Rino Alfeo
Nuovo forumer
Per chi vuole iniziare a capire: una fiaba... con morale !
Per chi vuole iniziare a capire: una fiaba... con morale !
L’Isola dei Naufraghi (di Louis Even)
Salvati dal naufragio
Un’esplosione ha distrutto la loro nave. Ognuno si aggrappa ai primi pezzi fluttuanti che gli capitano sotto mano. Cinque sono riusciti a trovarsi riuniti sullo stesso relitto spinto dalle onde. Degli altri compagni del naufragio nessuna notizia. Da ore, lunghe ore, scrutano l’orizzonte: qualche nave viaggiante li vedrà? La loro zattera di fortuna approderà su qualche riva ospitale? Ad un tratto, si sente un grido: Terra! Terra laggiù! Guardate! Proprio nella direzione verso cui le onde ci spingono! Ed a misura che si disegna, in effetto, la linea d’una riva, i visi si rallegrano. Essi sono cinque. Cinque Canadesi: Francesco, il grande e forte carpentiere, che per prima ha gridato: Terra! Paolo, coltivatore. Giacomo, specialista per l’allevamento di animali. Enrico, dottore in agraria. Tommaso, ingegnere minerario.
In’isola provvidenziale
Rimettere i piedi su una terra ferma, per i nostri uomini è un ritorno alla vita. Una volta asciugati e riscaldati, il loro primo pensiero è fare conoscenza con quest’isola dove sono stati spinti… lontani dalla civilizzazione. Questa isola la battezzano col nome: L’Isola dei Naufraghi. Un rapido giro sull’isola colma le loro speranze. L’isola non è un deserto arido. Essi sono ora i soli uomini ad abitarla attualmente. Ma altri hanno dovuto viverci prima di loro: hanno incontrato qua e là sull’isola greggi semiselvaggi. Giacomo, l’allevatore, afferma che potrà migliorarli e trarne un buon rendimento. In quando al suolo dell’Isola, Paolo lo trova in gran parte assai propizio alla coltura. Enrico ha scoperto alberi fruttiferi e spera poter ottenerne grande profitto. Francesco vi ha notato soprattutto le belle distese forestali, ricche in legno di ogni specie: sarà molto facile abbattere alberi e costruire ricoveri per la piccola colonia. In quanto a Tommaso, l’ingegnere, ciò che lo ha interessato è la parte la più rocciosa dell’Isola. Egli vi ha notato molti segni indicando un sottosuolo molto ricco di minerali. Nonostante la mancanza di attrezzi perfezionati, Tommaso crede avere abbastanza iniziativa e scaltrezza per trasformare il minerale in metalli utili. Ognuno potrà dunque occuparsi alle sue opere favorite per il bene di tutti. Tutti sono unanimi a lodare la Provvidenza per lo scioglimento relativamente felice d’una grande tragedia.
Le vere ricchezze
Ecco i nostri uomini al lavoro. Le case ed i mobili sono costruiti dal falegname. Nei primi tempi, si sono accontentati di alimenti primitivi. Ma ben presto i campi coltivati danno buone raccolte. Stagioni dopo stagioni, il patrimonio dell’Isola si arricchisce. Si arricchisce non d’oro o di denaro stampato, ma di vere ricchezze: cose che nutrono, che abbigliano, che ricoverano, che rispondono a veri bisogni. La vita non è sempre facile e mancano tante cose alle quali erano abituati nella civiltà. D’altronde, la loro sorte avrebbe potuto essere molto più triste. Essi hanno comunque già conosciuto tempi di crisi in Canada. Essi ricordano le privazioni a cui sono stati sottoposti, mentre che i magazzini erano pieni, a dieci passi dalla loro porta di casa. Almeno, sull’Isola dei Naufraghi, nessuno li condanna a vedere marcire, sotto i loro occhi, cose di cui hanno bisogno. Poi le tasse sono sconosciute. Non c’è da temere i sequestri. Se il lavoro è duro talvolta, almeno si ha il diritto di godere i frutti del lavoro. Insomma, sfruttano l’Isola, benedicendo Dio, sperando un giorno di poter ritrovare parenti ed amici, con due grandi beni conservati: la vita e la salute.
Il maggiore inconveniente
Il nostri uomini si riuniscono spesso per discutere dei loro affari. Nel sistema economico molto semplice che essi praticano, una cosa ritorna sempre più in mente: non hanno alcuna specie di moneta e lo scambio, il cambio diretto di prodotti con prodotti, ha molti inconvenienti. I prodotti da scambiare non sono sempre l’uno di fronte all’altro nello stesso momento. Così avviene che la legna consegnata al coltivatore durante l’inverno, potrà essere rimborsata in legumi soltanto fra sei mesi. Molte volte viene consegnato di colpo un grosso materiale da uno degli uomini, ed in cambio, egli vorrebbe differenti piccoli oggetti, prodotti da parecchi altri ed ad epoche differenti. Tutto questo complica gli affari. Se vi fosse denaro in circolazione, ognuno potrebbe vendere i suoi prodotti agli altri in cambio di denaro. Con la moneta ricevuta si potrebbe comprare dagli altri le cose che si desiderano, quando le si desiderano e quando vi sono. Tutti sono d’accordo a riconoscere la comodità di possedere un sistema di denaro. Ma nessuno di loro sa come stabilirne uno. Hanno imparato a produrre la vera ricchezza, le cose. Ma non sanno fare i segni, il denaro. Nonostante si decide insieme di avere denaro, ignorano come fare e come farlo incominciare quando non ce n’è... Senza dubbio molti uomini istruiti sarebbero altrettanto nell’imbarazzo; tutti i loro governanti sono stati nello stesso imbarazzo dieci anni prima della guerra. Solo il denaro mancava al paese ed il governo restava paralizzato di fronte a questo problema.
Arrivo d’un rifugiato
Una sera che i nostri uomini, seduti sulla spiaggia, parlano per la centesima volta di questo problema, tutto d’un tratto vedono avvicinarsi una barca guidata da un solo uomo. Si affrettano ad aiutare il nuovo naufrago. Gli offrono le prime cure e discorrono. Parla francese, ma i lineamenti del viso fa pensare che è di un’altra origine. Apprendono che è un Europeo, il solo sopravvivente di un naufragio. Il suo nome: Martin Golden. Felice di avere un altro compagno, i cinque uomini lo accolgono con calore e gli fanno visitare la colonia.
“Malgrado siamo perduti lontano dal resto del mondo - gli dicono - non siamo proprio da compiangere. La terra rende molto bene ed anche la foresta. Una sola cosa ci manca: non abbiamo denaro per facilitare lo scambio dei nostri prodotti.”
“Benedite il caso che mi ha portato qui! - risponde Martin - Il denaro non ha misteri per me. Io, sono un banchiere ed in poco tempo posso installarvi un sistema monetario che vi darà soddisfazione.”
