NON E' COLPA MIA SE IL TORTO CE L'HANNO SEMPRE GLI ALTRI. (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
“Per come è la legge oggi in Italia, se io turista vengo in Liguria e vado in spiaggia
devo andarci con la mascherina perché è un luogo pubblico.
Ma ci facciamo ridere dietro dal mondo!
Non possiamo pensare di levarla come ha detto qualcuno ad agosto.
Quando a giugno ci saranno 30 gradi andremo con la mascherina sul bagnasciuga?”.


Così alcuni giorni fa si è espresso Matteo Bassetti,
commentando la ridicolaggine delle mascherine all’aperto.

Una idiozia permanente che lo scorso anno, malgrado all’epoca non potevamo contare su nessun vaccino, non ci era stata imposta.


Oggi invece, malgrado una situazione ospedaliera assolutamente sotto controllo
e con un genio compreso alla guida del Governo, il Paese continua a far circolare i suoi cittadini
con l’insopportabile bavaglio delle mascherine.

Mascherine che, proprio per l’uso insensato che se ne sta facendo da tempo,
hanno oramai assunto un valore che ben poco ha a che vedere con la protezione dal virus.


Esse in realtà rappresentano una sorta di simbolo di assoggettamento

ad un regime sanitario che ha completamente stravolto ogni garanzia costituzionale.



Un regime sanitario che nessuno ha ovviamente pianificato ma che,
basandosi su una convergenza di interessi politici e professionali,
ha promesso la salvezza dal Sars-Cov-2, dipinto come più letale dell’ebola,
in cambio della totale e incondizionata obbedienza dei cittadini alle sue regole:

la cosiddetta nuova normalità.


Ed in questa nuova normalità le mascherine, indossate in ogni ambito
(c’è stato persino qualche scienziato-stregone catastrofista che auspicava di tenerle durante i rapporti di coppia),
costituiscono il più evidente elemento esteriore con cui dimostrare la propria conformità al soviet supremo sanitario.

Un soviet supremo sanitario che sforna a getto continuo protocolli con cui regolamentare fin nei minimi dettagli la nostra esistenza,

arrivando persino a definire la distanza minima da tenere mentre si balla: 1,2 metri all’aperto e 2 metri al chiuso.

Anche perché è notorio che il virus da queste due distanze in poi non è pericoloso, mentre diventa mortale al di sotto di esse.



Di fatto si tratta di una indigesta macedonia di misure magiche le quali,
non intaccando quasi per nulla la oramai inarrestabile circolazione del virus,
ci predispongono malissimo ad affrontare in futuro epidemie ben più gravi di quella ancora in atto.

In tal senso, oltre ad uno strumento di evidente oppressione democratica,
l’uso coercitivo delle mascherine in ogni ambito della nostra vita sociale
costituisce un vero passo indietro sul piano della elaborazione razionale dei problemi che la natura circostante ci pone.
 

Val

Torniamo alla LIRA
In una recente intervista ad un canale televisivo francese il virologo novantenne Premio Nobel, Luc Montagnier,
ex presidente della Fondazione mondiale contro l’Aids, ha duramente criticato la campagna di vaccinazione anti-Covid
parlando di un prodotto non sicuro somministrato ai cittadini alla stregua di “cavie umane”,
in quanto sono ancora del tutto sconosciuti i suoi possibili effetti negativi sulla salute delle persone.


Montagnier ha sottolineato che un vaccino può considerarsi sicuro solo dopo un tempo di sperimentazione molto più lungo.

E ha aggiunto che la campagna vaccinale è stata effettuata con errori di carattere scientifico e medico
che hanno aggravato la situazione, in quanto, secondo lui,
“anche le varianti sono il frutto di questa campagna di vaccinazione, la quale, nel tempo, potrebbe anche agevolare l’insorgenza di forme tumorali”.


La sua recente intervista “no vax” è stata accolta con notevole scetticismo sia dalla Comunità scientifica
che dalla grande stampa mondiale, anche perché sono ampiamente note le sue posizioni, almeno decennali,
di totale pregiudizio proprio nei confronti di ogni forma di vaccino.

Tuttavia, bisogna dare atto del fatto che Montagnier, lo scorso anno, è stato il primo scienziato
a dirsi certo che il Covid-19 avesse un’origine non naturale, ma di laboratorio
ed anche in quel caso la comunità scientifica lo criticò pesantemente, parlando di una vera e propria fake news.


