ma Deutsche Bank sta fallendo?

Mutui truccati: Europa Corrotta dei due pese e due misure

Mutui truccati, l’Ue non pubblica la sentenza: “Banche in pericolo” (Giorgio Meletti)

14/02/2016 di triskel182




Se l’Antitrust non si muove, i ricorsi sono bloccati: solo ai clienti italiani scippati 16 miliardi.

Altro che sofferenze e bail in. Per tutte le banche europee, e non solo per quelle italiane, c’è una grana che potrebbe costare, in teoria, centinaia di miliardi di euro e che la Commissione europea, in grave imbarazzo, non sa come gestire. Si tratta della gigantesca truffa sull’Euribor, il tasso di riferimento a cui sono agganciate le rate dei finanziamenti a tasso variabile.

Nel dicembre 2013 l’Antitrust europea, guidata dal vicepresidente della Commissione Joaquìn Almunia, ha multato per 1,7 miliardi di euro quattro grandi banche europee (inglesi,francesi e tedesche-NordEuropa IMBrogliona), Barclays, Deutsche Bank, Royal Bank of Scotland e Société Générale, per un accordo di cartello finalizzato a manipolare l’Euribor. Da allora quella sentenza è segretata. La sua pubblicazione aprirebbe le cataratte dei risarcimenti.

Un avvocato italiano, Andrea Sorgentone, collegato all’associazione Sos Utenti, sta preparando un ricorso alla Corte di Giustizia europea contro il successore di Almunia, la commissaria Margrethe Vestager.
Le ragioni dell’imbarazzo sono evidenti. La multa affibbiata da Almunia, poi ridotta a poco più di un miliardo dal patteggiamento, è basata sulla “confessione” della Barclays, che pentendosi si è guadagnata il perdono. A maggior ragione rimane fermo quanto accertato: per almeno tre anni, dal 2005 al 2008, l’Euribor è stato truccato. Chiunque avesse debiti a tasso variabile o derivati legati all’andamento dei tassi ha pagato alle banche (a tutte le banche, non solo alle quattro colpevoli) più del dovuto.
L’Euribor (Euro Inter Bank Offered Rate) misura gli interessi che le banche si pagano per i prestiti tra loro. Viene rilevato quotidianamente con un sondaggio telefonico tra alcune decine di banche di un panel. Le possibilità di manipolazione del risultato sono intuitivamente ampie.
Mentre Bruxelles continua a indagare su altre banche, gli strascichi giudiziari sono pesanti. A Londra si è appena aperto il processo penale contro 11 operatori finanziari di varie nazionalità.
A Trani il magistrato specializzato Michele Ruggiero ha aperto un fascicolo per truffa. E in numerosi tribunali civili d’Italia e di tutta Europa stanno partendo raffiche di cause per ottenere dalle banche i risarcimenti.
La faccenda è talmente grossa che Commissione Europea e governi nazionali – normalmente pronti alla zuffa su tutto – hanno trovato facilmente una tacita intesa sullo stendere un velo di silenzio e scansare il problema. E si capisce il perché: secondo Il Sole 24 Ore la manipolazione dell’Euribor riguarda una massa di prodotti finanziari (dai derivati ai mutui casa) superiore ai 400 mila miliardi di euro, circa 200 volte il debito pubblico italiano. Se le banche europee dovessero restituire anche solo l’1 per cento di quella cifra, si troverebbero di fronte un conto da 4 mila miliardi di euro.




Per avere un’idea delle dimensioni del caso basta l’esempio dei mutui casa italiani. Tra il 2005 e il 2008 si può stimare che le famiglie italiane con mutuo a tasso variabile fossero indebitate con le banche per circa 220-230 miliardi e che in quegli anni abbiano pagato, per la quota degli interessi commisurati all’Euribor, circa 30 miliardi. Secondo le ipotesi di Sorgentone sulla manipolazione dell’Euribor, 16 di quei 30 miliardi dovrebbero essere restituiti. Ma c’è anche l’ipotesi più estrema, sostenuta da Antonio Tanza, legale dell’Adusbef: l’irregolarità renderebbe nulli i contratti di mutuo e le banche dovrebbero dunque restituire, come minimo, tutti i 30 miliardi.
Nel 2013, Almunia annunciò la severa decisione con parole di fuoco: “La cosa scioccante dello scandalo Euribor non è solo la manipolazione degli indici, ma anche la predisposizione di veri e propri cartelli tra un certo numero di attori della finanza. Vogliamo trasmettere chiaramente il messaggio che la Commissione è determinata a combattere e a multare questi cartelli del settore finanziario”. Ma dal giorno dopo gli uffici di Bruxelles hanno opposto un vero e proprio catenaccio alle pressanti richieste di pubblicare la sentenza, per poterla esibire ai tribunali.
Sorgentone ha fatto la sua prima richiesta due anni fa, nel gennaio 2014, e gli fu risposto che la “versione pubblica” non era ancora pronta.
Dopo molte insistenze, il 28 ottobre scorso l’avvocato italiano ha ricevuto una lettera piuttosto perentoria del direttore generale della direzione Concorrenza, il tedesco Johannes Laitenberger, braccio destro della Vestager. La richiesta di accesso agli atti è stata respinta per due ragioni. La prima è che la divulgazione del documento “arrecherebbe pregiudizio” alle indagini ancora in corso contro altre banche. La seconda è che le regole europee tutelano la riservatezza delle banche condannate: con la sentenza verrebbero divulgate “informazioni strategiche circa i loro interessi economici e le operazioni e lo sviluppo dei loro affari”. È vero, ammettono gli uomini della Vestager, che questo diritto alla riservatezza soccombe di fronte all’interesse pubblico, ma Sorgentone ha chiesto copia della decisione sul caso AT/39914 per usarla nella causa di un suo singolo cliente contro la Banca Nazionale del Lavoro.
E nella sua domanda “non ha addotto argomenti che consentano di individuare un interesse pubblico prevalente”. Roba da Azzeccagarbugli: per la Direzione Concorrenza va dimostrato l’interesse pubblico in una sentenza che riguarda milioni di risparmiatori e aziende di tutta Europa e può valere migliaia di miliardi di euro.
Non si tratta di maltrattamenti riservati agli italiani. Anche la società tedesca Edeka Handelsgesellschaft Hessenring ha fatto identica richiesta, ha incassato identico diniego e ha fatto ricorso.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 13/02/2016.
 
anche Dagospia....

