ITALIA nella Repressione fiscale

Affaritaliani. 2012-08-05. Boom dei “Compro oro”, uno su due è della mafia. Le organizzazioni criminali guadagnano miliardi attraverso negozi che offrono agli italiani colpiti dalla crisi di scambiare l’oro con pochi euro. Dei 28.000 punti vendita nel Paese, solo poche centinaia sono registrati presso la Banca d’Italia. Piccoli negozi “Compro oro” sono spuntati negli ultimi mesi nelle strade italiane. I giornali e le tv sono pieni di pubblicità che esortano a “vendere oro” in cambio di liquidità. Gran parte di questo oro, che per la maggior parte consiste in gioielli di famiglia, viene poi fatto passare attraverso le Alpi – legalmente o illegalmente – per arrivare in Svizzera.
Alla Dogana viene sequestrato, secondo i dati ufficiali, il 50% dell’oro. L’ultimo esempio: un uomo e sua figlia sono stati arrestati mentre tentavano di contrabbandare 50 chili di lingotti non punzonati con un valore totale di oltre due milioni di euro. “Questo è un settore in crescita per le organizzazioni criminali. Il contrabbando è un fenomeno mondiale, presente anche in paesi in cui i lingotti vengono scambiati con armi e droga”, ha detto Ranieri Razzante, Consulente della Commissione Parlamentare Antimafia e Membro dell’Osservatorio sulla Criminalità Economica del CNEL.
Il commercio legale dell’oro in Svizzera ammonta per l’anno scorso a 20 tonnellate, contro le 73 tonnellate nel 2010 a 64 tonnellate nel 2009. Secondo l’associazione degli orafi italiani (ANOPO), “quasi tutto l’oro esportato da quei negozi viene pagato contanti”.
“L’Italia è diventata una miniera d’oro”, dice Ivana Ciabatti, portavoce dei gioiellieri di Confindustria. “E’ essenziale combattere contro gli elementi criminali del settore”, dice. Il fatturato generato dalla miriade di negozi è almeno di 14 miliardi di euro, secondo ANOPO, che ha fatto campagna per impedire l’infiltrazione della mafia in questo settore. Attraverso una lacuna giuridica, tali stabilimenti possono ancora evitare il pagamento dell’IVA.
Gli italiani sono tradizionalmente tra i maggiori possessori di oro. “Le famiglie a corto di contanti possono ora vendere i loro vecchi gioielli facilmente, e la scorsa estate è stato un punto di svolta a causa del peggioramento della crisi”, osserva Alessandra Pilloni, analista di Bullion Vault, broker in oro su con sede a Londra.

Il prezzo dell’oro era di 244 euro per oncia nel 2002, mentre ora è salito a oltre 1300 euro.



Il tesoro è ambito dalle organizzazioni criminali che “controllano almeno il 50% dei negozi di scambio oro contro contante”, si lamenta Ranieri Razzante. “Usano dei prestanome per evitare di lasciare tracce e hanno fonderie illegali nei cortili di città come Napoli” dice.
Nel mese di marzo, il ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri ha detto che il settore aveva creato “un mercato nero che richiede un monitoraggio costante degli ambienti criminali praticanti usura, ricettazione e riciclaggio di denaro sporco”. Di fronte a questo fenomeno Donella Mattesini, membro del Partito Democratico, ha introdotto il mese scorso un disegno di legge per rafforzare i controlli su questo commercio. “Abbiamo un urgente bisogno di regolamentare questo settore. Dobbiamo controllare fonderie e negozi. E’ ora di pulire l’intera area del commercio dell’oro in Italia” ha detto.
 
