IL REPARTO PSICHIATRICO MI HA SCELTO COME TESTIMONIAL

Con la decisione di salire al Colle per informare il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
della situazione esistente all’interno della maggioranza a causa dello scontro sulla prescrizione con Italia Viva,
Giuseppe Conte ha formalmente presentato la propria dichiarazione di guerra a Matteo Renzi.

Una guerra che prima ancora che politica è personale visto che il Presidente del Consiglio
teme di fare la fine di Enrico Letta e Paolo Gentiloni e nutre nei confronti dell’ex Premier una diffidenza
ed una ostilità assolutamente identiche a quelle nutrite nei confronti del nemico giurato: Matteo Salvini.

Questa ostilità personale si carica, ovviamente, di precise motivazioni politiche.
Proprio perché non vuole fare la fine di Letta e Gentiloni e non si vuole ritrovare per la seconda volta sgambettato da un Matteo,
Conte aggiunge alla inimicizia personale il progetto politico di porsi in prospettiva come il leader di quel fronte progressista
che al termine della legislatura dovrebbe essere formato dal Partito Democratico, da un pezzo del Movimento 5 Stelle
e da quella parte dell’establishment che potrebbe aggregarsi attorno alle proprie insegne personali.

Con la dichiarazione di guerra a Renzi, in sostanza, Conte apre la corsa alla futura leadership della sinistra
nella convinzione che solo battendo ed umiliando il capo di Italia Viva potrà conquistare il ruolo di leader incontrastato del futuro fronte progressista.

Il disegno dell’attuale inquilino di Palazzo Chigi è comprensibile.
Ma per essere realizzabile ha bisogno di due condizioni essenziali.

La prima è l’esistenza di defezioni tra i senatori di Italia Viva e di apporti di responsabili provenienti dal gruppo misto
o da Forza Italia in grado di azzerare il potere di condizionamento che i voti dei renziani hanno nei confronti della maggioranza.

La seconda è l’avallo ed il sostegno del Capo dello Stato che deve accettare senza creare ostacoli di sorta una operazione così trasformista e rischiosa come quella prospettata da Conte.

Il rischio, infatti, è che il progetto che prevede l’azzeramento personale e politico di Renzi non vada in porto
e che la guerra porti a quella fine anticipata della legislatura che Matterella vorrebbe scongiurare.

La possibile sconfitta di Conte, però, segnerebbe anche la sconfitta di Mattarella.

Al Quirinale hanno calcolato questa eventualità?
 
Ad inizio febbraio Fincantieri combina un buon affare.

Come riportato da Dagospia il 7 febbraio Fincantieri riesce a concludere un buon contratto, anzi un ottimo contratto.

Due navi da guerra, due moderne fregate FREMM, vengono vendute dalla società italiana all’Egitto,
con un contratto del valore di molte centinaia di milioni di euro.

Un grande successo per il nostro paese e per la nostra industria militare, una grossa sconfitta per la Francia di Macron, duramente attaccato in patria per il flop.

Un bel po’ di lavoro per i cantieri italiani, i suoi operai e progettisti, ed un buon utile per i soci di Finmeccanica, fra cui lo stato.

Quindi, improvvisamente, scoppia il caso Zaky, lo studente egiziano, che però frequenta l’università Bologna, arrestato per attività antinazionali.
Casualmente un cittadino neppure italiano fa scoppiare un caso, con le ONG che pretendono che l’Italia prenda una posizione molto dura nei confronti dell'Egitto.

Noury: fare pressione per #Zaky, dare segnale di insoddisfazione: per esempio sospendere la fornitura di navi militari all'Egitto, prevista ad aprile #mezzorainpiu pic.twitter.com/nzHFIMYWSg

— Mezz'ora in Più (@Mezzorainpiu) February 16, 2020

Certo, è VERAMENTE STRANO che le ONG agiscano proprio ora, con tempismo perfetto, per rovinare i rapporti fra Italia ed Egitto.

