NULLA SI CREA. NULLA SI DISTRUGGE. TUTTO SI INCASINA.

Ciò che non volete capire, sostanzialmente perché siete tifosi, è che la normalità non tornerà mai più.

I media di regime vi parlano già di “nuova” normalità, preparando le menti ad abituarsi alla nuova realtà deumanizzata.


Sapete che vuol dire, vero?


Lo stato terapeutico condurrà ad un mutamento antropologico senza precedenti nella storia,
con l’obiettivo di soffocare le libertà fondamentali profittando di una emergenza sanitaria permanente, seppur ormai superata.



E se anche in inverno l’emergenza tornasse, lo Stato ha ormai tutti gli strumenti sanitari per affrontarla con mezzi ordinari e non più speciali.

Ma ciononostante il terrore deve continuare, quotidianamente e senza sosta; è su di esso che trova fondamento l’obbedienza incondizionata degli essere umani.


Le ultime due generazioni non sono state educate alla Libertà, pertanto vivono senza conoscere i sacrifici per la la conquista di Libertà e Democrazia.

Ciò produce la conseguenza che siano più facilmente assoggettabili a nuova tirannia.

In Italia ben sessanta milioni di persone sono tenute sotto scacco, incollate quotidianamente alla televisione,
sulla semplice oscillazione del numero dei contagi giornalieri pur avendo i posti letto in terapia intensiva quasi completamente vuoti.



Il Covid come nuova forma di spread: superata una certa soglia è possibile sacrificare i diritti fondamentali.


Un controllo totale delle menti attraverso il terrore permanente.


Chi non vede nel virus il tentativo tirannico di un mutamento antropologico indotto e innaturale, è cretino due volte.
 
Il Financial Times, sempre molto ben informato su tutto quanto accade nei corridoi di Bruxelles,
riferisce con un articolo di ieri che le grandi aziende farmaceutiche attualmente impegnate nella corsa al vaccino anti-COVID
stanno facendo pressione da settimane sulla Commissione UE per ottenere preventivamente esenzioni di responsabilità civile.



Che molte aziende farmaceutiche fossero già avanti in queste trattative era cosa nota.

Di nuovo c’è ora un documento interno della stessa Vaccines Europe, la divisione europea delle industrie e delle associazioni farmaceutiche che rappresenta,
tra gli altri, grandi marchi come AstraZeneca, GlaxoSmithKline, Janssen, Merck, Novavax, Pfizer, Sanofi, Takeda, Abbott e CureVac,
nel quale si afferma che la pandemia e l’esigenza di trovare rapidamente vaccini hanno compresso i tempi della ricerca e dello sviluppo da anni a mesi:

«La velocità e la portata dello sviluppo e dell’implementazione [dei vaccini] significano che è impossibile
produrre la stessa quantità di dimostrazioni scientifiche di supporto che sarebbero normalmente disponibili attraverso studi clinici ad ampio raggio
e la normale prassi ospedaliera degli operatori sanitari».

Questo approccio crea «inevitabili rischi», si afferma nel documento.


Per questo motivo, Vaccines Europe si fa portavoce delle aziende rappresentate chiedendo esplicitamente un
«sistema completo di risarcimento no-fault e non contenzioso, oltre che un’esenzione dalla responsabilità civile».



Quello del no-fault è un tema enormemente complesso dal punto di vista giuridico,
che ha già sollevato estenuanti dibattiti e polemiche negli ultimi quaranta anni.

Mi limiterò a ricordare che negli USA è in vigore dal 1986 il National Childhood Vaccine Injury Act.

Questa legge garantisce alle vittime di danni da vaccino (accertati o presunti) una corsia preferenziale
per ottenere risarcimenti dallo Stato senza passare per i tribunali, esonerando allo stesso tempo
le compagnie farmaceutiche da ogni responsabilità civile e dal rischio di essere oggetto di cause miliardarie
(rischio che negli anni Ottanta aveva portato molte case farmaceutiche ad abbandonare il settore della ricerca vaccinale a seguito di una serie di sentenze favorevoli ai querelanti).

Venne così istituito il VICP (Vaccine Injury Compensation Program), un fondo fiduciario federale per i risarcimenti,
finanziato mediante un supplemento di 75 centesimi su ogni vaccino.


In Europa la giurisprudenza in materia è più complessa e non esiste un vero e proprio fondo paragonabile al VICP, né a livello nazionale né a livello comunitario.

Tuttavia, la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea 21/06/2017 n° C‑621/15,
così come la sentenza 118/2020 della Corte Costituzionale in Italia, vanno nella stessa direzione.

