JOACKIN
joakin
Ma c'è una spiacevole sorpresa
La domanda di carne sta crescendo.
Paesi come la Cina stanno abbandonando riso e soia a favore di abitudini occidentali.
Stiamo esportando il nostro modello alimentare (e che modello!).
Secondo l'IFPRI entro il 2020 la domanda di carne nei Paesi in via di sviluppo aumenterà del 40%: questo significherà oltre 300 milioni di tonnellate di bistecche.
E raddoppierà, sempre nei Paesi in via di sviluppo, la domanda di cereali per nutrire queste tonnellate di carne.
Fino a raggiungere 445 milioni di tonnellate.
Richieste incompatibili con la salute del pianeta e con un equo sfruttamento delle risorse.
Il manzo globale sta diventando una realtà.
Si chiama rivoluzione zootecnica: significa spostare nel Sud del mondo la produzione di carne.
La Banca Mondiale sovvenziona, in Cina, l'industria dell'allevamento e della macellazione.
Ma sbaglia: suolo e acqua non bastano per sfamare il mondo a suon di bistecche e hamburger.
Con un terzo della produzione di cereali destinata agli animali e la popolazione mondiale in crescita deI 20% ogni dieci anni", scrive Rifkin, "si sta preparando una crisi alimentare planetaria".
Incalza Correggia: "è stato calcolato che l'impronta ecologica, cioè il consumo di risorse, di una persona che mangia carne è di 4 mila metri quadrati di terreno contro i mille sufficienti a un vegetariano".
E allo stato attuale, la disponibilità di terra coltivabile per ogni abitante della terra è di 2.700 metri quadrati ". Ancora: un ettaro di terra a cereali per il bestiame dà 66 chili di proteine, che diventano 1.848 (28 volte di più!) se lo stesso terreno viene coltivato a soia.
Secondo la Correggia bisogna "promuovere il miglioramento della dieta nelle aree povere, ad esempio con una miglior combinazione degli alimenti, la produzione locale di integratori a basso costo e il recupero di cereali e legumi tradizionali molto più ricchi di quel trinomio riso - frumento - mais (rigorosamente raffinati!) che ha conquistato il mondo".
Una scelta etica e responsabile
Economia, ecologia e cibo per tutti sì fondono. Ambiente ed economia, del resto, sono legati dalla quantità di risorse che la terra mette a disposizione di ciascun essere vivente.
Se qualcuno consuma di più c'è un altro costretto a digiunare.
Naturalmente non è così semplice. La fame nel mondo non è solo una questione di quantità di risorse, ma di distribuzione.
O meglio, con Marchesini "è una questione di produzione, consumo e distribuzione insieme".
Essere vegetariani è una scelta personale, frutto di un percorso (certo, se cominciassimo a ridurre quei 90 chili di carne all'anno...).
Marchesini la definisce una scelta di etica privata (etica pubblica, obbligo collettivo, deve essere, invece, l'attenzione al benessere degli animali).
Ma essere vegetariani è anche un atto di responsabilità e sensibilità sociale ed ecologica.
Scrive Rifkin: "milioni di occidentali consumano hamburger e bistecche in quantità incalcolabili, ignari dell'effetto delle loro abitudini sulla biosfera e sulla sopravvivenza della vita nel pianeta".
Ogni chilo di carne è prodotto a spese di una foresta bruciata, di un territorio eroso, di un campo isterilito, di un fiume disseccato, di milioni di tonnellate dì anidride carbonica e metano rilasciate nell'atmosfera"...
Se ogni volta che decidiamo di comprare una bistecca pensassimo a tutto questo forse per quel giorno cambieremmo menù, e chissà, magari sostituiremmo la carne con un piatto di germogli di soia consapevoli di fare del bene non solo all'umanità e al pianeta che così gentilmente ci ospita e sopporta, ma anche a noi stessi a alla nostra salute…
La domanda di carne sta crescendo.
Paesi come la Cina stanno abbandonando riso e soia a favore di abitudini occidentali.
Stiamo esportando il nostro modello alimentare (e che modello!).
Secondo l'IFPRI entro il 2020 la domanda di carne nei Paesi in via di sviluppo aumenterà del 40%: questo significherà oltre 300 milioni di tonnellate di bistecche.
E raddoppierà, sempre nei Paesi in via di sviluppo, la domanda di cereali per nutrire queste tonnellate di carne.
Fino a raggiungere 445 milioni di tonnellate.
Richieste incompatibili con la salute del pianeta e con un equo sfruttamento delle risorse.
Il manzo globale sta diventando una realtà.
Si chiama rivoluzione zootecnica: significa spostare nel Sud del mondo la produzione di carne.
La Banca Mondiale sovvenziona, in Cina, l'industria dell'allevamento e della macellazione.
Ma sbaglia: suolo e acqua non bastano per sfamare il mondo a suon di bistecche e hamburger.
Con un terzo della produzione di cereali destinata agli animali e la popolazione mondiale in crescita deI 20% ogni dieci anni", scrive Rifkin, "si sta preparando una crisi alimentare planetaria".
Incalza Correggia: "è stato calcolato che l'impronta ecologica, cioè il consumo di risorse, di una persona che mangia carne è di 4 mila metri quadrati di terreno contro i mille sufficienti a un vegetariano".
E allo stato attuale, la disponibilità di terra coltivabile per ogni abitante della terra è di 2.700 metri quadrati ". Ancora: un ettaro di terra a cereali per il bestiame dà 66 chili di proteine, che diventano 1.848 (28 volte di più!) se lo stesso terreno viene coltivato a soia.
Secondo la Correggia bisogna "promuovere il miglioramento della dieta nelle aree povere, ad esempio con una miglior combinazione degli alimenti, la produzione locale di integratori a basso costo e il recupero di cereali e legumi tradizionali molto più ricchi di quel trinomio riso - frumento - mais (rigorosamente raffinati!) che ha conquistato il mondo".
Una scelta etica e responsabile
Economia, ecologia e cibo per tutti sì fondono. Ambiente ed economia, del resto, sono legati dalla quantità di risorse che la terra mette a disposizione di ciascun essere vivente.
Se qualcuno consuma di più c'è un altro costretto a digiunare.
Naturalmente non è così semplice. La fame nel mondo non è solo una questione di quantità di risorse, ma di distribuzione.
O meglio, con Marchesini "è una questione di produzione, consumo e distribuzione insieme".
Essere vegetariani è una scelta personale, frutto di un percorso (certo, se cominciassimo a ridurre quei 90 chili di carne all'anno...).
Marchesini la definisce una scelta di etica privata (etica pubblica, obbligo collettivo, deve essere, invece, l'attenzione al benessere degli animali).
Ma essere vegetariani è anche un atto di responsabilità e sensibilità sociale ed ecologica.
Scrive Rifkin: "milioni di occidentali consumano hamburger e bistecche in quantità incalcolabili, ignari dell'effetto delle loro abitudini sulla biosfera e sulla sopravvivenza della vita nel pianeta".
Ogni chilo di carne è prodotto a spese di una foresta bruciata, di un territorio eroso, di un campo isterilito, di un fiume disseccato, di milioni di tonnellate dì anidride carbonica e metano rilasciate nell'atmosfera"...
Se ogni volta che decidiamo di comprare una bistecca pensassimo a tutto questo forse per quel giorno cambieremmo menù, e chissà, magari sostituiremmo la carne con un piatto di germogli di soia consapevoli di fare del bene non solo all'umanità e al pianeta che così gentilmente ci ospita e sopporta, ma anche a noi stessi a alla nostra salute…