L'ORDINE E' IL PIACERE DELLA RAGIONE, MA IL DISORDINE E' LA DELIZIA DELL'IMMAGINAZIONE

Ci risiamo. Questi non hanno perso la voglia di giocare col fuoco.

Gli Stati Uniti potrebbero iniziare presto una nuova operazione contro l’esercito siriano e le milizie collegate a Damasco.
Questa volta non da soli ma con il supporto della Francia, intenzionata a rientrare attivamente nel teatro mediorientale.

La notizia l’ha riferita il portale Middle East Eye.
Secondo quanto riportato dalle fonti del portale, in lingua britannica e collegata tramite alcuni suoi membri
al movimento della Fratellanza musulmana, il Pentagono avrebbe deciso nelle ultime settimane di cambiare strategia per ciò che riguarda la Siria.
Dopo mesi di stagnazione, in cui le forze statunitensi avevano soprattutto dato man forte alle forze curdo-siriane senza intervenire troppo direttamente sul campo, l’ultimo raid contro le forze alleati dell’esercito siriano ha certificato una nuova linea.
Gli Stati Uniti non vogliono rientrare pesantemente in Siria, ma non volgono neanche scomparire.
Le ultime dinamiche belliche, soprattutto con l’avvio dell’operazione Ramoscello d’ulivo da parte della Turchia,
hanno manifestato l’incapacità di Washington di imporre una propria linea pur rimanendo in stato di quiescenza.
E il bombardamento dei giorni scorso ha manifestato questa volontà di ritornare prepotentemente nello scenario siriano.

Negli ultimi giorni, il segretario alla Difesa, Jim Mattis, è tornato a parlare del presunto utilizzo di gas sarin da parte dell’esercito siriano.

Lo scorso 2 febbraio, Mattis, parlando in conferenza stampa al Pentagono,
ha ribadito che l’intelligence militare americana ritiene che l’uso di gas sia stato reale e recente,
ma ha anche aggiunto, in maniera abbastanza ambigua, che per ora non vi sono prove sufficienti che confermino quanto affermato
.

Un’accusa, quella dell’uso di gas sarin, che da tempo le forze ribelli e occidentali lanciano sul governo siriano,
ma che finora è stata totalmente respinta dai governativi e dai suoi alleati e che non ha mai trovato prove
sufficientemente precise e concordanti che dessero piena attendibilità a quanto sostenuto.
Il 25 gennaio scorso, il governo siriano si era già trovato nuovamente a negare di aver condotto un attacco
con uso di sostanza chimiche contro i miliziani nel Ghouta orientale, a est di Damasco in riferimento
a un presunto attacco avvenuto il 19 gennaio scorso nella città di Douma.
I residenti hanno dichiarato che vi sono stati 21 casi accertati di asfissia legata all’uso di agenti chimici, in particolare cloro.
Ma Damasco ha negato ogni accusa sostenendo che si trattasse di bugie tese a creare la giustificazione
per un nuovo attacco aereo nelle basi siriane da parte delle forze della coalizione internazionale.


L’accusa di utilizzo di armi di distruzione di massa è particolarmente importante anche perché strumentale al possibile intervento francese nei nuovi raid.
Emmanuel Macron, appena eletto, disse che la Francia sarebbe intervenuta ancora più massicciamente in Siria
qualora fosse stato accertato l’utilizzo di gas contro la popolazione civile
.

Una posizione che Macron ha mantenuto fino ad oggi e che lo pone nella condizione per cui,
qualora la coalizione a guida Usa dovesse dichiarare confermato l’uso di armi chimiche, l’aviazione francese sarebbe in dovere di intervenire.

Questo “obbligo” di coerenza di Macron potrebbe indurre l’amministrazione americana a puntare sull’accusa
delle armi chimiche per costringere la Francia a intervenire
.

Intervistato da Middle East Eye, un alto funzionario diplomatico di Parigi ha dichiarato:
“La Francia sta agendo in Siria all’interno della coalizione globale contro Daesh, per sconfiggere questa organizzazione terroristica”.
Un’affermazione come l’obiettivo formale della coalizione internazionale non potrebbe né dovrebbe essere l’esercito siriano né i suoi alleati.
Tuttavia, alla domanda sul fatto che la Francia stesse escludendo un’azione militare, o se stesse sostenendo l’azione militare degli Stati Uniti
contro l’esercito siriano, la fonte ha risposto con un laconico: “nessun ulteriore commento”.

Una frase tipica del gergo diplomatico, ma che di certo non scioglie alcun tipo di dubbio sui possibile obiettivi di un intervento francese in Siria.
A tal proposito, Pierre Haski, giornalista francese ed ex redattore di Liberation, ha detto a Middle East Eye che,
dalle sue fonti interne alla Difesa, “i francesi sarebbero davvero pronti per un’azione militare congiunta in relazione alle armi chimiche”.


A conferma di queste voci su un possibile intervento francese in Siria, arriva in queste ore la notizia
di una telefonata fra il presidente francese, Macron, e il presidente russo, Vladimir Putin,
e della richiesta rivolta dall’Eliseo al Cremlino di far sì che Damasco fermi gli attacchi nel Ghouta e a Idlib
.

