Obbligazioni societarie Monitor bond Telecom Europa VIII (Gennaio 2010 - Dicembre 2013)

Updates?

Ottimo 3d, l'ho scoperto solo ora:wall::wall::wall:,
come mai no more updates? IMark, Qquebec, dove siete?:sad::sad::sad::specchio::specchio::specchio:.

OT - è interessante, per le ripercussioni economiche, la "peering dispute" che si sta sviluppando in America tra Comcast e Level 3.

L'Europa è diversa, ma il problema è interessante. Con sempre più traffico indirizzato ai clienti cable (film in HD, etc) Comcast vuole mettere un casello ed incassare il pedaggio: vuoi raggiungere i miei clienti? Paga.

In soldoni e spiegato male, ma il semimonopolio su certe zone oggi in America sembra "pagare", e si cerca di fare soldi in due direzioni (il cliente con la rata mensile, il traffico in entrata).

Level 3 vs. Comcast: More Than A Peering Spat? « Data Center Knowledge

The Real Story Behind the Comcast-Level 3 Battle: Tech News
 
Deutsche Tel, strategia europea dietro la ritirata dagli Usa
ANDREA TARQUINI
(Repubblica.it » Affari e Finanza » Deutsche Tel, strategia europea dietro la ritirata dagli Usa)

Non sempre essere presenti in forza con investimenti e partecipazioni sul mercato nordamericano è la scelta migliore. E non sempre conviene essere il numero uno europeo a tutti i costi: le nuove frontiere della telecomunicazione mobile, la sfida dell’iPad, nonché quelle di Google, Facebook e altri operatori internettiani imporranno sempre più matrimoni di convenienza tra i big delle tlc nel Vecchio continente. E al momento i mercati premiano questa scelta di ritirata strategica. Ecco, detti in due parole, significati e segnali della decisione di Deutsche Telekom di ritirarsi dagli Usa. Cedendo la sua branca americana al principale concorrente locale, cioè AT&T, per 39 miliardi. Le Borse hanno subito reagito con un forte apprezzamento del titolo Deutsche Telekom, salito a caldo del 16 per cento. In altre parole, nonostante la riduzione del fatturato quale conseguenza inevitabile della ritirata negli States, Telekom ora vale, secondo il quotidiano economicofinanziario tedesco Handelsblatt, circa 6,3 miliardi di euro in più. Cosa farà Deutsche Telekom ora con questa nuova ‘cassa di guerra’? Vediamo.
Non importa se adesso il ‘gigante rosa’ (così il colosso con sede centrale a Bonn è chiamato dagli addetti ai lavori per il colore del suo logo) non è più il numero uno tra i grandi europei delle tlc, bensì dopo l’uscita di scena dagli Usa è relegato al terzo posto nel vecchio continente, dopo Vodafone e Telefònica. "La grandezza di un’azienda delle tlc è irrilevante, la discussione su chi tra i global player è il più grosso appartiene al passato", ha spiegato sempre secondo Handelsblatt il ceo di Deutsche Telekom, René Obermann. La sua strategia adesso è diversa, più raffinata e articolata.
Ha già un nome: ‘Telco plus’, cioè telecomunicazioni più altro. Altro vuol dire molte più offerte nelle tlc di nuova generazione, in Internet, nei social network, e nella gestione delle reti di tlc delle grandi aziende e dei grandi sistemi economici. E al tempo stesso, Obermann punta a una sistematica ricerca di partner per arrivare insieme a economie di scala significative, che consentano a tutti di non perdere l’autobus del decollo delle tlc nei mercati e nelle economie più dinamici. L’esame strategico del vertice di Deutsche Telekom è già a buon punto. La presenza e il tipo di presenza futura in tutti i 13 mercati europei in cui i tedeschi hanno controllate o filiali è sotto esame. L’ipotesi, in ogni caso, è cosa si può fare insieme, risparmiando tutti e guadagnando tutti di più, nel gruppo Euro5, il club dei big delle tlc europee che come è noto unisce Deutsche Telekom, France Télécom, Telefònica, Vodafone e Telecom Italia. Non siamo più solo ad accordi di roaming o compromessi simili, il piano è ben più ambizioso e a lungo respiro.
Non si tratta solo di rifarsi dei 51 miliardi di dollari spesi a suo tempo per rilevare Voicestream negli Usa, né di ripianare qua e là debiti o passivi. Deutsche Telekom adesso, con quei 39 miliardi di euro e la crescita in Borsa, ha ben altro margine di manovra per operazioni strategiche. Il punto è scegliere quali. Urgono investimenti per miliardi nei 13 mercati europei, e per la costruzione di reti più veloci, anche capaci di ‘trasportare’ la tv 3D. Ma il costo di tali offensive è tale che, secondo i tedeschi, conviene dividersi investimenti e mercati. La proposta di Obermann ai suoi colleghi francese, britannico, spagnolo, italiano è in sostanza questa.
I mercati più in vista nel mirino di Deutsche Telekom sono Polonia, Austria, Romania e Slovacchia, dove già operano filiali sia del colosso tedesco sia di France Télécom, la quale dunque potrebbe avere un ruolo privilegiato nella nuova strategia di Obermann. Il precedente esiste già: la fusione delle loro controllate nel Regno Unito con la creazione di una nuova joint venture.
Il centroest dell’Unione europea appare sempre più interessante, resiste ancora al rischio di arrivare a un mercato saturo. Vuoi per lo sviluppo economico impetuoso, soprattutto della Polonia (l’economia a crescita più rapida e dinamica dell’intera Ue, e sede degli ) e della Slovacchia, nuovo centro di eccellenze nell’auto e nell’elettronica. Mentre l’Austria ha un ruolo importante per la sua funzione di hub dei mercati tra Est e Ovest. I modelli di cooperazione che Deutsche Telekom vuole offrire ai partner francesi e ove necessario agli altri del club Euro5 sono diversi. I big potrebbero dividersi un paese, in modo che ad esempio l’uno sviluppi la rete nel nord e l’altro nel sud. Oppure realizzare investimenti in comune, nelle nuove reti veloci, o ancora dividersi gli investimenti per comparto. Non è solo telefonia mobile: l’obiettivo, con la ‘rich communication suite’, è anche affrontare la concorrenza di Google e Facebook creando un rivale di Facebook stessa. "L’urgenza di cooperare non è mai stata così forte come oggi per i big delle tlc europee", afferma Roman Friedrich della società di consulenza Booz & Company. I tedeschi si muovono in fretta in questa direzione.
 