Una causalità veramente incredibile.

Ai lettori le proprie considerazioni.
 
Nonostante facciano di tutto per far scoppiare un caso Regeni2 penso, auspico, che non ci riusciranno.

L'opinione pubblica italiana ha già ben altri problemi interni a cui pensare.

A meno che non vogliano spingere il governo stesso in rotta di collisione con l'Egitto.

La pochezza dei nostri governanti lo permetterebbe ma, spero, che ci siano interessi economici più pregnanti da rispettare.

Le ONG vanno bandite dal nostro Paese
 
L’India sta valutando la possibilità di un blocco nelle esportazioni di farmaci strategici dal paese,
alla luce della diffusione del virus Covid 19 e della carenza di forniture di principi attivi farmaceutici dalla Cina.

Il governo ha creato una commissione di 8 esperti per redarre una lista di farmaci la cui esportazione potrebbe essere vietata nel caso di diffusione del virus.
La lista attualmente comprenderebbe 12 farmaci, fra cui antibiotici, ed ormoni.

Il comitato ha anche raccomandato il governo di prendere misure attive contro l’accaparramento dei farmaci e la creazione dolosa di scarsità sul mercato.

L’India è attualmente la fornitrice del 20% dei farmaci generici a livello mondiale
ed un taglio secco nelle quotazioni potrebbe portare ad una scarsità anche sui mercati internazionali.

Negli anni scorsi questo mercato è cresciuto in modo estremamente rapido, come si può vedere dal grafico sottostante



Molte società europee hanno trovato comodo esternalizzare le produzioni in India, ma questo potrebbe diventare un enorme boomerang.

Molte delocalizzazioni sono state fatte per motivi contingenti, senza una seria valutazione strategica prospettiva, ed ora si rischia di pagarne il pesante prezzo.

Nel caso di interruzione di esportazioni dall’India, non sarà facile predisporre in tempi brevi linee di produzione in Europa negli Stati Uniti.
Anche se sicuramente vi è una capacità produttiva ancora da sfruttare.
 
Secondo la Casa Bianca il contestato gasdotto Nord Stream 2, che avrebbe dovuto collegare direttamente la Germania con il fornitore russo,
bypassando Ucraina e Polonia, è bloccato e non sarà terminabile n tempi brevi.

Il progetto era stato fortemente contestato sia dagli alleati orientali sia dagli USA perché avrebbe aumentato la dipendenza dell’Europa occidentale ,
soprattutto Germania, Austria, Paesi Bassi e Francia, le cui società di distribuzione del gas naturale erano partner nella realizzazione del progetto, Eon e Engie in testa.

Però le ultime sanzioni USA, con la minaccia di esclusione dal mercato USA per le società che avessero partecipato al progetto hanno avuto effetto:
la svizzera Allseas SA, specializzata nella costruzione di metanodotti sottomarini e proprietaria di navi ad hoc
si è tirata indietro quando il progetto era completo al 94% e mancava solo un breve tratto di competenza danese.



Gazprom, la società russa promotrice dell’opera aveva affermato che l’opera comunque sarebbe stata terminata
e che avrebbe fornito lei le navi necessarie, ma, evidentemente, la tecnologia non si inventa da un giorno all’altro
e queste strutture non si sono materializzate. Il progetto quindi si è arenato quando ormai sembrava in dirittura d’arrivo.

La vicenda ha fortemente inasprito i rapporti fra Germania e USA, con Berlino che accusa Washington di ingerenza negli affari interni,
ma anche all’interno dell’Unione molti paesi si erano lamentati del progetto che sembrava costruito ad hoc per escludere i paesi dell’est.

Ora ci sono fra i 6 ed i 10 miliardi di dollari di investimenti che, letteralmente, giacciono inutilizzati in fondo al mare…
 
A parte gli investimenti russi, sul gasdotto, le rogne vere, sono tutte a carico dell'europa.
La Russia , userà il vecchio impianto, passante per l'Ucraina.
Se poi, l'Ucraina si " ciuccierà un quarto del gas , destinato all'europa occidentale, non sono azzi dei russi.