Un banchiere!... Un banchiere!... Un angelo venuto direttamente dal cielo non avrebbe inspirato maggiore reverenza. In paesi civilizzati non siamo forse abituati ad inchinarsi davanti ai banchieri che controllano le pulsazioni della finanza?
Il dio della civiltà
"Signor Martin, poiché siete banchiere, voi non lavorerete sull’Isola. Vi occuperete solamente del nostro denaro.”
“Me ne disobbligherò colla soddisfazione, come ogni banchiere, di stimolare la prosperità comune.”
“Signor Martin, vi costruiremo una dimora degna di voi. Nel fra tempo, vi possiamo installare nell’edificio che serve alle nostre riunioni pubbliche ?”
“Molto bene, amici miei. Ma incominciamo a sbarcare tutto ciò che sono riuscito a salvare dal naufragio: una piccola pressa, della carta e soprattutto un piccolo barile che tratterete con molto cura.”
Si sbarca tutto. Il piccolo barile intriga la curiosità della nostra brava gente.
“Questo barile - dichiara Martin - è un tesoro senza pari. È pieno d’oro!”
Pieno d’oro! Cinque anime mancarono di sprigionarsi da cinque corpi. Il dio della civiltà entrato nell’Isola dei Naufraghi. Il dio giallo, sempre nascosto, ma potente, terribile, la cui presenza o assenza o i minimi capricci possono decidere della vita di 100 nazioni!
“Dell’oro! Signor Martin, vero grande banchiere! Ricevete i nostri omaggi ed i nostri giuramenti di fedeltà.”
“Dell’oro per tutto un continente, miei amici. Ma non è l’oro che deve circolare. Bisogna nascondere l’oro: l’oro è l’anima di tutto il denaro sano. L’anima deve restare invisibile. Io vi spiegherò tutto da quando vi darò il denaro.”
Un seppellimento senza testimone
Prima di separarsi per la notte, Martin rivolge loro un’ultima domanda:
“Per incominciare, di quanto denaro avreste bisogno sull’Isola, per facilitare i vostri scambi?”
Si guardano. Consultano umilmente lo stesso Martin. Colle suggestioni del benevolo banchiere si conviene che $200 per ognuno paiono abbastanza per incominciare. Appuntamento fissato per domani sera. Gli uomini si ritirano, scambiano tra di loro, riflessioni commosse, vanno a dormire tardi, s’addormentano bene soltanto verso il mattino, dopo avere a lungo sognato oro ad occhi aperti. Martin, lui, non perde tempo. Dimentica la sua stanchezza per non pensare che al suo avvenire di banchiere. Allo spuntare del giorno scava un fosso e rotola il barile dentro, lo copre di terra, lo dissimula con dei ciuffi d’erba accuratamente posti, vi trapianta un piccolo arbusto per nascondere ogni traccia. Poi mette in moto la sua piccola pressa, per stampare mille biglietti da un dollaro. Vedendo i biglietti uscire della pressa, tutti nuovi, sogna in se stesso: “Come sono facili da fare questi biglietti! Essi traggono il loro valore dai prodotti che serviranno a comprare. Senza prodotti, i biglietti non varrebbero nulla. I miei cinque ingenui clienti non pensano a questo. Credono sia l’oro a garantire i dollari. Io li tengo per la loro ignoranza!”
Verso sera, i cinque arrivano correndo presso Martin.
A chi il denaro fatto di fresco?
Cinque mucchietti di biglietti erano là, sulla tavola.
“Prima di distribuirvi questo denaro - disse il banchiere - bisogna intendersi.” “Il denaro è basato sull’oro. L’oro, collocato nella volta della mia banca, è mio. Dunque il denaro è mio... Oh! Non siate tristi. Io vi presterò questo denaro e voi l’userete a vostro piacere. In attesa, non vi carico che gli interessi. Visto che il denaro è raro sull’Isola, essendo che non ce n’è affatto, io credo di essere ragionevole, domandandovi solo un piccolo interesse dell’otto per cento.”
“Un ultimo punto amici. Gli affari sono affari, anche tra grandi amici. Prima di toccare il proprio denaro, ognuno di voi, firmerà questo documento: c’è l’impegno per ognuno di voi di rimborsare capitale ed interessi, su pena di confisca, da me, delle loro proprietà. Oh! Una semplice garanzia. Io non tengo per nulla ad avere mai le vostre proprietà, io mi contento del denaro. Io sono sicuro che voi conserverete i vostri beni e che mi restituirete il denaro.” “E’ pieno di buon senso, Signor Martin. Noi raddoppieremo d’ardore al lavoro e vi rimborseremo tutto.”
“Va bene. E venite a trovarmi ogni qual volta abbiate problemi. Il banchiere è il migliore amico di tutti... Adesso, ecco ad ognuno i suoi 200 dollari.”
Ed i nostri cinque uomini se ne vanno contenti, la testa e le mani piene di dollari.
Un problema d’aritmetica
Il denaro di Martin ha circolato nell’Isola. Gli scambi si sono moltiplicati, semplificandosi. Tutti si rallegrano e salutano Martin con rispetto e gratitudine.
Frattanto, Tommaso, l’ingegnere, è inquieto. I suoi prodotti sono ancora sotto terra. Non ha più in tasca che qualche dollaro. Come potrà rimborsare alla prossima scadenza il banchiere?
Dopo aver ragionato a lungo sul suo problema individuale, Tommaso considera questo socialmente:
“Considerando la popolazione di tutta quanta l’Isola - pensa - siamo noi in grado di mantenere i nostri impegni? Martin ha fatto una somma totale di $1,000. Egli domanda una somma di $1,080. Persino prenderemmo insieme tutto il denaro dell’Isola per portarglielo, ciò farebbe $1,000 e non $1,080. Nessuno ha fatto gli $80 in più. Noi facciamo prodotti, non dollari. Martin potrà dunque sequestrare tutta l’Isola, poiché noi tutti insieme, non possiamo restituire capitale ed interessi.
“Quelli che sono capaci rimborsano per se stessi, senza preoccuparsi degli altri, molti cadranno subito, altri sopravviveranno. Ma, il turno degli altri verrà ed il banchiere prenderà tutto. Dunque è meglio mettersi insieme immediatamente e regolare quest’affare socialmente.”
Tommaso non ha difficoltà a convincere gli altri che Martin li ha imbrogliati. Tutti si danno appuntamento dal banchiere.
Benevolenza del banchiere
Martin indovina il loro stato d’animo, ma fa buona faccia. L’impetuoso Francesco presenta il caso:
“Come possiamo noi portarvi $1,080 quando non ce n’è che $1,000 in tutta l’Isola?”
“E’ l’interesse, miei buoni amici. Non è la vostra produzione aumentata?”
“Si, ma, il denaro, lui, non è aumentato. Ora, c’è giustamente del denaro che voi reclamate e non dei prodotti. Voi solo potete fare del denaro. Ora voi non avete fatto che $1,000 e ne domandate $1,080. Questo è impossibile!”
