Ecco un interessante articolo sulla serata di Rai 1 di ieri
L’atteso film sulla violenza sulle donne, il primo dei quattro, trasmesso ieri sera su Rai Uno prodotti da Rai Fiction e da Claudia Mori, a qualcuna è piaciuto, a qualcun’altra no. Sorvolando sulla pessima recitazione del cattivo della questione, un lui che scimmiottava un thriller di quarta categoria che concludeva chiamando per nome la sua vittima, con un ghigno sadico che colui che fa violenza sulle donne in quelle circostanze non realizza mai, diciamo che è stato un film che ha tentato di muoversi fuori dagli stereotipi.
Lui, un professore universitario perfettamente integrato, con amicizie che contano e con una apparente gentilezza nei modi, italiano, benestante, conosce una studentessa lavoratrice e precaria e la ammalia con i suoi modi, la sorprende con effetti speciali e infine si innamorano. Tempo niente la separa dalle sue amicizie, la picchia per presunta gelosia, la tratta come un oggetto di cui vuole disegnare il destino, la reclude in un recinto fatto di marmi e bei mobili e ad ogni nuova percossa si scusa, dice che l’ama e alza il prezzo della lusinga (ti amo, ti sposo) a risarcimento e per intrappolarla nella morsa. Si scopre che aveva massacrato di botte un’altra fidanzata in un’altra nazione, perseguita la protagonista del film dopo che lei lo lascia, tenta di violentarla, la insulta, la minaccia, la segue dappertutto e infine la accoltella tentando di ucciderla e non riuscendoci finirà per farsi dodici anni di galera mentre lei a fatica riprende la sua vita.
A parte i cliché recitativi la storia di per se’ pare raccontare una storia come tante, come quelle che documentiamo giorno dopo giorno, e dunque il giudizio potrebbe essere “non male” per essere Rai Uno giacché siamo abituate a ben altro genere di film e alle mille giustificazioni agli assassini dei tanti talk show televisivi.
Ancora più sorprendente uno svenevole Bruno Vespa nel suo Porta a Porta costretto suo malgrado a rinunciare al suo amato plastico e al piglio morboso e trascinato dalle attrici della serie in un ragionamento che pareva essere da servizio pubblico. Lui stesso a dire che quello è troppo grave per essere considerato solo stalking (ma lo sa che è proprio quello invece che viene imputato agli stupratori e a chi minaccia la vita di una donna?) e poi le presenze che cambiavano tono nel corso della trasmissione. Inizialmente a recitare il solito copione a giustificazione e patologizzazione e poi sorprendentemente e grazie soprattutto a Stefania Rocca, attrice di uno dei film della serie, il tono cambia, il banalissimo Crepet non sa più che dire e le donne di Telefono Rosa dicono cose incredibilmente vere.
Uno dei prossimi film descritti parlerà di cam-girl e per un attimo la storia tende alla criminalizzazione delle ragazze che si spogliano sul web per guadagnare soldi. Chiacchiere vuote sul terribile nemico che esiste in giro per il web, qualche botta alla madri che non sorvegliano le figlie a tutte le ore, una che dice che in fondo quando succedono cose brutte se la vanno a cercare, Vespa tutto intento ad inserire la sua tesi difensiva sul tizio del delitto di Via Poma, ancora un paio di battute sciocche sulla questione di Parolisi e poi Stefania Rocca si inserisce e dice che le madri oggi lavorano, che un violento non è mai giustificato e legge la lettera che Angy (cara Angy :***) scrisse dopo che coloro che aveva denunciato per stupro furono assolti in secondo grado. “Ho un nuovo tatuaggio” – diceva Angy – “Oggi sul mio corpo la procura ha scritto: prendete pure, fate con comodo, non vi succederà nulla. Nella mia anima è inciso: voto al silenzio. Significa che sono costretta ad ammettere che denunciare una violenza sessuale non serve a nulla. Sì è vero, sono proprio io, quella che qualche anno fa incitava le donne molestate alla ribellione. La ragazza “che ha avuto il coraggio di parlare”…. Che ha avuto il coraggio sì, ma non una pena degna o un riconoscimento di colpevolezza per quelle immondizie che l’hanno profanata. In compenso, in seguito alla denuncia, la mia anima è stata stuprata da mille interrogatori, avvocati, mass-media; da minacce e diffamazioni di blog e forum, rivolte a me e alla mia famiglia. Ragazza molestata ascolta bene: non ti ribellare se non vuoi essere picchiata, non denunciare se non vuoi essere insultata, questo ci stanno insegnando. Consolati invece, c’è chi dice che ci stuprano perché siamo belle. Sentiti quindi desiderabile quando loro sono su di te, poi chiudi gli occhi e apri bene le gambe: se hai fortuna non durerà a lungo. Se stai buona e sono galanti ti risparmiano il pestaggio. Quando sarà tutto finito, se hai ancora forze, striscia in silenzio fino a casa e lavati bene, molte volte: andrà tutto via. Tutto tranne quello schifoso odore di rancido, che resta indelebile: non viene dalle loro sudice mani, appartiene alla nostra società che marcisce in questa vergogna.”
