NULLA SI CREA. NULLA SI DISTRUGGE. TUTTO SI INCASINA.

Chissà il tam tam mediatico di stasera in tv.

Mai dimenticare che in lombardia ci sono 10.104.000 abitanti.

Mentre la seconda regione -il lazio - ne ha 5.865.000 di abitanti.

Facciamo le proporzioni prima di blaterare a vanvera ........



Nell'ultima giornata in Lombardia sono stati accertati 286 nuovi casi di individui positivi al coronavirus.
Tra questi 39 sono debolmente positivi, quattro individuati attraverso test sierologico.

I tamponi effettuati sono stati invece 17.964.

Guariti e dimessi altri 30 pazienti.

Diminuiscono le terapie intensive, da 17 a 14,

Aumentano di 15 unità i ricoverati non in terapia intensiva.

Invariato il numero di decessi.
Dati-generali-27-agosto.jpg


Se su 286 ne ricoverano 15 e nessuno in terapia intensiva, lascio a Voi giudicare.
 
“Il governo impedisce di fatto agli italiani all’estero di votare per il referendum, probabilmente perché spaventato da come si esprimerebbero.
Affinché anche gli italiani iscritti all’Aire possano votare per il referendum sul taglio dei parlamentari, infatti,
le schede votate dovrebbero pervenire presso i consolati non più tardi del 15 settembre prossimo, tuttavia,
nonostante manchino solo 14 giorni al termine massimo di consegna, al momento non si ha notizia di dove si trovino i plichi contenenti le schede destinate agli elettori”.


“Non risultano pervenuti i plichi né nelle circoscrizioni europee né nel resto del mondo e ormai mancano i tempi tecnici
affinché in base alla normativa si possa immaginare che a tutti gli elettori arrivino in tempo utile le schede per il voto.
In Parlamento ci siamo battuti affinché la rappresentanza dei nostri connazionali all’estero non fosse ridotta,
considerato che anche il numero attuale degli eletti all’estero appare inadeguato rispetto all’importanza delle nostre comunità nel mondo.
Il governo ha però respinto la nostra proposta ed ha ulteriormente penalizzato gli italiani all’estero,
cosa che potrebbe spingere gran parte degli iscritti all’Aire a schierarsi per il ‘no’ al referendum.
Il governo, che ci ha già abituato a continue forzature democratiche,
ha evidentemente deciso di risolvere il problema silenziando chi potrebbe essere non allineato alla volontà governativa”.


“Depositeremo - appena consentito dall’apertura del Senato - un’interrogazione parlamentare urgente
per chiedere conto al governo di questa inaccettabile compressione del diritto di voto,
anche in considerazione del fatto che l’Aire conta 4 milioni di elettori, ben l’8 per cento del corpo elettorale,
che in un sistema genuinamente democratico non può essere messo a tacere con mezzi degni di un regime autoritario”.
 
Se esiste un sentimento o un’emozione che riesce a dominarci questa è certo la paura.

Paura di non arrivare a fine mese, di non farcela, di non sopravvivere, di restare soli, della diversità, paura della malattia,
della sofferenza, la nostra e dei nostri cari, per cominciare, l’elenco delle paure umane ci potrebbero stupire.

Paura che in un Paese già di per sé scaramantico, stracolmo di talismani, dall’aglio, al sale, al gobbo
(chi non ne ha uno nascosto in un cassetto di casa) vengono alimentati facilmente da centinaia di minacce latenti,
anche se non si capisce bene alla fine quale sia il pericolo e i rischi non siano del tutto chiari.


Nel frattempo, chi decide di instillare paura, agisce indisturbato innescando facilmente il meccanismo perverso,
facendo un semplice clic nel nostro cervello, insinuando dubbi su quanto potrebbe succedere,
su ciò che potrebbe essere e così rimaniamo bloccati, in un limbo eterno. Nell’angoscia, immobili.

Nella migliore delle ipotesi.

È così che diventiamo obbedienti, che cerchiamo riferimenti in qualcuno che possa salvarci e perdiamo il controllo di noi stessi.



Se in epoca medioevale per un feudatario non era complicato sottomettere e punire eventualmente un servo,
oggi per chi è al potere non è affatto facile controllare l’enorme massa di popolazione che si ritrova a fronteggiare e
mantenere il consenso a lungo non è cosa davvero semplice, ammesso che l’abbia mai avuto.

Così nel tempo si è escogitato un metodo, via via sempre più raffinato, diciamo sofisticato, di controllo di massa,
rapido e indolore economicamente, che garantisce tra l’altro un risultato eccellente.

Grazie all’aiuto di alcuni professionisti della paura, degli spaventatori per l’appunto, così come esistono gli odiatori di professione ormai c’è una professione per ogni cosa.