Mentre, da un lato, riconoscono al querelante il diritto al risarcimento da danni da vaccino sulla base di un semplice nesso causale
(cioè, anche in assenza di un vero e proprio consenso scientifico), dall’altro scaricano l’onere del risarcimento sui ministeri della sanità nazionali.

Questo in base al principio secondo cui il paziente che sia vittima di danni da vaccino obbligatorio o raccomandato
merita un indennizzo per il proprio “sacrificio” in nome del bene collettivo.


Tornando alle pressioni che le case farmaceutiche stanno facendo attualmente per ottenere l’esenzione di responsabilità civile
per i futuri vaccini anti-COVID dall’UE, c’è poco da sorprendersi.

Ricordo, infatti, che è stata la stessa Unione europea, in una nota del 17 giugno, a farsi promotrice di una campagna
per «accelerare lo sviluppo, la produzione e l’implementazione di vaccini contro il COVID-19» in tempi rapidissimi (letteralmente «in un arco di tempo di 12-18 mesi»).

Questa sciagurata decisione, ovviamente difesa con la necessità di proteggere i cittadini e salvare vite umane,
non ha solo incoraggiato la corsa delle case farmaceutiche al vaccino “subito e a ogni costo”.

Ha anche legittimato indirettamente la loro richiesta di un ombrello giuridico che le metta al riparo dagli inevitabili rischi di una sperimentazione insufficiente.

È come se le case farmaceutiche ci stessero dicendo:

«Guardate che è la stessa UE ad averci chiesto di accorciare i normali tempi di sperimentazione,
ovvio che noi ci aspettiamo a questo punto un’adeguata copertura a livello giuridico».

Tutto questo senza considerare che è la stessa Commissione europea a finanziare 23 nuovi progetti di ricerca per la produzione di vaccini contro il COVID-19
per un valore complessivo di 128 milioni di euro attraverso il fondo Horizon 2020.


Insomma, un furbesco gioco delle parti, dove quella che dovrebbe essere l’autorità regolatoria che vigila sulla salute dei cittadini, ossia l’UE,
è in realtà la prima ad aprire la porta alla deresponsabilizzazione dei produttori di vaccini in nome dell’urgenza
e della “responsabilità morale” di proteggere e salvare vite umane.


In un contesto simile, in cui interessi aziendali enormi, interessi politici, aspetti sanitari, rischi giuridici
si intrecciano tra loro in un clima di panico e isterismo collettivo come quello che viviamo ormai da mesi, che cosa mai potrà andare storto?
 
742mila posti di lavoro andati in fumo.

Un dato che mette davvero paura.

E che fa il paio con quello diffuso ieri da Confesercenti: con l’autunno, perderemo circa 90mila imprese.

Si prevedono 2 milioni di posti di lavoro a rischio.


Questa è la vera emergenza.


Non servono proclami, decreti, bonus.

Serve un governo che sappia governare.

E non è di certo questo.

L’Inps ha diffuso i risultati di uno studio realizzato dall’Osservatorio sul precariato.

Il saldo annualizzato, cioè la differenza tra i flussi di assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi, è


“in progressiva flessione già nel corso della seconda metà del 2019, è divenuto negativo a febbraio (-28.000)
ed è rapidamente peggiorato a causa della caduta dell’attività produttiva conseguente all’emergenza sanitaria,
passando a -279.000 a marzo e raggiungendo, a fine maggio, il valore di -742.000 posizioni di lavoro, rispetto al 31 maggio 2019″.




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L’impatto del Covid-19 – come era ampiamente prevedibile, ed è per questo che lì si doveva intervenire subito –
ha fortemente interessato i contratti a termine, accentuandone le tendenze, già in essere, alla flessione.

“Il saldo dei rapporti a tempo determinato a maggio 2020 è risultato pari a -552.000.

Dati tendenziali significativamente negativi si registrano, sempre a fine maggio,

pure per gli intermittenti (-92.000), i somministrati (-155.000) e gli stagionali (-210.000)”.




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Quanto al lavoro occasionale, “la consistenza dei lavoratori impiegati con Contratti di Prestazione Occasionale (Cpo),

a maggio 2020 è di poco superiore alle 9.000 unità (in forte diminuzione rispetto allo stesso mese del 2019, -50%);

l’importo medio mensile lordo della loro remunerazione effettiva risulta pari a 234 euro”.


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Impennata delle richieste di cassa integrazione:

dal 1 aprile a fine luglio sono state autorizzate 2,5 miliardi di ore di Cig per emergenza sanitaria.

217 milioni solo a luglio, delle quali il 99,9% aveva la causale Covid.