Infatti, in un articolo del 5 maggio 2020, avevamo segnalato su questo giornale che Montagnier,
in un’intervista del 16 aprile 2020, era stato tra i primissimi ad avallare la tesi
di una possibile origine in laboratorio del Coronavirus, anche perché, secondo Montagnier:

Il laboratorio di Wuhan era stato allestito grazie al contributo del Governo francese per ricerche scientifiche
riguardanti la scoperta di un vaccino contro l’Aids in collaborazione con il governo cinese”.

In risposta a Montagnier, il 21 aprile 2020, la Comunità scientifica, con un documento firmato da migliaia di esperti,
ha preso le distanze dalla posizione del virologo francese, bollandola come un’esternazione più simile ad una fake news
a cui, secondo loro, Montagnier non sarebbe neanche nuovo perché ne avrebbe già sparate altre.

Ma, almeno in questo caso, non ci sono fake news perché, come scritto in due articoli pubblicati su questo giornale il 7 e 14 aprile 2021,
sembra ormai quasi certo che l’origine del Covid-19 sia riconducibile ad un incidente di laboratorio,
poiché a Wuhan non esistono pipistrelli in grado di contagiare direttamente l’uomo
mentre esiste il più importante laboratorio al mondo che si occupa proprio di effettuare manipolazioni sui Coronavirus.


Quindi, Montagnier ha visto giusto almeno su questo punto e lo ha affermato in tempi non sospetti,
mentre la tesi del possibile “incidente” ha trovato il favore anche dei virologi nostrani – inizialmente molto scettici –
soltanto dopo la pubblicazione dell’importante inchiesta giornalistica della trasmissione RaiPresa Diretta”,
svolta in collaborazione con ad un pool di giornalisti internazionali.

Infatti, con un anno di ritardo rispetto a Luc Montagnier, in alcune recenti interviste
anche i virologi Ilaria Capua e Massimo Galli hanno parlato di una possibile origine in laboratorio del Covid-19.


Quindi, Montagnier, ad aprile del 2020, ha raccontato, per primo, fatti che la Comunità scientifica ha inizialmente sconfessato e deriso.

Cioè, che il Covid-19 avesse un’origine non naturale, ma non c’era nulla da cui essere derisi perché,
nonostante la mancata collaborazione del Governo cinese sulla delicata questione,
gli approfondimenti giornalistici stanno permettendo a molti di cambiare idea e di avvicinarsi alla posizione di Montagnier,
anche se la virologa Antonella Viola, intervistata lo scorso 24 maggio a “Otto e Mezzo” in onda su “La7”,
si è detta ancora convinta che il Covid-19 abbia avuto origine nel mercato ittico di Wuhan.

Comunque, è sconcertante che proprio gli scienziati, cioè, i soggetti più esperti in materia,
stiano impiegando un tempo biblico per accertare l’origine del virus
ed è curioso che abbiano assunto una posizione di iniziale chiusura rispetto alla tesi del possibile incidente,
una sorta di difesa d’ufficio per la Cina.

Ma l’inchiesta dell’Organizzazione mondiale della sanità sul laboratorio di Wuhan doveva servire proprio a far luce su questo punto,
decisivo anche per impostare correttamente la risposta sanitaria mondiale,
ma non ha ottenuto i risultati sperati anche perché è stata affidata ad un soggetto privo di poteri investigativi,
in stretti rapporti con la Cina che non ha fornito elementi utili alle indagini.


Questo non è “complottismo”, ma è solo quanto realmente accaduto.


Con un certo ritardo, a chiedere ulteriori indagini perché non convinto dell’origine naturale del virus,
si è aggiunto adesso niente meno che Anthony Fauci, il direttore dell’Istituto nazionale di malattie infettive e consigliere della Casa Bianca sul Covid,
inizialmente molto scettico e che si era spesso scontrato con l’ex presidente proprio sull’origine del virus.

Parlando con Fox, in base a quanto riporta il quotidiano La Repubblica”,
gli è stato chiesto se il virus fosse stato originato naturalmente, Fauci ha risposto:

“Non ne sono convinto, penso che dovremmo indagare su ciò che è successo in Cina”.
“Certamente le persone che stanno indagando sostengono che l’emergenza nasca da un animale che ha contagiato gli individui,
ma potrebbe essere stato anche altro e noi abbiamo bisogno di scoprirlo. Quindi, sono favorevole ad un’indagine”.