DEUTSCHE BANK È DAVVERO LA NUOVA LEHMAN? FORSE SÌ, E POTREBBE FAR COMODO ALL'ITALIA - COME HA FATTO LA PRINCIPALE BANCA DELLA GRANDE E MORALIZZATRICE GERMANIA A FINIRE IN TUTTI GLI SCANDALI DEGLI ULTIMI ANNI, E COI CONTI TALMENTE A PEZZI DA DOVER RASSICURARE I SUOI CLIENTI? TUTTO INIZIA NEL 1995...

La Germania chiede riforme agli altri Paesi, ma sulle banche è indietro di decenni rispetto a Francia, Spagna o Italia, di anni sulla Greci - Deutsche Bank è troppo grande per fallire senza innescare una catastrofe, le sue passività sono pari al 54% del Pil tedesco. È possibile che le dure regole volute da Schaeuble sui salvataggi ora siano sospese...



A cura di Francesco Billi per il “Foglio del lunedì

Promemoria: l' ultima volta che una grossa banca ha dovuto difendere pubblicamente il suo livello di liquidità il risultato fu un disastro da migliaia di miliardi.
Deutsche Bank la scorsa settimana, con appositi comunicati, ha fatto sapere di avere i soldi per ripagare le obbligazioni in scadenza nel 2016 e 2017 e che intanto riacquisterà 5 miliardi di suoi bond già nei prossimi giorni (buy-back).



i credit default swap di deutsche bank dal 2011 a oggi



L' intento è quello di recuperare la fiducia dei mercati. Per quelli di zerohedge.com, sito che da anni coltiva dubbi sullo stato di salute del primo gruppo bancario tedesco, è invece un «brutto segno» e si chiede: «Deutsche Bank è la nuova Lehman Brothers?». La risposta non esiste, ma la domanda non è malposta [1].

Persino la paludata Frankfurter Allgemeine Zeitung c' è andata giù duro: «Cosa si deve pensare di una banca che è costretta a promettere ai clienti e agli investitori di essere in grado di ripagare i debiti? Non sono più soltanto i clienti di un paio di banche greche che si stanno facendo queste domande toste, ma i clienti di Deutsche Bank» [2].


Dall' inizio dell' anno la prima banca della prima economia dell' area euro, ha perso oltre il 30% alla Borsa di Francoforte, il 45% negli ultimi 12 mesi, passando da un valore di 40 miliardi a poco più di 20. Le assicurazioni che coprono la sua insolvenza - i cds - iniziano ad avere premi esorbitanti (gli stessi che servono per assicurare il debito pubblico del Messico, per capirsi). Segnali di sfiducia si vedono anche sul mercato secondario: venerdì un' obbligazione subordinata con scadenza 2025 e rendimento al 2,75% veniva scambiata a quota 81 (era a 98 a dicembre, a 90 due settimane fa); un bond simile di Intesa (scadenza 2025 e rendimento al 2,85%) quotava 95 [3].

Mastrobuoni: «Con quegli occhi tristi e la sobrietà semi -penitenziale, John Cryan sembrava l' Enrico Bondi dei tedeschi, sette mesi fa. Approdato ai vertici di Deutsche Bank, si era messo le mani nei radi capelli e aveva cominciato a rivoltare un colosso uscito con i piedi di argilla da anni di scandali e gestioni spericolate. Ma dinanzi all' attuale ecatombe sui listini forse Cryan ha promesso "too little, too late". Troppo poco e troppo tardi» [2].

Sicuramente il titolo sconta l' isteria che ha investito tutti i mercati finanziari. Ma Deutsche Bank è così esposta sui quei mercati che le basta una perdita del 7,2% sui suoi investimenti per azzerare l' intero patrimonio totale di 68,8 miliardi di euro. Perché, nel bene e nel male, questa non è un' azienda simile alle sue concorrenti italiane, francesi o spagnole. Funziona in modo diverso.

Non ha un prevalente portafoglio di prestiti a imprese fatte di macchine e mattoni, o a famiglie che comprano casa. Ha un bilancio di 1.700 miliardi di cui quasi mille in attività puramente finanziarie, di cui solo 71 «disponibili per la vendita» immediata; il resto, incluso un pacchetto da 570 miliardi di derivati, è valutato in tutto o in parte dalla banca stessa.



Non ci sono prezzi pubblici sul mercato per quelle posizioni, solo complessi «modelli interni» dell' istituto. La Bce per due volte ha esaminato Deutsche Bank con gli stress test e ha deciso che anche nei peggiori scenari aveva zero deficit di capitale; oggi il mercato pare invece dire che a quei «modelli» crede poco [4].

A partire dal 2012 Deutsche Bank ha pagato multe per 11,2 miliardi. Quella più grossa è per lo scandalo Libor, in cui la banca tedesca è stata accusata di manipolare a suo vantaggio i tassi di cambio: 1,7 miliardi per chiudere la partita in Europa, 2,1 miliardi per Washington e Londra.

Al netto delle cause ancora in corso, ha già preso una multa nel 2011 sui mutui subprime (150 milioni); un' altra per aver nascosto perdite per oltre un miliardo (55 milioni) e un' altra ancora per aver operato con Paesi sotto embargo (258 milioni).

Ci sono poi le inchieste in casa per evasione e riciclaggio;

una in Svizzera per aver truccato il mercato dei metalli preziosi;
indagini per riciclaggio nella sede di Mosca e
una class action negli Stati Uniti per un software per truccare il mercato delle valute.
Pure in Italia Deutsche è indagata per il derivato Santorini stipulato con Mps.

Credit Suisse, per dire, pensa che nel 2016 arriveranno sanzioni per altri 4,7 miliardi [1].

Ma come è possibile che la principale banca del grande moralizzatore d' Europa sia finita in così tanti scandali? Per capire occorre fare un salto nel tempo fino alla metà degli anni Novanta, a Londra. A parlare è Bruno Livraghi, il più importante trader italiano della City: «Le banche d' investimento americane dominavano la scena incontrastate mentre quelle tedesche erano totalmente marginali, molto meno presenti perfino delle francesi e giapponesi, per non parlare di quelle svizzere.

