Impressionismo: il fascino intramontabile dell' 800 romantico

Alfred Sisley

The Seine

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The Bridge
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"Il soggetto ha per me un'importanza secondaria: io voglio rappresentare quello che vive tra l'oggetto e me"
C. Monet​
 
Sono costretto a continue trasformazioni, perché tutto cresce e rinverdisce. Insomma, a forza di trasformazioni, io seguo la natura senza poterla afferrare, e poi questo fiume che scende, risale, un giorno verde, poi giallo, oggi pomeriggio asciutto e domani sarà un torrente
Claude Monet
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Londra, domenica 3 febbraio 1901

AD ALICE MONET

(…) Alle 9 avevo già lavorato a quattro tele e, tuttavia, quando mi sono alzato alle 6, ho creduto proprio che avrei avuto una pessima giornata. Come sempre di domenica, neppure l'ombra di nebbia, anzi c'era una nitidezza incredibile; poi il sole si è levato accecando al punto che non lo si poteva guardare. Il Tamigi era tutto d'oro. Dio com'era bello, a tal punto che mi sono messo all'opera con frenesia seguendo il sole e il suo scintillio sull'acqua. Nel frattempo, vengono accese le cucine. Grazie ai fumi, è venuta la nebbia, e quindi nubi, ecc. (…). Le due e mezza. Non posso dirti che giornata fantastica. Quante cose meravigliose, ma non più durature di cinque minuti, c'è da diventare pazzi. No, non c'è un paese più straordinario per un pittore. (…)

CLAUDE
 
Non mollare...

...Ti devo ringraziare...
xchè attraverso le Tue citazioni di Monet mi hai aperto una nuova chiave di lettura e di introspezione che mi avvicina ben oltre la mia contemplazione estetica di questi capolavori, permettondomi quindi di essere a fianco sul Tamigi a Monet mentre sta dipingendo e capire (intuire è + corretto) quali sono le sensazioni che egli prova ed il turbinio di stimoli che attraversano il suo essere dando origine ai lavori che tutti ammiriamo.

Buona Domenica,


Lorenzo
 
...Ti devo ringraziare...
xchè attraverso le Tue citazioni di Monet mi hai aperto una nuova chiave di lettura e di introspezione che mi avvicina ben oltre la mia contemplazione estetica di questi capolavori, permettondomi quindi di essere a fianco sul Tamigi a Monet mentre sta dipingendo e capire (intuire è + corretto) quali sono le sensazioni che egli prova ed il turbinio di stimoli che attraversano il suo essere dando origine ai lavori che tutti ammiriamo.

Buona Domenica,


Lorenzo

ciao, mi fa piacere
ho letto anche queste cose di Monet e mi sono sentita accumunata a lui per la passione verso le piante.
complimenti per il tuo 3D :up:

Il giardino di Monet
A Giverny il luogo dove l¿artista visse e dipinse negli ultimi quarant¿anni della sua vita

«Io dipingo come un uccello canta» amava dire di sé il maestro dell¿Impressionismo Claude Monet. Movimento artistico sorto in Francia tra il 1867 e il 1980, l¿Impressionismo prende il nome da un dipinto dell¿artista ambientato al porto normanno di Le Havre: Impressione, sole nascente. Caratterizzata dalla scomposizione di colori e forme, la nuova tecnica pittorica mirava a trasmettere le sensazioni dell¿artista, racchiuse in un attimo preciso.
Seguendo le orme di Monet in Normandia scopriamo luoghi d¿incanto, fino ad arrivare a Giverny, nel famoso giardino dove l¿artista visse e dipinse durante gli ultimi quarant¿anni della sua vita.
Verso la fine degli anni ¿80, dopo alterne vicende, la fortuna finalmente gli sorride e la sua arte, così innovativa, comincia a essere apprezzata da critici e collezionisti . Ciò gli permette di affittare, e più tardi di acquistare, la proprietà di Giverny, dove visse con Alice Hoschedé, moglie del fallito collezionista Ernest Hoschedé e i rispettivi (otto!) figli.
La piccola comunità rupestre, dopo l¿immancabile scandalo, ben presto trae vantaggio dall¿eccentrico artista, il quale partiva all¿alba per dipingere la campagna circostante, seguito da un codazzo di bambini che trascinavano un carretto colmo di grandi tele, colori e pennelli. Immancabilmente infatti i contadini si accingevano a mietere il campo di papaveri o a raccogliere proprio i covoni che Monet aveva appena abbozzato sulla tela, desistendo solo dopo una congrua mancia; oppure chiedevano un dazio di passaggio lungo i sentieri.
Per completare la serie Pioppi, in riva al fiume Empte, l¿artista arrivò a pagare il proprietario affinchè ne rimandasse il taglio. Malgrado ciò l¿artista si ambienta nel piccolo paese, dedicandosi alla creazione del giardino.
La visita del giardino ini zia dopo aver pazientemente aspettato il proprio turno in una lunga coda di turisti arrivati da tutto il mondo.
Entriamo nel padiglione che ospitava l¿atelier, oggi trasformato in negozio di souvenir, e ci fermiamo un attimo ad ammirare una gigantografia che rappresenta Monet mentre descrive al duca de Trévise il frammento di quadro Colazione sull¿erba.