Morning Star. 2011-05-12. Dark pools, il lato oscuro della finanza. Hanno un nome che incute subito timore, se ne conosce l’esistenza ma se ne sente parlare molto poco: sono le dark pools (letteralmente “piscine oscure”), ovvero delle piattaforme finanziarie esterne ai circuiti regolamentati. La loro nascita la si può far risalire all’avvento dell’elettronica in finanza, cioè una ventina di anni fa, anche se il loro peso è cresciuto moltissimo negli ultimi 5-6 anni (il settimanale britannico The Economist ha stimato che in Europa circa il 10% dei volumi azionari passa dalle dark pools, quando nel 2005 non si arrivava al 5%).
Non sono tutte uguali
“Dark pool è un termine con cui si indicano meccanismi di negoziazione di strumenti finanziari che fruiscono di scarsa trasparenza”, spiega Barbara Alemanni, docente di Intermediari finanziari dell’Università di Genova e della SDA Bocconi di Milano. “I meccanismi principali sono due: ci sono gli intermediari finanziari che incrociano gli ordini di vendita e di acquisto che ricevono in casa, senza passare da un mercato regolamentato, oppure si tratta di segmenti di mercati borsistici in cui l’ente gestore propone un servizio di incrocio passivo, cioè in cui il prezzo degli strumenti viene determinato altrove, nel caso specifico nei mercati regolamentati”. In entrambi i casi le negoziazioni non sono rintracciabili e avvengono in forma totalmente anonima.
Certo, nel primo caso si tratta di un’attività più tradizionale, che esiste da sempre, anche se fino al 2007 in Europa era vietata. Ora, è consentita a determinate condizioni. Nel secondo caso, invece, si parla di un tipo di piattaforma indipendente, frequentata da grandi investitori istituzionali.


Un tuffo nell’oscurità
Perchè un investitore dovrebbe essere interessato a operare su queste piattaforme? “Innanzittuto occorre considerare l’anonimato”, prosegue la professoressa Alemanni; “alcuni soggetti hanno interesse a non far conoscere al mercato cosa stanno facendo”.
Ma non è tutto qui, anzi. “In realtà il vantaggio più grosso è un altro”, spiega la docente. “Infatti, utilizzando queste piattaforme, gli operatori minimizzano il cosiddetto market impact, uno dei più importanti costi impliciti di negoziazione per gli investitori istituzionali”. In pratica, ogni volta che un soggetto esegue un ordine di acquisto o di vendita superiore alla media di mercato, muove il prezzo in suo sfavore. Questo non succede nelle dark pools, essendo piattaforme non trasparenti dove non si sa quanto si compravende e chi lo sta facendo.
“Il market impact ha un effetto particolarmente importante sugli scambi di titoli poco liquidi”, prosegue Alemanni, “infatti le dark pools sono utilizzate principalmente per trattare gli strumenti a bassa liquidità, diciamo dalle mid-cap in giù”.


I rischi
Il problema principale di questi rami di mercato è l’assenza di trasparenza, che in pratica vuol dire informazioni non disponibili agli operatori. Questo ha come conseguenza che le dark pools influenzano la liquidità e quindi i prezzi delle piattaforme trasparenti, che per forza di cose, non avendo a disposizione tutte le informazioni necessarie, forniscono dei valori non corrispondenti a quelli reali.


Pericolo Flash crash
Con il termine Flash crash si indica il crollo del 6 maggio 2010, quando avvenne un improvviso calo dell’indice Dow Jones, della Borsa di New York, tra le 14:42 e le 15:07 ora locale. “Questo è proprio quello che i regolatori vogliono evitare”, commenta la professoressa Alemanni. “Il problema è che le dark pools possono aumentare la volatilità, in particolar modo quando dietro all’attività di trading non siede un gestore, ma un algoritmo, che compra e vende in automatico sotto certe condizioni (chiamato anche high frequency trading)”.
In fondo è proprio ciò che avvenne il 6 maggio: sistemi di trading automatici e sistemi di gestione del rischio non efficaci, hanno fatto partire una raffica di ordini uno dietro l’altro che in pochissimo hanno fatto crollare il mercato Usa. “Le dark pools possono accentuare questo rischio, ma non lo generano di per sè”, afferma la docente.


Mifid II, qualcosa si muove
Le autorità europee stanno lavorando alla revisione della normativa Mifid, la quale dovrebbe contenere anche delle norme specifiche sulle dark pools. Ancora non è chiaro quali saranno le nuove regole, ma è certo che si cercherà di illuminare i segmenti più oscuri del mercato.