Il 1995 segna l' anno della svolta: Deutsche decide di conquistare fette di mercato e lo fa in grande stile. Inizia ad assumere decine di bankers concorrenti a suon di milioni, sembrava il Manchester City nel calcio odierno.

Una volta assunti i migliori talenti - o presunti tali - inizia a comprare spazi sul mercato, il mantra è "dobbiamo entrare in tutte le transazioni finanziarie rilevanti". E DB, forte di un rating AAA, forniva i migliori prezzi della street: come dire?, non c' era competizione, se c' era DB l' operazione era loro. Come se non bastasse, quando sul finire del secolo il gruppo approda con le stesse modalità a New York, DB entra ufficialmente nell' Olimpo dell' alta finanza» [5].

Il mantra era la conquista di fette di mercato soprattutto nel settore dei prodotti derivati.


La convinzione si basava sull' assunto che il mercato dei derivati fosse il bacino d' estrazione più prolifico per le banche - e senz' altro lo era - quindi più che mai era valida l' equazione maggiore quota di mercato uguale maggiore profitto. Ma c' è un rovescio della medaglia. Ancora Livraghi: «DB non disdegnava nessun tipo di operazione e iniziò ad essere molto aggressiva in un contesto in cui il sistema dei controlli e il risk management erano dominati da uomini di mercato, mentre il dipartimento legale faceva buon viso a cattivo gioco.

Così, nell' arco di dieci anni, Deutsche Bank ha messo le mani anche su quasi tutte le operazioni più chiacchierate in Italia. Dai principali aumenti di capitale delle banche fino a operazioni più delicate come Parmalat, Monte dei Paschi, passando per Lodi ed Italease fino allo scandalo dei derivati delle pubbliche amministrazioni» [5].


Nella stragrande maggioranza dei casi ne uscì indenne dal punto di vista strettamente legale, ma il problema finì per diventare di strategia, non più di compliance. Livraghi: «Pensarono che la copertura dei clienti potesse avvenire con l' innovazione finanziaria e non con la conoscenza del contesto. Insomma guardarono solo al loro prodotto e meno al mercato sottostante. Per tornare al presente, a un certo punto DB inizia ad avere enormi problemi legali, paga multe miliardarie per la sua condotta vicino al limite e ogni anno deve, ancora oggi, accantonare considerevoli somme per pagare i conti di quel periodo. La grande esposizione lorda sui derivati (si è parlato spesso della cifra iperbolica di 52mila miliardi, venti volte il Pil tedesco, ndr) le si ritorce contro e diventa un bacino di estrazione per i tribunali» [5].

Chiedersi allora perché il primo istituto di un Paese così prudente somigli a uno hedge fund significa entrare in ciò che non funziona dell' unione bancaria in Europa.


Fubini: «La Germania chiede riforme agli altri Paesi, ma sulle banche è indietro di decenni rispetto a Francia, Spagna o Italia, di anni sulla Grecia. Circa il 65% del mondo del credito tedesco è in mano pubblica,

fra Volksbanken (popolari),

Genossenschaften (cooperative)
e Landesbanken (regionali).


Questa foresta pietrificata è intrecciata alla politica locale e coperta da garanzie pubbliche per 492 miliardi di euro, a dati Eurostat. E non è chiaro perché sia riuscita a sottrarsi alla vigilanza della Bce quando in Francia, Grecia o Italia l' 80% delle attività vi sono sottoposte. Né perché Bruxelles non prema per eliminare quelle (vecchie) garanzie, quando in altri Paesi un solo euro di nuovo aiuto pubblico fa scattare il colpo di falce sui risparmiatori.

Soprattutto, non è chiaro cosa succede ora. Deutsche Bank è troppo grande per fallire senza innescare una catastrofe, le sue passività sono pari al 54% del Pil tedesco. È possibile che le dure regole volute da Schäuble sui salvataggi ora siano sospese. Si vedrà presto se in Europa c' è un sistema bancario più uguale degli altri» [4].


schaeuble merkel
 
Importante precisazione avv andrea sorgentone

quello che l'articolo (ben fatto) non dice è che l'obiettivo della CE è far passare il tempo, di modo che si prescriva tutto (lo sono già i pagamenti fatti a gennaio 2006). Tutti gli interessati devono quindi interrompere la prescrizione. Troverete istruzioni ed un fax simile su Avv. Andrea Sorgentone: Home oppure Sos Utenti Sardegna - Home. In rete ho visto poi la convinzione di molti che i piccoli debbano sempre soccombere. Se interrompete tutti la prescrizione a suon di sentenze non sarà cosi e Vi posso assicurare che le banche, ora, hanno molta paura di Voi.
E' poi possibile già citare in giudizio le banche, anche senza il provvedimento dell'Antitrust perchè serve solo a vincolare il Giudice Italiano nell'accertamento della manipolazione, che però può anche accertare autonomamente, in base al comunicato stampa e alla CTP.
Quindi chi voglia attendere interrompa semplicemente la prescrizione, chi voglia invece iniziare la causa lo può già fare, anche perchè verrà fatta una richiesta di copia alla CE e quindi, una volta che il provvedimento verrà pubblicato, potrà essere depositato in ogni caso nella causa.
Andrea Sorgentone
 
Mutui truccati, l’Ue non pubblica la sentenza: “Banche in pericolo” (Giorgio Meletti)

14/02/2016 di triskel182



Se l’Antitrust non si muove, i ricorsi sono bloccati: solo ai clienti italiani scippati 16 miliardi.

Altro che sofferenze e bail in. Per tutte le banche europee, e non solo per quelle italiane, c’è una grana che potrebbe costare, in teoria, centinaia di miliardi di euro e che la Commissione europea, in grave imbarazzo, non sa come gestire. Si tratta della gigantesca truffa sull’Euribor, il tasso di riferimento a cui sono agganciate le rate dei finanziamenti a tasso variabile.

Nel dicembre 2013 l’Antitrust europea, guidata dal vicepresidente della Commissione Joaquìn Almunia, ha multato per 1,7 miliardi di euro quattro grandi banche europee (inglesi,francesi e tedesche-NordEuropa IMBrogliona), Barclays, Deutsche Bank, Royal Bank of Scotland e Société Générale, per un accordo di cartello finalizzato a manipolare l’Euribor. Da allora quella sentenza è segretata. La sua pubblicazione aprirebbe le cataratte dei risarcimenti.