Resta da capire solo con cosa questi poi vengono ricompensati o pagati, il potere moderno non reprime, anzi,
appare prodigo di saggezza, di sorrisi, tende una mano, è apparentemente vicino alla gente,
più che mai “accogliente”, ma usa strategicamente e sapientemente il metodo della paura per creare e diffondere angoscia,
mentre sorride e ti accarezza amichevolmente.



È la modernità che avanza.

Ce ne dobbiamo fare una ragione?

Ma chiediamo a chi è attento e parla pubblicamente, a chi scrive, fa TV, a chi fa politica da anni, a studiosi,
cosa pensano del clima di paura che serpeggia nel nostro amato Paese da un po di tempo a questa parte.


Le persone in Italia hanno paura, per il presente e per il futuro.


Non sanno cosa sarà della loro vita, dal punto di vista della salute, perchè c’è stata e ancora c’è
una gran confusione nelle informazioni divulgate, tutti hanno detto tutto confondendo le idee della popolazione che è terrorizzata.


Inoltre l’economia del paese è fortemente compromessa.

Numerose imprese piccole, medie e grandi hanno dovuto chiudere, aiuti economici promessi non sono mai arrivati,
milioni di cittadini italiani hanno perso il lavoro e altri sono sull’orlo del baratro.


Non c’è da stare allegri.


Nicola Porro, giornalista.
“A differenza di ciò che si pensa, l’economia è fatta da spirito, sensazioni, da voglia di intraprendere, di fare,
e queste cose qui non sono guidate soltanto dal profitto, ce l’ha spiegato molto bene Luigi Einaudi, un grandissimo liberale.

Se noi viviamo nella paura della malattia, la paura della morte, la paura di intraprendere un’iniziativa,
la paura di sbagliare le regole, la paura di andare in galera, se viviamo in questa condizione ed è così che noi oggi stiamo vivendo,
in una totale situazione di paura che ci condiziona, noi non facciamo nulla, non produciamo, non consumiamo, non investiamo.


Quindi la paura è il vero grande nuovo ingrediente di questa nostra civiltà, a livello mondiale, che ci dobbiamo togliere.

Non la prima guerra mondiale ma la prima paura mondiale, lanciata dai social, amplificata dai nostri politici perchè non si vogliono assumere responsabilità.

Con questo criterio assurdo, prudenziale, per cui noi non si fa qualche cosa perchè c’è una remotissima possibilità non di sbagliare ma di morire.

Una cosa drammatica quando vedo i ragazzini che sono impauriti, che sono i meno colpiti dal Covid-19,
dico che abbiamo perso una generazione, ma non per colpa loro, ma per le famiglie che non gli hanno spiegato che tutte queste previsioni sono esagerate.

I primi a pagare sono loro, i più deboli, fragili, con meno soldi, questa è la vera disuguaglianza di questo Paese,
perchè le famiglie che se lo potranno permettere faranno educare i loro figli diversamente e in modo ottimale.

Quindi è la cosa più illiberale che ci sia questa paura che viene diffusa in questo periodo”.


Marco Zanni, eurodeputato

“La paura viene utilizzata come metodo di governo dall’alba dei tempi, per questo mi piace parlare di “vincolo esterno”.

Quando non sei in grado in politica con quello che fai di farti apprezzare e sostenere dal popolo,
è ovvio che l’unico metodo di governo diventa la paura.

La paura anche come repressione delle libertà, lo abbiamo visto in maniera evidente con la questione del Covid,

ma anche sul tema della libertà di stampa, sul tema dell’utilizzo dei canali di comunicazione come i social media abbiamo visto restrizione in questi tempi.

Il potere, per legittimare se stesso e mantenere se stesso, non essendo più in grado con la sua azione politica con le cose concrete,
di mantenere il consenso, cerca di mantenerlo attraverso la paura, che per quanto mi riguarda si esplicita col vincolo esterno per quanto riguarda l’economia,
o con le restrizioni delle libertà personali o di stampa e di espressione”.


Gianni Alemanno, politico, ex sindaco di Roma
“La paura rischia di creare una sorta di atteggiamento di remissione di accettazione di quanto vuole il potere e quindi accettare i dictat sanitari,
le varie regolamentazioni, con i rischi di far chiudere il Paese su se stesso.


La paura dovrebbe servire invece a risvegliare un’inquietudine e una voglia di cambiamento.

Può avere due aspetti diversi, uno di accettazione e sottomissione ed uno di dare una svolta a questa situazione”.