“Il vero problema è il trading algoritmico”
“Sulle dark pools ci sono una serie di soggetti che con condizioni diverse non negozierebbero, o lo farebbero male”, conclude Barbara Alemanni. “Imporre regole più stringenti solo sulle piattaforme riduce i vantaggi e aumenta i costi di negoziazione e questo potrebbe avere alla fine un impatto negativo sulla liquidità, riducendo sensibilmente gli scambi. Sarebbe molto più utile imporre controlli e regole più ferree sulla governance dei soggetti coinvolti e soprattutto sull’utilizzo di algoritmi per il trading”.
 
da http://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=464021600295258&id=228914657139288


Riecho Economia e Libertà · Piace a 438 persone
10 ore fa ·




Un paese in provincia di Messina. Officina di Giovanni P., un gommista che lavora li da almeno 30 anni e che tutti conoscono come una brava persona. La saracinesca mezza abbassata a quell'ora non era da lui... uno che davvero s'è fatto il culo da sempre, che non va in ferie, che resta a lavorare fino a tardi...
Lui era li, nel suo ufficio tre metri per due con delle carte in mano... e piangeva...

Poco prima aveva ricevuto la visita della Guardia di Finanza e degli Ispettori del Lavoro.. un blitz... 17mila euro di verbali !!!
Il mese scorso il ragazzo che lo aiutava si era licenziato perchè lui e la sua famiglia se ne tornano a lavorare in Germania (!!!) e aveva pensato di cominciare ad insegnare il mestiere al figlio, visto che in questo periodo non c'era la scuola. Il figlio che stava a guardare quello che il padre faceva è stato classificato come lavoratore in nero...!!!

L'Italia è senza speranza.
Cit
 
Lo Stato Totalitario Fiscale (di Maurizio Blondet)



http://www.rischiocalcolato.it/2012/04/lo-stato-totalitario-fiscale-di-maurizio-blondet.html






Tutto vero. Ma è vero che la democrazia non esisteva più anche prima. Da quando i partiti si sono scremati dalla spesa pubblica quegli enormi tesori in segreto, il gioco della democrazia non finge più nemmeno di funzionare: sempre le stesse persone da trent***8217;anni, le elezioni non hanno più senso. Sempre gli stessi nominati da eleggere in liste bloccate.
Anche sotto Stalin avvenivano elezioni: a liste bloccate, si era liberi di scegliere i nomi messi in lista dal Partito.
1) Sarebbe utile calcolare anche i costi indiretti; i figli di Mastella sembrano tutti ben impiegati in aziende pubbliche e parapubbliche. L***8217;ultima che ho appreso: esiste un figlio di Mastella, 38 anni, sposato a una coordinatrice provinciale ligure del Pdl, che è stato fatto ***8211; in gran segreto ***8211; dirigente di Ansaldo Energia. Non c***8217;è solo Trota.
2) Nel 1970, 22 lavoratori dipendenti nel settore privato dovevano mantenere un lavoratore pubblico. Oggi, sono solo 13 a doverlo mantenere. Anche questo a proposito dei «servizi pubblici da smantellare».
 
Curva di Laffer, un termine che dovrebbe entrare nella cultura di molti.

da Maurizio Mazziero ha condiviso la foto di Avvistamenti di Creature Mitologiche.
Schiavi Contribuenti, Evasori Maledetti! Le Tasse Locali sono 102 miliardi e Vi pagate Tutte le Utenze! Ci trattano come i Kulaki in Ukraina.

2 settembre 2012 Di Giuseppe Sandro Mela


Giuseppe Sandro Mela.

Unico mezzo noto per liberarsi dai Burocrati.





Caratteristica comune alla quasi totalità degli Enti locali é di aver costituito una serie di società, denominate Partecipate, che erogano servizi prima competenza e svolti in prima persona dagli Enti Locali stessi. A queste si associano anche talune società erogatrici di servizi, ma non partecipate direttamente dagli Enti Locali. Pur avendo passato i servizi alle Partecipate, sono rimaste intatte, anzi, aumentate le tssse agli Enti Locali e, sarebbe il caso di dirlo?, tutto il corpo dei burocrati e dei funzionari, che avrebbero dovuto svolgere quei servizi e sono rimasti con lo stipendio senza aver nulla da fare.
Queste società Partecipate, per esempio, quelle che curano la nettezza urbana, i trasporti urbani, la distribuzione dell***8217;acqua, e così via, non sono gratuite per il Cittadino Contribuente: riscuotono un canone che dovrebbe coprire le spese di gestione.

Per i trasporti urbani, ovviamente, il canone é esatto tramite gli abbonamenti ed i biglietti.

E spesso sono canoni severi, specialmente se comparati alla qualità dei servizi erogati.