Un avvocato italiano, Andrea Sorgentone, collegato all’associazione Sos Utenti, sta preparando un ricorso alla Corte di Giustizia europea contro il successore di Almunia, la commissaria Margrethe Vestager.
Le ragioni dell’imbarazzo sono evidenti. La multa affibbiata da Almunia, poi ridotta a poco più di un miliardo dal patteggiamento, è basata sulla “confessione” della Barclays, che pentendosi si è guadagnata il perdono. A maggior ragione rimane fermo quanto accertato: per almeno tre anni, dal 2005 al 2008, l’Euribor è stato truccato. Chiunque avesse debiti a tasso variabile o derivati legati all’andamento dei tassi ha pagato alle banche (a tutte le banche, non solo alle quattro colpevoli) più del dovuto.
L’Euribor (Euro Inter Bank Offered Rate) misura gli interessi che le banche si pagano per i prestiti tra loro. Viene rilevato quotidianamente con un sondaggio telefonico tra alcune decine di banche di un panel. Le possibilità di manipolazione del risultato sono intuitivamente ampie.
Mentre Bruxelles continua a indagare su altre banche, gli strascichi giudiziari sono pesanti. A Londra si è appena aperto il processo penale contro 11 operatori finanziari di varie nazionalità.
A Trani il magistrato specializzato Michele Ruggiero ha aperto un fascicolo per truffa. E in numerosi tribunali civili d’Italia e di tutta Europa stanno partendo raffiche di cause per ottenere dalle banche i risarcimenti.
La faccenda è talmente grossa che Commissione Europea e governi nazionali – normalmente pronti alla zuffa su tutto – hanno trovato facilmente una tacita intesa sullo stendere un velo di silenzio e scansare il problema. E si capisce il perché: secondo Il Sole 24 Ore la manipolazione dell’Euribor riguarda una massa di prodotti finanziari (dai derivati ai mutui casa) superiore ai 400 mila miliardi di euro, circa 200 volte il debito pubblico italiano. Se le banche europee dovessero restituire anche solo l’1 per cento di quella cifra, si troverebbero di fronte un conto da 4 mila miliardi di euro.




Per avere un’idea delle dimensioni del caso basta l’esempio dei mutui casa italiani. Tra il 2005 e il 2008 si può stimare che le famiglie italiane con mutuo a tasso variabile fossero indebitate con le banche per circa 220-230 miliardi e che in quegli anni abbiano pagato, per la quota degli interessi commisurati all’Euribor, circa 30 miliardi. Secondo le ipotesi di Sorgentone sulla manipolazione dell’Euribor, 16 di quei 30 miliardi dovrebbero essere restituiti. Ma c’è anche l’ipotesi più estrema, sostenuta da Antonio Tanza, legale dell’Adusbef: l’irregolarità renderebbe nulli i contratti di mutuo e le banche dovrebbero dunque restituire, come minimo, tutti i 30 miliardi.
Nel 2013, Almunia annunciò la severa decisione con parole di fuoco: “La cosa scioccante dello scandalo Euribor non è solo la manipolazione degli indici, ma anche la predisposizione di veri e propri cartelli tra un certo numero di attori della finanza. Vogliamo trasmettere chiaramente il messaggio che la Commissione è determinata a combattere e a multare questi cartelli del settore finanziario”. Ma dal giorno dopo gli uffici di Bruxelles hanno opposto un vero e proprio catenaccio alle pressanti richieste di pubblicare la sentenza, per poterla esibire ai tribunali.
Sorgentone ha fatto la sua prima richiesta due anni fa, nel gennaio 2014, e gli fu risposto che la “versione pubblica” non era ancora pronta.
Dopo molte insistenze, il 28 ottobre scorso l’avvocato italiano ha ricevuto una lettera piuttosto perentoria del direttore generale della direzione Concorrenza, il tedesco Johannes Laitenberger, braccio destro della Vestager. La richiesta di accesso agli atti è stata respinta per due ragioni. La prima è che la divulgazione del documento “arrecherebbe pregiudizio” alle indagini ancora in corso contro altre banche. La seconda è che le regole europee tutelano la riservatezza delle banche condannate: con la sentenza verrebbero divulgate “informazioni strategiche circa i loro interessi economici e le operazioni e lo sviluppo dei loro affari”. È vero, ammettono gli uomini della Vestager, che questo diritto alla riservatezza soccombe di fronte all’interesse pubblico, ma Sorgentone ha chiesto copia della decisione sul caso AT/39914 per usarla nella causa di un suo singolo cliente contro la Banca Nazionale del Lavoro.
E nella sua domanda “non ha addotto argomenti che consentano di individuare un interesse pubblico prevalente”. Roba da Azzeccagarbugli: per la Direzione Concorrenza va dimostrato l’interesse pubblico in una sentenza che riguarda milioni di risparmiatori e aziende di tutta Europa e può valere migliaia di miliardi di euro.
Non si tratta di maltrattamenti riservati agli italiani. Anche la società tedesca Edeka Handelsgesellschaft Hessenring ha fatto identica richiesta, ha incassato identico diniego e ha fatto ricorso.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 13/02/2016.
quello che l'articolo (ben fatto) non dice è che l'obiettivo della CE è far passare il tempo, di modo che si prescriva tutto (lo sono già i pagamenti fatti a gennaio 2006). Tutti gli interessati devono quindi interrompere la prescrizione. Troverete istruzioni ed un fax simile su Avv. Andrea Sorgentone: Home oppure Sos Utenti Sardegna - Home. In rete ho visto poi la convinzione di molti che i piccoli debbano sempre soccombere. Se interrompete tutti la prescrizione a suon di sentenze non sarà cosi e Vi posso assicurare che le banche, ora, hanno molta paura di Voi.
E' poi possibile già citare in giudizio le banche, anche senza il provvedimento dell'Antitrust perchè serve solo a vincolare il Giudice Italiano nell'accertamento della manipolazione, che però può anche accertare autonomamente, in base al comunicato stampa e alla CTP.
Quindi chi voglia attendere interrompa semplicemente la prescrizione, chi voglia invece iniziare la causa lo può già fare, anche perchè verrà fatta una richiesta di copia alla CE e quindi, una volta che il provvedimento verrà pubblicato, potrà essere depositato in ogni caso nella causa.
Andrea Sorgentone
ecco :clap:
 