“Aspettate, miei amici. I banchieri si adattano sempre alle condizioni per il maggior bene comune... Io non vi domanderò che l’interesse. Niente altro che $80. Voi continuerete a tenere il capitale.”
“Voi ci abolite i nostri debiti”
“No, mi dispiace, ma un banchiere non rimette mai un debito. Voi mi dovete ancora tutto il denaro prestato. Ma voi non mi rimetterete ogni anno che l’interesse. Se voi siete assidui a pagare l’interesse, io non vi incalzerò per il rimborso del capitale. Qualcuno di voi possono divenire incapaci di pagare persino il loro interesse, poiché il denaro va da una persona all’altra. Allora organizzatevi come una nazione e fondate un sistema di collezione. Ciò si chiama tassare. Voi tasserete di più quelli che avranno più denaro, e gli altri meno. Purché voi mi apportiate collettivamente il totale dell’interesse, io sarò soddisfatto e la vostra nazione andrà bene.”
I nostri uomini rincasano metà calmati e metà pensierosi.
L’estasi di Martin Golden
Martin è solo. Qualche minuto di raccoglimento. Egli conclude:
“Il mio affare è buono. Buoni lavoratori, questi uomini, ma ignoranti. La loro ignoranza e fiducia fanno la mia forza. Essi volevano del denaro, io gli ho passato delle catene. Essi mi hanno coperto di fiori, mentre io li ingannavo. Oh! grande Rothschild, io sento il tuo genio di banchiere impadronirsi dei mio essere. Tu lo hai ben detto, illustre maestro: ‘Che mi sia accordato il controllo del denaro di una nazione ed io m’infischio di chi fa le sue leggi.’ Io sono il padrone dell’Isola dei Naufraghi, perché ho il controllo del suo sistema monetario. Potrei controllare un universo. Ciò che faccio qui, io, Martin Golden, lo posso fare nel mondo intero. Che io esca, un giorno, da questa Isola: so come governare il mondo senza tenere di scettro. Il mio diletto sovrano sarebbe di versare la mia filosofia nelle teste dei cristiani: banchieri, padroni di industria, politicanti, salvatori di popolo, professori, giornalisti, essi sarebbero miei servi. La massa dei cristiani si addormenta meglio nella sua schiavitù, quando i capomastri di schiavi sono essi stessi cristiani.”
E tutta la struttura del sistema bancario rothschildiano sorge nello spirito lietissimo di Martin. Frattanto, la situazione peggiora sull’Isola dei Naufraghi. Anche se la produttività aumenta, diminuiscono gli scambi. Martin pompa regolarmente i suoi interessi. Bisogna pensare a mettere denaro da parte per lui. Il denaro incolla, e lui fa circolare il male. Quelli che pagano più tasse gridano contro gli altri e aumentano i loro prezzi per trovare compenso. I più poveri, che non pagano tasse, gridano contro i costi della vita e comprano meno. Il morale diminuisce, la gioia di vivere se ne va. Non si ha più cuore al lavoro. A che vale? I prodotti si vendono male; e quando si vendono, bisogna infliggere delle tasse per Martin. La gente si priva. E’ la crisi. Ed ognuno accusa il suo vicino di mancare di virtù e di essere la causa della vita sempre più cara. Un giorno, Enrico, riflettendo nel mezzo del suo frutteto, conclude che il “progresso” apportato dal sistema monetario del banchiere, ha rovinato tutto nell’Isola. Certamente, i cinque uomini hanno i loro difetti; ma il sistema di Martin nutre tutto ciò che è di più cattivo nella natura umana. Enrico decide di convincere e di raccogliere i suoi compagni. Incomincia da Giacomo. Subito fatto: “Eh! - dice Giacomo - non sono affatto sapiente, io; ma è da molto tempo che lo sento: il sistema di quel banchiere è più putrido che il letame della mia stalla della scorsa primavera?” Tutti sono guadagnati l’uno dopo l’altro, ed un nuovo abboccamento con Martin è deciso.
Presso il fabbro di catene
Ci fu una tempesta presso il banchiere:
“Il denaro è raro sull’Isola, Signor, perché voi ce lo togliete. Vi paghiamo, vi paghiamo, e vi dobbiamo ancora altrettanto che al principio. Lavoriamo, facciamo le terre più belle, ed ecco che siamo più mal presi di prima che voi foste arrivato. Debito! Debito! Debiti fin sopra le teste!”
“Orsù! miei amici, ragioniamo un po’. Se le vostre terre sono più belle, è grazie a me. Un buon sistema bancario è il più bell’attivo per un paese. Ma per approfittarne bisogna, prima di tutto, conservare la fiducia al banchiere. Venite a me come ad un padre... Voi volete altro denaro? Molto bene. Il mio barile d’oro vale molte volte mille dollari... Tenete, io ipotecherò le vostre nuove proprietà e vi presterò immediatamente un altro mille dollari.”
“Due volte più di debiti? Due volte più di interesse da pagare ogni anno, senza mai finire?”
“Si, ma io ve ne presterò ancora tanto che voi aumenterete la vostra ricchezza fondiaria; e voi non mi restituirete che l’interesse. Voi accatasterete i prestiti, li chiamerete: debito consolidato. Debito che potrà aumentare di anno in anno. Ma anche il vostro reddito. Grazie ai miei prestiti, voi svilupperete il vostro paese.”
“Allora, più il nostro lavoro farà produrre l’Isola, piò il nostro debito totale aumenterà?”
“Come in tutti i paesi civilizzati: il debito pubblico è un barometro della prosperità.”
Il lupo mangia gli agnelli
“E’ questo ciò che voi chiamate denaro sano, Signor Martin? Un debito nazionale divenuto necessario ed impagabile? Ciò non è sano, ciò è malsano.”
“Signori, ogni denaro sano deve essere basato sull’oro e deve uscire dalla banca allo stato di debito. Il debito nazionale è una buona cosa: esso mette i governi sotto la saggezza incarnata nei banchieri. A titolo di banchiere, io sono una fiaccola di civiltà nella vostra Isola.”
“Signor Martin, noi non siamo che degli ignoranti, ma noi non ne vogliamo sapere affatto di tale civiltà. Noi non prenderemo più a prestito un solo soldo da voi. Denaro sano o non sano, noi non vogliamo più fare affari con voi.” “Mi dispiace questa decisione goffa, Signori. Ma, se rompete il contratto con me, io ho le vostre firme. Rimborsatemi immediatamente tutto, capitale e interessi.”
“Ma, questo è impossibile, Signore. Anche restituendovi tutto il denaro dell’isola, non saremmo liberi.” “Non posso farci niente… Avete firmato, si o no? Si! Ebbene, in virtù della santità dei contratti, io sequestro tutte le vostre proprietà ipotecate, come convenuto tra noi, al tempo in cui eravate così contenti di avermi. Voi non volete servire con beneplacito la potenza del denaro, voi la servirete con la forza. Voi continuerete a sfruttare l’Isola, ma per me e alle mie condizioni. Andate. Io vi darò i miei ordini domani.”