Cellulari, in Asia e Africa le Vodafone del futuro
STEFANO CARLI
(Repubblica.it » Affari e Finanza » Cellulari, in Asia e Africa le Vodafone del futuro)

Lo scenario mondiale della telefonia mobile è tornato in fermento come ai tempi del boom di dieci anni fa. Solo che questa volta il movimento è davvero globale e sta ridisegnando la geografia mondiale degli operatori cellulari. Se l’affermazione può sembrare eccessiva è perché si continua a guardare solo a quello che succede nella Vecchia Europa e negli States, mentre è ora di volgere l’attenzione ad alcuni movimenti di assestamento sui mercati asiatico, sudamericano, del Medio Oriente e perfino dell’Africa. I mercati emergenti stanno insomma crescendo le loro nuove Vodafone.
Certo, questo non vuol dire che il megamerger tra At&t e TMobile negli Usa sia da sottovalutare. Né potrebbe essere diversamente. Sia per l’entità dell’operazione, 39 miliardi di dollari. Sia perché grazie alle polemiche suscitate anche l’Europa ha scoperto che Obama sta per mettere all’asta ulteriori frequenze con l’obiettivo di incassare altri 27 miliardi di dollari nel prossimo decennio.Ma l’operazione americana non è stata l’unica. Quasi contemporaneamente c’è stato il definitivo via libera alla fusione tra la russonorvegese Vimpelcom e gli asset fuori dall’Egitto della Orascom di Naguib Sawiris, ossia Wind in Italia e le controllate in Tunisia, Algeria, Pakistan, Bangladesh ma con presenze anche in Zimbabwe, Namibia e Burundi. E’ quindi ufficialmente nato un gruppo da oltre 170 milioni di utenti.
Tutto questo movimento è però partito lo scorso giugno da Mombai, in India, quando è stata messa nero su bianco una delle maggiori operazione crossborder della nuova economia indiana: la Bharti Airtel ha acquisito per 10,7 miliardi di dollari le attività africane di Zain, la ex Mtc, la telecom mobile del Kuwait. Con questa operazione Bharti Airtel è diventata la terza compagnia mobile al mondo per numero di utenti: i suoi 208 milioni sono a ridosso dei 219 di Vodafone (calcolati assegnando solo gli utenti delle società controllate e non anche proquota quelli delle partecipate). Se At&tTMobile andrà in porto, la nuova società scavalcherà Bharti al terzo posto. «Ma non sarà per molto spiega Riccardo Monti, executive director di Value Partners e responsabile Global Telco Practice, che segue da anni progetti delle telco dei paesi emergenti, dagli Emirati all’Asia Già in tre anni, nel 2015, la differente velocità di crescita tra mercati emergenti e maturi avrà riportato gli indiani al terzo posto».
Le classifiche sono un modo comodo di raffigurare un mercato globale, ma dietro le metafore dei sorpassi c’è una sostanza reale. «La sfida delle tlc del prossimo decennio si gioca sui mercati emergenti afferma Monti e lì le regole sono diverse. Bisogna sapere cosa fare e come muoversi. E il caso Bharti ne è l’esempio migliore».
Le tlc indiane sono una palestra micidiale da questo punto di vista. Arpu (la spesa media mensile per utente) bassissimo, di pochi dollari al mese: ma la crescita è tutta lì. Bisogna saper gestire un modello di business basato su micropagamenti unitari infinitesimi ma moltiplicati per miliardi di operazioni. E’ proprio quello che ha saputo fare il gruppo Bharti. E’ il tipico gruppo indiano. Controllato e guidato dalla famiglia Bharti Mittal: un doppio nome per distinguerli dagli altri Mittal, i signori dell’acciaio. In India è il numero uno nel mobile, con 150 milioni di utenti, ma si occupa anche di connessioni fisse e di infrastruttura. Ha una joint venture con l’Alcatel e giusto un anno fa ha posato e inaugurato un cavo ottico sottomarino di 10 mila chilometri che arriva fino in Usa passando per il Giappone. Che è la prova provata che anche con margini così ridotti si fa cassa a sufficienza per investire e crescere. Bharti ha chiuso il bilancio 2010 (nel mese di marzo, quindi prima dell’acquisizione di Zain) con 8,8 miliardi di dollari di ricavi.
«Si è creata una sorta di specializzazione geografica commenta Monti La Cina va all’estero con le infrastrutture, vedi Huawei o Zte, mentre i suoi operatori telecom ancora non sono mai uscitie dai confini. L’India sembra muoversi soprattutto all’opposto».
Il che vuol dire che ci sarà da aspettarsi altre operazioni. Quanto a breve non è dato sapere oggi, ma la loro localizzazione è abbastanza certa: Africa e Medio Oriente.
