Val
Torniamo alla LIRA
Spread, se lo conosci lo eviti ......non lo demonizzi.
Considerando che il nostro mercato dei bond è di 1.600 miliardi di euro, l’aumento di 100 punti base (1%) dello spread di lungo periodo comporta un maggiore esborso per interessi per 16 miliardi. Ma attenzione: il debito non scade in un solo anno. Basti pensare che in un anno orribile come il 2012, tra debito in scadenza e nuovo debito (deficit) si sono emessi “solo” 470 miliardi, mentre nel 2013 le emissioni dovrebbero attestarsi a non oltre 410 miliardi, grazie a un minore debito in scadenza (40 miliardi) e a minore deficit (20 miliardi).
Questo significa che se quest’anno i rendimenti lungo tutto la curva dei rendimenti si attestassero, per ipotesi, 100 punti base sopra lo scorso anno, allora nel 2012 ci saremmo rifinanziati a un costo maggiore per lo stato di circa 4-5 miliardi. E attenzione ancora: non sono 4-5 miliardi che avremmo già sborsato, perché questo è il conto finale da qui alla scadenza del debito contratto, tra cedole più pesanti e prezzi di acquisto più bassi (cosiddetti “scarti di emissione”). I BoT, ossia i titoli con scadenza fino a un anno, pesano per non oltre il 10% del debito complessivo (160-170 miliardi all’anno), per cui se tutti fossero stati emessi a un tasso medio superiore dell’1% sul 2011, il maggiore costo che dovremmo sostenere nel 2013 non supererebbe gli 1,6-1,7 miliardi, ossia lo 0,1% del pil.
Un’ultima annotazione. Lo spread è un indice differenziale, per cui un suo aumento non implica in sé una crescita dei rendimenti sui nostri BTp, in quanto potrebbe crescere in tutto o in parte per la riduzione dei rendimenti tedeschi, nostro riferimento. Anche questo è accaduto tra il 2011 e il 2012. A fronte di uno spread che è cresciuto di un massimo di 400 punti base (da 150 fino a 550 punti base), la crescita massima dei nostri rendimenti è stata inferiore, di non oltre 300 punti base (dal 4,7% al 7,7%).
Ovvio, infine, che una variazione dello spread sul mercato secondario non si ripercuote immediatamente sul primario, ossia alle aste. Solo quando tale maggiore o minore differenziale si consolida nel tempo, allora lascia spazio a variazioni di pari peso sulle emissioni del Tesoro. Per questo, prima di disperarsi per una qualche seduta negativa, bisogna fermarsi a ragionare.
Link: Lo spread tra noi: vediamo quanto vale nelle nostre vite - Economia - Investireoggi.it
Considerando che il nostro mercato dei bond è di 1.600 miliardi di euro, l’aumento di 100 punti base (1%) dello spread di lungo periodo comporta un maggiore esborso per interessi per 16 miliardi. Ma attenzione: il debito non scade in un solo anno. Basti pensare che in un anno orribile come il 2012, tra debito in scadenza e nuovo debito (deficit) si sono emessi “solo” 470 miliardi, mentre nel 2013 le emissioni dovrebbero attestarsi a non oltre 410 miliardi, grazie a un minore debito in scadenza (40 miliardi) e a minore deficit (20 miliardi).
Questo significa che se quest’anno i rendimenti lungo tutto la curva dei rendimenti si attestassero, per ipotesi, 100 punti base sopra lo scorso anno, allora nel 2012 ci saremmo rifinanziati a un costo maggiore per lo stato di circa 4-5 miliardi. E attenzione ancora: non sono 4-5 miliardi che avremmo già sborsato, perché questo è il conto finale da qui alla scadenza del debito contratto, tra cedole più pesanti e prezzi di acquisto più bassi (cosiddetti “scarti di emissione”). I BoT, ossia i titoli con scadenza fino a un anno, pesano per non oltre il 10% del debito complessivo (160-170 miliardi all’anno), per cui se tutti fossero stati emessi a un tasso medio superiore dell’1% sul 2011, il maggiore costo che dovremmo sostenere nel 2013 non supererebbe gli 1,6-1,7 miliardi, ossia lo 0,1% del pil.
Un’ultima annotazione. Lo spread è un indice differenziale, per cui un suo aumento non implica in sé una crescita dei rendimenti sui nostri BTp, in quanto potrebbe crescere in tutto o in parte per la riduzione dei rendimenti tedeschi, nostro riferimento. Anche questo è accaduto tra il 2011 e il 2012. A fronte di uno spread che è cresciuto di un massimo di 400 punti base (da 150 fino a 550 punti base), la crescita massima dei nostri rendimenti è stata inferiore, di non oltre 300 punti base (dal 4,7% al 7,7%).
Ovvio, infine, che una variazione dello spread sul mercato secondario non si ripercuote immediatamente sul primario, ossia alle aste. Solo quando tale maggiore o minore differenziale si consolida nel tempo, allora lascia spazio a variazioni di pari peso sulle emissioni del Tesoro. Per questo, prima di disperarsi per una qualche seduta negativa, bisogna fermarsi a ragionare.
Link: Lo spread tra noi: vediamo quanto vale nelle nostre vite - Economia - Investireoggi.it