Per avere una idea delle dimensioni basti pensare che nel luglio 2019 le ore di cassa integrazione autorizzate erano state 8 milioni.
 
Le elezioni regionali previste per il 20 e 21 settembre rappresentano sicuramente uno step, decisivo per il futuro del governo.

Sei le regioni che andranno al voto: Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Campania e Puglia

e stando a quanto riferito dagli ultimi sondaggi realizzati, il centro destra sarebbe avanti in 5 regioni su 6.


Il Pd e il M5s potrebbero così predere uno scossone.


Risulta infatti che le due forze di maggioranza, dopo estenuanti trattative, siano riuscite a coalizzarsi solamente in Liguria,
dove Ferruccio Sansa cercherà di scalzare Giovanni Toti.

Il candidato del centrodestra sembrerebbe però raggiungere la riconferma, secondo le rilevazioni di Tcnè.

Prenderebbe il 51-55% dei voti, contro il 39-43% del candidato giallorosso.


In Toscana, Susanna Ceccardi, candidata leghista per il centrodestra, registra una forbice che va dal 38,5% al 42,5%,
ma Giani, per il centrosinistra, la spunterebbe di poco con il 44-48% dei voti.


In Veneto il quadro è già chiaro e ben definito: Luca Zaia vola verso la riconferma con il 76,8% dei consensi secondo le rilevazioni Winpoll-Cise.
L’esponente del Carroccio non ha rivali, la sua lista personale, peraltro, riceverebbe più consensi rispetto alla Lega-Salvini.
Si parla di un 33% contro il 26% del Carroccio.


Nelle Marche, anche qui il centrodestra è in cima con Francesco Acquaroli.
Dalle rilevazioni sembrerebbe che lui abbia il 43,5-47,5% delle preferenze,
contro il 36-40% di Maurizio Mangialardi del centrosinistra.
Tra il 12,5 e il 16,5% il pentastellato Gian Mario Mercorelli.


Anche la situazione della Campania come quella della Toscana è in bilico.
Sarebbe leggero il vantaggio di Vincenzo De Luca su Stefano Caldoro: 42,5-46,5% per il governatore uscente
contro il 37-41% del candidato del centrodestra.
La pentastellata Valeria Ciarambino non andrebbe invece oltre il 13-17%.


In Puglia non è prevista riconferma per il dem Michele Emiliano, il quale non andrebbe oltre al 37,5%,
mentre Raffaele Fitto di Fratelli d’Italia sarebbe al 43,5%.
 
Tutti ricordano i suoi viaggi in Cina, le ospitate nel Paese del Dragone in veste di teorico e conferenziere… E ora qualche conto inizia a tornare. C’è Beppe Grillo, infatti, dietro la deriva del M5s verso la Cina, una mossa che ha reso il partito un vero e proprio punto di riferimento in Europa per il governo di Xi Jinping ora libero di espandere i suoi interessi economici e politici in Italia visto che il partito di Beppe è al governo. A tal proposito, La Verità, ha pubblicato oggi (26 agosto) un estratto del servizio di copertina di Panorama, a firma di Francesco Bonazzi, che proponiamo anche noi.




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“Chissà se quel che resta dell’elettorato a 5 stelle è davvero convinto che avere come alleati gli Stati Uniti o la Cina sia davvero la stessa cosa.
Anzi, che Pechino sia anche meglio perché con i cinesi possiamo fare più affari.
Perché fa davvero impressione vedere Beppe Grillo schierato, di fatto, con la polizia filo-Pechino che a Hong Kong spara sugli studenti.
Oppure scoprire che il suo glorioso blog beppegrillo.it si è ridotto ormai a un foglio virtuale della propaganda del Partito comunista cinese,
con lunghe articolesse che inneggiano al ‘grande impegno’ contro il Covid-19 dei colossi del Dragone, a cominciare da Huawei,
Zte e tutti gli altri gruppi para-pubblici dei quali M5s è ormai, di fatto, ambasciatore in Italia”.



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“E chissà che cosa direbbe il popolo grillino, se sapesse che le autorità cinesi hanno diritto, per legge,
a chiedere qualunque dato sensibile alle sue aziende, comprese le informazioni su chi compra un modem Zte o naviga grazie a Huawei dall’altra parte del mondo.

Il governo Conte non trova imbarazzante partecipare alle esercitazioni della Nato e, al tempo stesso,
rifiutarsi di bloccare per legge, come hanno fatto Washington e Londra, le forniture cinesi.

Con un rischio più che annunciato per l’incolumità di tutti, perché la Casa Bianca ha già avvertito che chi si affida alla superpotenza asiatica per le infrastrutture di rete
verrà tagliato fuori dai flussi di notizie dell’intelligence.