Il controllo dei giornali
Come Rothschild, Martin sa che colui che controlla il sistema monetario di una nazione, controlla questa nazione. Ma lui sa anche, che, per mantenere questo controllo bisogna intrattenere il popolo nell’ignoranza e divertirlo con altre cose. Martin ha notato che tra i cinque uomini, due sono conservatori e tre sono liberali. Lo ha notato dalle conversazioni dei cinque, la sera, soprattutto da quando sono diventati suoi schiavi. Si litigano tra rossi e blu. Di quando in quando, Enrico, meno partigiano, suggerisce un’Unione degli Elettori, per meglio risolvere insieme, una situazione penosa a tutti... Unione pericolosa che può portare alla dittatura. Martin si applicherà dunque ad inasprire le loro discordie politiche il più possibile. Si serve della sua piccola pressa per pubblicare due foglietti settimanali: “Il Sole” per i rossi; “La Stella” per i blu.
“Il Sole”, in sostanza dice: Se voi non siete più padroni nel vostro paese, è a causa di questi arretrati di blu, sempre attaccati ai grossi interessi.
“La Stella” dice in sostanza: Il vostro debito nazionale è l’opera dei maledetti rossi, sempre pronti a qualsiasi avventura politica. E i nostri due gruppi politici si litigano sempre più, dimenticando il vero fabbro di catene, il controllore del denaro, Martin. Un giorno Tommaso, l’ingegnere, scopre, incagliata nel fondo di un’ansa, alla fine dell’Isola e velata da alte erbe, una barca da salvataggio, senza remi, senza altra traccia di servizio che una cassa ben conservata. Apre la cassa: oltre a un panno e a qualche piccolo oggetto, la sua attenzione si ferma si di un libro-album ancora ben conservato intitolato: “Primo Anno di Verso Domani”. Curioso, il nostro uomo si siede e apre questo libro. Egli legge. Egli divora. S’illumina: “Ma ecco - esclama - ciò che avremmo dovuto sapere da molto tempo.”
Un relitto prezioso
Il denaro non trae affatto il suo valore dall’oro, ma dai prodotti che il denaro compra.
“Il denaro può essere una semplice contabilità, i crediti passando da un conto all’altro secondo le compre e le vendite. Il totale del denaro in rapporto con il totale della produzione. “Ad ogni aumento della produzione, deve corrispondere un aumento equivalente del denaro... Mai interesse da pagare sul denaro, nascendo... Il progresso rappresentato, non da un debito pubblico, bensì da un dividendo uguale a ciascuno... I prezzi, aggiustati al potere di acquisto per un coefficiente dei prezzi... Il Credito Sociale...” Tommaso non si tiene piò. Si alza e corre, con il suo libro, a fare partecipi della sua splendida scoperta i suoi quattro compagni.
Il denaro, semplice contabilità
E Tommaso si insedia professore: “Ecco - egli dice - quello che avremmo potuto fare, senza il banchiere, senza oro e senza firmare alcuno debito. Io apro un conto al nome di ciascuno di voi. A destra, i crediti, che fa aumentare il vostro conto; a sinistra, i debiti, che lo fa diminuire. Noi volevamo ciascuno $200 per cominciare. Di comune accordo, decidiamo d’iscrivere per ognuno un credito di 200. Ciascuno ha immediatamente $200. Francesco compra da Paolo dei prodotti per $10. Io tolgo a Francesco 10, gli resta 190. Aggiungo 10 a Paolo, ha adesso 210. Giacomo compra da Paolo per $8. Tolgo 8 a Giacomo, gli resta 192, mentre Paolo, lui sale a 218. Paolo compra legna da Francesco $15. Io tolgo 15 a Paolo, resta con 203; aggiungo 15 a Francesco che risale a 205. E così di seguito; da un conto all’altro, tutto come i dollari di carta vanno da una tasca all’altra. Se qualcuno di noi ha bisogno di denaro per aumentare la sua produzione, si apre il credito necessario per lui, senza interesse. Egli rimborsa il credito - una volta venduta la produzione. La stessa cosa per i lavori pubblici. Si aumentano anche periodicamente, i conti di ciascuno di una somma addizionale, senza togliere niente a nessuno, in corrispondenza al progresso sociale. Questo è il dividendo nazionale. Il denaro è così uno strumento di servizio.
Disperazione del banchiere
Tutti hanno compreso. La piccola nazione è diventata creditista. L’indomani, il banchiere Martin riceve una lettera firmata dai cinque:
“Signore, voi ci avete indebitati e sfruttati senza alcuna necessità. Noi non abbiamo più bisogno di voi per reggere il nostro sistema monetario. Noi avremo ormai tutto il denaro che ci bisogna, senza oro, senza debito, senza ladro. Noi stabiliamo immediatamente nell’Isola dei Naufraghi, il sistema del Credito Sociale. Il dividendo nazionale sostituirà il debito nazionale. Se voi tenete al vostro rimborso, possiamo rimettervi tutto il denaro che avete fatto per noi, non di più. Voi non potete reclamare quello che non avete fatto.” Martin è in disperazione. E’ il suo impero che crolla. I cinque diventati creditisti, il mistero del denaro o del credito non esiste più per loro. “Cosa fare? - egli pensa - Chiedere loro perdono, diventare come loro? Io, banchiere, fare ciò?.. No. Io cercherò piuttosto di non aver bisogno di loro e di vivere in disparte.”
Soperchieria scoperta
Per proteggersi contro ogni reclamo futuro possibile, i nostri uomini hanno deciso di far firmare dal banchiere un documento attestando che egli possiede ancora tutto quello che aveva arrivando nell’Isola.
Da qui l’inventario generale: la barca, la piccola pressa e... il famoso barile d’oro. Fu necessario che Martin indicasse il luogo. Si dissotterra il barile. I nostri uomini lo tirano fuori dal buco con molto meno rispetto questa volta. Il Credito Sociale ha insegnato loro a disprezzare il feticcio oro. L’ingegnere, alzando il barile, trova che, essendo oro, non pesa molto: “Dubito che questo barile sia pieno d’oro.” L’irruente Francesco non esita più. Un colpo d’accetta ed il barile spiega il suo contenuto: d’oro, non una oncia! Rocce niente che volgari rocce senza valore!...
I nostri uomini hanno stentano a crederlo: “Costui ci ha truffati a questo punto, il miserabile! Quanto creduli dovemmo essere stati per cadere addirittura in estasi di fronte alla solo parola: ORO! Abbiamo ipotecato tutte le nostre proprietà per dei pezzi di carta basati su quattro palate di roccia! Ladro e bugiardo. Abbiamo litigato e ci siamo odiati gli uni e gli altri per mesi e mesi per una tale soperchieria! Il demonio!”