Tuttavia, il suo parere era molto diverso un anno fa, secondo “La Stampa” del 5 maggio 2020:

“Si apre un nuovo terreno di scontro fra Anthony Fauci, il capo della task force della Casa Bianca
e massimo esperto di malattie infettive, e il presidente Trump.
Dopo aver duellato su quarantena, isolamento e le misure di contenimento del contagio,
ora Fauci, veterano delle Amministrazioni Usa e già in carica ai tempi di Reagan,
contesta l’ipotesi che il virus sia fuoriuscito dal laboratorio cinese di Wuhan
smentendo la narrazione che negli ultimi giorni sia Trump sia il segretario di Stato, Mike Pompeo,
stanno portando avanti per attaccare la Cina.
Il capo della diplomazia Usa aveva citato prove importanti sul fatto che il virus provenga da un laboratorio.
Pechino ha sempre negato con forza, anche se diverse cancellerie
hanno mostrato dubbi sulla trasparenza delle autorità cinesi nella gestione di questa crisi”.


Quindi, un bel dietrofront, ma solo gli stupidi non cambiano mai idea.


In ogni caso, una nuova indagine affidata ancora una volta all’Oms si tradurrebbe nella ennesima manifestazione di una farsa senza fine,
mentre la spinosa questione andrebbe trattata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite,
dotato di poteri investigativi e di cui fa parte anche la Cina in qualità di membro permanente.


Montagnier è stato tra i primi scienziati a contestare la versione di comodo del Governo cinese
sull’origine del Covid nel mercato ittico di Wuhan ed è arrivato con un anno di anticipo
alle stesse conclusioni di un altro luminare come il virologo italo americano Anthony Fauci,
per cui le opinioni di Montagnier meritano il massimo rispetto e vanno analizzate attentamente
anche con riguardo ai forti dubbi manifestati sulla campagna di vaccinazione attualmente in corso nel mondo
con un’informazione che è concettualmente supina all’idea che il vaccino stia sconfiggendo il Covid-19, anche se da più parti vengono sollevate perplessità.


Il dubbio è l’inizio della conoscenza”, questo l’insegnamento dell’immenso filosofo francese Cartesio,
uno dei più grandi pensatori di tutti tempi, nella sua celeberrima opera “Discorso sul Metodo” scritta nel 1637.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Siamo giunti alla stretta finale di un regime che non ha più bisogno di nascondere la sua natura agli occhi dei cittadini.

La finestra di Overton è ormai spalancata e la rana bollita è priva di sensi.

Rimane giusto qualche personaggio fuori dal perimetro spinato del pensiero unico,
additato come pericoloso nemico, da mettere a tacere con tutti i mezzi.

Così per l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, voce dissidente e altisonante della Chiesa cattolica,
uno dei primi a denunciare il piano distopico e diabolico del Grande Reset.


Le sue lettere pubbliche sono delle cannonate contro il pensiero unico del politicamente corretto
e del nuovo terrorismo sanitario di cui lo stesso Bergoglio è promotore.

Così il suo ultimo video, in cui invitava a denunciare l’inganno del reset come dovere di ognuno di noi,
è stato immediatamente censurato da YouTube.

Ma la nuova dittatura è spietata e agisce in modo capillare, senza lasciare faglie di dissenso
che potrebbero instillare il dubbio su quanto sta accadendo e in particolare risvegliare qualche coscienza tra il nutrito popolo dei fedeli.

Così non si limita a censurare il diretto interessato, ma addirittura chiunque osi citarlo e riportare il suo pensiero.


E’ quanto mi è accaduto ieri per aver pubblicato un virgolettato delle parole dell’arcivescovo nemico giurato del mainstream:

il post è stato valutato “contrario agli standard in materia di disinformazione che potrebbe causare violenza fisica”,
poiché, spiegano, “non consentiamo la divulgazione di informazioni che potrebbero provocare danni fisici” (quali?).




Arrogandosi un potere che trascende la giurisdizione nazionale in tema di libertà di espressione,
mi è stata comminata una sospensione di ben 3 giorni da Facebook.


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Fedele paladina del discorso dogmatico del nuovo scientismo imperante, la creatura di Zuckerberg,
che detiene di fatto il monopolio dei social e gestisce l’80% dei dati, spiega che

“In alcuni casi, secondo le organizzazioni sanitarie riconosciuto
(ndr., come l’Oms, finanziata proprio dal citato Gates) queste informazioni potrebbero fuorviare le persone
su come curare e prevenire una malattia o potrebbero spingerle a non cercare cure mediche”.


E’ a dir poco paradossale come, al contrario, siano proprio i diktat del nuovo regime pseudosanitario
a bocciare le cure mediche e le terapie domiciliari precoci, che hanno salvato molte vite.


Poi, a corollario dell’opera di ortopedizzazione della comunità virtuale, chiude il messaggio con :
“Ricevi informazioni affidabili e aggiornate sul Covid-19 dall’OMS. Visita who.int.”