Luciano Barra Caracciolo, giurista, magistrato, politico
“L’Italia si trascina nella crisi del 2007/2008.
Ogni shock economico dentro le regole dell’eurozona è seguito da minacce e ulteriori shock di tipo fiscale,
di limiti imposti all’azione dello Stato che agiscono sui nostri titoli del debito pubblico
che a loro volta determinano dei problemi che vengono percepiti dalla gente come “austerità”, come tagli, licenziamenti.

Però questo è un problema che qualcuno dovrà affrontare, perchè ogni volta la paura diventa giustificata,
perchè ogni shock viene fronteggiato sempre con la stessa ricetta, cioè viene detto “dobbiamo mettere i conti in ordine”,
“abbiamo il problema del debito pubblico”, “bisogna tagliare la spesa pubblica”, che è esattamente quello che hanno fatto a partire dal ‘92
e che a quanto pare ha funzionato indebolendoci sempre di più.

Quindi finchè questo sarà l’atteggiamento culturale, ma anche istituzionale,
che sta dietro le politiche economiche che gli italiani si possono attendere, hanno ragione d’aver paura”.


Stefano Fassina, economista, deputato
“Penso che la paura sia inevitabile data l’incertezza del contesto, date le conseguenze del lockdown.

Siamo di fronte ad un passaggio che davvero è storicamente inedito, non era mai capitato di perdere 12/13 punti di Pil in così poco tempo.

Il punto è che la paura può essere ridimensionata e anche eliminata se si fanno le politiche giuste e gli strumenti per fare le politiche giuste li abbiamo.

Purtroppo il quadro politico europeo, gli interessi più forti sono di ostacolo alle politiche giuste.

Politiche giuste significa una Banca Centrale che interviene in modo molto significativo per il sostegno dei redditi delle famiglie per esempio e da un minimo di certezza.

Perchè se si va avanti con Decreti che danno sostegno al reddito per due mesi, è chiaro che se hai un po di reddito in quei due mesi non spendi,
perchè non sai cosa ti succede dopo al terzo mese.

Se invece hai un orizzonte che ti consente di avere un minimo di certezza che il reddito lo avrai
e un’impresa sa che le tasse che le sono state sospese non verranno riattivate ma cancellate,
è chiaro che nonostante i problemi di contesto, quella paura si ridimensiona e magari si riavviano c
omportamenti di consumo e di investimento che consentono una ripresa effettiva.

Quella paura quindi non è un dato di natura, ma un dato politico, in larga misura ridimensionabile”.


Luisa Regimenti, medico, presidente nazionale Associazione Nazionale Medici Legali, eurodeputato
“Il lockdown è stata un’esperienza che molte persone hanno vissuto in maniera traumatica.

La pandemia dovuta al Covid-19 ha costretto quasi 4 miliardi di individui a rimanere a casa per due mesi,
in una clausura forzata che ha messo a dura prova la loro salute.

E ha generato paura, un’emozione primaria che dal punto di vista psicologico richiama a un pericolo reale, concreto:
quello di contagiare gli altri, innanzitutto, a cominciare dai propri familiari, e la paura per un futuro divenuto improvvisamente incerto.

Questa segregazione casalinga ha infatti provocato ansia e depressione per un isolamento che ha sottratto a tutti noi ogni spazio collettivo,
dalle scuole alle aule universitarie, a chiese, teatri, musei, piazze, strade, boschi, limitando la possibilità di svolgere attività sportiva,
di andare al mare o a fare semplicemente delle passeggiate.

Così, isolati e reclusi abbiamo percepito con chiarezza il valore sociale e antropologico dello spazio comune e pubblico. E della paura.

Per il contagio, come detto, ma anche paura di perdere il posto di lavoro, di non riuscire più a tornare alle proprie abitudini, alla propria quotidiana esistenza.

Un sentimento poliedrico, con tante sfaccettature, amplificato da un’informazione non sempre chiara e obiettiva.

Abbiamo assistito a continui duelli mediatici tra virologi, a provvedimenti controversi del Governo,
a una sua gestione confusa e tardiva dell’emergenza sanitaria, che nel tempo è diventata pure economica e sociale.

Anche l’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, ci ha messo del suo, con dichiarazioni avventate e imprecise,
poi smentite il giorno dopo, dimostrando così tutta la sua inadeguatezza e inutilità.

Per non parlare delle fake news circolate sul web, con notizie manipolate ed omissive, diffuse ad arte e che hanno contribuito a creare pericolosi allarmismi.

Credo che il lockdown abbia seriamente minato la nostra democrazia."


Alberto Bagnai, economista, senatore, accademico

“È assolutamente evidente che le strategie di comunicazione sull’emergenza sanitaria se non sono scientemente volte ad alimentare il terrore nella popolazione,
comunque sono un ottimo strumento di governo, quindi una comunicazione particolarmente felice.

