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«Slot machine affari e sesso. Lui il leader»
Tutti i punti delle accuse
ROMA Affari da milioni di euro conclusi pagando mazzette. Gioco d’azzardo come attività principale, con annesso giro di prostitute, ma anche riciclaggio nei Casinò, ospedali da costruire all’estero, slot-machine illegali distribuite in Libia e in Russia. Nella «compagine ben assortita» disegnata dal giudice di Potenza, Vittorio Emanuele di Savoia sarebbe il «leader indiscusso», colui che «con allarmante sistematicità utilizza tutti i suoi legami istituzionali e massonici per raggiungere e penetrare l’organo istituzionale di interesse, ponendo le basi e curando le linee fondamentali degli accordi corruttivi di volta in volta conclusi, appunto, con l’amministrazione o l’organo di turno. Accordi e relazioni intessuti e gestiti, nel dettaglio, con altrettanta abilità e sistematicità dagli efficienti consociati, soci in affari del Savoia, e in particolare dal Bonazza e dal Migliardi ». Il primo, imprenditore veneto di 62 anni, è «un assiduo e intimo frequentatore» del principe di Savoia, «del cui entourage fa parte e con quale condivide lunghi periodi di vacanza sull’isola di Cavallo». E’ l’anello di congiunzione tra Vittorio Emanuele e Rocco Magliardi, messinese di 53 anni, «soggetto pluripregiudicato, in odore di criminalità organizzata e con rapporti e relazioni con pericolosi esponenti della mafia siciliana, in particolare quella catanese».
Le slot truccate - Il «nucleo dell’attività associativa in esame», come la chiama il giudice, è riassunto nella premessa all’ordine di arresto. E disegna il cuore del «sodalizio» e del «programma criminoso» in cui spicca la figura di Vittorio Emanuele di Savoia. Sostiene il magistrato che tutto ruota intorno alla «penetrante quanto efficace attività di mediazione con la pubblica amministrazione e con gli apparati politico-istituzionali coinvolti, seppure a diverso titolo, nel settore del gioco d’azzardo ». Il trucco messo in atto da questa «vera e propria società criminosa di servizi» è quello di instaurare «rapporti e relazioni deviate, patologiche ed ispirate al reciproco scambio di favori, dominato cioè dalla corruzione». L’irruzione nel mondo del gioco d’azzardo, secondo la ricostruzione dell’accusa, avveniva attraverso il mercato delle licenze per il gioco legale, poi trasformato in illegale attraverso la manomissione delle slot machine realizzata con le schede elettroniche taroccate. Che non solo cambiavano la natura dei giochi, da leciti a illeciti, ma truccavano anche le vincite. «L’ulteriore manomissione informatica delle schede», infatti, era «diretta a incidere ulteriormente sulla percentuale statistica delle vincite».
Gli uomini di Fini - La concessione dei nulla osta per attivare i videogiochi viene rilasciata dai Monopoli di Stato, e dunque bisognava muoversi per ottenere facilitazioni e permessi. Anche con la corruzione. Il "modus operandi" del gruppo, secondo i pm, è ben dimostrato da una telefonata del 21 dicembre 2004, tra Vittorio Emanuele e il suo segretario Gian Nicolino Narducci. I due parlano dell’andamento di un blocco di autorizzazioni, finché il principe dice: «Io spero che l’altra questione la faccia anche, eh?». Nicolini risponde che «bisogna vedere di farle passare, adesso comunque chiedomeglio... Allora, io conosco.. Il mio amico è un generale della Guardia di finanza, perciò come gli ho detto io. Però eh. Lui era già uno che... era uno che era abituato a mangiare, mangiava qualcosina, perciò può darsi che ci dia, sicuramente ci darà una mano. Però naturalmente dovremmo far guadagnare anche un po’ lui. Non è un problema!». Vittorio Emanuele sembra d’accordo: «Sì, si, ma quello non non c’è nessun problema... Anzi, è più facile, è meglio». Sempre per facilitare la concessione delle licenze da parte dei Monopoli, vengono attivati altri contatti con «gli apparati politico-istituzionali ». Tra questi, accusano i magistrati, quelli allacciati tramite Tullio Ciccolini, «commercialista romano, attivista politico nelle file del partito di Alleanza Nazionale, che a sua volta investirà della questione Salvatore Sottile e Francesco Proietti Cosimi». Il primo era il portavoce del Fini quando era vice-presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, il secondo era il segretario. «In virtù degli incarichi ricoperti svolgeranno opera di efficace e fattiva influenza sui pubblici funzionari interessati, convicendoli ad accogliere le richieste di nulla- osta in esame».