Nel caso del Servizio Sanitario Nazionale, sempre per esempio, i ticket su visite, esami e farmaci coprono quasi il 55% della spesa totale del servizio. Ossia, il Contribuente paga sia le tasse per il suo mantenimento in funzione, sia la metà circa dei servizi erogati.
Servizi che in molti casi non son certo tali da favorire il Cittadino nel vivere la propria libertà.
Ci si ricordi per esempio dello spietato rigore con cui i Comuni perseguitano il Cittadino Contribuente che è obbligato a girare in città misere di parcheggi e con viabilità risalenti ai secoli scorsi. Ci si ricordi anche delle truffe dei rilevatori automatici di velocità o di passaggio ai semafori, che erano stati manomessi per consentire di elevare multe iniquamente ingiuste.
Nella stragrande maggioranza dei casi, le Partecipate presentano disavanzi di bilanci e debiti di tali dimensioni da poter essere considerati irredimibili. Se fossero società gestite da privati, sarebbero state da tempo dichiarate fallite ed Amministratori Delegati e componenti dei Consigli di Amministrazione associati alla prossima Casa Circondariale.
Quindi, il Cittadino Contribuente paga denaro sonante per servizi erogati per lo più in regime di monopolio, per cui non ha alternative di scelta. É semplicemente obbligato ad usare quanto disponibile ed ai costi imposti.
Quasi costantemente questo concetto non è tenuto presente quando si valutano le tasse che il Cittadino Contribuente é obbligato a versare alle Amministrazioni Locali, attraverso tutta una serie di imposte variamente disseminate. E nonostante l***8217;entità del prelievo fiscale, regioni e comuni si avviano all***8217;insolvenza.
Essendo i servizi quasi sempre erogati dalle Società Partecipate, non sembra destituito di fondamento il domandarsi a cosa servono le tasse versate a dette Amministrazioni Locali.
Non sono un valore di poco conto.
Nel 2011 sono ammontate a 102 miliardi di euro.



Ogni Cittadino Contribuente versa 1,684 euro ogni anno che Dio manda sulla terra.
I Comuni, per esempio, prestano servizi socialmente utili per una quota irrisoria dei loro bilanci.




A cosa servono dunque tutte codeste tasse? Semplice: quasi completamente a mantenere il personale Politico e dipendente a qualsiasi titolo (dal ruolo a tempo indefinito fino ai così detti precari) da codeste spettabili Pubbliche Amministrazioni.
Siamo al paradosso kafkiano che il contribuente debba pagare la quasi totalità dei servizi prestati dalle Amministrazioni Locali attraverso Partecipate e si debba inoltre accollare l***8217;onere di mantenere un corpo di burocrati e funzionari che proprio non si riesce a capire cosa facciano ed a cosa servano, specie in ragione di quanto costano.
Ci si pensi bene: é una vera e propria forma di schiavitù, al cui confronto il servaggio della gleba era una condizione mite e desiderabile.
Non solo. Mentre nel periodo 1996-2011 le tasse esatte dall***8217;Amministrazione Centrale sono aumentate del +9%, quelle esatte dalle Amministrazione Locali sono aumentate del 114.4%, contro un aumento del Pil del solo 15.4%.
Stanno assassinando il Contribuente
così come fecero con i Kulaki in Ukraina.

Per lunghi anni davanti al mio ufficio si leggeva la scritta:

«Uccidere un borghese non è reato».
Sono in molti ad avere l***8217;impressione che presto sarà sostituita con questa:

«Uccidere un burocrate della PA non è reato».

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- L***8217;Italia è una Repubblica schiavista, fondata sullo sfruttamento dei giovani da parte dei vecchi.
Documenti utili da leggere.
MEF. Bollettino Statistico n. 43. (Gennaio-Giugno 2012).
Corte dei Conti. 2 agosto 2012 ***8211; Sezione delle Autonomie ***8211; Delibera n. 13/2012/SEZAUT/FRG e Relazione sulla gestione finanziaria degli Enti Locali negli esercizi 2010-2011.
Corte dei Conti. 2 agosto 2012 ***8211; Sezione delle Autonomie ***8211; Delibera n. 14/2012/SEZAUT/FRG e Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni negli esercizi 2010-2011