Ma quello che interessa, come riporta Reuters, è che nel colloquio telefonico,
Macron ha fatto riferimento alla “preoccupazione” sui segni di attacchi avvenuto con i gas
nelle province presidiate dagli jihadisti e dalle forze che si oppongono al governo della Siria.
Il fatto che Parigi parli di uso di gas e di prove di questi attacchi proibiti, mostra quindi che esiste in Francia una discussione su questo fronte.

E adesso, con l’approssimarsi della visita di Macron negli Stati Uniti, potrebbe essere la Siria la moneta di scambio della Francia
per imporre un ammorbidimento di Trump sulle relazioni con la Francia e l’Unione europea o magari per un maggior coinvolgimento Usa nelle missioni africane.
 
"Immagini sconcertanti che impongono una risposta ferma e inequivoca: noi saremo sempre con i nostri Agenti, quotidianamente impegnati nella difesa dei cittadini perbene. Esprimiamo vicinanza e solidarietà anche al consigliere comunale di Forza Italia Mauro Saccardi, colpevole solo di essersi affacciato davanti al suo negozio per controllare cosa stava accadendo e soggetto ad insulti che hanno sfiorato anche in questo caso l’aggressione fisica. Dove sono finite tutte quelle anime belle che si indignano di fronte ad ogni tipo di violenza, ma si dimenticano di farlo quando sono i loro nipotini a compierle? Ci impegnamo Come Forza Italia a presentare, non appena insediato il prossimo parlamento, una legge che tuteli i nostri agenti quando si trovano a dover fronteggiare atti eversivi ed ignobili come questi. La difesa delle Forze dell’Ordine è la difesa di tutti noi e delle Istituzioni che essi servono e onorano con dedizione quotidiana".
 
Dalle parti di LeU e dela Cgil, che con i violenti hanno sfilato, si sono affrettati a prendere le distanze da quanto successo. "Le immagini di un carabiniere, un lavoratore, a terra e malmenato in modo violento da persone a volto coperto sono immagini che non avremmo mai voluto vedere in una manifestazione antifascista- commenta Leu di Piacenza sugli scontri al corteo - La pratica della piazza andata in scena nel pomeriggio di oggi a Piacenza è una pratica che condanniamo. Tante persone hanno manifestato al mattino e al pomeriggio contro ogni fascismo, in modo sereno e colorato. Ma cercare lo scontro con le forze dell'ordine è parso un inutile esercizio di violenza che depaupera il messaggio costituzionale e antifascista". Per la Cgil si tratta di un fatto "triste" che ha "oscurato" la manifestazione di chi è sfilato pacificamente. "Fino a quel momento - dice la Cgil locale in una nota - avevano consentito lo svolgimento di una manifestazione pacifica, colorata e serena-aggiunge la Cgil di Piacenza in una nota - Condanniamo le violenze, da qualsiasi parte esse provengano, soprattutto quando condotte da una minoranza che con la sua pratica di piazza rischia di oscurare il messaggio di pace e tolleranza che è intrinseco nell'antifascismo e nelle manifestazioni di ieri a Piacenza".
 
"Macerata, corteo antirazzista, antifascista, pro-immigrati e pacifista: diversi manifestanti cantano 'ma che belle son le Foibe da Trieste in giù' .Torino, corteo anti-fascista: sassi, bottiglie e bombe carta contro i poliziotti. Vergognatevi, vermi".

"Guardate questi schifosi dei centri sociali che colpiscono un agente a terra . Mi fate schifo! Io sto con la polizia senza se e senza ma! P.S. Nella mia Italia questi bastardi si fanno 10 anni e i centri sociali li sgomberiamo tutti".
 
Questa è storia. Insabbiata per decenni.

"Il 31 gennaio del '44 portarono via mio padre, mio zio e uccisero mio cugino".
Graziella Gianolla aveva solo nove anni quando venne rapita da una banda di partigiani titini e slavizzata a forza.


Ora di anni ne ha 83, vive a Trieste, ma di quella terribile notte, di quando il padre le disse "Torno subito"
e di quando si vide strappare la madre da sotto gli occhi, Graziella ricorda tutto.
E così nella sua casa, con una sigaretta in mano, i capelli bianchi, gli occhi verdi e una forza incredibile comincia a raccontare (guarda il video).

"Quella notte portarono via mio papà e mio zio e uccisero mio cugino. Ricordo tutto perché stavano bombardando Trieste e dalle finestre si vedeva.
Mio papà, Aldo, si sentì chiamare. Prese lo schioppo, corse giù per le scale e mi disse 'Chiudi la porta perché vengo subito',
ma i partigiani entrarono in casa, aprirono il negozio che avevamo, presero mio padre e si sentì sparare. Da lì più niente. Io mio padre non l’ho più visto".