La scelta dei fiori
L¿impressione, appena usciamo in giardino, è che un folletto dispettoso si sia divertito a mischiare, in un sacco, i semi di centinaia di fiori diversi, spargendoli poi a piene mani. Glicini, dalie, margherite, crisantemi, rose, lavanda, gerbere, gigli, tulipani, iris: lo stesso Monet afferma di aver semplicemente scelto a caso i fiori da un catalogo, ma in realtà le cose devono essere andate diversamente. Infatti l¿artista, avendo già in mente un progetto di quadro, piantava i fiori in base alle sfumature di colore che intendeva riportare sulla tela.
La visita si snoda in un percorso o bbligato segnato da catenelle che impediscono il passaggio ai vialetti più stretti, per evitare che i numerosi visitatori danneggino le bordure e le piante striscianti. A pochi metri dall¿atelier un piccolo prato, morbido come un tappeto di muschio, accoglie alcune panchine di legno disposte a ferro di cavallo. Monet era molto attento a evitare elementi che disturbassero esteticamente l¿insieme, così le panchine e tutti gli elementi metallici del giardino, come i sostegni per le piante rampicanti, sono dipinti di verde vegetale.
Per comprendere le scelte fatte dall¿artista nel realizzare il giardino è necessario partire dalla sua pittura. Il singolo fiore non era importante per il Maestro, ciò che gli premeva era l¿impressione generale, la luce che riflette sulle corolle. Ed ecco che passeggiando tra i viali scopriamo angoli magici: gruppi di corolle che sviluppano tutte le tonalità dall¿azzurro al viola, numerosi gruppi di leggeri papaveri che danzano al vento, fiori di diverso sviluppo verticale accostati in modo da creare un effetto ¿onda¿. Ciò che a prima vista sembra un¿allegra confusione di fiori si rivela invece una creazione attentamente studiata, e piegata, al servizio dell¿arte.
Sulla destra troviamo l¿abitazione, chiamata ¿Le Pressoir¿. Si tratta di una costruzione rustica dipinta di rosa, con porte e imposte verdi e una pittoresca cucina ornata da mattonelle azzurre. Qui Monet, amante della buona tavola, si cimentava nello scrivere ricette come le Truffes à la serviette, o il dolce verde Tarte vert-vert; sceglieva il menù, dirigeva i lavori in cucina, preparava il gelato alla banana ma¿ mai e poi mai cucinava di persona!

Le aiuole, le bordure, i vialetti
Di fronte alla casa alcune ampie aiuole ospitano rigogliosi geranei, rossi e rosa, mentre due vecchi tassi ombreggiano il patio. Dalla porta principale si diparte il viale più ampio, ornato da ricche bordure disposte a terrazza. Ai lati esterni rose rampicanti si aggrappa no ai sostegni. Paralleli o perpendicolari al viale principale, numerosi vialetti creano un tracciato geometrico composto da aiuole quadrate e rettangolari.
I vialetti sono molto stretti, incorniciati da fittissime bordure, così da rendere difficilmente riconoscibile la struttura generale del giardino persino dalle finestre al primo piano della casa: si passeggia immersi in un oceano di fiori.
Passeggiando immaginiamo Monet mentre si appresta a dipingere. L¿artista si alzava di prima mattina e, come tutti gli amanti di giardinaggio, percorreva il giardino strappando foglie secche e fiori appassiti, assorto in cerca d¿ispirazione. Eppure Monet non era un ¿pittore di fiori¿ ma un ¿pittore di luce¿. Adottava così un originale metodo di lavoro: affiancando fino a dodici tele e spostandosi poi da una all¿altra a seconda del mutare della luce, riusciva a catturare tutte le sfumature che il capriccioso cielo di Normandia regalava ai suoi fiori.
Nei primi anni del ¿900 il giardin o diventa meta ¿mondana¿ per personalità politiche, nobili e artisti da tutto il mondo; addirittura a Giverny si forma una piccola comunità di artisti americani, chiamati ¿Givernisti¿, che Monet a volte strapazza un po¿ lasciandoli attendere vanamente.
L¿artista infatti non aveva interesse per l¿insegnamento e si limitava a consigliare l¿osservazione attenta della natura. Seguendo il consiglio anche noi procediamo alla scoperta del giardino osservando, e ammirando, gli audaci accostamenti di specie e colori.

