IL COMMENTO ■ TITO TETTAMANTI*
avvocato, finanziere, industriale
L'origine dei debiti crescenti degli Stati
Un attento lettore del mio articolo sulla finanza illusionista degli Stati si chiede se individuando nella politica di spesa irresponsabile dei governi la fonte della situazione di sovraindebitamento attuale non si dimentichino le alchimie che hanno portato diverse grosse banche internazionali in situazione pressoché fallimentare con conseguenti costosi salvataggi pubblici.
È una tesi che taluno sostiene, vale a dire la responsabilità della voragine di debiti non sarebbe degli Stati e della politica, ma del mondo della grande finanza. È una tesi, però, che i fatti non suffragano.
Semplificando il più possibile un tema certo non facile, tre sono le ragioni che provano l'infondatezza di questa affermazione.
La prima è che le banche dei Paesi europei maggiormente in crisi e pericolanti (Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna, Italia) non hanno o hanno partecipato molto poco ai giochi deprecati della finanza, dai subprime ai derivati, ai diversi swap .
Le banche greche erano troppo piccole per giocare un ruolo e impegnate a sottoscrivere e investire nel debito pubblico del proprio Paese.
Lo stesso dicasi di quelle portoghesi. Le banche italiane, anche quelle di un certo rilievo, non sono state (fortunatamente per loro) molto attive in quel campo e non hanno necessitato di massicci sostegni e infusioni dallo Stato a differenza di quelle germaniche, inglesi e in parte francesi.
In Spagna la Banca centrale, che esercita il controllo sul sistema bancario, ha intelligentemente vietato alle banche del Paese di partecipare ai pericolosi giochi che sappiamo e l'origine della voragine è da cercare nella malaspesa regionale, e nella bolla immobiliare nazionale, come pure in Irlanda.
Quindi, negli Stati oggi a rischio e malmessi l'aiuto alle banche nazionali, conseguenti alla partecipazione a funambolismi della finanza internazionale, non hanno avuto un ruolo di rilievo nell'origine della insostenibile massa debitoria pubblica.
Ma vi è un altro argomento che contesta la tesi di chi vorrebbe far risalire la responsabilità della situazione finanziaria di Stati sovraindebitati alla finanza internazionale.
Uno studio del dicembre 2011 della Stiftung Marktwirtschaft (nr. 115 Ehrbare Staaten? Tatsächliche Staatsverschuldung in Europa im Vergleich ) ha ricostruito l'andamento delle finanze pubbliche nei dodici Paesi che erano nell'UE già nel 1970.
L'indebitamento medio dei dodici Paesi è passato dal 22% del PIL nel 1970, al 34% nel 1980, al 55% nel 1990, al 69% nel 2000. L'aumento dal 2000 al 2010 (86%), periodo nel quale abbiamo avuto la crisi finanziaria, non è stato sproporzionato rispetto ai periodi precedenti. In Italia ad esempio la percentuale di indebitamento nell'ultimo decennio è salita dal 109% al 118%. Si tratta quindi di un inesorabile, inarrestabile, continuo, preoccupante aumento dell'indebitamento degli Stati e quindi dei loro cittadini, conseguente alle politiche di bilancio.
Quando come in Grecia le ferrovie statali incassano dai passeggeri una somma inferiore all'ammontare degli stipendi del personale (e dimentichiamo i costi di manutenzione e struttura), è chiaro che il buco annuale è ben superiore alla cifra d'af fari e non sono necessarie particolari tecniche finanziarie per andare in fallimento.
Un ex ministro delle Finanze greco, Stafanos Manos, è ricordato per aver detto che se la Grecia facesse trasportare i passeggeri della ferrovia in taxi, risparmierebbe soldi.
Il sistema scolastico greco (oltretutto poco efficiente) impiega per scolaro un numero di docenti pari a quattro volte quello finlandese, sistema quest'ultimo dagli ottimi risultati.
Si possono scrivere romanzi sull'inefficienza, sperpero, utilizzo clientelare e scriteriato dei mezzi, ma non solo per la Grecia.
Basta seguire i quotidiani italiani per un altro caso esemplare. Quindi il male viene da lontano, da politiche che hanno origini ben prima della crisi del 2007/2008 e che hanno portato i Paesi a situazioni (pre)fallimentari.
Ma vi è un terzo argomento che contesta la tesi di chi vede l'origine (o gran parte) della situazione nei buchi ori ginati dalla finanza.
Se noi teniamo conto, e faccio capo ancora allo studio menzionato sopra, degli impegni assunti dagli Stati, specie nel campo pensionistico e che verranno a maturazione nel tempo e non evidenziati nei bilanci correnti, la stessa Germania si trova ad un totale di indebitamento pari a quasi il 200% del PIL, la Francia al 338%, nei dodici Paesi già nell'Unione europea dagli anni Settanta, al 340%. Parliamo di migliaia di miliardi di euro, e l'incidenza di qualche salvataggio (magari inutile) di qualche banca ha un impatto marginale.
Nessuno vuol dimenticare i marchiani errori del mondo della finanza, conseguenza anche di avidità unita talvolta a stupidità.
Però evitiamo che reazioni emotive e confusioni vengano abilmente usati dalla politica per far dimenticare le proprie responsabilità oggettivamente più gravi, continue e programmate