La notte nel bosco e il distacco dalla madre
Graziella nel 1944 viveva a Momiano, un piccolo paese dell’Istria centrale.
"Restammo a lungo a lì, speravamo sempre che loro tornassero e invece a ottobre sono venuti a prendere noi, me e mia madre.
Era il 6 ottobre. Una notte di pioggia, ci fecero andare lungo una salita e io vedevo che scendevano dei carri con dei buoi, perché svaligiavano le case.
Mi ricordo che passai l’intera notte in un bosco fitto insieme a mia madre e a loro.
Poi al mattino dopo mi portarono in un molino e mi diedero da mangiare una pannocchia. Ma ricordo quel doloroso distacco da mia madre.
Non poté nemmeno salutarmi, abbracciarmi, perché la spinsero e la gettarono in un cespuglio. Mi dissero che non avrei più dovuto nominarla perché era una spia".
 
Questa è la realtà vergognosa su come vengono trattati i nostri agricoltori, a favore di un prodotto importato dall'africa.
Andate sul sito del Fatto e guardate il filmato.

l pomodoro di Pachino schiacciato dai trattati Ue.
Gli agricoltori: “Raccoglierlo non conviene. La politica ci prende per i fondelli”
 
‘Oro rosso’, è così che chiamano il pomodoro di Pachino. Un tesoro conosciuto e apprezzato in tutto il mondo che però vale molto meno dell’oro.
Anzi poco o niente, ormai. Così nel suo comune di origine, all’estremo sud della Sicilia, il pomodoro rimane nelle serre.
Negli ultimi mesi il prezzo di mercato è sceso vertiginosamente a causa delle massicce importazioni dai paesi esteri.
E a Pachino gli agricoltori rinunciano a raccoglierlo perché non conviene, lo lasciano sulle piante.
 
Europa, sempre lei, la fonte dei nostri patemi.
Mi son sempre chiesto come mai alcuni paesi - oggi 7 ieri 8 - non hanno accettato l'euro........

il caso Ema, con l’assegnazione per sorteggio ad Amsterdam, riserva nuovi colpi di scena.
La Corte europea di giustizia Ue ha affidato a un giudice olandese, il vicepresidente del Tribunale Marc van der Woude,
il ricorso con cui il Comune di Milano ha chiesto di sospendere il trasferimento della sede dell’Agenzia del farmaco da Londra alla città olandese.

La notizia è riportata dal Corriere della Sera che aggiunge che il ricorso di Milano contesta anche il procedimento del sorteggio
con cui Amsterdam si è aggiudicata la sede a scapito della città italiana.
Secondo il quotidiano, il sorteggio “sarebbe avvenuto senza rispettare la pausa di 30 minuti
dopo l’ultimo voto con pareggio tra Amsterdam e Milano (impedendo di concordare preventivamente come proseguire)”.

Inoltre, “altre presunte irregolarità vanno dall’assenza di controlli di garanzia fino all’uso dei bussolotti.
Il tutto è poi avvenuto nella confusione post-voto provocata dalle delegazioni nazionali in uscita dalla sala,
convinte dell’interruzione di mezzora” e “non sarebbe stato redatto nemmeno il verbale di rito”.

Ieri il sindaco di Milano aveva chiesto di accedere agli atti:

“Ho il sospetto che la sede transitoria che attualmente propongono gli olandesi non fosse presente nel progetto” ha scritto ieri su Fccebook il sindaco di Milano.
Che al chiesto al Parlamento Europeo di essere sentito in audizione per “sostenere le nostre ragioni”.

Il 29 gennaio era emerso, durante una conferenza stampa del direttore dell’Ema, che la sede finale non sarebbe stata pronta per tempo
(c’è un cantiere in cui non è stata posata neanche una pietra) e quello alternativo non è abbastanza grande per gli oltre 900 impiegati.
Da qui la polemica e il doppio ricorso. Ma non solo l’assessore comunale alle Attività produttive della città olandese
ha dichiarato che non ci sono alloggi per i dipendenti e neanche posti nelle scuole internazionali
per i figli offrendo in alternativa altre città.

Intanto nei giorni scorsi la conferenza dei presidenti dell’Europarlamento ha dato il via libera alla missione
del Parlamento europeo ad Amsterdam per verificare le condizioni del trasloco della sede dell’Ema da Londra.
I membri della commissione Ambiente-Salute faranno un sopralluogo il 22 febbraio prossimo.
A Strasburgo i voti sul trasferimento nella città olandese sono previsti il 12 marzo prossimo in commissione e pochi giorni dopo in aula.

La nazionalità dei togati, fanno sapere da Bruxelles, è di natura neutra nei processi giudiziari Ue,
ovvero non implica pregiudizi sulla loro “terzeità”, ovvero imparzialità.
È inoltre prassi che l’assegnazione di una causa vada al vicepresidente del Tribunale,
a prescindere dalla sua nazionalità, ma, secondo il giurista Gianluigi Pellegrino,
il presidente della Corte europea di giustizia di Lussemburgo, “per opportunità” avrebbe potuto tenere per sé
senza incorrere in vizi procedurali” la decisione, anziché assegnarla “come da prassi” al suo vicepresidente.
 

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