E mentre Francesco alzava l’accetta, il banchiere partiva verso la foresta a tutta velocità.
Per chi vuole iniziare a capire: una fiaba... con morale !
L’Isola dei Naufraghi (di Louis Even)
Salvati dal naufragio
Un’esplosione ha distrutto la loro nave. Ognuno si aggrappa ai primi pezzi fluttuanti che gli capitano sotto mano. Cinque sono riusciti a trovarsi riuniti sullo stesso relitto spinto dalle onde. Degli altri compagni del naufragio nessuna notizia. Da ore, lunghe ore, scrutano l’orizzonte: qualche nave viaggiante li vedrà? La loro zattera di fortuna approderà su qualche riva ospitale? Ad un tratto, si sente un grido: Terra! Terra laggiù! Guardate! Proprio nella direzione verso cui le onde ci spingono! Ed a misura che si disegna, in effetto, la linea d’una riva, i visi si rallegrano. Essi sono cinque. Cinque Canadesi: Francesco, il grande e forte carpentiere, che per prima ha gridato: Terra! Paolo, coltivatore. Giacomo, specialista per l’allevamento di animali. Enrico, dottore in agraria. Tommaso, ingegnere minerario.
In’isola provvidenziale
Rimettere i piedi su una terra ferma, per i nostri uomini è un ritorno alla vita. Una volta asciugati e riscaldati, il loro primo pensiero è fare conoscenza con quest’isola dove sono stati spinti… lontani dalla civilizzazione. Questa isola la battezzano col nome: L’Isola dei Naufraghi. Un rapido giro sull’isola colma le loro speranze. L’isola non è un deserto arido. Essi sono ora i soli uomini ad abitarla attualmente. Ma altri hanno dovuto viverci prima di loro: hanno incontrato qua e là sull’isola greggi semiselvaggi. Giacomo, l’allevatore, afferma che potrà migliorarli e trarne un buon rendimento. In quando al suolo dell’Isola, Paolo lo trova in gran parte assai propizio alla coltura. Enrico ha scoperto alberi fruttiferi e spera poter ottenerne grande profitto. Francesco vi ha notato soprattutto le belle distese forestali, ricche in legno di ogni specie: sarà molto facile abbattere alberi e costruire ricoveri per la piccola colonia. In quanto a Tommaso, l’ingegnere, ciò che lo ha interessato è la parte la più rocciosa dell’Isola. Egli vi ha notato molti segni indicando un sottosuolo molto ricco di minerali. Nonostante la mancanza di attrezzi perfezionati, Tommaso crede avere abbastanza iniziativa e scaltrezza per trasformare il minerale in metalli utili. Ognuno potrà dunque occuparsi alle sue opere favorite per il bene di tutti. Tutti sono unanimi a lodare la Provvidenza per lo scioglimento relativamente felice d’una grande tragedia.
Le vere ricchezze
Ecco i nostri uomini al lavoro. Le case ed i mobili sono costruiti dal falegname. Nei primi tempi, si sono accontentati di alimenti primitivi. Ma ben presto i campi coltivati danno buone raccolte. Stagioni dopo stagioni, il patrimonio dell’Isola si arricchisce. Si arricchisce non d’oro o di denaro stampato, ma di vere ricchezze: cose che nutrono, che abbigliano, che ricoverano, che rispondono a veri bisogni. La vita non è sempre facile e mancano tante cose alle quali erano abituati nella civiltà. D’altronde, la loro sorte avrebbe potuto essere molto più triste. Essi hanno comunque già conosciuto tempi di crisi in Canada. Essi ricordano le privazioni a cui sono stati sottoposti, mentre che i magazzini erano pieni, a dieci passi dalla loro porta di casa. Almeno, sull’Isola dei Naufraghi, nessuno li condanna a vedere marcire, sotto i loro occhi, cose di cui hanno bisogno. Poi le tasse sono sconosciute. Non c’è da temere i sequestri. Se il lavoro è duro talvolta, almeno si ha il diritto di godere i frutti del lavoro. Insomma, sfruttano l’Isola, benedicendo Dio, sperando un giorno di poter ritrovare parenti ed amici, con due grandi beni conservati: la vita e la salute.
Il maggiore inconveniente
Il nostri uomini si riuniscono spesso per discutere dei loro affari. Nel sistema economico molto semplice che essi praticano, una cosa ritorna sempre più in mente: non hanno alcuna specie di moneta e lo scambio, il cambio diretto di prodotti con prodotti, ha molti inconvenienti. I prodotti da scambiare non sono sempre l’uno di fronte all’altro nello stesso momento. Così avviene che la legna consegnata al coltivatore durante l’inverno, potrà essere rimborsata in legumi soltanto fra sei mesi. Molte volte viene consegnato di colpo un grosso materiale da uno degli uomini, ed in cambio, egli vorrebbe differenti piccoli oggetti, prodotti da parecchi altri ed ad epoche differenti. Tutto questo complica gli affari. Se vi fosse denaro in circolazione, ognuno potrebbe vendere i suoi prodotti agli altri in cambio di denaro. Con la moneta ricevuta si potrebbe comprare dagli altri le cose che si desiderano, quando le si desiderano e quando vi sono. Tutti sono d’accordo a riconoscere la comodità di possedere un sistema di denaro. Ma nessuno di loro sa come stabilirne uno. Hanno imparato a produrre la vera ricchezza, le cose. Ma non sanno fare i segni, il denaro. Nonostante si decide insieme di avere denaro, ignorano come fare e come farlo incominciare quando non ce n’è... Senza dubbio molti uomini istruiti sarebbero altrettanto nell’imbarazzo; tutti i loro governanti sono stati nello stesso imbarazzo dieci anni prima della guerra. Solo il denaro mancava al paese ed il governo restava paralizzato di fronte a questo problema.
Arrivo d’un rifugiato
Una sera che i nostri uomini, seduti sulla spiaggia, parlano per la centesima volta di questo problema, tutto d’un tratto vedono avvicinarsi una barca guidata da un solo uomo. Si affrettano ad aiutare il nuovo naufrago. Gli offrono le prime cure e discorrono. Parla francese, ma i lineamenti del viso fa pensare che è di un’altra origine. Apprendono che è un Europeo, il solo sopravvivente di un naufragio. Il suo nome: Martin Golden. Felice di avere un altro compagno, i cinque uomini lo accolgono con calore e gli fanno visitare la colonia.
“Malgrado siamo perduti lontano dal resto del mondo - gli dicono - non siamo proprio da compiangere. La terra rende molto bene ed anche la foresta. Una sola cosa ci manca: non abbiamo denaro per facilitare lo scambio dei nostri prodotti.”
“Benedite il caso che mi ha portato qui! - risponde Martin - Il denaro non ha misteri per me. Io, sono un banchiere ed in poco tempo posso installarvi un sistema monetario che vi darà soddisfazione.”