Il nobile bulgaro - Tra le contropartite, con uno specifico capo d’imputazione, gli accusatori inseriscono la vicenda di una «ragazza aspirante a entrare nel mondo dello spettacolo e in particolare nel settore televisivo» che sarebbe stata convinta dal dirigente della Rai Giuseppe Sangiovanni ad avere incontri galanti proprio con Sottile (presentato come «persona influente e importante ») per «poter sfondare nel mondo dello spettacolo, e cioè poter partecipare a trasmissioni o spettacoli televisivi». Un altro «disegno criminoso» contestato è quello per ottenere «l’affidamento di commesse nei settori ospedaliero e della telefonia della Repubblica di Bulgaria». Con questo obiettivo Vitorio Emanuele e l’imprenditore residente in Austria Pierpaolo Cerani avrebbero promesso al primo ministro bulgaro Simeone Saxe- Coburg-Gotha (meglio noto come Simeone di Bulgaria, cugino del principe di Savoia) «denaro e altre utilità». Cerani, in un’intercettazione telefonica, dice «di averne finanziato la campagna elettorale, giungendo finanche a sobbarcarsi le spese di viaggio dell’illustre uomodi Stato e dei suoi ministri». Perché Simeone «garantisse l’affidamento al Cerani e al Savoia di un incarico per la realizzazione di un complesso ospedaliero in Bulgaria», il 25 giugno scorso Cerani avrebbe consegnato a Simeone «una somma di denaro».
Internet e armi - Vittorio Emanuele, Bonazza e altri sono accusati di sfruttamento della prostituzione perché «stabilendo espressamente di provvedere al reclutamento e allo sfruttamento di un numero indeterminato di prostitute», procurate da una prostituta dell’Est europeo, «da mettere a disposizione dei giocatori del casinò di campione d’Italia e, in particolare dei facoltosi "personaggi siciliani" legati alla criminalità organizzata, amici di di Rocco Magliardi». il «disegno criminoso» era quello di offrire ai giocatori «un "pacchetto completo" idoneo ad invogliare a recarsi a Campione d’Italia». Per trasportare senza intralci un’arma in Italia, Vittorio di Savoia avrebbe corrotto dei funzionari alla frontiera del Traforo del Monte Bianco. E’ quanto si legge alla letteraMdel capo d’imputazione, dov’è scritto che il 3 novembre 2005 Vittorio Emanuele «transitava per il posto di frontiera italo-francese trasportando a bordo del suo autoveicolo un fucile acquistato in Italia », evitando i controlli grazie al pagamento di mille euro elargiti a un ispettore della polizia di frontiera. Dalle intercettazioni emergerebbe anche il reato di «accesso abusivo a un sistema telematico », allorché tre persone, «su istigazione di savoia Vittorio Emanuele e di savoia Emanuele Filiberto, si introducevano abusivamente nel sistema protetto del server del sito internet w w w . p r a v d a - news.com», che conteneva pagine dedicate alla famiglia reale, «provvedendo a "bombardare", sabotare, cancellare e oscurare in modo definitivo il suddetto sito».Il principe, con la complicità di due marescialli dei carabinieri, avrebbe anche acquisito e utilizzato abusivamente i dati del Centro elaborazioni dati del Viminale.