IL RITORNO DELLA “GRANDE DEPRESSIONE”, COME NEL 1931 OCCHIO ALLE BANCHE

Di Leonardo , il 13 febbraio 2016 19 Comment





di GERARDO COCO
Il crollo della borsa di Wall Street nel 1929 non fu la causa della Grande Depressione. Seminò sì, panico dappertutto ma già a metà del 1930 le economie mondiali si stavano stabilizzando. Fu due anni più tardi che cominciarono i guai. Nel maggio del 1931 il Creditanstalt di Vienna, l’istituto di credito più importante d’Austria, fallì, scatenando un effetto domino nel settore bancario e poi nel resto del mondo. La banca, dopo aver assunto crediti a breve termine per prestarli a lunga scadenza a chi non era in grado di rimborsarli accumulò nel bilancio gravi sofferenze. Tipico della prassi bancaria. Per abbellire la posizione i dirigenti vararono un piano di riacquisto di azioni proprie allo scopo di farne salire il corso. L’operazione condotta nel momento in cui i depositi si stavano già contraendo, squilibrò ancora di più il rapporto liquidità/depositi rendendo il Creditanstalt insolvente.



Fu l’inizio di corse agli sportelli nel settore, di crisi valutarie e di un tracollo generale che culminò nel 1933 con il default di debiti sovrani in Europa e Stati Uniti.

Il crollo del Creditanstalt segnò l’inizio della Grande Depressione spianando, in Germania, la strada a Adolf Hitler.
La storia non si ripete ma fa la rima diceva Mark Twain. L’episodio sopra ricordato ha delle allarmanti analogie con la situazione attuale soprattutto con riferimento alla Deutsche Bank (DB), la più grande banca tedesca che potrebbe scatenare una nuova grande depressione.

Come il Creditanstalt, ha varato programmi di buyback azionari ma addirittura dal 2002 e in più ha un’esposizione in derivati che lascia esterrefatti: 70 trilioni di euro.
Qualche giorno fa, dopo che il titolo è calato del 36%, il CEO della DB, John Cryan ha dichiarato: “La banca è solida come una roccia”.

Quando si è costretti a fare queste affermazioni è il caso di preoccuparsi.

Alla vigilia del crack della Lehman Brother i suoi dirigenti avevano detto una cosa simile.

La DB è troppo grande per fallire ma anche troppo grande da salvare. Il suo collasso creerebbe una situazione persino peggiore di quella del 1931. Ma potrebbe essere anche qualche altro grande istituto a far da detonatore, ad esempio la BNP Paribas, la più grande banca francese i cui titoli sono affondati del 52%. Oppure qualche altra banca meno in vista.
Da un sistema bancario con una leva finanziaria di 30 a 1, la scintilla può scatenarsi dovunque.
L’indice STOXX Europe 600 Banks Index, che segue l’andamento delle più grandi banche è da mesi in caduta libera: proprio quello che ci si aspetta in una crisi finanziaria in grande stile.


Ora va detto chiaramente che la responsabilità di questa situazione è sopratutto della banca centrale europea. La prima domanda che anche il profano dovrebbe porsi è: la vigilanza prudenziale e il mantenimento della stabilità finanziaria non rientrano nelle funzioni delle banche centrali? Ma lasciamo stare, diventate ormai entità politiche hanno dimenticato la loro missione originaria.
Qui preme sottolineare che tutta situazione è degenerata dopo il varo di quella monumentale idiozia che sono i tassi di interesse negativi, pronti a rappresentare il nuovo assetto dell’ordine finanziario mondiale. Questa misura adottata prima in Europa nel 2014 e di recente anche in Giappone, equivale a una tassa sulle “riserve in eccesso” cioè sui depositi che le banche commerciali detengono presso le banche centrali. Lo scopo era di incentivarle a concedere prestiti ma ha avuto esattamente effetti opposti: lungi dall’essere espansiva è stata, come tutte le tasse, depressiva. Le banche hanno aggirato questo costo in modi diversi:
o hanno impiegato i depositi per anticipare il rimborso dei prestiti alla banca centrale contraendone il volume e quindi la capacità di erogare prestiti;
o li hanno trasferiti dove potevano catturare un interesse piuttosto che pagarlo, ad es. depositandoli presso filiali americane che sulle riserve in eccesso lucrano il 0.25%;
o, infine, li hanno impiegati in operazioni speculative contribuendo a creare quelle bolle che ne stanno compromettendo ancora di più i malandati bilanci.


Solo in Europa, oggi, ci sono oltre 5 trilioni di euro di titoli a interesse negativo ed è proprio questa massa ad aver acuito l’instabilità sistemica, riflessa nell’aumento degli spread. Sarà il mercato a forzare il rialzo degli interessi liberandosi dei debiti di governi a rischio di esplosione. Quanti, infatti, continueranno a mantenere in portafoglio bond a dieci anni con rendimenti negativi? I bond sono l’architrave del sistema finanziario poiché costituiscono le coperture dei prestiti e quando queste coperture salteranno, crollerà l’intero edificio del credito mondiale.
Com’è possibile pensare che i tassi negativi possano risollevare economie moribonde? E che imporre un costo alle banche e allo stesso tempo derubare i risparmiatori, possa stimolare la ripresa? L’idea invece è proprio quella di sopprimere l’interesse per stimolare i consumi! Non passa per la mente dei geni che dirigono le banche centrali che a stimolare l’economia non sono i consumi ma i redditi senza i quali è impossibile consumare e che per farli crescere non serve la politica monetaria ma quella fiscale finalizzata ad abbassare le tasse.
Ora si è verificato questo fenomeno: con i tassi negativi il risparmio invece di diminuire è aumentato. Perché? Semplicemente perché la soppressione dei rendimenti sta distruggendo i piani privati di pensionamento. In assenza di rendimenti, l’unico modo per incrementare il capitale è di accantonarne di più spendendo sempre di meno. Esattamente l’opposto di quello che i geni bancari si aspettavano. E’ la loro catena di causalità a non funzionare. Si sono auto-convinti che sia il consumo a guidare la spesa e che per far questo sia sufficiente ridurre il tasso di rendimento degli investimenti. Volete vedere la spesa dei consumatori salire? Cominciate a toglierli la paura di spendere non sabotando i loro piani di investimento.
I tassi negativi stanno alimentando un’inquietudine generale. (Anche la Yellen s’è dichiarata pronta ad adottarli, ndr). Ovvio che risparmiatori e investitori ritirino i propri risparmi dalle banche per impiegarli in attività reali. E’ il sintomo della crisi che avanza. La crisi del 1931 cominciò con la contrazione dei depositi. Quale sarà la prossima mossa dei geni bancari? L’abolizione del contante per evitare la corsa agli sportelli. Ma potrebbe essere proprio questa ulteriore manovra totalitaria a mandare ad effetto la “soluzione finale” delle economie.
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too big to fail. o quasi
Deutsche Bank: le paure adesso arrivano dalla Germania