Non paghi del ban impostomi, gli uomini di Zuckerberg
-non vi illudete infatti che ci siano solo algoritmi a gestire queste azioni punitive,
che non a caso colpiscono solo personaggio scomodi e non allineati-
hanno inviato un messaggio a ciascuno degli utenti (circa mille!) che ha interagito col mio post:


bifa-2.jpg



Che uso possiamo fare ormai dei social se persino una citazione,

con tanto di virgolette e indicazione dell’autore,

viene censurata e comminata una pena a chi la riporta?



Prima ci hanno lasciato l’illusione di trovare in queste piattaforme uno spazio di libertà di espressione,
alternativo a quello dei media mainstream, che ha effettivamente permesso a voci liberi e fuori dal coro
di avere un seguito e di divulgare il pensiero critico,
poi hanno deciso di reprimere anche questo spiraglio lasciato libero.


Dove porterà questo soffocamento del dissenso, una volta impedita ogni valvola di sfogo?


Potrebbe rivelarsi un pericoloso boomerang per i padroni/feudatari del pensiero unico.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Ricevo e ritrasmetto

"io non vorrei sporcare i suoi messaggi,per cui le chiedo se puo' far sapere che sul sito di petizioni.com c'e' la petizione UNIAMOCI CONTRO IL GRANDE RESET....
tutti noi abbiamo il dovere di far qualcosa e smetterla di far finta di niente.
Grazie e a presto. "
 

Val

Torniamo alla LIRA
Dopo la sorpresina che abbiamo comunicato non molto tempo fa, saltata fuori nel silenzio generale,
che lo Stato francese si ritrovava improvvisamente con uno 0,3% in più di Stellantis rispetto a quanto previsto,
il gruppo inizia a sforbiciare e ad annunciare la scelta di attuare importanti cambiamenti che colpiranno i rivenditori.


Con una comunicazione improvvisa e inaspettata il gruppo Stellantis, nato dall’unione tra la francese Psa ed Fca,
rende noto a tutti i suoi concessionari, punti assistenza e officine l’intenzione “di risolvere i contratti in essere”,
la cui scadenza è prevista per il 31 maggio 2023.



Lo scopo del gruppo, stando a quanto viene riferito da Il Fatto Quotidiano,
sarebbe quello di “procedere a una riorganizzazione delle sue reti di distibuzione”.

Stellantis prevede infatti di dare vita a un modello di distribuzione multimarca che lancerà a partire da giugno 2023.


L’idea è quella di puntare a grandi punti vendita che ospitino tutti i 12 marchi del gruppo,
ovviamente questa scelta mette a rischio i punti vendita più piccoli,
i quali non conoscendo ancora nemmeno quali saranno “i criteri con cui verrà definita la nuova rete”, si trovano in grosse difficoltà.


Lo stravolgimento coinvolge “i rivenditori di Vauxhall, Peugeot, Citroen, Ds Automobiles, Alfa Romeo, Fiat e Jeep”.


Per il momento è chiara, come annunciato da Carlos Taveres già amministratore delegato di Psa e orari Stellantis,
“l’intenzione di procedere ad un taglio dei costi lungo tutta la filiera”.

La riorganizzazione ha già provocato i primi licenziamenti tra i fornitori esterni di servizi.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Insomma, quella che RomaToday definisce “una rapina per disperazione”
si è risolta in un buco nell’acqua per una giovane mamma di Nettuno,
impossibilitata a pagare l’affitto e con due minori a carico.

La donna ha tentato di rapinare un supermercato:
ha minacciato una cassiera con un coltello intimandole di darle il fondo cassa.

La sua poca predisposizione al crimine, tuttavia, ha fatto sì che venisse prima fermata dai vigilanti del supermercato e poi arrestata da carabinieri.


Il tutto è avvenuto martedì 25 maggio al supermercato Panorama di via Ugo La Malfa a Nettuno, Comune del litorale nord laziale.

Il timido tentativo di rapina è stato bloccato sul nascere dal personale di vigilanza del supermercato.

Sono poi intervenuti i carabinieri del Nucleo Radiomobile della Compagnia di Anzio.

Fermata in flagranza di reato è stata sottoposta alla misura degli arresti domiciliari
a disposizione dell’Autorità Giudiziaria per il rito direttissimo.


Ai carabinieri la mamma, disperata, ha raccontato delle proprie difficoltà economiche.

Non riesce più a pagare l’affitto.
 

Val

Torniamo alla LIRA
E’ ufficiale: Fedez è disposto a qualsiasi cosa pur di farsi pubblicità, anche a porsi (ulteriormente) in ridicolo.