Detta brutalmente, significa che in futuro, se in qualche centro islamico si preparasse un attentato al Duomo di Milano, ce lo dovremo scoprire da soli”.

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“Ma Conte, Di Maio e il ministro dello Sviluppo economico, il pentastellato Stefano Patuanelli,
rispondono che basta un giro di vite sul ‘golden power’, ovvero la possibilità, per il governo,
di intervenire su singole operazioni in settori strategici per bloccare partnership e scalate sgradite.

Il 18 agosto, Trump non ha usato giri di parole: ‘Huawei ci spia, non vogliamo la sua tecnologia.
Non condivideremo le nostre informazioni d’intelligence con nessun Paese che usi Huawei”.

Il presidente del Copasir ne ha approfittato per provare a stanare una volta di più Conte e Di Maio ed ha chiesto che ‘Il governo spieghi che intende fare con Huawei’.

Ovviamente, nessuno gli ha risposto perché la strategia dell’esecutivo è semplice: fino alle elezioni americane,
meglio non fare nulla di ufficiale e suggerire in privato ai gruppi telefonici che operano in Italia di mettere in freezer le commesse con i cinesi”.

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“Ogni volta che l’Italia fa affari con Pechino, si sbandierano cifre che poi è difficile verificare.
Negli ultimi vent’anni si è spesso favoleggiato su acquisti di Btp.
Ma se si guarda la composizione del debito italiano, si scopre che nel 2011 i cinesi ne detenevano il 4 per cento,
mentre negli ultimi cinque anni hanno cominciato a vendere titoli e oggi, secondo gli ultimi dati di Bankitalia, sono ben sotto il 2 per cento.

Per ironia della sorte, mentre Beppe Grillo e il suo Movimento occupavano il Parlamento e salivano al potere strizzando l’occhio alla Cina,
da Pechino riducevano drasticamente gli investimenti in Italia. Come se XI Jinping avesse trovato il modo di risparmiare sull’attività di lobby”.

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“Al netto di ogni discussione sui diritti civili e la democrazia, resta da capire che cosa leghi Grillo a Pechino con tanta convinzione.

La Casaleggio e Associati a novembre dello scorso anno ha organizzato un forum per le imprese italiane sull’intelligenza artificiale,
il cui ospite d’onore, naturalmente, era Thomas Miao, amministratore delegato di Huawei in Italia.

E città a guida grillina come Torino e Roma sono state in prima linea nell’accettare partnership cinesi”.
 
Il potere della propaganda è ormai fenomeno globale, sia nelle dimensioni che nella pervasività.

Quello che abbiamo notato a casa nostra in questi terribili mesi di verità imbavagliata e proibita,
di menzogna strillata e travestita di autorevolezza, non accade ovviamente solo in Italia.

A casa nostra abbiamo assistito alla roboante, autoreferenziale propaganda da parte di autonominatisi alfieri della scienza
– ormai trasformata in un dogma dalle caratteristiche messianiche – mentre tutte le voci discordanti
(peraltro anch’esse sostenute da autorevoli uomini di scienza) sono state,
quando non è stato possibile ignorarle per via della fama del ‘dissidente’ di turno, sdegnosamente bollate di negazionismo e antiscientificità.

Poi, naturalmente, come nel caso del recente sdoganamento da parte di Trump e del Fda della cura del plasma iperimmune per il Covid-19,
abbiamo visto lo squallido, miserevole voltafaccia di chi fino a ieri lo voleva proibire, mentre oggi si gonfia di orgoglio per la ‘italianità’ della terapia.

Uno spettacolo talmente disgustoso che chi sta scrivendo fatica a non correre al bagno a dare di stomaco.


Per noi e per tutti coloro che hanno cercato in questi mesi apocalittici di rettificare le evidenti menzogne
ripetute a macchinetta da una stampa ormai ridotta a megafono del sistema è stato come urlare a perdifiato da un chilometro di distanza
mentre i ‘custodi della verità’ utilizzavano un impianto di altoparlanti di 10.000 watt.


E questo è ormai il loro paradigma, ripetuto globalmente.

Se le verità scomode non sono funzionali all’agenda del potere le si ignora, se non le si può combattere apertamente.

Ultimo episodio di una gravità eccezionale – anche se poco apprezzabile dal lettore italiano che non conosca le dinamiche della politica americana –
è stato il ‘silenziamento’ del discorso del senatore Rand Paul (Rep-Kentucky) alla Convention nazionale repubblicana da parte del mainstream media,
con la “Cnn” che l’ha tagliato del tutto e la “Fox” che ha sostituito la parte contro la guerra con un’intervista.