Rossana Prezioso,



L'atmosfera si carica di tensione e lo si può capire facilmente proprio perché ciò che è nell'aria non viene detto apertamente a parole.
I sospetti Ecco allora che a far serpeggiare il sospetto di un problema molto grosso è il quotidiano tedesco Handelsblatt che sottolinea come, anche solo per non creare il panico tra azionisti e investitori in un mercato estremamente volatile, la situazione della prima banca tedesca sia vagliata attentamente in privato dal governo tedesco assillato dal vaso di Pandora che la banca rappresenta per la Germania, l'Europa e, forse il mondo e i modi (pochissimi) per riuscire a foraggiarla come fatto in passato. Da tempo ormai il vecchio detto delle Too big to fail è in bilico ed ormai da altrettanto tempo non è più un assioma, ancora di più per gli istituti di credito europei i quali risultano ancora di più in una situazione particolarmente complessa e delicata, complice le mani legate degli stati con le nuove regole del bail in, nonché lo statuto della stessa Bce che non ha le mani libere di una Fed o l'onnipotenza (apparente) di una BoJ.
Bail in sotto accusa

In realtà l'intervento dello stato, unico vero garante negli anni del sistema bancario tedesco, arriverebbe solo dopo che azionisti, obbligazionisti e correntisti abbiano coperto per lo meno l'8% delle passività registrate ma che per Deutsche si traduce in una cifra pari a 130 miliardi di euro. Per questo motivo la paura di conseguenze sistemiche in caso di problemi seri o di una destabilizzazione dell'istituto si stanno moltiplicando. La parola default è troppo grossa per Deutsche ma è certo che se non altro un punto interrogativo grande almeno quanto lei è più che normale che si crei tra gli osservatori e soprattutto tra gli operatori. L'Europa ha deciso requisiti patrimoniali che per Deutsche sono al limite e che nel 2019 saranno ancora più stringenti e allora, se non sarà fatto qualcosa di radicale nel frattempo, il vero problema esploderà.

Per quanto riguarda la Deutsche Bank il livello del valore azionario è crollato al minimo negli ultimi dieci anni rendendo difficile riuscire a trovare nuovi capitali.

La fiducia come punto di forza

Il suo punto di forza è stato nella solidità del suo nome e ancora di più del governo che la proteggeva, una solidità che adesso non è più granitica come prima tanto da portare i vertici, sia della banca stessa che del governo tedesco a dover pubblicamente rassicurare tutti circa la possibilità dell'istituto di onorare i suoi debiti. Da qui il sospetto che serpeggia tra i rappresentanti del dicastero dell'Economia tedesca: allentando i requisiti richiesti dal bail in o comunque le regole che anche in Italia fanno molto discutere si avrebbe un rasserenamento dei mercati ma anche la violazione delle stesse regole che la Germania ha imposto con la forza agli altri.
La Recessione

Quello che si sta verificando per la banca, invece, non è una rarità in un sistema di credito che è avvezzo alla speculazione anche troppo azzardata e che ormai da tempo ha dimenticato il ruolo di istituzione che protegge i risparmi a favore di una fabbrica che in qualsivoglia modo deve farli fruttare a maggior ragione in un ambito in cui il rendimento da tempo è ormai tarato intorno allo zero. Il Tallone d'Achille in questo caso si chiama costi legali, quelli legati alle tante, troppe truffe di cui è stata riconosciuta colpevole o per cui la banca si trova ancora in fase di giudizio, spese che dureranno ancora anni e che non faranno altro che zavorrare ulteriormente i conti già malati a causa di incertezze il cui nome è derivati, altra spada di Damocle presente in molte banche. E ancora in questo caso il fattore fiducia, basilare con le banche, potrebbe venir meno inficiando anche i suoi conti. Ulteriormente. Purtroppo contro la Deutsche si è verificato il peggiore degli eventi e cioè la nascita di dubbi, motivati o meno che siano, proprio in contemporanea alla sempre maggiore presa di coscienza di una nuova recessione mondiale in arrivo.




Deutsche Bank: le paure adesso arrivano dalla Germania | Pagina 2 | Trend Online
 
Se il rischio maggiore per Draghi è la vendetta di Berlino in difesa di Sparkassen e stabilità sociale

Di Mauro Bottarelli , il 11 marzo 2016 17 Comment




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Mario Draghi ha sfoderato il bazooka e, per tutta risposta, le Borse lo hanno ridimensionato a pistola ad acqua. Anche Milano, piazza migliore d’Europa grazie alle banche dopo la pubblicazione delle decisioni del Consiglio direttivo della Bce, ha ritracciato passando da oltre il 4% a una chiusura in negativo dello 0,50%. A quanto pare, nemmeno le quattro aste di rifinanziamento a 4 anni annunciate dall’Eurotower sono riuscite a mettere pace al travagliato settore, schiacciato da sofferenze record, detenzioni monstre di titoli di Stato e continue bocciature proprio da parte della vigilanza della Bce, ultima in ordine di tempo quella del piano di riassetto di Carige.


Ma lasciamo perdere Piazza Affari oggi e concentriamoci sulla piazza peggiore del Vecchio Continente insieme a Londra, ovvero il DAX di Francoforte, il cui andamento di ieri è rappresentato da questo grafico:
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si è passati dai 9700 punti ai 10mila, salvo poi ritracciare a 9500 in sole 4 ore per chiudere a -2,31%! Perché questa sensibilità tedesca alle scelte di Draghi, il quale giova ricordarlo ha abbassato i tassi a zero, portando quelli sui depositi a -0,40% dal precedente -0,30%? Ce lo mostra questo grafico,
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il quale spiega plasticamente come tassi negativi incidano sulla profittabilità di Deutsche Bank, in questo caso attraverso il proxy del movimento del titolo e del cds a 5 anni. Ieri il gigante del credito tedesco ha limitato le perdite, chiudendo a 17,11 euro per azione e perdendo solo lo 0,64%, avendo toccato il massimo intraday di 18,61 ma il trend fa paura, -24% da inizio anno, come ci mostrano i grafici
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e senza scordare l’esposizione nominale ai derivati.