L’ultima trovata del signor Ferragni è una mail con tre emoticon a forma di pagliaccio
inviata alla Commissione di vigilanza Rai
.

E’ questa la risposta del rapper-influencer alla richiesta della bicamerale di inviare una sua memoria.

Una mail di cui il presidente della Vigilanza Rai, Alberto Barachini, ha informato i commissari oggi, commentandola così:

“La Commissione parlamentare di vigilanza ha rispettato Fedez, mentre lui non rispetta le istituzioni. Sono amareggiato“.

“Forse i tre pagliacci di Fedez non erano un oltraggio al Parlamento ma la sua firma“,
è la battuta con cui un deputato commenta il gesto del rapper.

Mollicone, al di là della battuta, ha anche chiesto a Barachini di “procedere con una censura ufficiale
a un simile atteggiamento di mancanza di rispetto nei confronti del Parlamento,
in quanto la Vigilanza è una commissione bicamerale e rappresenta il Parlamento.
E presenteremo degli atti relativi, perché questo è un oltraggio“.


Un gesto di stizza puerile, quello di Fedez, che segue il suo commento su instagram:
Paura eh! Questi erano quelli del ‘serve un contraddittorio’“.

La replica del rapper al no della Commissione di vigilanza, che ha preferito dare la possibilità di inviare una “memoria” sull’accaduto.

Il rapper, appresa la notizia, se l’è presa pure con il segretario della commissione bicamerale, Massimiliano Capitanio della Lega,
il quale aveva annunciato lunedì la querela della Rai nei suoi confronti.

“Il leghista che ieri ha annunciato la querela della Rai nei miei confronti diceva questo:
‘Ci siamo già dichiarati disponibili ad accogliere la richiesta di Fedez di venire in Vigilanza'”.

Sotto, il commento del rapper:
“E oggi si rifiutano di ascoltare la mia versione dei fatti in commissione di Vigilanza Rai.
Ne prendo atto. Non credo ci sia nulla da aggiungere”.


Mi spiace che Fedez non capisca l’italiano o preferisca dedicarsi al genere fantasy piuttosto che raccontare la verità.
La Lega ha dato la disponibilità a riceverlo in commissione e lo ha ribadito anche ieri sera.
Semplicemente in Vigilanza abbiamo preso atto della sua mancata risposta alla lettera della Vigilanza
con la quale gli si chiedeva una memoria sui fatti del primo maggio e dell’annunciata querela nei confronti della Rai che,
evidentemente, presuppongono il suo ennesimo cambio di strategia
“.

E’ la replica di Capitanio.


“La Lega è nella Commissione parlamentare di vigilanza a lavorare.
Non può mettersi né a fare video su Instagram, né show che lasciamo a lui.
La richiesta di una memoria, già resa nota al rapper con una lettera del presidente
e reiterata ieri all’unanimità dalla Commissione, non mi pare abbia avuto risposta.
Forse non è raccontare la sua versione che gli sta a cuore. Lo chiediamo a lui
.
Noi siamo pronti a leggere quanto vorrà inviarci, se lo farà”.


Cosa non si fa per essere continuamente sotto i riflettori.

D’altronde Fedez deve vendere il suo smalto per uomini: sta seriamente lavorando.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Tutte le regioni sono in giallo e il lockdown vero e proprio non c’è più.

Dovremmo dunque essere contenti, perché a parte il coprifuoco di “galliana” memoria, si sta tornando alla vita.

Eppure qualcosa di oscuro si muove sotto traccia:
neppure il tempo di assaporare un po’ di libertà che subito vogliono bastonarci.
Nel senso chiusurista del termine.


Visto che entro fine giugno gli epidemiologi prevedono che tutte le regioni saranno in zona “bianca”,
dunque fuori da ogni rischio, gli italiani potrebbero a breve buttarsi alle spalle ogni restrizione.
Escluse mascherine e distanziamento.

Ovunque salterebbe anche il coprifuoco, che in quella fascia non è previsto,
e tutte le attività verrebbero riaperte senza distinzione alcuna.

Pare però che per “evitare l’effetto Sardegna”, che nei mesi scorsi passò dal bianco al rosso in un amen,
i governatori vogliano introdurre l’ultima stranezza burocratica:
il cosiddetto “bianco rafforzato”, da far scattare qualora i contagi salissero a 50 casi ogni 100mila abitanti.

In pratica vorrebbero introdurre il coprifuoco anche in zona bianca fissandolo alle ore 24.