Il senatore Rand Paul, invero uno dei pochi politici americani di spessore e intelligenza,
non è sempre andato d’amore e d’accordo con il presidente Donald Trump,
il cui carattere e le cui improvvide esternazioni non lo rendono invero particolarmente gradevole a molti
anzi, lo ha combattuto duramente quando entrambi erano in lizza per le primarie repubblicane nella corsa alla presidenza del 2016.

Paul dunque, nel suo intervento, pur ammettendo di non essere sempre d’accordo con il presidente
– e questo non può che andare a suo merito, come espressione di libertà di pensiero e di parola –
ha affermato che il desiderio di Trump di porre fine alle “guerre infinite” compensa alla grande le differenze tra loro due:

«Sto sostenendo il presidente Trump perché egli crede, come me, che un’America forte non può combattere guerre infinite;
non dobbiamo lasciare il nostro sangue e le nostre risorse nel pantano del Medio Oriente», definendo Trump
«il primo presidente, in una generazione, a cercare di porre fine alla guerra, piuttosto che iniziarne una».


Paul ha continuato ad attaccare quello che ha definito «il disastroso record di Joe Biden»,
ricordando come il senatore Biden abbia a suo tempo votato per appoggiare la scelta del presidente George W. Bush di usare la forza in Iraq:

«Temo che Biden sceglierebbe di nuovo la guerra.

Ha sostenuto la guerra in Serbia, Siria, Libia.

Joe Biden continuerà a versare il nostro sangue e sciupare le nostre risorse».



Ma questo messaggio contro la guerra, come si è detto, non è stato reso disponibile ai telespettatori della “Cnn”,
mentre “Fox News”, che ha snobbato la maggior parte della prima notte della Convention,
ha sostituito parti del discorso di Paul con il presentatore Tucker Carlson che ha intervistato Donald Trump in diretta.
La “Msnbc” ha intervallato il discorso di Paul con le considerazioni della conduttrice Rachel Maddow,
che ha tentato di contraddire l’affermazione di Paul che Trump stava «riportando a casa i nostri eroi».


Maddow ha affermato che il numero totale di personale dispiegato all’estero è cresciuto sotto la presidenza Trump,
mentre Paul si riferiva principalmente agli schieramenti di truppe nei punti caldi nel Medio Oriente in conflitto.


Come si vede, dunque, anche in questo caso, il paradigma è perfetto;

nessuna voce dissenziente rispetto a quella del Ministero della Verità di orwelliana memoria è ormai consentita e,
se colui che la espone è troppo in alto per venir eliminato o aggredito, la sua voce viene semplicemente silenziata.


Penso sia dunque evidente a tutti come questa scelta di propaganda e di censura globali non possa che essere considerata appartenente ad una emergenza bellica,
in cui ogni garanzia democratica e costituzionale – a livello globale – di espressione del proprio pensiero e parola sia stata sospesa.
 
Il sempre bravo Musso ha messo in evidenza una ricerca della Bundesbank, un “Discussion paper” su di un tema molto delicato:

“I controlli dei flussi di capitali: casi, usi e conseguenze“.

Un discussion paper è una ricerca scientifica, in questo caso economica, che dovrebbe essere la base per una discussione fra esperti
su eventuali misure economiche da prendersi per risolvere un determinato problema, in questo caso eccessivi movimenti di capitali.

Il risultato della ricerca è, di per se, piuttosto scontato:

infatti si afferma che se ci sono controlli sui movimenti di capitali è ovvio che questi vengono a muoversi di meno, come scoperto dalla ricerca, sia in entrata sia in uscita.


Il dato interessante invece è la ricerca di per se:

una banca centrale apre una discussione sulla necessità di imporre dei controlli sugli spostamenti finanziari in un’Europa
in cui l’unico, vero, spostamento liberalizzato con l’Euro è stato quello dei capitali…

Se pensate che questa sia una semplice discussione filosofica dovete metterla in prospettiva con il sempre maggior nervosismo della Bundesbank
e di molti economisti tedeschi relativamente ai saldi Target 2 derivanti dal continuo afflusso di capitali in Germania.



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il saldo positivo della BUBA tramite il Target 2 è ormai superiore ai 1000 miliardi di euro.

Noi sappiamo che non è un vero e proprio credito, quanto un saldo monetario dei flussi transitati presso la banca centrale,
ma la cattiva costruzione dell’Unione fa si che questi soldi siano parte dell’attivo della BuBa che, per compensare nel passivo, deve creare base monetaria.