Il laghetto delle ninfee
Verso il 1890 l¿artista acquista un terreno adiacente al giardino, al di là della ferrovia oggi strada provinciale, per ritrovare uno dei soggetti chiave della sua pittura: l¿acqua. Incanalando un torrente che alimenta l¿Empte, crea uno stagno dalla forma allungata, in cui farà crescere ninfee e altre acquatiche. La notizia provocò una piccola insurrezione a Giverny: le strane piante esotiche avrebbero sicuramente avvelenato il bes tiame e rovinato i panni lavati più a valle! Raggiungiamo il lago delle ninfee attraverso un sottopassaggio in fondo al giardino. Lo spettacolo è veramente incredibile: lo stagno è punteggiato da una quindicina di ¿isole¿ di ninfee dai fiori sgargianti. Alcuni salici piangenti accarezzano con sottili rami la superficie dell¿acqua e il famoso ponticello giapponese, soggetto di numerosi quadri, è quasi soffocato dai glicini; lunghe alghe ondeggiano pigramente nella corrente.
Monet disse: «Ho di nuovo ripreso cose impossibili da fare: dell¿acqua con erba che ondeggia sul fondo¿ è stupendo da vedere, ma pura follia volerlo fare». Lo stagno diventa la sua ossessione per i mille riflessi, movimenti e giochi di luce che vi coglie. Solo nel 1902 dipinse quarantotto Paesaggi d¿acqua. L¿amico e biografo Geffroy descrive: «Ha ottenuto un minuscolo stagno dalle acque sempre limpide, lo ha circondato d¿alberi, di arbusti, di fiori di sua scelta e ne ha ornato la superficie con ninfee di diversi colori¿ Sopra quest¿acqua fiorita, un leggero ponte di legno, sul genere dei ponti giapponesi, e nell¿acqua tra i fiori, tutto il cielo che filtra, tutta l¿acqua che gioca attraverso gli alberi, tutto il movimento del vento, tutte le sfumature delle ore, tutta la gracile immagine della natura circostante». Ancora oggi, dopo un secolo, lo stagno delle ninfee è esattamente così: ritroviamo le stesse prospettive e colori che appaiono nei dipinti più famosi e l¿emozione è indescrivibile.
Ci scopriamo ad attendere, in una giornata nuvolosa, un fugace raggio di sole che illumini esattamente il gruppo di ninfee in fondo, rapiti improvvisamente dalla stessa ossessione per la luce, quasi che lo spirito di Monet fosse ancora qui, aleggiando sullo stagno.
Anche il ponticello, la barchetta verde tra le canne e il piccolo belvedere con gli archi fioriti di roselline sono come li avevamo immaginati.

Le opere di Monet a Parigi all¿Orangerie
Le ninfee divennero il sogget to preferito di Monet al punto che l¿amico primo ministro Clemenceau, per distrarlo dal dolore per la morte di Alice nel 1911, gli propone di dipingere una serie di ninfee da donare allo Stato: da tempo Monet sognava di creare delle immense tele da esporre in una sala di forma ovale, così da suscitare l¿impressione di trovarsi immersi nello stagno.
Oggi i quadri sono esposti in due sale ovali del Musée de l¿Orangerie a Parigi.
Intorno al 1910 la vista del Maestro si indebolisce progressivamente a causa della cataratta: «¿ non dipingevo più gli effetti della luce con la stessa precisione. Le tonalità del rosso cominciavano a sembrare fangose, i rosa diventavano sempre più pallidi e non riuscivo a captare i toni intermedi o quelli più profondi¿». È il periodo in cui incendia o distrugge con un temperino i suoi quadri, ma fortunatamente ai periodi bui si alternano momenti in cui riacquista la vista; continuò così a dipingere anche dopo aver superato gli ottant¿anni.
Monet si spense nel dicembre 1926 ma qui, nel giardino di Giverny, si ha l¿impressione che il Maestro si aggiri ancora tra aiuole e vialetti, strappando foglie secche e fiori appassiti.
 

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