Un banchiere!... Un banchiere!... Un angelo venuto direttamente dal cielo non avrebbe inspirato maggiore reverenza. In paesi civilizzati non siamo forse abituati ad inchinarsi davanti ai banchieri che controllano le pulsazioni della finanza?
Il dio della civiltà
"Signor Martin, poiché siete banchiere, voi non lavorerete sull’Isola. Vi occuperete solamente del nostro denaro.”
“Me ne disobbligherò colla soddisfazione, come ogni banchiere, di stimolare la prosperità comune.”
“Signor Martin, vi costruiremo una dimora degna di voi. Nel fra tempo, vi possiamo installare nell’edificio che serve alle nostre riunioni pubbliche ?”
“Molto bene, amici miei. Ma incominciamo a sbarcare tutto ciò che sono riuscito a salvare dal naufragio: una piccola pressa, della carta e soprattutto un piccolo barile che tratterete con molto cura.”
Si sbarca tutto. Il piccolo barile intriga la curiosità della nostra brava gente.
“Questo barile - dichiara Martin - è un tesoro senza pari. È pieno d’oro!”
Pieno d’oro! Cinque anime mancarono di sprigionarsi da cinque corpi. Il dio della civiltà entrato nell’Isola dei Naufraghi. Il dio giallo, sempre nascosto, ma potente, terribile, la cui presenza o assenza o i minimi capricci possono decidere della vita di 100 nazioni!
“Dell’oro! Signor Martin, vero grande banchiere! Ricevete i nostri omaggi ed i nostri giuramenti di fedeltà.”
“Dell’oro per tutto un continente, miei amici. Ma non è l’oro che deve circolare. Bisogna nascondere l’oro: l’oro è l’anima di tutto il denaro sano. L’anima deve restare invisibile. Io vi spiegherò tutto da quando vi darò il denaro.”
Un seppellimento senza testimone
Prima di separarsi per la notte, Martin rivolge loro un’ultima domanda:
“Per incominciare, di quanto denaro avreste bisogno sull’Isola, per facilitare i vostri scambi?”
Si guardano. Consultano umilmente lo stesso Martin. Colle suggestioni del benevolo banchiere si conviene che $200 per ognuno paiono abbastanza per incominciare. Appuntamento fissato per domani sera. Gli uomini si ritirano, scambiano tra di loro, riflessioni commosse, vanno a dormire tardi, s’addormentano bene soltanto verso il mattino, dopo avere a lungo sognato oro ad occhi aperti. Martin, lui, non perde tempo. Dimentica la sua stanchezza per non pensare che al suo avvenire di banchiere. Allo spuntare del giorno scava un fosso e rotola il barile dentro, lo copre di terra, lo dissimula con dei ciuffi d’erba accuratamente posti, vi trapianta un piccolo arbusto per nascondere ogni traccia. Poi mette in moto la sua piccola pressa, per stampare mille biglietti da un dollaro. Vedendo i biglietti uscire della pressa, tutti nuovi, sogna in se stesso: “Come sono facili da fare questi biglietti! Essi traggono il loro valore dai prodotti che serviranno a comprare. Senza prodotti, i biglietti non varrebbero nulla. I miei cinque ingenui clienti non pensano a questo. Credono sia l’oro a garantire i dollari. Io li tengo per la loro ignoranza!”
Verso sera, i cinque arrivano correndo presso Martin.
A chi il denaro fatto di fresco?
Cinque mucchietti di biglietti erano là, sulla tavola.
“Prima di distribuirvi questo denaro - disse il banchiere - bisogna intendersi.” “Il denaro è basato sull’oro. L’oro, collocato nella volta della mia banca, è mio. Dunque il denaro è mio... Oh! Non siate tristi. Io vi presterò questo denaro e voi l’userete a vostro piacere. In attesa, non vi carico che gli interessi. Visto che il denaro è raro sull’Isola, essendo che non ce n’è affatto, io credo di essere ragionevole, domandandovi solo un piccolo interesse dell’otto per cento.”
“Un ultimo punto amici. Gli affari sono affari, anche tra grandi amici. Prima di toccare il proprio denaro, ognuno di voi, firmerà questo documento: c’è l’impegno per ognuno di voi di rimborsare capitale ed interessi, su pena di confisca, da me, delle loro proprietà. Oh! Una semplice garanzia. Io non tengo per nulla ad avere mai le vostre proprietà, io mi contento del denaro. Io sono sicuro che voi conserverete i vostri beni e che mi restituirete il denaro.” “E’ pieno di buon senso, Signor Martin. Noi raddoppieremo d’ardore al lavoro e vi rimborseremo tutto.”
“Va bene. E venite a trovarmi ogni qual volta abbiate problemi. Il banchiere è il migliore amico di tutti... Adesso, ecco ad ognuno i suoi 200 dollari.”
Ed i nostri cinque uomini se ne vanno contenti, la testa e le mani piene di dollari.
Un problema d’aritmetica
Il denaro di Martin ha circolato nell’Isola. Gli scambi si sono moltiplicati, semplificandosi. Tutti si rallegrano e salutano Martin con rispetto e gratitudine.
Frattanto, Tommaso, l’ingegnere, è inquieto. I suoi prodotti sono ancora sotto terra. Non ha più in tasca che qualche dollaro. Come potrà rimborsare alla prossima scadenza il banchiere?
Dopo aver ragionato a lungo sul suo problema individuale, Tommaso considera questo socialmente:
“Considerando la popolazione di tutta quanta l’Isola - pensa - siamo noi in grado di mantenere i nostri impegni? Martin ha fatto una somma totale di $1,000. Egli domanda una somma di $1,080. Persino prenderemmo insieme tutto il denaro dell’Isola per portarglielo, ciò farebbe $1,000 e non $1,080. Nessuno ha fatto gli $80 in più. Noi facciamo prodotti, non dollari. Martin potrà dunque sequestrare tutta l’Isola, poiché noi tutti insieme, non possiamo restituire capitale ed interessi.
“Quelli che sono capaci rimborsano per se stessi, senza preoccuparsi degli altri, molti cadranno subito, altri sopravviveranno. Ma, il turno degli altri verrà ed il banchiere prenderà tutto. Dunque è meglio mettersi insieme immediatamente e regolare quest’affare socialmente.”
Tommaso non ha difficoltà a convincere gli altri che Martin li ha imbrogliati. Tutti si danno appuntamento dal banchiere.
Benevolenza del banchiere
Martin indovina il loro stato d’animo, ma fa buona faccia. L’impetuoso Francesco presenta il caso:
“Come possiamo noi portarvi $1,080 quando non ce n’è che $1,000 in tutta l’Isola?”
“E’ l’interesse, miei buoni amici. Non è la vostra produzione aumentata?”
“Si, ma, il denaro, lui, non è aumentato. Ora, c’è giustamente del denaro che voi reclamate e non dei prodotti. Voi solo potete fare del denaro. Ora voi non avete fatto che $1,000 e ne domandate $1,080. Questo è impossibile!”