Insomma i timori dei tedeschi sono i seguenti:


  • per i più illusi di non poter mai incassare il “Credito” del Target 2, che mai sarà incassato, parliamoci chiaro, anche in caso di chiusura dell’euro.
  • In quel caso probabilmente diventerà un credito nei confronti delle altre BC o riserve nelle loro future valute;

  • che la continua costruzione di base monetaria ritenuta eccessiva , e nel caso eterodiretta, viene ad impedire qualsiasi operazione monetaria restrittiva
  • che una parte degli economisti e della BuBa ritiene necessaria per raffreddare l’eccessiva crescita di valore degli Asset;

Essere nella moneta unica significa che , se i capitali circolano liberamente, anche la base monetaria può trasferirsi da una zona ad un’altra.

Anche se il T2 non esistesse (basterebbe cambiare sistema per registrare i movimenti interbancari) comunque si assisterebbe,
anche se in modo minore, ad un afflusso di capitali verso la Germania.

Questo eccesso di offerta si traduce in tassi bassi, rendimenti negativi per i titoli di stato , eccesso di offerta di credito
e possibili bolle speculative immobiliari in primis, ma anche azionaria:

basti notare che mentre le borse italiana e francese navigano ad un 20% in meno rispetto al Pre Covid,
quella tedesca ha quasi raggiunto e superato il periodo prima dell’epidemia.


Però l’11% del calo del PIL indica che qualche problemi c’è anche a Berlino.


Se introduco dei controlli di capitali ed arresto il flusso posso fare, almeno in pura linea teorica,
una politica restrittiva SENZA distaccarmi, almeno subito, dalla politica dei tassi della BCE.

Raffreddo l’industria (non puoi più esportare liberamente intra UE senza una contropartita di acquisti) e la minore offerta monetaria abbasserà i tassi.

Insomma Von Hayek vince, evita le bolle e rende i tedeschi tutti un po’ più poveri ed austeri.

Certo, il controllo nel movimento dei capitali, come la sua versione speculare, cioè la restrizione del Target 2 ,
porta alla fine dell’Euro, perchè un euro a Berlino non verrà più a valere come un euro a Roma o un euro a Parigi, ma non sarà la fine per nessuno.

Spesso si dice che l’Italia paghi tassi di interesse leggermente più elevati perchè sconta il rischio di svalutazione nel caso di eurobreak.

Non è che la Germania abbia tassi negativi perchè sconta il rischio di rivalutazione, nella stessa evenienza?

Vi lascio a questo ragionamento.
 
Il presidente della Federal Reserve Jerome Powell ha annunciato un importante cambiamento nella politica della FED
relativamente al problema del “Controllo dell’Inflazione” cessando di considerare il 2% come un tetto
e dedicandosi a controllare la cosiddetta “media dell’inflazione”, cioè passando ad una situazione in cui questo limite
può superare tranquillamente il 2% purche una sorta di media di lungo periodo si mantenga attorno a quel valore.

Semplificando: con la nuova strategia del “Inflation Averaging” apre ad una situazione in cui la FED non interverrà nel contenimento dell’inflazione,
almeno sino a quando questa non diventi così alta da superare la compensazione dei momenti attuali di inflazione bassa.

Quindi ‘Inflation Averaging’ significa “non preoccuparti degli aumenti dei tassi o di qualsiasi normalizzazione dei tassi,
siamo così disperati di ottenere l’inflazione che la incoraggeremo e vogliamo che i mercati la adorino …
è un modo per rassicurare i mercati che non ci sarà mai un altro aumento del tasso di interesse! ” (parole di Bill Blain) , tranne , ovviamente, eventi imprevedibili.


Un cambiamento degli obiettivi inflazionistici della FED si porta dietro un cambiamento
anche per quanto riguarda le strategie legate alla disoccupazione ed al lavoro:

la dichiarazione della FED parla ora di una politica indirizzata verso “carenze di occupazione dal suo livello massimo

piuttosto che dalle “deviazioni” da un valore di disoccupazione strutturale, come si diceva precedentemente.


Questo cambiamento rappresenta uno spostamento verso una risposta asimmetrica circa il divario occupazionale
per cui un tasso di disoccupazione inferiore al tasso naturale stimato non è di per sé una ragione sufficiente per inasprire la politica monetaria .

In altre parole, se la disoccupazione raggiungerà un nuovo minimo storico nei prossimi anni, questa non sarà più una condizione sufficiente per una politica restrittiva.

La nuova dichiarazione ora descrive anche il livello massimo di occupazione come un “obiettivo ampio e inclusivo”.