Ma, paradossalmente, non è il gigante a fare paura e ha inviare scosse di preoccupazione in Germania, bensì i suoi figlioletti più piccoli ma non meno sistemici: le casse di risparmio o Sparkassen, le più colpite dal NIRP deciso da Mario Draghi. Non solo, infatti, hanno già minacciato una sorta di “sciopero dei depositi”, ovvero tenersi la liquidità in cassa invece di parcheggiarla overnight presso la Bce ma hanno già cominciato a scaricare i costi dell’Eurotower sui grandi clienti come i fondi o le assicurazioni, soggetti che lucrano sui rendimenti depositando milioni di euro a breve.

Ma non basta.
Stando a un’indiscrezione della Frankfurter Allgemeine Zeitung, le banche taglieranno i rimborsi in caso di default, scoraggiando anche i depositanti a breve. La dinamica è di quella da non sottovalutare: in regime di bail-in, infatti, gli istituti corrono ai ripari, poiché fino ad ora le somme sopra i 100mila euro erano garantite dal fondo per i depositi della federazione delle banche tedesche, intervenuta 9 volte dal 1998 ma con l’ausilio delle garanzie statali. Oggi non è più possibile, quindi si taglia.

Ma nel mondo meraviglioso delle Banche centrali succedono cose incredibili, nemesi impensabili che prendono corpo proprio in Germania. La banca Berlin Hyp durante la scorsa crisi finanziaria, quando il governo tedesco mise in campo un bail-out da 500 miliardi di euro del proprio sistema bancario, stava infatti per andare a zampe all’aria, mentre l’altro giorno è stata il primo soggetto non-statale a emettere un bond con rendimento negativo, per l’esattezza covered bonds per 500 milioni di euro a tasso -0,162% e zero coupon. In parole povere, se compri 1000 euro di obbligazioni, riceverai 998,38 euro fra tre anni quando andrà a scadenza. Insomma, un investimento che garantisce di perdere soldi.


Come cambiano le cose in soli otto anni, non vi pare?
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Insomma, si paga la banca per avere l’onore di detenere il suo debito: nel 2008 questa logica delirante era al contrario, ovvero in alcuni casi i mutui immobiliari venivano finanziati al 105% del costo della casa, quindi oltre all’immobile c’era anche un piccolo extra-cash. Attenzione, però, perché oggi Swiss RE calcola che circa il 20% di tutti i bond governativi nel mondo abbiano rendimento negativo, mentre la percentuale sale al 35% se si prende soltanto l’eurozona. Può durare una follia simile?



Di più, la bolla del 2008 era di “soli” 1,3 trilioni di dollari, mentre stime conservative parlano di bond con rendimento negativo per un controvalore di 7 trilioni di dollari. Forse c’è di che preoccuparsi.
E sia il governo che la Bundesbank non possono sottovalutare le criticità che derivano da tassi negativi per le Sparkassen, visto che queste vantano assets per 1000 miliardi di euro – pari al 40% del sistema creditizio tedesco – e cinquanta milioni di clienti in Germania. Mesi fa proprio le Sparkassen avevano commissionato ad un auditor esterno un rapporto sugli effetti dei tassi a zero sul loro outlook, documento che non è mai stato pubblicato ma che è capitato nelle mani di uno zelante giornalista che ne ha diffuso il contenuto più stringente.
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Il rischio?
“Una crisi tedesca delle banche locali”, visto che da qui al 2018 le politiche monetarie della Bce rischiano di portare sull’orlo del collasso due terzi delle casse di risparmio. Nelle settimane scorse, d’altronde, è stato lo stesso presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, a mettere in guardia dagli effetti dei tassi bassi: entro il 2019 rischiano di mangiarsi fino al 75% degli utili delle banche. E, casualmente, in ossequio al principio di turnazione recentemente adottato,ieri Weidmann non era presente al Consiglio direttivo in sede di voto.
Il tutto in un contesto generale che vede certamente la Germania lontana anni luce dalle secche di stagnazione della cosiddetta periferia ma che, contestualmente, invia anche segnali poco incoraggianti, ad esempio il rallentamento dell’espansione dell’attività manifatturiera. A febbraio l’indice Pmi rilevato da Markit evidenziava un calo a 50,2 punti da 52,3 di gennaio, certo è solo la lettura preliminare ma è inferiore alla stima media di un calo a 51,9. Inoltre, l’indice che monitora l’attività del settore servizi è sceso a 55,1 da 55,5 punti precedente, portando così l’indice composto in discesa a 53,8 punti da 54,5, contro le attese per un calo a 54,1.
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Segnali, insomma. Che Berlino non può ignorare, visto che una crisi del settore bancario è l’ultima cosa che può permettersi in un momento in cui c’è da fronteggiare un’altra emergenza sociale, quella dell’immigrazione e dell’impatto che questa sta avendo sulla sicurezza del Paese. E’ infatti stato reso noto un documento segretato del Dipartimento dell’Interno del Nord Reno-Westfalia dal titolo “Sfide e impatti per la polizia” nel quale si dice chiaro e tondo che “l’immigrazione porterà ancora a un aumento della criminalità e un’accresciuta necessità di forze di polizia per combatterla”.