In Africa ci sono situazioni che non possono restare ferme a lungo. In Kenya, per esempio, l’operatore mobile leader, la Safaricom, ha quasi l’80% del mercato domestico. Ma al di sotto si muovono appunto Bharti, con l’11%, Essar, secondo operatore indiano ora interamente controllato da Vodafone con il 7% e infine anche Orange, il marchio nei cellulari di France Telecom con il 2%.
Per il momento a crescere in Africa è però in particolare la sudafricana Mtn, che ai 100 milioni di utenti africani aggiunge anche altri 11nel Medio Oriente. Il fatturato 2010 di Mtn è stato di oltre 16 miliardi di dollari.
Oltre Bharti, Mtn e Essar altre novità potranno arrivare dagli altri operatori legati ai ricchi emiri arabi. «Gli operatori del Golfo hanno ancora grande voglia di investire all'estero. Non bisogna lasciarsi ingannare dal caso Zain, che ha venduto le sue partecipate Africane a Bharti spiega Riccardo Monti perché quello è un caso particolare. Zain è infatti l’unica tra le telecom mobili arabe ad essere di proprietà di una famiglia. Ricchissima, per carità, ma è in una situazione ben diversa rispetto agli altri tre operatori della regione: la saudita Stc, la Etisalat degli Emirati e la Qtel del Qatar. Queste tre fanno capo ai rispettivi fondi sovrani. Vuol dire che non hanno problemi finanziari a breve. I loro azionisti possono aspettare molto più tempo di un normale investitore, e per ora stanno alla finestra. Di sicuro non venderanno. Anche se per loro la difficoltà è la stessa che ha portato Zain a vendere i suoi asset non domestici Quando operi in uno dei più ricchi mercati del mondo, con un Arpu mensile superiore a 44 dollari, (mentre in Europa occidentale siamo a 29 e Italia a 26),mancano le capacità di competere in un mercato come quello africano, dove in molti paesi l'Arpu è sotto i 4 dollari al mese. Giusto come l'India che si attesta su 3,5 dollari».
Anche dall’altra parte dell’Atlantico ci sono però novità. Il consolidamento in atto sui grandi mercati dell’America di lingua latina, dal Messico fino al Cono Sud, fa emergere due protagonisti su tutti: l’America Movil del miliardario messicano Carlos Slim e la spagnola Telefonica. Adesso la fase dei contenziosi a protezione dei potentati locali sembra finita, come ha anche dimostrato la conclusione della complicata vertenza argentina che ha coinvolto Telecom Italia. E questo apre spazio ad un periodo di crescita e di ulteriori operazioni. Già tra 2009 e 2010 il mercato sudamericano è cresciuto di circa il 12% arrivando a sfiorare la soglia dei 500 milioni di utenti cellulari. E da questo punto di vista i 55 milioni di utenti che fanno capo a Telecom Italia, essendone un 10% abbondante, lasciano margine a qualche possibilità anche per l’operatore italiano, sempre al netto dei problemi interni, di governance e di debito, del gruppo guidato da Franco Bernabè. D’altra parte gli utenti sudamericani di Telecom Italia sono più del doppio di quelli del suo diretto concorrente, la Millicom, che ne ha 23. E Millicom, pur quotata al Nasdaq, è una tipica conglomerata scandinava in cui il buisness delle tlc mobili è solo una parte assieme a hotel, immobiliare, utility e finanza. E’ presente in una dozzina di mercati diversi e non è detto che non decida prima o poi di uscire.
Resta infine un capitolo a parte, tra le nuove e potenziali Vodafone: quello della «vera» Vodafone. A Vittorio Colao sta forse per riuscire quello che il suo predecessore ha per anni esitato a fare: mollare tutti i mercati in cui il gruppo è presente con una quota che non garantisce il controllo sulla gestione e le strategie. E’ così che è maturata l’uscita di Vodafone dalla Francia, con la cessione a Vivendi della sua quota del 44% in Sfr, secondo operatore mobile francese, per oltre 7 miliardi di euro. Così è uscita dal Giappone. Così potrà forse riuscire a disincagliarsi dalla partita Verizon negli Usa, dove da anni il suo 45% conta poco o nulla e ora, tra le aste per le frequenze e i costi per le nuove reti 4G, potrebbe anche smettere di fornire quel pur apprezzabile reddito in termini di dividendi. L’altra faccia di questa strategia di Vodafone è di prendere il controllo diretto delle sue filiali sui nuovi mercati a crescita più rapida. E’ per questo che ha appena liquidato il suo socio locale e di minoranza in India in Essar, secondo operatore mobile del paese. Dovrebbe essere una strategia vincente. Le previsioni di Value Parters al 2015 vedono infatti Vodafone ancora saldamente al secondo posto al mondo per utenti dietro China Mobile. Ma con un tasso di crescita perfino maggiore di quella del gigante cinese.
 