Questo almeno fino al 24 giugno, quando da decreto in vigore in teoria verrà eliminato del tutto.

Inoltre si sta valutando di obbligare gli avventori dei bar a stare seduti ai tavolini,
vietando il consumo di caffè o aperitivi in piedi di fronte ai locali pubblici.

E, ultimo ma non per importanza, i governatori vorrebbero anche imporre il divieto
di starsene in gruppo in strada, nei parchi o nei giardini cittadini a bere o a mangiare.


Le chiamano misure “anti assembramento” e “anti movida”. Ma è solo ulteriore limitazione di libertà.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Sul Giornale di domenica 23 maggio leggo, a piena pagina, l’accorato articolo di Vittorio Sgarbi,
ove il poliedrico personaggio punta l’indice contro alcune associazioni ambientaliste responsabili dello scempio del paesaggio,
conseguente alla diffusione delle pale eoliche e dei parchi fotovoltaici.

L’apprezzato critico d’arte le chiama «energie pulite», non perché necessariamente lo pensi,
ma perché questo è il nome che la leggenda metropolitana ha loro affibbiato.

Ma, nel dubbio che lo pensi o no, è bene che egli sia consapevole che non sono, quelle tecnologie, né energia e men che meno pulite.

Lo abbiamo chiarito più volte.


Per intanto, ci preme sottolineare un’altra cosa.

La saggezza popolare non evita di rammentare qual è la parte del corpo del pesce non fresco responsabile del suo olezzo.

L’olezzo che Sgarbi ha denunciato nel proprio articolo di domenica (ma in realtà lo fa, con coraggio, da diversi anni)
è lo scempio paesaggistico, sebbene il paesaggio sia tutelato dall’articolo 9 della Costituzione.

Il cui garante e custode sarebbe il Presidente della Repubblica, che è la testa del corpo del nostro Stato.


Parlare del Presidente della Repubblica è, nel nostro Paese, sempre molto rischioso,
perché l'accusa di vilipendio, arbitraria o meno, è sempre in agguato.

Proviamoci lo stesso, senza alcuna volontà di offendere nessuno, men che meno la Presidenza della Repubblica.


La domanda è:

stava Mattarella tutelando il paesaggio nel momento in cui egli apponeva l’ultima firma presidenziale alle leggi che,
permettendo la diffusione di parchi eolici e fotovoltaici, quel paesaggio, almeno secondo l’apprezzato critico d’arte, hanno irrimediabilmente sfregiato?


Qualcuno, molto superficialmente, ha osservato – e Sgarbi non evita di citarlo – che la rete autostradale
o, addirittura, quella degli acquedotti romani, avrebbero compiuto analogo sfregio.

Peccato che gli acquedotti trasportano acqua e le autostrade persone e merci e, come si dice, bisogna a volte fare di necessità virtù.

Ma pale eoliche e pannelli fotovoltaici, per ragioni tecniche più volte spiegate, sono totalmente inutili.


Ne dico una per tutte.

Il Paese al mondo che, in proporzione, ha maggiore fotovoltaico installato è la Germania:
impegnando oltre 200 miliardi di euro e una superficie di oltre 2000 kmq,
i tedeschi hanno installato 54 GW di fotovoltaico, che però producono 5 GW appena (il sole non brilla sempre!),
che è il 9% dell’elettricità che serve ai tedeschi.

Per produrre 5 GW elettrici, avrebbero potuto installare appena 5 reattori nucleari,
impegnando meno di 20miliardi di euro e meno di 20 kmq di territorio.


Il secondo Paese al mondo che, in proporzione, ha maggiore fotovoltaico è l’Italia,
con la differenza che la Germania gli impianti fotovoltaici li produce, e il proprio disastro è lo specchietto per chi li compra.

L’Italia è l’allodola che li acquista dalla Germania.


Ma veniamo alle responsabilità di Mattarella.

1. Il Presidente sottoscrisse, assieme ad una trentina di suoi colleghi,
l’esortazione affinché «tutti i flussi finanziari» fossero indirizzati alla cosiddetta transizione energetica.
Hanno scritto, fatemelo ripetere, “tutti”.

2. Nel suo discorso di fine anno 2019, a poche settimane dall’avvento della pandemia,
non ha mancato, il Presidente, di segnalare il cambiamento climatico quale prima emergenza planetaria.

3. E ciò fece nonostante alcune centinaia di studiosi lo avessero avvertito dell’insussistenza della emergenza climatica.
Tra questi studiosi v’erano professori di geologia, di geofisica, di climatologia, di fisica dell’atmosfera;
ex-rettori d’università, ex-presidi di facoltà, ex- presidenti della Società Italiana di Fisica, membri dell’Accademia dei Lincei.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Vivere nella menzogna quotidiana?