“Aspettate, miei amici. I banchieri si adattano sempre alle condizioni per il maggior bene comune... Io non vi domanderò che l’interesse. Niente altro che $80. Voi continuerete a tenere il capitale.”
“Voi ci abolite i nostri debiti”
“No, mi dispiace, ma un banchiere non rimette mai un debito. Voi mi dovete ancora tutto il denaro prestato. Ma voi non mi rimetterete ogni anno che l’interesse. Se voi siete assidui a pagare l’interesse, io non vi incalzerò per il rimborso del capitale. Qualcuno di voi possono divenire incapaci di pagare persino il loro interesse, poiché il denaro va da una persona all’altra. Allora organizzatevi come una nazione e fondate un sistema di collezione. Ciò si chiama tassare. Voi tasserete di più quelli che avranno più denaro, e gli altri meno. Purché voi mi apportiate collettivamente il totale dell’interesse, io sarò soddisfatto e la vostra nazione andrà bene.”
I nostri uomini rincasano metà calmati e metà pensierosi.
L’estasi di Martin Golden
Martin è solo. Qualche minuto di raccoglimento. Egli conclude:
“Il mio affare è buono. Buoni lavoratori, questi uomini, ma ignoranti. La loro ignoranza e fiducia fanno la mia forza. Essi volevano del denaro, io gli ho passato delle catene. Essi mi hanno coperto di fiori, mentre io li ingannavo. Oh! grande Rothschild, io sento il tuo genio di banchiere impadronirsi dei mio essere. Tu lo hai ben detto, illustre maestro: ‘Che mi sia accordato il controllo del denaro di una nazione ed io m’infischio di chi fa le sue leggi.’ Io sono il padrone dell’Isola dei Naufraghi, perché ho il controllo del suo sistema monetario. Potrei controllare un universo. Ciò che faccio qui, io, Martin Golden, lo posso fare nel mondo intero. Che io esca, un giorno, da questa Isola: so come governare il mondo senza tenere di scettro. Il mio diletto sovrano sarebbe di versare la mia filosofia nelle teste dei cristiani: banchieri, padroni di industria, politicanti, salvatori di popolo, professori, giornalisti, essi sarebbero miei servi. La massa dei cristiani si addormenta meglio nella sua schiavitù, quando i capomastri di schiavi sono essi stessi cristiani.”
E tutta la struttura del sistema bancario rothschildiano sorge nello spirito lietissimo di Martin. Frattanto, la situazione peggiora sull’Isola dei Naufraghi. Anche se la produttività aumenta, diminuiscono gli scambi. Martin pompa regolarmente i suoi interessi. Bisogna pensare a mettere denaro da parte per lui. Il denaro incolla, e lui fa circolare il male. Quelli che pagano più tasse gridano contro gli altri e aumentano i loro prezzi per trovare compenso. I più poveri, che non pagano tasse, gridano contro i costi della vita e comprano meno. Il morale diminuisce, la gioia di vivere se ne va. Non si ha più cuore al lavoro. A che vale? I prodotti si vendono male; e quando si vendono, bisogna infliggere delle tasse per Martin. La gente si priva. E’ la crisi. Ed ognuno accusa il suo vicino di mancare di virtù e di essere la causa della vita sempre più cara. Un giorno, Enrico, riflettendo nel mezzo del suo frutteto, conclude che il “progresso” apportato dal sistema monetario del banchiere, ha rovinato tutto nell’Isola. Certamente, i cinque uomini hanno i loro difetti; ma il sistema di Martin nutre tutto ciò che è di più cattivo nella natura umana. Enrico decide di convincere e di raccogliere i suoi compagni. Incomincia da Giacomo. Subito fatto: “Eh! - dice Giacomo - non sono affatto sapiente, io; ma è da molto tempo che lo sento: il sistema di quel banchiere è più putrido che il letame della mia stalla della scorsa primavera?” Tutti sono guadagnati l’uno dopo l’altro, ed un nuovo abboccamento con Martin è deciso.
Presso il fabbro di catene
Ci fu una tempesta presso il banchiere:
“Il denaro è raro sull’Isola, Signor, perché voi ce lo togliete. Vi paghiamo, vi paghiamo, e vi dobbiamo ancora altrettanto che al principio. Lavoriamo, facciamo le terre più belle, ed ecco che siamo più mal presi di prima che voi foste arrivato. Debito! Debito! Debiti fin sopra le teste!”
“Orsù! miei amici, ragioniamo un po’. Se le vostre terre sono più belle, è grazie a me. Un buon sistema bancario è il più bell’attivo per un paese. Ma per approfittarne bisogna, prima di tutto, conservare la fiducia al banchiere. Venite a me come ad un padre... Voi volete altro denaro? Molto bene. Il mio barile d’oro vale molte volte mille dollari... Tenete, io ipotecherò le vostre nuove proprietà e vi presterò immediatamente un altro mille dollari.”
“Due volte più di debiti? Due volte più di interesse da pagare ogni anno, senza mai finire?”
“Si, ma io ve ne presterò ancora tanto che voi aumenterete la vostra ricchezza fondiaria; e voi non mi restituirete che l’interesse. Voi accatasterete i prestiti, li chiamerete: debito consolidato. Debito che potrà aumentare di anno in anno. Ma anche il vostro reddito. Grazie ai miei prestiti, voi svilupperete il vostro paese.”
“Allora, più il nostro lavoro farà produrre l’Isola, piò il nostro debito totale aumenterà?”
“Come in tutti i paesi civilizzati: il debito pubblico è un barometro della prosperità.”
Il lupo mangia gli agnelli
“E’ questo ciò che voi chiamate denaro sano, Signor Martin? Un debito nazionale divenuto necessario ed impagabile? Ciò non è sano, ciò è malsano.”
“Signori, ogni denaro sano deve essere basato sull’oro e deve uscire dalla banca allo stato di debito. Il debito nazionale è una buona cosa: esso mette i governi sotto la saggezza incarnata nei banchieri. A titolo di banchiere, io sono una fiaccola di civiltà nella vostra Isola.”
“Signor Martin, noi non siamo che degli ignoranti, ma noi non ne vogliamo sapere affatto di tale civiltà. Noi non prenderemo più a prestito un solo soldo da voi. Denaro sano o non sano, noi non vogliamo più fare affari con voi.” “Mi dispiace questa decisione goffa, Signori. Ma, se rompete il contratto con me, io ho le vostre firme. Rimborsatemi immediatamente tutto, capitale e interessi.”
“Ma, questo è impossibile, Signore. Anche restituendovi tutto il denaro dell’isola, non saremmo liberi.” “Non posso farci niente… Avete firmato, si o no? Si! Ebbene, in virtù della santità dei contratti, io sequestro tutte le vostre proprietà ipotecate, come convenuto tra noi, al tempo in cui eravate così contenti di avermi. Voi non volete servire con beneplacito la potenza del denaro, voi la servirete con la forza. Voi continuerete a sfruttare l’Isola, ma per me e alle mie condizioni. Andate. Io vi darò i miei ordini domani.”