Con le sanzioni e impedendo alla Russia la vendita di gas, che è una se non la fonte primaria del suo sostentamento
la stanno stragolando mettendo con le spalle al muro.
Sembrerebbe che, come al solito con questa collaudata tattica, vogliano costringerla a una reazione passando per "buoni ed aggrediti" avendo poi così la scusa perfetta per saltarle addosso.
Probabilmente ci vorrà tutta la capacità e la preparazione "vecchia scuola" di Putin per cavarsela.
Teniamo conto poi che le Cina è nei guai e non può essere d'aiuto in alcun modo.
Pessima, pessima situazione.
 
Ascoltando la puntata di giovedì scorso di “Otto e Mezzo”, programma di approfondimento politico in onda su La7 e condotto da Lilli Gruber,
mi è sembrato di assistere ad una sorta di Inquisizione in stile Torquemada.

Ospite Luigi Marattin, esponente di spicco di Italia Viva, una conduttrice particolarmente ostile nei confronti del partito di Matteo Renzi,
in questo coadiuvata da Antonio Padellaro e Annalisa Cuzzocrea
, lo ha sottoposto ad un vero e proprio terzo grado,
manifestando un atteggiamento di parte ben poco professionale.

In questo caso il partito preso della popolare giornalista televisiva è rappresentato dal Governo Conte bis,
a suo parere messo irresponsabilmente a repentaglio dalle bizze della piccola pattuglia renziana sulla questione della prescrizione.

Una questione esposta con chiarezza dallo stesso Marattin e con motivazioni assolutamente ragionevoli,
come quella di evitare che un imputato resti tale vita natural durante, ma che non ha impedito alla conduttrice imbufalita
di tacciare di strumentalità la posizione della stessa Italia Viva.
Tanto da portarla a gridare in faccia al suo imperturbabile interlocutore il suo isterico j’accuse: “Io non le credo!”.


Ora, che nella politica in senso generale sia sempre presente un forte elemento di strumentalità, segnatamente in un periodo dominato dai sondaggi
e caratterizzato da grande volatilità elettorale, non lo scopriamo certamente oggi.

Nondimeno possiamo accettare che una professionista dell’informazione, da sempre piuttosto incline a dividere la politica italiana
tra buoni e cattivi, tra idealisti e impostori, si permetta di inscenare un processo alle intenzioni contro un partito o un uomo politico, anziché discutere nel merito delle tesi sostenute.

Nella fattispecie, da garantista convinto, a me non interessa punto sapere i veri motivi che spingono Matteo Renzi e i suoi
a mettere a repentaglio la tenuta dell’attuale Governo su una riforma impresentabile come quella della prescrizione targata Movimento 5 Stelle.

In questo senso credo che valga il motto attribuito a Deng Xiaoping, principale artefice della rivoluzione di mercato cinese:

“Non importa di che colore sia il gatto, l’importante che esso prenda il topo”.

In questo caso più che un topo sono tanti somari che stanno mandando a rotoli un Paese già abbastanza problematico.

Se poi tutto questo ambaradan dovesse provocare una crisi irreversibile per l’attuale Esecutivo,
quest’ultimo destinato comunque a produrre altri danni, non ci stracceremmo certamente le vesti
come hanno cominciato a fare i moltissimi, autorevoli operatori dell’informazione che la pensano allo stesso modo della Gruber.

Se Renzi riuscisse a chiudere una delle più brutte stagioni della politica italiana,
a cui anch’egli ha dato il suo contributo facendo nascere l’attuale Governo, renderebbe un servizio alla collettività.

Altrimenti ci penserà la dura realtà dei fatti che si sta sinistramente profilando all’orizzonte,
a cominciare da un rallentamento dell’economia globale che, complice il famigerato coronavirus, si fa sempre più probabile.
 

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