Accade da sempre nelle dittature, di qualsiasi colore:

la verità ufficiale è lontanissima da quella che i cittadini assaggiano, dal mattino alla sera,
toccando con mano il fatto che non è affatto vero che un giorno “spezzeremo le reni alla Grecia”,
o che “il partito, cioè il popolo”, lavori incessantemente per la felicità di tutti.

Provoca un leggero sconforto scoprire che le mitiche Riaperture del governo Draghi
alle soglie dell’estate 2021 siano ancora più timide, deludenti e tardive di quelle concesse dalla graziosa signoria del Ceffo col Ciuffo,
nel fatidico maggio 2020, quando il paese – ancora frastornato dal carosello delle bare di Bergamo – era appena uscito dall’ecatombe,
aggravata dalle inaudite negligenze dei gestori dell’emergenza:

il piano pandemico rimasto in un cassetto,

le autopsie proibite,

le terapie ospedaliere sbagliate,

le misure di prevenzione e profilassi disincentivate.

E poi le cure salva-vita: rapidamente scoperte e subito negate, in omaggio al grandioso copione della paura.


Come ricorda l’esemplare reportage di Massimo Mazzucco sulle terapie “proibite”, sistematicamente boicottate dalla burocrazia sanitaria
(per poter raccontare che non c’era alternativa al vaccino, che in presenza di farmaci efficaci non si sarebbe mai potuto autorizzare in tempi così brevi),
l’aver privato migliaia di pazienti della possibilità di venir guariti in pochi giorni ne ha dilatato le sofferenze,
e in molti casi ne ha probabilmente causato addirittura la morte.

Tachipirina e vigile attesa?

Il fatto che non si tratti di uno scherzo, o di un brutto sogno, lo conferma la permanenza – sulla sua poltrona –
dello stesso ministro che per un anno intero ha remato contro la guarigione, con ogni mezzo,
dando quasi l’impressione di divertirsi a opprimere la popolazione, soffocandola a colpi di divieti insensati.

L’intera narrazione panica, prescritta a livello mondiale dalla Compagnia della Buona Morte
– distanziamento e mascherine, lockdown e zone rosse – oggi emerge in tutta la sua maleodorante consistenza:

una frode mostruosa, dolosamente riversata sulla nuda verità della strage.


La truffa dei tamponi, la guerra all’idrossiclorochina basata sull’imbroglio:
esalano miasmi irrespirabili, tra le macerie dell’impostura internazionale che nel 2020 scelse proprio l’Italia di Giuseppe Conte come paese ideale,
per fare da apripista e sprofondare nel fango l’intero Occidente democratico.

Nel mirino, le nazioni ancora dotate di libertà di voto e di parola, sia pure sapientemente pilotate da ombrose oligarchie
in grado di decretare successi e fallimenti, crisi e catastrofi, ascese e cadute di questo o quel partito,
anche attraverso la soffocante narrazione falsificata del Telegiornale Unico, megafono perfetto della Verità Unica della Scienza,
vero e proprio mostriciattolo grottesco, utile per testare l’estinzione dell’opinione pubblica fondata sul pensiero critico.

Nuova terribile religione, quella dello scientismo prezzolato, comparsa per la prima volta, nella storia moderna,
con l’intenzione di restare qui a presidiare saldamente l’oggi e il domani,
con i suoi dogmi da straccioni della conoscenza e la sua vocazione totalitaria, tendenzialmente terroristica.


Nel 2020 serviva un valletto, per dirigere il coro e imporre tutto questo:
era perfetto, Conte venuto dal nulla, per ottenere l’impossibile a colpi di decreti, emanati col favore delle tenebre.

Serviva un grande paese come l’Italia per dimostrare al resto dell'Europa che l’impensabile sarebbe stato praticabile,
e che sarebbe stato addirittura agevole sospendere libertà e democrazia senza suscitare rivolte, e nemmeno proteste,
vomitando una narrazione bugiarda destinata a produrre paura e rassegnazione, fino a trasformare i cittadini in pecorelle.


Da qualche mese, alla guida dell’esecutivo non c’è più nessun valletto: l’attuale capo del governo
– insediato improvvisamente in base a logiche imperscrutabili, attraverso un’operazione di palazzo –
ha l’aria di muoversi come uno statista, anche sul piano internazionale,
riuscendo a pronunciarsi sulla filosofia della governance europea e sulle spinose faccende del Mediterraneo.

