Titoli di Stato area Euro Paesi Baltici ed Est Europa: news, info, analisi

I mercati dell'Europa dell'Est nella view del team di Raiffeisen

23 Feb 2011 Le economie dell'Europa centro-orientale evidenziano ancora tendenze di ripresa, in prima linea Polonia e Repubblica Ceca; anche l'Ungheria ha presentato dati economici sorprendentemente positivi. A gennaio i mercati azionari e obbligazionari dell'Europa centro-orientale hanno presentato andamenti molto eterogenei. A beneficiare del sentiment migliorato degli investitori è stata soprattutto la corona ceca, ma sono cresciuti anche lo zloty, il fiorino e il rublo. Al contrario è stato negativo l'andamento della lira turca, dopo che la banca centrale ha nuovamente abbassato il tasso di riferimento, alzando però contemporaneamente le riserve minime obbligatorie per dare una stretta al credito. Gli spread per gli eurobond della regione hanno presentato un trend in gran parte laterale, prima del leggero rialzo registrato verso la fine del mese.

Russia

In Russia aumenta ancora la pressione inflazionistica – i prezzi al consumo sono aumentati a dicembre con un tasso annuo dell'8,8% (novembre 8,1%). Alla fine di gennaio la banca centrale ha lasciato un'altra volta invariato il tasso di riferimento, ma dovrebbe essere imminente un rialzo dei tassi; l'aumento dei rendimenti delle obbligazioni riflette già chiaramente queste aspettative di innalzamento dei tassi. Il mercato azionario russo è cresciuto parecchio con fatturati relativamente elevati, trainato dal prezzo in rialzo del greggio. Sono stati particolarmente richiesti gli asset petroliferi e del gas, a maggior ragione in vista di un accordo tra il ministero delle finanze e il ministero dell'energia sulla futura tassazione. Buoni incrementi di quotazione hanno registrato anche gli asset integrati dell'acciaio e i produttori di carbone coke che hanno approfittato della temporanea mancanza dell'offerta australiana dovuta alle alluvioni. Dalla parte dei perdenti troviamo miniere d'oro, commercianti di alimentari e azioni del settore telecomunicazioni.


Polonia

L'economia della Polonia si presenta ancora molto robusta. Nel 2010 dovrebbe registrare una crescita reale del 3,8%. La produzione industriale è aumentata a dicembre dell'11,5% circa nel raffronto annuo. Quantunque sempre trainata da una forte domanda interna ed estera, ha però fallito nettamente l'obiettivo dell'11,9% circa atteso dal mercato. L'inflazione è salita ultimamente al 3,1% (tasso annuo) superando decisamente l'obiettivo stabilito dalla banca centrale. Com'era nelle attese, ciò ha fatto aumentare il tasso di riferimento dal 3,5% al 3,75%; questa è la prima variazione dei tassi dalla metà del 2009. Nel corso del 2011 la banca centrale dovrebbe attuare una politica monetaria ancora più restrittiva e innalzare i tassi di interesse. Le quotazioni dei titoli di stato polacchi sono state sotto pressione a gennaio; lo zloty invece ha beneficiato della prospettiva di tassi più elevati. L'indice azionario polacco WIG è sceso a gennaio dell'1,4% circa. Alla fine di gennaio il governo polacco ha innalzato i limiti superiori per gli investimenti azionari mediante fondi pensione. Ciò dovrebbe attenuare leggermente gli effetti negativi della diminuzione dei versamenti pensionistici. Tuttavia risulta penalizzante la potenziale eccedenza di azioni in seguito ad ulteriori privatizzazioni da parte del governo.


Repubblica Ceca


L'economia ceca presenta ancora una buona ripresa, sostenuta soprattutto da una robusta domanda estera, in particolare dalla Germania. Esportazioni e importazioni vantano tassi di crescita sempre elevati rispetto all'anno precedente. La produzione industriale ha avuto un impulso sorprendente a novembre, analogamente all'Ungheria. L'inflazione sale ancora leggermente con un tasso annuo del 2,3% a dicembre. Il tasso d'inflazione "core" (senza i prezzi degli alimentari e dell'energia) è ancora attestato però sullo 0,3%. I rendimenti delle obbligazioni ceche hanno seguito anche a gennaio l'andamento delle obbligazioni benchmark in euro (Germania) e nel corso del mese hanno presentato una tendenza al rialzo. La corona ceca a gennaio è stata la valuta più forte della regione. Il mercato azionario, dopo il forte rialzo precedente, si è preso una pausa ed è salito a gennaio dell'1% circa.