Vespa prova a dire per due secondi che esisterebbero donne che incastrano uomini con l’accusa di stupro ma Stefania Rocca induce tutti a fare informazione. Diventa servizio pubblico. Allora chiede cosa fare, che denuncia, in che tempi, su quali servizi e strutture una donna può contare e su Rai Uno si parla di Centri Antiviolenza e se ne parla dicendo che sono le uniche strutture territoriali sulle quali una donna vittima di violenza può contare, si parla perfino di Centri per donne vittime della Tratta e Stefania Rocca incalza “e come fanno senza il permesso di soggiorno?” e l’altra chiarisce che se denunciano devono poter godere di un permesso sfatando il mito sulla base del quale si ricattano decine e decine di donne straniere tenute sotto scacco da organizzazioni criminali, e poi si parla della radice di quella violenza, il possesso, dicendo che la violenza avviene per lo più in famiglia, e mentre Stefania Rocca, protagonista del film della Von Trotta, spiega come il suo ruolo sia quello di una donna che appena tenta di lasciare il marito, un medico, viene sedata, medicalizzata, psicologicamente torturata, indotta al suicidio mentre le figlie sono vittima di violenza assistita, la criminologa sottolinea che per un uomo violento lui esiste in quanto possessore di un corpo e se lei non lo vuole mette in discussione la sua identità.
Lo psichiatra intrufola un pensierino sull’educazione all’amore e un’altra dice che è sbagliato (incredibile!!!) parlare di “delitto passionale” poiché si uccide per odio e non per amore. Si parla dunque anche di “violenza assistita” e delle sue conseguenze, educando i bambini a riprodurre schemi violenti e le bambine ad esserne vittime. Si parla di “controllo”, di violenza psicologica, quella che in Europa – secondo i dati – è causa di tanti suicidi di donne che neppure vengono contemplati nella scia di femminicidio esistente. Si ragiona sulla maniera di dimostrare l’istigazione al suicidio e non si discute del fatto che le violenze, private, vengono generalmente messe in discussione nelle aule di tribunale con avvocati che tra una perizia e l’altra contano sul fatto che sulla “scena del crimine” c’erano solo la vittima e il carnefice.
Crepet tenta di dire che le donne non sarebbero in grado di lasciare i partner violenti e la criminologa di Telefono Rosa – lievemente inferocita – chiarisce che è proprio durante ogni tentativo di separazione che le donne rischiano la vita e diventano vittime di stalking, percosse, stupri e omicidi. Si parla ancora di un’altro dei film della serie a proposito di violenze sule prostitute (che sono tantissime) e Vespa introduce l’altro caso di cronaca reale e parla di Roberta Ragusa. Tenta di farne l’ennesimo caso morboso ma non gli riesce. Le donne in studio affermano che di lei si cerca un corpo sepolto chissà dove e si sa che viene smentita la testimonianza di chi dice di averla vista in un altro paese. Indagano per omicidio volontario nel frattempo è il marito.
Tutto sommato, dunque, una discussione totalmente fuori dagli schemi rispetto al linguaggio al quale ci ha abituato la Rai e i media in generale. Fuori dagli schemi anche il ruolo della donna che non è vittima passiva ma reagisce, si difende, si libera da sola, è lei che usa strumenti per liberarsi e accanto si trova una rete di sostegno fatta di donne e di uomini che non fanno i machi ma sono solo preoccupati per lei, che non esitano un attimo a testimoniare per raccontare l’affetto e la vicinanza. Perché ogni donna che subisce violenza non è e non dovrebbe mai essere sola e il primo passo è parlarne. Subito.
Alcuni dati che avrebbero dovuto essere forniti nella tv pubblica e che forniamo noi giacchè siamo noi a fare servizio di pubblica utilità più di quanto non facciano i media mainstream:
1) VIOLENZA MASCHILE VS. VIOLENZA MASCHILE SULLE DONNE (DI GENERE)
Omicidi in calo (omicidi di donne nel 2006 181, nel 2010 151)
Omicidi in famiglia in aumento (femminicidi nel 2006 101 (df 91, if 75 +11 ex) nel 2010 127 (df 114, if 68, ex 29)
70% dei femminicidi è preceduto da violenza domestica
Omicidi nelle relazioni di intimità: solo il 4/8 % sono vittime maschili (OMS, 2002)
La proporzione di donne uccise dai partner è costante negli ultimi 70 anni e varia dal 40 al 70% a seconda dei Paesi (Gartner e McCarty, 1991)
In Italia: over 46 vittime
Omicidi collaterali connessi alla violenza domestica, in EU nel 2006 sono stati 186, nella maggior parte figli che già avevano assistito ad altre scene di violenza
Ogni anno in EU: 3500 morti legate alla violenza in famiglia
9 morti al giorno, di cui 7 di sesso femminile
nel 2006: 3413 morti legate a violenza in famiglia di cui
1409 femmicidi da parte del partner
1010 suicidi di donne vittime di violenza
272 uomini uccisi dalle mogli
186 omicidi collaterali (soprattutto figli bambini)
536 suicidi di uomini che avevano assassinato la moglie
QUESTI DATI SONO AGGHIACCIANTI.
Io li conoscevo.
Qualcuno, forse no.