora c’era tanta propaganda che continua pure adesso.

Ricordatelo il tempo in cui ci si invitava a dare fiducia,
si giurava che con i vaccini saremmo tornati alla normalità.

Prima si diceva che bastava il 70 per cento di vaccinati,
e l’80 ci avrebbe catapultato nell’immunità di gregge.


E poi ogni giorno percentuali oscillanti sul siero.

Ma all’indietro. 95, 80, 65, 35 per cento.

E tutti noi stralunati a leggere le cifre.


La seconda grande balla
per la quale i volantini erano distribuiti dalle legioni capitanati dai virologi televisivi e canterini
era quella sul vaccinato che non poteva contagiarsi né contagiare.

Ecco il braccio, dottore, mi punturi.

Poi abbiamo scoperto che si può finire anche in terapia intensiva.

«Forma lieve».


Terza balla.
Mica ci siamo dimenticati che per noi vaccinati finiva la stagione del tampone.

«È pandemia di non vaccinati».

Veramente pare riguardare anche altri ed è insopportabile davvero.


La bugia numero quattro della Draghi’s band ha ruotato attorno al magico Green pass,
propagandato in forma mini, maxi e super.

Farà partire l'economia: le attività ricominciano a chiudere.

Salverà il Natale.

Mai lo abbiamo trascorso con tanta tristezza.


Nessun rischio contagi. Balla clamorosa.


Infine, al quinto posto, lo stato d’emergenza.

Ormai siamo oltre i due anni e già possiamo immaginare che non si fermerà neppure al 31 marzo,

visto che per l’obbligo vaccinale Draghi ha proposto un limite a giugno.


Poi, speriamo che non sia prevista la fucilazione.
 

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