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Il caso del giorno: Petrolio “in fiamme” al Nymex
di FtaOnline , 16.06.2005 13:23
Nuova fiammata del prezzo del petrolio ieri, causata dalla diminuzione (superiore alle stime degli analisti) delle scorte settimanali di greggio americane. Le riserve sono infatti scese di 1.8 milioni di barili, un dato che ha fatto aumentare decisamente la pressione in acquisto, con il prezzo del future sul crude salito al Nymex vicino a quota 57 dollari/barile, ad un passo dai 58.30 circa toccati ad inizio aprile. Nel finale c'è stata una correzione, stimolata dall'incremento di 2.5 milioni di barili dei distillati. In ogni caso l'avvicinarsi dell'inizio dell'estate non sta contribuendo a calmierare il mercato dei prodotti energetici. Pochi effetti sembrano avere anche le iniziative dell'OPEC: l'organizzazione che riunisce i principali paesi produttori di petrolio aveva infatti deciso un incremento da 500mila barili giornalieri della quota complessiva di produzione, portandola a 28 milioni di barili. In realtà è stata una semplice presa d'atto di un eccesso produttivo già presente sul mercato. Più significativo l'accordo secondo il quale a fine luglio/inizio agosto potrebbe essere deciso un reale incremento della produzione, nel caso in cui le quotazioni del petrolio aumentassero ulteriormente. Gli effetti sulle borse del rally visto nel pomeriggio sono stati particolarmente pesanti.
Gli investitori temono che il permanere del prezzo del greggio su questi livelli (peggio ancora se aumentasse)
possa indurre le banche centrali (Federal Reserve in testa)
ad aumentare i tassi d'interesse, nella convinzione che l'inflazione prima o poi subisca un'accelerazione.
Uno scenario di questo genere indurrebbe gli istituzionali ad alleggerire le posizioni sull'azionario, dato che le manovre restrittive di politica monetaria inducono l'economia ad un rallentamento (con conseguente riduzione delle prospettive di profitto delle imprese), ed a spostarsi su investimenti obbligazionari a breve termine o a tasso variabile, o addirittura sulla liquidità (per beneficiare dell'incremento dei rendimenti).
La questione petrolio-inflazione ed il conseguente comportamento di Alan Greenspan rappresentano quindi il grande dilemma per le borse. E' indubbio che osservando il grafico del future sul crude il barometro pende decisamente verso il brutto, specie se i prezzi dovessero abbattere anche le resistenze di area 58/60 dollari. D'altro canto è ormai circa un anno che il greggio staziona sopra i 40 senza che sui prezzi al consumo si siano evidenziate particolari tensioni. Forse l'incremento di efficienza e produttività che ha caratterizzato lo sviluppo economico dalla metà degli anni '90 permette ora di "digerire" costi energetici finora ritenuti insostenibili? e se fosse così, fino a che livelli potrebbe salire il barile di petrolio prima di rendere critica la situazione? Conoscere la risposta a queste domande equivarrebbe ad essere in grado di azzeccare l'asset allocation globale per i prossimi anni, ma probabilmente nessuno al mondo è in grado di farlo.