Supponiamo che siano tanti errori di percorso.

In ambito economico non è per niente strano che ci sia un timore di spendere perchè si è visto che il governo ha promesso
che avrebbe provveduto ai bisogni di liquidità dei cittadini e delle imprese e poi non lo ha fatto.

Adesso è ovvio che i cittadini e le imprese hanno capito perfettamente che ai loro bisogni e all’emergenza ci devono pensare da sé.

Siccome nella speranza più o meno vana di restare ancora in sella, si continua ad alimentare il terrore sanitario,
mi sembra assolutamente chiaro che questo, oltre ad una serie di annunci infelici, come gli annunci di un abbassamento di imposte che poi non vengono fatti,
sono tutti elementi che in perfetta razionalità spingono i cittadini a differire le spese.

Da quel punto di vista l’economia, che già era in sofferenza, è ulteriormente strozzata”.


Piero Angela, giornalista, divulgatore scientifico, conduttore televisivo, saggista



“Secondo me è sbagliato pensare solo alla malattia, bisogna pensare anche all’economia in termini concreti, familiari.

Si è visto quante persone hanno avuto dei problemi gravissimi e continueranno ad averne.

Pensiamo al turismo, a tutte le aziende che hanno dovuto chiudere, ai trasporti, ad attività di ogni tipo, un danno gravissimo.

Mia madre ha visto una cosa simile. Lei si è ammalata di spagnola nel 1918/19.
Quella è stata una cosa molto grave, si è trattato di circa centomilioni di morti.
Qui siamo a 800mila. E’ una bella cifra, ma niente a che vedere con quanto è successo allora
con una popolazione molto più piccola e anche allora non c’erano vaccini.

Guardi, una cosa interessante è l’influenza annuale che fa mediamente ogni anno 5/6 milioni di contagi nel mondo,
ma in una forma più leggera, con i suoi 8mila morti circa all’anno solo in Italia”.


Paolo Crepet, psichiatra, sociologo, saggista

“La paura di per sé è una buona cosa, perchè è uno strumento per non correre rischi eccessivi.
Noi ci siamo salvati nei secoli forse perchè abbiamo paura.
Se la scimmia non avesse paura dei serpenti non esisterebbe più.

Ma poi l’uomo ha inventato un’altra cosa che è la “strategia della paura”.

Questa viene usata politicamente, anche nel nostro Paese.

E’ quello che sta succedendo, mettere le persone nella condizione di non sapere che cosa accadrà,
quindi di fronte e a questo c’è il panico, la paralisi.

Quando sei paralizzato è più facile cadere nell’idea che la democrazia non basti”.


Armando Siri, senatore.

“La paura è un sentimento bloccante perchè impedisce qualunque tipo di reazione,
tant’è che il gatto quando scappa perchè inseguito dal cane o qualunque animale inseguito da un predatore
non ha paura, reagisce, prende un’iniziativa, quella di sopravvivere.

Non ha il tempo di avere paura.

Invece la paura è un sentimento che cristallizza ed è la miglior garanzia possibile per poter dominare la situazione.

Cioè, chi crea il sentimento di paura instillandolo, ha la maggior garanzìa che tutto rimanga cristallizzato allo status quo.

Quindi si assicura che non ci sia nessun tipo di reazione. Nè in un senso né nell’altro.

Tra l’altro, questo sentimento di paura che è stato generato è stato possibile in modo così prepotente
perchè noi partivamo già da una situazione pre-Covid di grande angoscia:
12 milioni di italiani fanno uso di psicofarmaci, in particolare di benzodiazepine.

Noi avevamo già una situazione diffusa di angoscia.

Questa ulteriore dose ha veramente dato il colpo di grazia al Paese, quindi ci siamo trovati in questa condizione
dove la paura ha consentito la limitazione delle libertà individuali, delle nostre normali condizioni di vita,
si son potute fare un sacco di cose che in tempi normali non sarebbero state accettabili.

Proprio perchè la paura ti blocca non prendi neanche in considerazione di difendere un tuo diritto”.



“Io sono il Ministro della Paura, e come ben sapete senza la paura non si vive.
Senza la paura della fame e della sete non si vive.
Senza la paura della famiglia e della scuola non si vive.
Senza la paura di Dio e della sua barba bianca non si vive.
Una società senza paura è come una casa senza fondamenta.
Per questo io ci sarò sempre con la mia pulsantiera.
Io aiuto il mondo a mantenere l’ordine.
Senza di me le guerre scoppierebbero inutilmente.
Le epidemie non avrebbero senso.
Le bombe esploderebbero senza nessun vantaggio sociale.
Io trasformo la paura in ordine e l’ordine è il cardine di ogni società rispettabile.
Io le paure le plasmo, le elaboro, le impasto e poi ve le trasmetto e questo non vi sembra altruismo in purezza?”