Giovanni Bianconi
Fiorenza Sarzanini
17 giugno 2006
Tutti i punti delle accuse
ROMA Affari da milioni di euro conclusi pagando mazzette. Gioco d’azzardo come attività principale, con annesso giro di prostitute, ma anche riciclaggio nei Casinò, ospedali da costruire all’estero, slot-machine illegali distribuite in Libia e in Russia. Nella «compagine ben assortita» disegnata dal giudice di Potenza, Vittorio Emanuele di Savoia sarebbe il «leader indiscusso», colui che «con allarmante sistematicità utilizza tutti i suoi legami istituzionali e massonici per raggiungere e penetrare l’organo istituzionale di interesse, ponendo le basi e curando le linee fondamentali degli accordi corruttivi di volta in volta conclusi, appunto, con l’amministrazione o l’organo di turno. Accordi e relazioni intessuti e gestiti, nel dettaglio, con altrettanta abilità e sistematicità dagli efficienti consociati, soci in affari del Savoia, e in particolare dal Bonazza e dal Migliardi ». Il primo, imprenditore veneto di 62 anni, è «un assiduo e intimo frequentatore» del principe di Savoia, «del cui entourage fa parte e con quale condivide lunghi periodi di vacanza sull’isola di Cavallo». E’ l’anello di congiunzione tra Vittorio Emanuele e Rocco Magliardi, messinese di 53 anni, «soggetto pluripregiudicato, in odore di criminalità organizzata e con rapporti e relazioni con pericolosi esponenti della mafia siciliana, in particolare quella catanese».
Le slot truccate - Il «nucleo dell’attività associativa in esame», come la chiama il giudice, è riassunto nella premessa all’ordine di arresto. E disegna il cuore del «sodalizio» e del «programma criminoso» in cui spicca la figura di Vittorio Emanuele di Savoia. Sostiene il magistrato che tutto ruota intorno alla «penetrante quanto efficace attività di mediazione con la pubblica amministrazione e con gli apparati politico-istituzionali coinvolti, seppure a diverso titolo, nel settore del gioco d’azzardo ». Il trucco messo in atto da questa «vera e propria società criminosa di servizi» è quello di instaurare «rapporti e relazioni deviate, patologiche ed ispirate al reciproco scambio di favori, dominato cioè dalla corruzione». L’irruzione nel mondo del gioco d’azzardo, secondo la ricostruzione dell’accusa, avveniva attraverso il mercato delle licenze per il gioco legale, poi trasformato in illegale attraverso la manomissione delle slot machine realizzata con le schede elettroniche taroccate. Che non solo cambiavano la natura dei giochi, da leciti a illeciti, ma truccavano anche le vincite. «L’ulteriore manomissione informatica delle schede», infatti, era «diretta a incidere ulteriormente sulla percentuale statistica delle vincite».
Gli uomini di Fini - La concessione dei nulla osta per attivare i videogiochi viene rilasciata dai Monopoli di Stato, e dunque bisognava muoversi per ottenere facilitazioni e permessi. Anche con la corruzione. Il "modus operandi" del gruppo, secondo i pm, è ben dimostrato da una telefonata del 21 dicembre 2004, tra Vittorio Emanuele e il suo segretario Gian Nicolino Narducci. I due parlano dell’andamento di un blocco di autorizzazioni, finché il principe dice: «Io spero che l’altra questione la faccia anche, eh?». Nicolini risponde che «bisogna vedere di farle passare, adesso comunque chiedomeglio... Allora, io conosco.. Il mio amico è un generale della Guardia di finanza, perciò come gli ho detto io. Però eh. Lui era già uno che... era uno che era abituato a mangiare, mangiava qualcosina, perciò può darsi che ci dia, sicuramente ci darà una mano. Però naturalmente dovremmo far guadagnare anche un po’ lui. Non è un problema!». Vittorio Emanuele sembra d’accordo: «Sì, si, ma quello non non c’è nessun problema... Anzi, è più facile, è meglio». Sempre per facilitare la concessione delle licenze da parte dei Monopoli, vengono attivati altri contatti con «gli apparati politico-istituzionali ». Tra questi, accusano i magistrati, quelli allacciati tramite Tullio Ciccolini, «commercialista romano, attivista politico nelle file del partito di Alleanza Nazionale, che a sua volta investirà della questione Salvatore Sottile e Francesco Proietti Cosimi». Il primo era il portavoce del Fini quando era vice-presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, il secondo era il segretario. «In virtù degli incarichi ricoperti svolgeranno opera di efficace e fattiva influenza sui pubblici funzionari interessati, convicendoli ad accogliere le richieste di nulla- osta in esame».