In un certo senso Willliam Vickrey con la sua ricerca per la piena occupazione è entrato alla FED
ed ha cacciato un po’ di austeri germanici con le loro elucubrazioni sul NAIRU e sul NAWRU, per sostituirle con il semplice concetto della “Piena Occupazione”.


Naturalmente la politica della FED non diventa una follia di stampa da un giorno all’altro,
ma accetterà un valore inflazionistico superiore al 2% senza isterismo e senza interventi immediati,
rassicurando quindi i mercati che la politica monetaria resterà generosa per un lungo periodo di tempo.

Del resto la FED ha come obiettovo la stabilità dei mercati finanziari per cui la sua politica farà di tutto
per mantenere il valore dei mercati finanziari stabili ed elevati per un lungo periodo di tempo.

Musica per le orecchie di Trump in questo periodo di campagna elettorale.

“rischi per il sistema finanziario che potrebbero impedire il raggiungimento degli obiettivi del Comitato”.

In breve, il vero mandato della Fed rimane quello di mantenere elevati i mercati.


La mossa di Jerome Powell viene a colpire anche la BCE e viene a mandare letteralmente il tilt i tedeschi.


Basta leggere la Welt di oggi per capire che si sta diffondendo il panico perchè tutto questo va contro il credo fondamentale dell’economista tedesco:
il debito e l’inflazione sono il male assoluto e bisogna soffrire perchè tutti siamo toccati da questo peccato originale.


Infatti i risultati del cambio di politica monetaria saranno i seguenti:

  • l’inflazione interna, se non vedrà un simile movimento da parte degli altri paesi, porterà ad una leggerà , ma progressiva svalutazione del dollaro.
  • Questo ridurrà il surplus commerciale europeo, tedesco in primis, nei confronti degli USA.

  • Anche se è vero che ormai si profila un nuovo “Asse d’acciaio” che parte da Pechino, passa per Mosca e giunge a Berlino,
  • comunque questa transizione non sarà senza dolori perchè i paesi del Sud Europa, questa volta,
  • non potranno riassorbire la produzione dell’industria tedesca.

  • In attesa di esportare tutto a Pechino o a Teheran, ponendosi in diretta rotta di collisione con Washington, a chi venderanno i tedeschi?

  • se la politica economica della BCE non verrà modificata in modo più espansivo e, soprattutto, permanente,
  • l’effetto di contrapposizione fra blocco anglosassone e blocco europeo avrà, come effetto,
  • quello di far apparire ancora più restrittiva la politica europea, mandando ancore più in negativo i tassi europei
  • e quindi aumentando la pressione speculativa sugli asset tedeschi.

  • Esattamente quello che la BuBa vorrebbe evitare…

Una buona politica per la BCE sarebbe quella di riprendere l’ultimo Mario Draghi che aveva consigliato una politica monetaria simile,
anche se più light, nella quale l’inflazione al 2% veniva considerata come un obiettivo morbido e superabile in un’ottica di media.

Poi è arrivata la Lagarde e come prima cosa parlò, sotto dettatura tedesca, di ridefinire gli obiettivi di inflazione, abbassandoli.

Ora Covid-19 e politica della FED mettono queste velleità in forte dubbio, tranne che non si voglia un euro a 1,5 sul dollaro,
un’Europa deindustrializzata ed una festa continua per redditieri e speculatori.

Non scherziamoci troppo: qualcuno pare ancora sognare l’euro agganciato all’oro…
 
se la disoccupazione raggiungerà un nuovo minimo storico nei prossimi anni, questa non sarà più una condizione sufficiente per una politica restrittiva.


allora in italia.........siamo in restrizione da sempre e sempre ci resteremo...................e vai con la scusa aiuti aziende hanno infinocchiato pure gli americchioni..taglio tassi=NO cedola interessi.......... il creditore che diventa pagatore x prestare.la NEW ECONOMY (dei fessi)

cerco...cerco..cercooooo................. ma sia in matematica che nella letteratura economia non c'è......... è il debitore che paga interessi
l'invenzione dei soldi 88116868739788811686873-300x456.jpg
!
 
Ultima modifica:
Lo avessimo scelto noi questo governo, potremmo dire: chi è causa del suo mal...

Invece ce l’hanno imposto con una operazione politica ipocrita e vergognosa
che nella storia resterà impressa per i danni, la distruzione e il disfacimento che ha portato.

Perché sia chiaro che i guasti veri per l’Italia, più e prima del covid, l’hanno portati i giallorossi a partire da un anno.

Insomma, se avessimo votato a settembre 19, almeno avremmo avuto sia una maggioranza preferita
e un governo con un programma chiaro e condiviso al posto del caos.