Utilizza il suo intatto prestigio per farsi ascoltare, riuscendovi,
nel tentativo di sfrattare gradualmente l’autoritarismo per fare posto finalmente all’autorevolezza.


Il salto è abissale, tra il piccolo valletto e il grande tecnocrate:
voce ferma, anziché striduli annunci di promesse ridicole, mai mantenute,
nell’ammorbante zona grigia infestata di figure impresentabili che adesso, una alla volta,
il nuovo capo sta allontanando dal potere.

La sensazione netta è che qualcuno, lassù, abbia giocato il tutto per tutto
– puntando proprio sull’Italia massacrata dai mandanti di Conte – per provare a ribaltare il tavolo,
cambiando prospettiva, nella speranza di invertire le sorti della guerra vera:

quella contro il grande nemico, i signori dell’austerity,
di cui la cosiddetta pandemia (la sua gestione tirannica) è solo l’ultimo capolavoro,
il peggiore di tutti, dopo i golpe e gli attentati, le rivoluzioni colorate,
la colonizzazione universale della scuola, dell’editoria, dei media,
fino ad arrivare ai recentissimi terrorismi, quello finanziario e quello stragistico,
in una cornice di conflitti scandalosamente attivi, permanenti,
a disegnare un orizzonte di degrado e sofferenza spacciato per inevitabile, orrenda normalità.



La morte lenta del pensiero politico, si dice, ha preceduto tutte le altre morti degli ultimi decenni, fino a piegare l’Occidente:

se il paradigma-Covid doveva servire a metterlo in ginocchio definitamente, cominciando proprio dall’Italia,
non si può fare a meno di notare che, sempre dal nostro paese, impegnando uno dei suoi pesi massimi,
una parte del grande potere (quella non complice, rispetto all’Operazione Corona)
abbia inteso affermare l’intenzione di muovere guerra, alla lunga guerra contro i popoli condotta dall’oligarchia neoliberale.

I veri obiettivi dell’operazione.

Che erano chiari: colpire l'economia in modo mortale, con i lockdown,
e spezzare la resistenza democratica della società, terrorizzandola e sottoponendola a vessazioni medievali,
per la prima volta imposte nell’era postmoderna.


Viene da domandarsi per quali linee strategiche intenda muoversi, l’ipotetico Piano-B, e a quale prezzo,
con quali potenti partner (non ancora pienamente manifesti, dietro le ambigue parole d’ordine come la “resilienza”,
la palingenesi ultra-digitale del mondo post-industriale e per nulla piacevole che affiora dalle visioni offerte a Davos).

Mentre ancora si finge di combattere il Covid con le restrizioni,
non è nidito l’orizzonte nel quale si configurerà il Grande Reset,
nella versione che Mario Draghi sembra apprestarsi a recitare.

Non è chiaro a quali condizioni si vorrebbe traghettare l’Italia nel post-coronavirus,
verso quale nuova organizzazione sociale, sia pure alimentata dalla nuova linfa
di chi sembra deciso a chiudere per sempre l’oscura stagione del rigore,
attraverso cui poche mani sapienti hanno riconfigurato l’identità stessa della società occidentale,
togliendole il sorriso e la voglia di metter su famiglia.

Di che pasta sia fatto, quel potere, lo dimostra oggi la barbarie di una Germania in cui Angela Merkel
autorizza la polizia a entrare nelle case, senza un mandato, criminalizzando i sudditi come potenziali untori pandemici.


L’unica sgradevole evidenza, per ora, riguarda il cedimento alla somma menzogna dei vaccini,
spacciati come unico possibile elisir per riconquistare la perduta libertà,
a fronte di una patologia facilissimamente curabile con svariate terapie dall’effetto praticamente immediato.

Al fatale inoculo messianico, spiega Mazzucco, si doveva arrivare ad ogni costo,
negando l’evidenza e mortificando i successi dei migliori medici.

Se ora il vaccino diventa il lasciapassare ricattatorio per tornare in possesso dei propri diritti,
la genuflessione pubblica alla falsa religione scientista
– così come l’accondiscendenza di fronte alle bugie sanitarie alla base delle perduranti restrizioni –
ha l’aria di essere un rischioso pedaggio, concordato:

lo scotto da pagare per provare a uscire dalla Grande Guerra.

L’ingiustizia sociale della politica in vigore – vaccini, o niente riaperture –
offre la misura, probabilmente, delle difficoltà dell’impresa,
data l’estrema pericolosità di un nemico che, nell’ultimo mezzo secolo,
ha conquistato ogni spazio e piegato qualunque resistenza per affermare il suo progetto di dominio.
 

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