Il nobile bulgaro - Tra le contropartite, con uno specifico capo d’imputazione, gli accusatori inseriscono la vicenda di una «ragazza aspirante a entrare nel mondo dello spettacolo e in particolare nel settore televisivo» che sarebbe stata convinta dal dirigente della Rai Giuseppe Sangiovanni ad avere incontri galanti proprio con Sottile (presentato come «persona influente e importante ») per «poter sfondare nel mondo dello spettacolo, e cioè poter partecipare a trasmissioni o spettacoli televisivi». Un altro «disegno criminoso» contestato è quello per ottenere «l’affidamento di commesse nei settori ospedaliero e della telefonia della Repubblica di Bulgaria». Con questo obiettivo Vitorio Emanuele e l’imprenditore residente in Austria Pierpaolo Cerani avrebbero promesso al primo ministro bulgaro Simeone Saxe- Coburg-Gotha (meglio noto come Simeone di Bulgaria, cugino del principe di Savoia) «denaro e altre utilità». Cerani, in un’intercettazione telefonica, dice «di averne finanziato la campagna elettorale, giungendo finanche a sobbarcarsi le spese di viaggio dell’illustre uomodi Stato e dei suoi ministri». Perché Simeone «garantisse l’affidamento al Cerani e al Savoia di un incarico per la realizzazione di un complesso ospedaliero in Bulgaria», il 25 giugno scorso Cerani avrebbe consegnato a Simeone «una somma di denaro».
Internet e armi - Vittorio Emanuele, Bonazza e altri sono accusati di sfruttamento della prostituzione perché «stabilendo espressamente di provvedere al reclutamento e allo sfruttamento di un numero indeterminato di prostitute», procurate da una prostituta dell’Est europeo, «da mettere a disposizione dei giocatori del casinò di campione d’Italia e, in particolare dei facoltosi "personaggi siciliani" legati alla criminalità organizzata, amici di di Rocco Magliardi». il «disegno criminoso» era quello di offrire ai giocatori «un "pacchetto completo" idoneo ad invogliare a recarsi a Campione d’Italia». Per trasportare senza intralci un’arma in Italia, Vittorio di Savoia avrebbe corrotto dei funzionari alla frontiera del Traforo del Monte Bianco. E’ quanto si legge alla letteraMdel capo d’imputazione, dov’è scritto che il 3 novembre 2005 Vittorio Emanuele «transitava per il posto di frontiera italo-francese trasportando a bordo del suo autoveicolo un fucile acquistato in Italia », evitando i controlli grazie al pagamento di mille euro elargiti a un ispettore della polizia di frontiera. Dalle intercettazioni emergerebbe anche il reato di «accesso abusivo a un sistema telematico », allorché tre persone, «su istigazione di savoia Vittorio Emanuele e di savoia Emanuele Filiberto, si introducevano abusivamente nel sistema protetto del server del sito internet w w w . p r a v d a - news.com», che conteneva pagine dedicate alla famiglia reale, «provvedendo a "bombardare", sabotare, cancellare e oscurare in modo definitivo il suddetto sito».Il principe, con la complicità di due marescialli dei carabinieri, avrebbe anche acquisito e utilizzato abusivamente i dati del Centro elaborazioni dati del Viminale.
Giovanni Bianconi
Fiorenza Sarzanini
17 giugno 2006