Il controllo dei giornali
Come Rothschild, Martin sa che colui che controlla il sistema monetario di una nazione, controlla questa nazione. Ma lui sa anche, che, per mantenere questo controllo bisogna intrattenere il popolo nell’ignoranza e divertirlo con altre cose. Martin ha notato che tra i cinque uomini, due sono conservatori e tre sono liberali. Lo ha notato dalle conversazioni dei cinque, la sera, soprattutto da quando sono diventati suoi schiavi. Si litigano tra rossi e blu. Di quando in quando, Enrico, meno partigiano, suggerisce un’Unione degli Elettori, per meglio risolvere insieme, una situazione penosa a tutti... Unione pericolosa che può portare alla dittatura. Martin si applicherà dunque ad inasprire le loro discordie politiche il più possibile. Si serve della sua piccola pressa per pubblicare due foglietti settimanali: “Il Sole” per i rossi; “La Stella” per i blu.
“Il Sole”, in sostanza dice: Se voi non siete più padroni nel vostro paese, è a causa di questi arretrati di blu, sempre attaccati ai grossi interessi.
“La Stella” dice in sostanza: Il vostro debito nazionale è l’opera dei maledetti rossi, sempre pronti a qualsiasi avventura politica. E i nostri due gruppi politici si litigano sempre più, dimenticando il vero fabbro di catene, il controllore del denaro, Martin. Un giorno Tommaso, l’ingegnere, scopre, incagliata nel fondo di un’ansa, alla fine dell’Isola e velata da alte erbe, una barca da salvataggio, senza remi, senza altra traccia di servizio che una cassa ben conservata. Apre la cassa: oltre a un panno e a qualche piccolo oggetto, la sua attenzione si ferma si di un libro-album ancora ben conservato intitolato: “Primo Anno di Verso Domani”. Curioso, il nostro uomo si siede e apre questo libro. Egli legge. Egli divora. S’illumina: “Ma ecco - esclama - ciò che avremmo dovuto sapere da molto tempo.”
Un relitto prezioso
Il denaro non trae affatto il suo valore dall’oro, ma dai prodotti che il denaro compra.
“Il denaro può essere una semplice contabilità, i crediti passando da un conto all’altro secondo le compre e le vendite. Il totale del denaro in rapporto con il totale della produzione. “Ad ogni aumento della produzione, deve corrispondere un aumento equivalente del denaro... Mai interesse da pagare sul denaro, nascendo... Il progresso rappresentato, non da un debito pubblico, bensì da un dividendo uguale a ciascuno... I prezzi, aggiustati al potere di acquisto per un coefficiente dei prezzi... Il Credito Sociale...” Tommaso non si tiene piò. Si alza e corre, con il suo libro, a fare partecipi della sua splendida scoperta i suoi quattro compagni.
Il denaro, semplice contabilità
E Tommaso si insedia professore: “Ecco - egli dice - quello che avremmo potuto fare, senza il banchiere, senza oro e senza firmare alcuno debito. Io apro un conto al nome di ciascuno di voi. A destra, i crediti, che fa aumentare il vostro conto; a sinistra, i debiti, che lo fa diminuire. Noi volevamo ciascuno $200 per cominciare. Di comune accordo, decidiamo d’iscrivere per ognuno un credito di 200. Ciascuno ha immediatamente $200. Francesco compra da Paolo dei prodotti per $10. Io tolgo a Francesco 10, gli resta 190. Aggiungo 10 a Paolo, ha adesso 210. Giacomo compra da Paolo per $8. Tolgo 8 a Giacomo, gli resta 192, mentre Paolo, lui sale a 218. Paolo compra legna da Francesco $15. Io tolgo 15 a Paolo, resta con 203; aggiungo 15 a Francesco che risale a 205. E così di seguito; da un conto all’altro, tutto come i dollari di carta vanno da una tasca all’altra. Se qualcuno di noi ha bisogno di denaro per aumentare la sua produzione, si apre il credito necessario per lui, senza interesse. Egli rimborsa il credito - una volta venduta la produzione. La stessa cosa per i lavori pubblici. Si aumentano anche periodicamente, i conti di ciascuno di una somma addizionale, senza togliere niente a nessuno, in corrispondenza al progresso sociale. Questo è il dividendo nazionale. Il denaro è così uno strumento di servizio.
Disperazione del banchiere
Tutti hanno compreso. La piccola nazione è diventata creditista. L’indomani, il banchiere Martin riceve una lettera firmata dai cinque:
“Signore, voi ci avete indebitati e sfruttati senza alcuna necessità. Noi non abbiamo più bisogno di voi per reggere il nostro sistema monetario. Noi avremo ormai tutto il denaro che ci bisogna, senza oro, senza debito, senza ladro. Noi stabiliamo immediatamente nell’Isola dei Naufraghi, il sistema del Credito Sociale. Il dividendo nazionale sostituirà il debito nazionale. Se voi tenete al vostro rimborso, possiamo rimettervi tutto il denaro che avete fatto per noi, non di più. Voi non potete reclamare quello che non avete fatto.” Martin è in disperazione. E’ il suo impero che crolla. I cinque diventati creditisti, il mistero del denaro o del credito non esiste più per loro. “Cosa fare? - egli pensa - Chiedere loro perdono, diventare come loro? Io, banchiere, fare ciò?.. No. Io cercherò piuttosto di non aver bisogno di loro e di vivere in disparte.”
Soperchieria scoperta
Per proteggersi contro ogni reclamo futuro possibile, i nostri uomini hanno deciso di far firmare dal banchiere un documento attestando che egli possiede ancora tutto quello che aveva arrivando nell’Isola.
Da qui l’inventario generale: la barca, la piccola pressa e... il famoso barile d’oro. Fu necessario che Martin indicasse il luogo. Si dissotterra il barile. I nostri uomini lo tirano fuori dal buco con molto meno rispetto questa volta. Il Credito Sociale ha insegnato loro a disprezzare il feticcio oro. L’ingegnere, alzando il barile, trova che, essendo oro, non pesa molto: “Dubito che questo barile sia pieno d’oro.” L’irruente Francesco non esita più. Un colpo d’accetta ed il barile spiega il suo contenuto: d’oro, non una oncia! Rocce niente che volgari rocce senza valore!...
I nostri uomini hanno stentano a crederlo: “Costui ci ha truffati a questo punto, il miserabile! Quanto creduli dovemmo essere stati per cadere addirittura in estasi di fronte alla solo parola: ORO! Abbiamo ipotecato tutte le nostre proprietà per dei pezzi di carta basati su quattro palate di roccia! Ladro e bugiardo. Abbiamo litigato e ci siamo odiati gli uni e gli altri per mesi e mesi per una tale soperchieria! Il demonio!”
E mentre Francesco alzava l’accetta, il banchiere partiva verso la foresta a tutta velocità.