(Antonio Albanese, Ministro della Paura)
 
Sintanto che avremo in circolazione di questi "poverini" completamente avulsi dalla realtà.
Vivono nel loro mondo ovattato e con lo stipendio garantito.....e magari vacanze a capalbio. Vergogna

Non bastano tutti i migranti che sono arrivati clandestinamente in Italia negli ultimi mesi.

Al nostro Paese ne servono molti di più.

A dirlo è il direttore scientifico di Malattie infettive allo Spallanzani di Roma, Giuseppe Ippolito.

"Abbiamo bisogno dei migranti!", ha esclamato Ippolito nel corso della puntata di due giorni fa di Agorà su Rai3.

Il professore è così intervenuto a gamba tesa sulla delicata questione del fenomeno dell’immigrazione,
problema che sta gravando tutto sulle spalle della sola Italia, attaccando apertamente chi invece si batte per regolare i flussi.

Ippolito, quasi da consumato politico della sinistra più radical chic, ha difeso a spada tratta chi sta arrivando con i barconi sulle coste italiane a
rrivando ad utilizzare il solito pensiero di chi è favorevole all’accoglienza senza se e senza ma.

"Prima abbiamo detto che i migranti erano delinquenti e adesso diciamo che i migranti sono malati.
Basta, i migranti sono migranti e noi abbiamo bisogno dei migranti”.

Ma nessuna parola sui numerosi casi di clandestini positivi al Covid.

Eppure quello dei migrati con il coronavirus è un problema su cui non si può chiudere un occhio.

Anche perché sono segnalati casi di stranieri positivi ai test che si sono allontanati dalle strutture che li ospitano mettendo in pericolo i cittadini.

Ma Ippolito appare fiducioso.

"Strumentalmente la sanità può entrare in tutto, evitiamo questo tipo di diatribe",
ha dichiarato ancora Ippolito che poi ha invitato la politica a "non trasformare tutto in guerra".
 
Nessun compromesso.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan alza la voce e minaccia Atene:

“Ci prenderemo quello che è nostro. Eviti errori che la porterebbero sulla strada della rovina.
Se vuole pagare un prezzo, che venga ad affrontarci”, altrimenti “si tolga di mezzo”.

È una sfida a distanza ravvicinata quella che si gioca nelle acque del Mediterraneo orientale,
nata dalla disputa per l’esplorazione turca di idrocarburi all’interno della Zona economica esclusiva greca (non riconosciuta da Ankara).

Una sfida così ravvicinata, con flotte navali e aeree che partecipano ad esercitazioni contrapposte
- a cui prende parte anche l’Italia al fianco di Francia, Grecia e Cipro - da aver trasformato lo specchio di mare in una polveriera.


Il dossier del Mediterraneo orientale è una questione così rovente
da essere diventata l’argomento di primo piano alla riunione informale dei ministri della Difesa dell’Ue,
a cui era presente anche il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg che, arbitro nella lite tra alleati,
ha richiamato alla “distensione” e al “dialogo”.

Sulla stessa linea anche la raccomandazioni della tedesca Annegret Kramp-Karrenbauer:

“Occorre fare spazio per trovare una soluzione politica”

e la Germania “sta lavorando alla mediazione a vari livelli”.

Ma Grecia, Cipro, Austria e Francia e vari altri partner europei insistono sulla strada delle sanzioni.

Un’opzione che sarà valutata già domani al consiglio dei capi delle diplomazie dell’Ue,
quando l’Alto rappresentante Josep Borrell metterà tutte le carte in tavola.


La nuova escalation tra Atene e Ankara era iniziata poco dopo la firma dell’accordo di demarcazione marittima
tra il governo greco e quello egiziano del 6 agosto, con la Turchia che aveva inviato la nave Oruc Reis
per la ricerca di gas nelle acque dell’isola greca di Castelrosso.

Un’intesa in netto contrasto con quella siglata a novembre tra Erdogan e il premier libico Fayez Al Sarraj
per una spartizione del Mediterraneo orientale, in cambio di aiuto militare contro il generale Khalifa Haftar (sostenuto da Russia, Egitto ed Emirati).
 
Il Recovery Plan, al contrario di quanto ci vuole spacciare Conte, non è gratis, non lo è proprio per nulla.

In qualche modo dovrà essere ripagato e, dato che nessuno vuole aumentare più di tanto i contributi a livello statale,
è necessario fornire la Commissione di “Risorse proprie”, cioè, letteralmente, non sono altro che tasse dell’unione a carico dei suoi cittadini.