Portugal telecom

Questo 2019 5% XS0462994343 ora quota intorno a 86. Rendimento netto sopra il 6%
E' portoghese ok, quindi le quotazioni risentono dei destini del portogallo, ma fino a un certo punto, non credo a miei ricordi che la società sia messa così male.
Chi sa qualcosa di più preciso?
 
Questo 2019 5% XS0462994343 ora quota intorno a 86. Rendimento netto sopra il 6%
E' portoghese ok, quindi le quotazioni risentono dei destini del portogallo, ma fino a un certo punto, non credo a miei ricordi che la società sia messa così male.
Chi sa qualcosa di più preciso?
Credo che paghi sia la lunghezza che, soprattutto, il taglio minimo di 50k.
 
Versatel

Sembra che il fondo KKR voglia mettere le mani sulla tedesca Versatel molto attiva nel segmento internet/banda larga. In caso di successo dell'operazione il bond potrebbe essere richiamato anticipatamente a 101. Il prezzo corrente (94/95) tuttavia lascerebbe intendere che questa opzione non verrà esercitata dagli obbligazionisti. Tuttavia il bond, grazie a un apporto economico di questa consistenza avrebbe sicuramente i requisiti per andare a rimborso a scadenza nel 2014 (XS0306628651). Si tratta di un tasso variabile, cedola quadrimestrale, taglio minimo da 50K, rating S&P BB-

Yesterday, it was reported that private equity firm KKR was in “advanced talks” to make an offer on Versatel, in a deal that could be announced as early as today. We believe there is some substance behind such reports. A value for the transaction was not disclosed. Such an offer, if successful in securing a majority of the shares, would likely trigger a change of control on the bonds. We would expect a fully committed financing package as part of a public takeover to include a refinancing of such bonds and as such we move our recommendation to “Buy” given the current price of 94.9.

Il titolo azionario è invece precipitato a Francoforte, ma questa è un'altra storia
http://finanza.repubblica.it/News_Dettaglio.aspx?code=655&dt=2011-05-19&src=TLB
 
Ultima modifica:
Wind esternalizza (e quindi licenzia) la gestione della rete

Slc-Cgil, insieme a Cisl e Uil, ha proclamato dal 6 dicembre il blocco di tutte le prestazioni accessorie all'interno di Wind (straordinario, reperibilita', lavoro programmato) fino al 22 dicembre. Inoltre per il 16 dicembre e' stato proclamato per l'intera giornata lo sciopero di tutta la societa'.

Motivo della protesta e' il piano di esternalizzazione della rete di Wind, un piano che "va fermato perche' si mettono a rischio non solo le professionalita' e il futuro occupazionale di 1600 lavoratori coinvolti dall'eventuale cessione, ma di tutta Wind a partire dai customer, dagli amministrativi, degli operatori it e commerciali".

Si parla di cessione a Huawei o a Ericsson per 3 miliardi. Secondo voi è un bene o un male per i bond?
 

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