Cgia Mestre. 2012-08-24. Boom delle tasse locali: + 114,4% negli ultimi 15 anni. Tabelle.
Tra il 1996 e il 2011, il gettito riferito alla tassazione locale è più che raddoppiato: +114,4%. Sempre in questo lasso di tempo, le entrate fiscali di Regioni, Province e Comuni sono passate da 47,6 a 102 miliardi di euro.
L***8217;Amministrazione centrale, invece, ha aumentato le entrate ***8220;solo***8221; del 9%. Se nel 1996 il gettito era di 320,9 miliardi, nel 2011 l***8217;Erario ha incassato 349,9 miliardi di euro, mentre il Pil nazionale, sempre in questi ultimi 15 anni, è cresciuto del 15,4%.
Nel 2011 ogni italiano ha ipoteticamente versato nelle casse delle Autonomie locali ben 1.684 euro.
Sono questi i principali risultati di un***8217;analisi realizzata dall***8217;Ufficio studi della CGIA di Mestre: dati riferiti al 2011 e a prezzi costanti, ovvero al netto dell***8217;inflazione.
***8220;Purtroppo ***8211; esordisce Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA ***8211; la situazione è destinata a peggiorare. Con l***8217;introduzione dell***8217;imposta municipale sulla prima casa e l***8217;aumento registrato dalle addizionali Irpef regionali e comunali, nel 2012 le entrate in capo alle Autonomie locali sono destinate a subire un***8217; ulteriore impennata***8221;.
Dalla CGIA ricordano che le principali imposte locali regionali che gravano su cittadini ed imprese sono :

  • IRAP (imposta regionale sulle attività produttive);
  • Addizionale regionale IRPEF;
  • Tassa automobilistica (bollo auto);
  • Addizionale regionale all***8217;accisa sul gas naturale;
  • Tassa sulle concessioni regionali;
  • Tassa diritto studio universitario.
Quelle più significative applicate dalle Province sono:

  • Imposta sulle assicurazioni RC auto;
  • Imposta provinciale di trascrizione (autoveicoli, camion e rimorchi);
  • Addizionale provinciale sul consumo di energia elettrica (diverso da abitazioni);
  • Tributo provinciale per i servizi di tutela, protezione e igiene dell***8217;ambiente.
Infine, le più importanti in capo ai Comuni sono:

  • ICI (imposta comunale sugli immobili). Si ricorda che l***8217;Imu è stata introdotta nel 2012;
  • TARSU/TIA (tassa sui rifiuti);
  • Addizionale comunale IRPEF;
  • Tassa occupazione spazi e aree pubbliche;
  • Imposta comunale sulla pubblicità e diritto sulle pubbliche affissioni;
  • Addizionale sul consumo di energia elettrica (abitazioni).
***8220;Per invertire la rotta ***8211; prosegue Bortolussi ***8211; bisogna attuare il federalismo fiscale. Solo così saremo in grado di abbassare il carico fiscale sia al centro sia in periferia, grazie ad una maggiore responsabilizzazione dei Governatori e dei Sindaci. Per il suo definitivo compimento, purtroppo, mancano ancora da definire due tasselli importanti: i costi standard nella sanità e quelli degli Enti locali. Due misure di cui il Governo dovrebbe accelerare la realizzazione per dare il via definitivo ad una vera rivoluzione che riscriverebbe i rapporti tra il fisco ed i contribuenti. Ricordo, tra le altre cose, che in Europa i Paesi federali presentano un costo complessivo della Pubblica amministrazione pari alla metà di quello registrato dai Paesi unitari***8221;.
Come si è giunti a questa esplosione della tassazione locale ?
***8220;L***8217;aumento delle tasse locali ***8211; sottolinea Bortolussi ***8211; è il risultato del forte decentramento fiscale iniziato negli anni ***8217;90 del secolo scorso. L***8217;introduzione dell***8217;Ici, dell***8217;Irap e delle addizionali comunali e regionali Irpef hanno fatto impennare il gettito della tassazione locale che è servito a coprire le nuove funzioni e le nuove competenze che sono state trasferite alle Autonomie locali. Non dobbiamo dimenticare che, negli ultimi 20 anni, Regioni e Comuni ***8211; conclude Bortolussi ***8211; sono diventate responsabili della gestione di settori importanti come la sanità, il sociale e il trasporto pubblico locale senza aver ricevuto un corrispondente aumento dei trasferimenti. Anzi. La situazione dei nostri conti pubblici ha costretto lo Stato centrale a ridurli progressivamente, creando non pochi problemi di bilancio a tante piccole realtà amministrative locali che si sono ***8216;difese***8217; aumentando le tasse locali.***8221;
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