Quali sono le forme di tassazione che sarebbero gradite ai tedeschi ed al loro ministro delle finanze Scholz?

Vediamo cosa ci presenta il giornale Die Welt.


A giugno l’unica tassa approvata è stata quella per 80 centesimi al KG per la plastica non riciclata, ma ,
in linea di massima si sono trovati degli accordi su una tassa più elevata sul CO2 con l'”Adattamento alla frontiera”,
sulla sua estensione sui trasporti marittimi ed aerei, su una tassa, molto vaga, sulle transazioni finanziarie e su una tassa sui contenuti digitali.

Tutto però è rimasto estremamente nel vago e nell’incerto.

Solo la plastica ha una data di scadenza precisa, il primo gennaio 2021.

Tutto il resto è rinviato al 2022.



Le norme di “Adeguamento alle frontiere al CO2 ” non sono altro che dazi calcolati dalla commissione sulle produzioni estere , importate nella UE,
che vengono effettuate con un’alta emissione della CO2.

Perchè ricordiamo che l’Unione e la Germania in particolare, sono percorse da un vero e proprio estremismo religioso ambientalista,
non giustificato nè dagli studi scientifici più recente nè dalla logica, visto che su questa posizione l’unione è letteralmente isolata nel mondo.

L’adeguamento alle frontiere non sono che dazi che isolerebbero il mercato dll’Unione da quello mondiale
e che, alla fine, sarebbero pagate dai consumatori finali sotto forma di maggiori prezzi sui prodotti.



Alcuni paesi come Svezia, Paesi bassi e Finlandia, che si affidano profondamente al commercio mondiale,
sono contrari a questa imposta appunto perchè isolerebbe il blocco europeo rendendolo più fragile,
soprattutto unito ad un forte aumento dei costi di trasporto marittimo dovuto alla applicazione del CO2.

Al contrario la Germania, che ha già delocalizzato in Cina molta della propria produzione di auto per l’estero,
con questo strumento vuole creare la propria riserva industriale interna, la propria “Fortezza Europa”,
come si diceva in altri momenti, che sia il mercato interno inattaccabile per la propria produzione industriale.



Questo spiega molto bene il fanatismo ecologista, a favore della propria industria.


Intanto Lussemburgo ed Irlanda si oppongono alla Digital Tax, che danneggerebbe i big tecnologici che hanno preso sede in questi paradisi fiscali.

Comunque il disegno tedesco è chiaro e la Germania, che già ha imposto il Green Deal, proseguirà indefessa su questa strada, con la scusa di finanziare il Recovery Fund.

Chi pagherà tutto questo?

I cittadini europei, soprattutto quelli dei paesi più poveri, che vedranno duramente tagliato il proprio potere d’acquisto.
 
Soltanto una crisi – reale o percepita- produce vero cambiamento… il politicamente impossibile diventa politicamente inevitabile”:

è la celebre affermazione di Milton Friedman che racchiude la logica della shock therapy, al cuore della politiche di intervento neoliberiste.



Ci sono cambiamenti così radicali e destabilizzanti che per essere imposti alla società, senza che questa opponga resistenza,
devono essere introdotti con immediatezza e tempestività: una situazione di forte crisi e disagio da parte della popolazione rappresenta la soluzione ideale perché vengano accettati.


Dal colpo di stato di Pinochet in Cile nel ’73, dove le redini economiche del Paese vennero immediatamente prese
dai Chicago boys e dal loro maestro, Milton Friedman in persona, fino alla ricostruzione post tsunami in Thailandia,
affidata ai grandi investitori internazionali, alla privatizzazioni selvagge nelle cosiddette Tigri asiatiche
durante la crisi finanziaria del 1997-1998, passando per le riforme repentine e drastiche imposte alla Russia post sovietica:
sono infiniti gli esempi di questa metodologia di governo, come ci racconta la scrittrice canadese Naomi Klein nel suo Shock Economy.


Se questi casi così emblematici sono circoscritti su scala territoriale, oggi stiamo assistendo
all’incredibile e inedita applicazione del metodo friedmaniano su scala planetaria.


Lo stato di panico diffuso tra la popolazione mondiale per un virus sconosciuto proveniente dalla Cina,
sebbene non così pericoloso e letale come le grandi pestilenze del passato,
ha creato quell’humus ideale per introdurre cambiamenti sostanziali, che altrimenti troverebbero una radicata e inevitabile resistenza.



La rinuncia ai diritti fondamentali

Forse senza precedenti nella storia dell’umanità, o quantomeno nella nostra memoria,
abbiamo abdicato ai diritti considerati finora inalienabile per l’umanità, come quello alla mobilità e a esercitare il proprio lavoro;
addirittura si è rinunciato ad assistere i propri cari nel momento del trapasso, alla loro commemorazione funebre,
da sempre segno distintivo della spiritualità umana.

