Conto alla rovescia per la Tobin Tax made in Italy, mentre la Germania rinvia al 2016: ecco i punti critici
di Vito Lops
Settimana cruciale per la Tobin Tax in Italia. In queste ore lo staff del ministero dell'Economia sta lavorando alla revisione del testo e potrebbe calmierare la stretta fiscale rispetto a quanto previsto nella prima bozza contenuta nel
disegno di legge di stabilità.
Il nuovo testo, secondo indiscrezioni, potrebbe essere ultimato nel giro di 2-3 giorni: dopodiché la palla dovrebbe passare al Parlamento. Molti i dubbi:
verrà replicato integralmente o solo in parte il modello francese (meno restrittivo dell'attuale testo italiano)?
Allo stesso tempo, verranno tappati i buchi che a pochi mesi di vita (in Francia la Tobin Tax è operativa dal 1° agosto) il modello transalpino ha evidenziato (come la fuga dagli investitori verso i contratti per differenza)?
Gli addetti ai lavori confidano in un ribaltone del testo-bozza.
Vediamo perché.
Il primo testo contestato
La formulazione originaria prevede un'aliquota dello 0,05% sulle negoziazioni di azioni, strumenti finanziari partecipativi e derivati (su azioni, valute, materie prime, ecc.). Sono escluse le negoziazioni che riguardano titoli di Stato e obbligazioni societarie. E prevede inoltre che l'aliquota venga applicata su ogni negoziazione e non al saldo degli scambi a fine giornata. Il governo, nell'impianto legislativo originario, stima un gettito annuo 1.088 milioni di euro e un calo del 30% delle contrattazioni di azioni e dell'80% del mercato dei dervati.
Trader e operatori finanziari sono però saliti sul
sul piede di guerra sottolineando che la norma, così come è stata scritta, non frenerebbe la speculazione (come nell'intento del governo aggiunto a quello di fare cassa nell'attuale fase di austerity)
ma scatenerebbe l'effetto boomerang di danneggiare volumi, liquidità e quotazioni dei titoli quotati a Piazza Affari. Con gravi danni sociali per gli operatori finanziari, compresi quelli che lavorano nell'indotto.
Il nuovo testo
Fra poche ore conosceremo le revisioni del testo originario. Se dai primi rumors sembrava si fosse orientati a "tradurre" il testo francese i dubbi sul cambio di rotta emergono anche dall'
emendamento Boccia (Pd) sulla Tobin Tax che spinge per vincolare l'esecutivo su una riduzione delle aliquote e su un ampliamento della base imponibile. In ogni caso, le preoccupazioni degli addetti ai lavoratori non mancano, anche perché il tempo disponibile per far luce su eventuali ulteriori emendamenti si assottiglia dato che il governo è intenzionato a chiudere la partita entro fine anno (anche se rumors indicano che difatti poi l'applicazione potrebbe essere posticipata a marzo-aprile),
seguendo così la Francia che ha introdotto la sua versione della Tobin Tax lo scorso agosto. Analizziamo i punti critici.
Ecco perché i trader sono pronti a fuggire da Piazza Affari se passa la Tobin Tax. Il rischio di nuovi esodati
di Vito Lops
I trader non hanno mai indetto uno sciopero. Ma se potessero questo sarebbe il momento giusto per protestare. Perché lo spettro della Tobin Tax - che secondo quanto previsto dall'attuale stesura del
disegno di legge di stabilità dovrebbe entrare in vigore in Italia da gennaio 2013 - sta aleggiando nelle sale di Piazza Affari.
Il Governo, tassando le transazioni finanziarie di azioni e derivati con un'aliquota dello 0,05% sul valore degli strumenti finanziari compravenduti, stima un gettito annuo di 1.088 milioni di euro.
Come ricordato dal Sole 24 Ore ore in edicola oggi il
Governo si aspetta una doccia fredda sugli scambi, con
un calo del 30% delle contrattazioni sul mercato azionario e dell'80% nel più opaco mercato dei derivati.
