In una nostra email del 24 dicembre avevamo commentato il discorso tenuto da Draghi al G30 tenutosi la settimana precedente e specialmente una frase che sembrava proprio riferirsi al Recovery Fund italiano:
«Quel che bisogna valutare è se un progetto è utile o no. Se supera certi test che riguardano il suo tasso di rendimento sociale, oppure è semplicemente il frutto di una convenienza politica e di clientelismo».
Ti ricopio pari pari il nostro commento fatto allora:
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La preoccupazione di Draghi è che i soldi di questi programmi europei non vengano spesi per rimettere in piedi le piccole e medie imprese, ma piuttosto per arricchire i vari carrozzoni pubblici e le imprese parastatali (cioè quelle che hanno legami a vario titolo con lo Stato, oltre a quelle che includono lo Stato fra i detentori di quote azionarie).
Il motivo per cui Draghi e i suoi amici del G30 hanno tanto a cuore le imprese italiane non è del tutto disinteressato. Lo stesso Draghi infatti specifica che:
- «Ci sarà un aumento dei crediti deteriorati in tutto il sistema bancario in gran parte del mondo » .
- «Anche in futuro le piccole e medie imprese continueranno a dipendere dal sistema bancario e anche per questo la salute degli istituti di credito è importante » .
In altre parole: piu' imprese andranno in sofferenza o in fallimento e piu' i debiti che queste imprese avevano con le banche non verranno ripagati, con pesanti ripercussioni sui bilanci delle banche stesse.
Resta il fatto che pero' Draghi ha ragione.
Il rischio è che il Recovery Fund provochi le stesse storture nate con i precedenti aiuti che l'UE ha erogato, soprattutto a fine anni '90 - inizio anni 2000, nei vari programmi dei Fondi Strutturali Europei e che i lettori meno giovani certamente ricorderanno.
I Fondi Strutturali Europei servivano a sostenere quegli stati, come l'Italia, la Grecia e la Spagna che avrebbero subito i maggiori squilibri economici dalla incipiente moneta unica.
In Italia, questa pioggia di soldi contribui' a creare una miriade di società impegnate in migliaia di "corsi di formazione" che si susseguirono senza sosta per un decennio.
Queste società estemporanee ebbero una vita talmente lunga (un decennio di vita è un tempo che molte medie e piccole imprese non riescono nemmeno a raggiungere) da formare quasi un'economia parallela che riusci' a creare posti di lavoro e "stipendi" (anche se non erano chiamati cosi') in larghe fasce di popolazione.
Inoltre, gli stessi Fondi Strutturali, finanziarono la creazione di molte entità pubblico-private, alcune necessarie, ma molte altre del tutto parassitarie, che sopravvivono tuttora e pesano ancora nel bilancio della spesa pubblica.
Il risultato finale di questa lunga campagna europea fu quindi l'aumento della spesa pubblica (grazie alla nascita di carrozzoni pubblici e nuovo personale parassitario) e il contemporaneo peggioramento del PIL (grazie al crescente deterioramento delle imprese e dell'occupazione nell'economia reale, proseguito fino ai giorni nostri).
Se il Recovery Fund si rivelasse una riedizione dei Fondi Strutturali, dice Draghi, il rischio è che nuovi "carrozzoni" pubblici con tante assunzioni clientelari manderebbero letteralmente al tappeto la spesa pubblica, creando i presupposti per l'Italia di uno sforamento del deficit tra PIL e debito di una magnitudine mai vista nella storia dei paesi occidentali.
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Questo discorso ora va tenuto sempre presente per capire cosa sta accadendo in Italia.
Forse una parte dei poteri forti ha fatto cadere il governo per rendere la realizzazione del Recovery Fund piu' aderente ai principi che abbiamo appena illustrato.
Monitoreremo da vicino gli sviluppi, ma per ora abbiamo una buona base interpretativa: le parole stesse di Draghi. |