In una situazione di tale accondiscendenza verso ogni imposizione liberticida che promettesse l’incolumità dal minaccioso virus,
ogni novità introdotta sul piano tecnologico e di organizzazione lavorativa è passata in secondo piano, se non accolta con entusiasmo.



Anche l’homo consumens ha accettato il cambiamento imposto al plusgodimento, apparentemente sospeso ma di fatto in cerca di una nuova conformazione.


Se durante il confinamento sono crollati i consumi tradizionali, ad eccezione della grande distribuzione alimentare,
con una perdita incommensurabile per i settori dell’abbigliamento, della ristorazione, dell’attività sportiva,
del turismo e di tutte quei comparti legati alle relazioni umane reali,
a crescere è stato il già fiorente settore dell’e-commerce, della tecnologia e della farmaceutica.



Oltre ai tanti commercianti e liberi professionisti che hanno riportato perdite irrecuperabili alle proprie attività,
alcune delle quali non riusciranno più a riaprire, ci sono infatti i grandi vincitori di questa crisi.

Si tratta dei giganti dell’economia, la cui capitalizzazione raggiunge cifre pari a quelle dei Pil di interi Stati.

A riportare maggiori utile sono, in ordine, oltre al solito Amazon (che per ora continua a tener testa al concorrente cinese AliBaba),
la Microsoft, che in un solo giorno ha visto triplicare gli utenti della sua app di videochiamate Teams, e Tesla, altro gigante tecnologico.

Hanno fatto affari d’oro anche la piattaforma di comunicazione Zoom Video e la cinese Tencent,
attiva nel comparto delle chat e dei giochi online, che durante il lockdown hanno tenuto impegnati centinaia di milioni di giovani e non.



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A vincere è stata l’economia digitale a scapito di quella reale e, come sempre nel sistema neoliberista,
i giganti a scapito dei piccoli, i più ricchi a scapito dei più poveri, con un ulteriore acuirsi di una già insostenibile disuguaglianza.



Intanto, per sopravvivere le aziende che hanno potuto hanno dirottato la produzione verso il suo nuovo business:
perché non siamo passati a un’economia green e ascetica, ma abbiamo solo dirottato i consumi.

Così le imprese del tessile si sono riciclate nella produzione di mascherine e tute mediche,
mentre la cosmetica ha virato verso i gel disinfettanti.

E ancora, ventilatori polmonari, caschi, barriere in plexiglass, nuovi banchi scolastici…

L’iperconsumo dannoso per l’ambiente non si è certo fermato, anzi, ha persino registrato un’impennata,
se pensiamo solo ai milioni, milardi di mascherine monouso che vengono utilizzate ogni giorno.

Smart working

Dal lavoro in ufficio si è passati al cosiddetto smart working (anche se in realtà si tratta di home working), da tanto tempo decantato e sempre difficile da applicare.

Una soluzione sotto molti punti di vista ottimizzante, che permette al lavoratore di guadagnare tempo perso negli spostamenti,
da poter dedicare ai propri hobby e alla famiglia, e al datore di lavoro di risparmiare sui costi dell’immobile, sull’erogazione dei buoni pasti e degli straordinari.

Un circolo apparentemente virtuoso, ma a ben guardare nasconde numerosi rischi.

Da quello sempre più incombente di bolla immobiliare, dovuta alla possibilità per il lavoratore di spostarsi fuori dalle aree urbane,
all’ingente perdita di fatturato, con rischio licenziamenti e chiusura, del settore della ristorazione legato agli uffici.


Se da un punto di vista meramente economico si è creata una scossa destabilizzatrice,
che necessiterebbe di un accurato piano di riorganizzazione e di un processo di accompagnamento,
sostenuto da investimenti produttivi e capaci di generare lavoro, sul piano umano la rottura è ancora più insanabile.


Può l’uomo, animale sociale per antonomasia, rinunciare alle relazioni lavorative
(anche se non sempre idilliache, per una serie di fattori, spesso di natura organizzativa e malagestione dirigenziale)
che lo inseriscono in una rete, una comunità con più attori?

Cosa ne è del confronto e della generazione di nuove idee?

Chi vive in situazioni di isolamento sarà privato dell’unico contatto umano?

E le famiglie che sono costrette a dividere uno spazio domestico limitato e una rotazione degli strumenti lavorativi, aggravato dalla didattica a distanza?


La risposta a queste interrogativi dipende da quanto la crisi, reale e percepita, durerà ancora.
 
Il bollettino dei casi COVID-19 del 26 agosto per l’Italia riporta 13 morti.