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Cali che potrebbero avere ripercussioni a cascata sulla liquidità dei titoli quotati e sulle rispettive quotazioni. Il rischio è di assistere a quello che è successo in Svezia nel 1984, quando il Paese decise di introdurre la tassa sulle transazioni finanziarie ideata dal premio Nobel per l'economia
James Tobin, ai tempi professore del premier
Mario Monti.
Una scelta che deluse le aspettative di Stoccolma: l'incasso dell'Esecutivo risultò inferiore a quanto preventivato a causa di un tracollo delle transazioni del 75%. Per questo motivo - mentre intanto gli investitori si spostavano in Gran Bretagna - la Svezia fece dietrofront nel 1992, cancellando la tassa.
Ma il rischio maggiore, come spiega Davide Biocchi, trader professionista e vincitore del premio Top Trader 2007 di Borsa Italiana «è di assistere a una fuga degli investirori rimasti dalla nostra Borsa verso l'Inghilterra e altri mercati che non introdurranno questa tassa perché fortemente contrari.
A quel punto assisteremmo all'implosione del sistema finanziario italiano per colpa di una tassa il cui gettito presunto non tiene conto degli oneri sociali a carico dello Stato,
in termini di ammortizzatori sociali, che scatterebbero a causa della
perdita di migliaia di posti di lavoro tra gli operatori finanziari e coloro che lavorano nell'indotto.
Una nuova marea di esodati.
Perché - continua Biocchi - non c'è nessuna differenza tra un operaio della Fiat e un operatore dell'help desk di una società finanziaria.
Al gettito stimato dalla Tobin Tax il governo dovrebbe anche sottrarre le minori entrate fiscali causate dallo
spostamento all'estero di molte imprese italiane che operano nel settore.
Perché un'impresa straniera che compra azioni in Italia la Tobin Tax non la paga comunque.
Di converso molti italiani potrebbero acquistare azioni o derivati in altri mercati, dove la Tobin Tax non esiste.
Ma l'impatto rischia di essere devastante perché l'indotto interessato è vastissimo.
Che dire ad esempio di coloro che hanno o vogliono stipulare un mutuo con cap?
Anche il cap è un derivato e pertanto finirebbe nell'orbita della Tobin Tax».
La speculazione verrebbe colpita?
Se l'intento del legislatore è quello di punire la speculazione pare che la Tobin Tax non sia la soluzione ideale.
«Chi specula troverà altri mercati e abbandonerà quello italiano. Con la conseguenza che il valore delle società di Piazza Affari rischierebbe di scendere sotto i fondamentali con un effetto ribassista a cascata», prosegue Biocchi.
Perché i trader pensano alla fuga
«Se passa la Tobin Tax dal 2013 non comprerò più un'azione in Italia - conclude -. Del resto questa imposta, anche analizzando le statistiche è assurda. Già oggi l'80% di chi fa trading perde soldi, se poi conteggiamo le pur basse commissioni attuali, il 91% non guadagna.
Se a questo quadro inseriamo anche una Tobin Tax muore tutto».
Perché, dal punto di vista tecnico, i trader italiani potrebbero andar via dall'Italia?
«Oggi abbiamo oltre 6 mila contratti eseguiti sul Fib, scambi buoni ma si tratta del canto del cigno. Con l'introduzione della Tobin Tax crolleranno - spiega senza giri di parole il chief trader di una primaria Sim del Triveneto -. Per fare un esempio oggi il
Fib viaggia a 16.120 punti, considerando un tick di 5, il contratto vale 80.600 euro su cui si pagano dai 3 a 5 euro di commissione per ogni signola operazione di acquisto o di vendita.
Con la Tobin Tax bisognerà sborsare altri 40 euro per operazione.
Non conviene fare trading perché il balzello mangia gran parte del potenziale guadagno. Crediamo che gli scambi sui derivati si sposteranno su piazze che non applicano la Tobin Tax. In Italia i prezzi sui derivati azionari saranno probabilmente caratterizzati da spread molto ampi tra denaro e lettera, un modo per includervi il costo della tassa, ma anche un segnale di minore liquidità del mercato. L'allargamento degli spread potrebbe ovviamente ripercuotersi anche sulle quotazioni a contanti dei titoli azionari».
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