Non solo il numero di crimini sessuali, predatori e legati agli stupefacenti aumenteranno ma si registrano già ora segni di “agitazione” da parte degli islamisti nei centri per rifugiati, aumentando il rischio di radicalizzazione tra i delusi. “Si sono già registrati centinaia di incidenti recentemente in cui i salafiti hanno cercato il contatto con i rifugiati”, si legge.
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Ancora, “la polizia è dovuta intervenire già 93mila volte in centri di accoglienza a causa di violenze dovute a differenze etniche e religiose, mancanza di spazio abitabile e privacy, oltre che da un considerevole consumo di alcool che fa da detonatore”. Non a caso, la principale città del Lander è quella Colonia divenuta teatro delle violenze di massa la notte di Capodanno. Ma è sul finire del report che arriva la parte più inquietante: “In alcune parti della Germania, le autorità hanno perso il controllo sulla comunità musulmana, dove chierici locali impongono la sharia come legge e dove la violenza contro le forze dell’ordine è quotidiana”. Stando a un report di RP Online, la polizia locale ha dovuto chiamare rinforzi in 37 dei 48 distretti del Lander in caso di incidenti. Le forze dell’ordine hanno già dovuto aumentare il numero di agenti sul campo a Aachen, Dortmund, Duisburg, Dusseldorf, Essen, Cologne, Mönchengladbach e Wuppertal, oltre che in altre 20 municipalità minori. Riecheggiano ora le parole pronunciate lo scorso autunno dal capo dell’intelligence tedesca, Hans-Georg Maassen, il quale disse che “i giovani rifugiati che arrivano qui da soli potrebbero essere facile preda degli islamisti più radicali”.


E domenica in Germania si vota alle regionali, con il partito anti-Ue e anti-immigrati Alternative fur Deutschland (Afd) in forte crescita proprio a spese della CDU di Angela Merkel. Al voto saranno chiamati il Baden-Wuerttemberg, la Renania-Palatinato e la Sassonia-Anhalt e sebbene riguardino solo 3 su 16 degli Stati in cui è divisa la Repubblica federale, il tabloid Bild parla di “elezioni che cambieranno la Germania”. Stando ai sondaggi, nel Land del Baden-Wuerttemberg i Verdi si mantengono al primo posto con un 33,5%, mentre la CDU della Merkel crolla al 28,5% (-10,5%). Anche la SPD perde consensi, toccando il 12,5%, cioè la stessa percentuale raggiunta da Afd. Nella Renania-Palatinato i socialdemocratici al governo raggiungeranno, stando alle previsioni, la stessa percentuale della CDU, 35%.
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E mentre perdono nettamente i Verdi, scendendo al 7%, si affaccia nel Land l’Afd con il 9%. Il sondaggio Insa per la Sassonia-Anhalt presenta risultati più stabili, con la CDU che rimane al primo posto con il 29%, seguito dalla Linke con il 20% ma la competizione per il terzo posto vede anche qui la SPD, scesa al 15,5%, contro l’Afd, che sale al 19%. E nessuno intende più prendere sotto gamba la minaccia rappresentata dal partito anti-sistema dopo l’exploit ottenuto il 6 marzo alle elezioni comunali in Assia, dove ha guadagnato il terzo posto superando i Verdi e ha raggiunto il 10% dei consensi nella città di Francoforte. Una sfida enorme per Angela Merkel e il suo governo: in base ai risultati, sapremo come si muoverà da lunedì la Germania sullo scacchiere europeo. E quanto sarà dura la rappresaglia della Bundesbank nei confronti della Bce per tutelare le Sparkassen e l’intero sistema creditizio tedesco, oltre alla propria stabilità sociale. Se ci sarà da sacrificare qualcuno, dubito si faranno scrupoli.
Sono Mauro Bottarelli, Seguimi su Twitter! Follow @maurobottarelli

Se il rischio maggiore per Draghi è la vendetta di Berlino in difesa di Sparkassen e stabilità sociale - Rischio Calcolato | Rischio Calcolato
 
Attenzione che “forse” questa volta per Deutsche Bank ci siamo, arriva il redde rationem e una sfilza di dowgrade (per iniziare):

BERLINO – L’agenzia Moody’s mette sotto osservazione per un possibile downgrade il rating di Deutsche Bank. Lo afferma Moody’s, sottolineando che la revisione è legata alle possibili difficoltà di Deutsche Bank a portare a termine il suo piano strategico e migliorare la redditività.

«Dal cambio della leadership lo scorso giugno, il contesto operativo per Deutsche Bank è peggiorato. Questa aumenta le possibili difficoltà di esecuzione che la banca si trova davanti per affrontare il nodo dei costi strutturali e raggiungere gli obiettivi fissati».

E attenzione, il veleno dei tassi negativi e della disinvoltura di certe banche a destreggiarsi con la finanza ha colpito anche un colosso svizzero, Credit Suisse:
 
DEUTSCHE BANK: LA STORIA AMA FARE LA RIMA!
Scritto il 11 aprile 2016 alle 16:00 da icebergfinanza
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Credo, che una volta data un’occhiata alla seguente dinamica, i lettori di Icebergfinanza e soprattutto di Machiavelli dovrebbero incominciare a prepararsi con calma e senza fretta alle ceneri…

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La storia non si ripete mai ma ama fare la rima! Impressionante vero?

Qualcuno mi ha chiesto se non mi sembra che sia troppo presto, in realtà non è mai troppo presto perchè la realtà si manifesti, non certo per il fallimento di Deutsche Bank ma per la consapevolezza dell’intero sistema finanziario europeo.

Verrebbe da chiedersi chi ha ragione tra l’EBA …



o il numero uno della seconda banca francese Francois Perol, che a Cernobbio a porte chiuse ha raccontato…

“Sono molto più preoccupato di quanto non lo fossi nel 2009 sotto certi aspetti”, ha detto Perol

“E ‘stato chiaro al 100 per cento di ciò che doveva essere fatto (nel 2009)”, ha aggiunto. “Penso che sia una situazione difficile per le banche (ora) perché cambiamenti fondamentali sono in corso in un ambiente che è incredibilmente difficile a causa di tassi di interesse negativi.”

European Bank Outlook More Uncertain Than in 2009, Perol Says

Intanto anche in Austria se non accetti le loro condizioni, cominciano a fare piazza pulita con il “bailin”…

Heta’s Creditors Forced to Share Losses by Austria Regulator
Austria’s FMA imposes big haircut, long wait on Heta creditors

Nel frattempo in Italia mettono in piedi un “veicolo” privato

Fondo salva banche pronto a decollo, Padoan riunisce al Tesoro banche, assicurazioni, fondazioni, Bankitalia e Cdp

Fondo banche, lunedì al Tesoro giro finale di incontri per annuncio

… non dimenticatevi mai l’ultima opzione della deflazione da debiti in atto per certi versi irreversibile!
 

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