Per carità è pure vero che scelleratamente un bel pezzo del Paese nel 2018 scelse i grillini,
fenomeno che sarà affidato alla storia della psicanalisi, visto che un autolesionismo tanto grave è materia freudiana,
ma è altrettanto vero che sempre nel 2018 la coalizione vincente fu il centrodestra nettamente.

Insomma tra il 38 percento che prese il centrodestra e il 33 percento dei seguaci di un comico, non ci corse poco,
dunque già allora escludere a priori la coalizione vincente senza offrirle una chance, fu un atto grave e lesivo del sentimento popolare.


Dopodiché non v’è dubbio che Salvini fece il resto, perché se il leader della Lega non avesse abboccato all’amo filisteo,
saremmo tornati al voto e basta e di sicuro tutt’altra realtà avremmo raccontato oggi.

Adesso molti diranno: e chi ci dice che con un governo di centrodestra saremmo stati meglio?

Ovviamente nessuno, ma almeno avremmo rispettato la sovranità popolare, scelto un programma e una maggioranza meno fasulla, bugiarda e voltagabbana.


Eppure, e qui sta il tragico, dopo un’esperienza negativa come quella gialloverde, un anno fa si era ricreata l’occasione di tornare al voto,
di rimediare all’errore precedente offrendo alla nazione la scelta di una coalizione, e invece no,
si è fatto spallucce mettendo in piedi un mostro fariseo che in nessuna democrazia occidentale avrebbe potuto governare, solo in Italia è potuto accadere.


Tanto è vero che detto e fatto assieme all’ipocrisia è arrivato il peggio politico che ci sia, un governo mediocre,
seconde e terze file con in mano dicasteri strategici, neofiti allo sbaraglio in un passaggio drammatico per il paese,
inesperti e incapaci a decidere di noi, del futuro, delle sorti di 60 milioni di cittadini.


Ecco perché il guasto è precedente al covid ed ecco perché col covid siamo finiti nel pallone, nel ridicolo tragico,
nel dramma collettivo di uno sbando su tutto, insomma è uscita fuori l’ignoranza e l’incoscienza letterale che già c’era e che per farci male hanno fatto finta di non vedere.


Per questo stiamo pagando più di qualsiasi altro paese, stiamo sprofondando più di tutti,
siamo finiti in un tunnel infernale dove oltre alla luce manca sia l’aria che una via di fuga,
per questo siamo arrivati al si salvi chi può e all’arrangiatevi signori.


Del resto, scusate, c’è qualcuno che abbia capito come riaprirà la scuola, come saranno in classe i nostri figli?

Quali saranno i bus per trasportarli?

Le mascherine?

C’è qualcuno che abbia capito come si gestiranno gli illegali che hanno ripreso ad invaderci come se niente fosse?

C’è qualcuno che possa spiegare perché ancora a troppi non sia arrivata la cig, a troppe aziende il finanziamento,
a troppi autonomi il sostegno, che fine faranno e chi pagherà le scadenze fiscali onnipresenti, chi e come potrà utilizzare il recovery?

C’è qualcuno che possa spiegarci perché molti decreti attuativi dei dpcm ancora non ci sono

e perché sui bonus è tutto un casino,

che possa dire cosa succederà quando cadrà il veto sui licenziamenti e alla fine dell’estate si faranno i conti,

c’è qualcuno che possa illustrare dove sarebbe la semplificazione burocratica sbandierata negli show

e che fine farà l’Alitalia, l’ex Ilva?

C’è qualcuno che possa garantire successo e redditività a ristatalizzare i grandi gruppi,
dopo che solo in Italia negli ultimi 50 anni si è fatto avanti e indietro 4 volte,
dai trasporti alle tlc e alle banche,
adesso con la rete unica su Tim si sta tornando alla famosa Stet, la ricordate?


Ebbene cari signori rispondiamo noi: no, non c’è nessuno perché nessuno è il brand del governo e della maggioranza,
nessuno è in grado di pensare al futuro e preparare uno straccio di progetto, mettere in campo una idea concreta per il sud,
chiacchiere a parte, compresa l’ultima idiozia del tunnel fra Calabria e Sicilia, dopo che si sono spesi miliardi a gogò per il ponte sullo stretto.


Ecco perché la parola d’ordine e l’unico messaggio dell’esecutivo e della maggioranza più di sinistra della storia è:

“Cari italiani, arrangiatevi e inventatevi qualcosa perché a costo di ridurvi alla disperazione noi di qui non schiodiamo”.

Per questo di risposta noi abbiamo scritto:

“Settembre, un’occasione unica”.

Dipende da noi mandarli a casa e col biglietto di sola andata.
 

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