Ieri sono stati 4.

Ogni vita è importante, sicuramente, anche quelle di questi morti in questi giorni.


Però vorrei scrivere poche righe per farvi ragionare su un dato.


Nel 2019 l’ANSA dava notizie di un boom delle infezioni ospedaliere per sepsi in Italia.

Nel 2016 il numero dei morti per questa causa era passato da 18 mila nel 2003 a 49 mila nel 2016.

Facendo una media giornaliera sono oltre 134 morti al giorno per la banale, dolorosissima cancrena.



Perche covid-19 è un’emergenza che mobilita il governo e le infezioni ospedaliere non lo sono?


Per alcuni banali motivi:


  • nessuna big pharma diventerà miliardaria più di quanto sia per la scoperta di un antibiotico di frontiera da uso ospedaliero;

  • nessun guru della virologia potrà andare a predicare in TV su questo tema;

  • questo argomento richiama direttamente le responsabilità dei vari governi che si sono succeduti e che, tagliando sempre più le risorse,
  • hanno contribuito all’esplosione di queste morti. Senza un decennio di tagli al bilancio probabilmente le situazioni igieniche degli ospedali
  • sarebbero state migliori, le misure di sicurezza più strette, le ricerche delle soluzioni più avanzate, ed i morti in minor numero;

  • questa battaglia avrebbe soltanto salvato vite e non avrebbe mai autorizzato misure estreme o la nascita di un governo autocratico,
  • basato sui Dpcm.

Quindi il covid-19 è un’emergenza, i morti per sepsi no,
anche se le loro cause sarebbero più facilmente affrontabili, e fin da subito.



Anche la medicina alla fine è una questione di mero potere, lo strumento per nascondere il fallimento di una politica sociale ed economica dietro l’emergenza per il virus.


Però il fallimento è sotto gli occhi, tangibile, e ne stiamo pagando tutti il costo.
 
L’idea del Governo di equiparare i compagni di classe ai congiunti per evitare il problema del metro di distanza sui trasporti
«non trova particolarmente d’accordo» il presidente della Lombardia Attilio Fontana perché, spiega lo stesso governatore,

«quella è una presa in giro: o si può o non si può. E se non si può, si trovano altre soluzioni.
Bisogna risolvere i problemi non con degli escamotage».

«Bisogna avere il coraggio di dire come sono le cose, io credo che si debba avere il coraggio di dire che in occasione della ripresa delle attività si possa,
se il Comitato tecnico scientifico lo riterrà, aumentare la percentuale trasportata sui mezzi pubblici».
 
Non c’è più un giudice a Berlino.

Il governo della città ha deciso di vietare le manifestazioni contro le misure di lockdown per il coronavirus che dovevano tenersi questo weekend,
non esitando a richiamare migliaia di poliziotti per disperdere chi dovesse comunque presentarsi.

La decisione ha suscitato un certo scandalo anche perchè le autorità cittadine ed il senato del Lander
hanno invece autorizzato le contromanifestazioni che alcune associazioni stavano organizzando
e perchè non hanno avuto nessun problema per autorizzare una manifestazione del BLM con 15 mila partecipanti.


La marcia di domenica aveva già avuto oltre 17 mila adesioni, fra gruppi libertari, scettici, no-vax ed alcuni gruppi di destra.

Una manifestazione il primo agosto si era tenuta senza incidenti,
ma aveva visto molti manifestanti violare le norme di distanziamento in modo palese proprio per mostrare il proprio dissenso.


Il ministro degli interni di Berlino, Andreas Geisel, ha parlato di una decisione “Non contro la democrazia, ma per la salute”,
ma si tratta di un punto di vista difficilmente giustificabile dato che, nello stesso tempo,
vengono autorizzate manifestazioni che, potenzialmente, si differenziano solo per il colore politico.



Insomma anche in Germania la democrazia e la libertà stanno diventando progressivamente “A senso unico”.


Si è democratici SOLO SE si agisce in una certa maniera, se si dice una certa cosa.


Il dissenso non è tollerato e, oggettivamente, viene represso, anche con maniere forti.


Altrimenti bisognerebbe ammettere che il virus colpisce solo se ci si raduna per la destra:
se si scende in piazza per BLM, o per i diritti dei pinguini dell’artico (che non ci sono….)
o per qualsiasi altro “Diritto cosmetico”, che non va contro il volere del mainstream, allora va tutto bene.

Anche il divieto preventivo è assurdo e da stato di psicopolizia.

Una democrazia completamente assuefatta ed addomesticata al potere, quindi una non-democrazia.

AfD è l’unico partito che protesterà contro la decisione del Lander di Berlino… e questo la dice lunga sullo stato della democrazia in europa.
 

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