Ungheria


L'Ungheria ha sorpreso con dati inaspettatamente forti per quanto riguarda la produzione industriale per novembre – di conseguenza alcuni analisti hanno rivisto al rialzo le loro stime di crescita per il 2010, 2011 e 2012. Il fiorino ha guadagnato terreno nei confronti dell'euro e ancora di più nei confronti del franco svizzero – dopo tanto tempo finalmente buone notizie per i beneficiari di crediti ungheresi in valuta locale. Nel lungo periodo il livello di rendimento ungherese sembra conservare ancora la sua attrattività. Le quotazioni dovrebbero però mantenersi volatili, soprattutto in considerazione dell'imponderabilità che grava ancora sulle future riforme e delle tensioni tra il governo e la banca centrale. Quest'ultima ha nuovamente alzato i tassi dello 0,25% portandoli al 6% – una manovra del tutto comprensibile visto il forte aumento dell'inflazione. L'inflazione è salita a dicembre del 4,7% nel raffronto annuo; l'inflazione "core" (senza alimentari ed energia) è aumentata del 2% (luglio 2010: 1,3 %). Il mercato azionario ungherese con un incremento pari a circa il 6,5% è stato il più forte della regione; soprattutto i dati congiunturali sorprendentemente buoni hanno fatto volare le quotazioni.


Mercati periferici dell’Europa centro-orientale


In Romania la situazione politica si è calmata negli ultimi mesi; le riforme richieste dal FMI vengono attuate e quindi niente più ostacola la prossima tranche. Il governo rumeno ha pubblicato i piani di rifinanziamento e nei prossimi anni sfrutterà più spesso il mercato degli eurobond come fonte di finanziamento. Gli spread degli eurobond dell'Europa centro-orientale hanno avuto una tendenza in massima parte laterale nel corso del mese. Verso la fine del mese sono leggermente saliti, influenzati dal peggioramento del sentiment in seguito ai movimenti di protesta in Nordafrica e nel Vicino Oriente. Nel lungo periodo i livelli attuali sembrano ancora attrattivi. La volatilità dovrebbe in ogni caso mantenersi elevata se persisteranno le preoccupazioni riguardo ai debiti dei paesi periferici dell'euro.
 
ČNB: Czech banks resilient even to very unfavourable conditions



ČTK |
2 March 2011



Prague, March 1 (CTK) - The results of stress tests of the Czech banking sector still show that the banking sector is sufficiently resilient to potential adverse shocks, the Czech National Bank (CNB) said on its website Tuesday.

However, the capital adequacy ratio of the banking sector would get dangerously close to the 8 percent threshold in an adverse scenario, where banks, expecting favourable developments in H1 of 2011, reduce their capital buffers significantly by raising dividend payments without simultaneously increasing their capital in any other way, the central bank said.

One of the reasons for the banking sector’s stability remains its high capital adequacy ratio, which stood at 15.4 percent at the end of November 2010, according to the bank.

According to the Czech Banking Association (CBa), the stress tests have confirmed again that the Czech banking sector stands on health foundations, both in terms of revenues and in terms of sources and portfolio quality.

"The toughening of loan policy during the financial crisis contributed to the stabilisation of the ratio of unpaid loans. The revenue structure of Czech banks shows a standard and healthy foundation," CBA deputy head Jan Matousek said.

However, in the variant of the adverse scenario Unexpected Recession with Extraordinary Dividends, the capital adequacy ratio of the banking sector would get dangerously close to the 8 percent threshold. The main reason would be a weakening of banks’ capitalisation by extraordinary dividend payments. In this extreme case, more banks would get into a situation of insufficient capital adequacy and the capital injections would total Kc28bn (10 pct of the current regulatory capital level and almost 0.8 pct of GDP).

In the Unexpected Recession stress scenario, a few banks would get into a situation of insufficient capital adequacy. To make up their capital adequacy to the regulatory minimum of 8 percent, all banks having their registered offices in the Czech Republic (excluding foreign bank branches) would have to increase their regulatory capital by Kc16bn (less than 0.5 pct of GDP) as at the end of the test period. Relative to the size of the sector, this figure is not significant enough to jeopardise the stability of the banking sector, the CNB said.

The baseline scenario corresponds to the CNB’s official February macroeconomic forecast. This scenario assumes a slight slowdown in economic activity this year due to fiscal consolidation in the Czech Republic and also in euro area countries, resulting in a fall in external demand. Inflation at the two-year horizon remains close to the 2 percent inflation target, the exchange rate is modestly appreciating and short-term interest rates are stable in the following period and gradually rising as from the end of 2011.

The ratio of non-performing loans (NPLs) to total loans in the non-financial corporations sector rises moderately in the Baseline Scenario, peaking at roughly 10 percent at the end of 2011. The NPL ratio in the household sector also increases in the Baseline Scenario, to just below 6 percent at the end of this year.

The Unexpected Recession stress scenario would be reflected in a larger increase in credit risk and the NPL ratio in this scenario is much higher than in the Baseline Scenario, the CNB said.

The Unexpected Recession stress scenario assumes a drop in economic activity as a result of an external shock in H2 of 2011, which is connected with a renewed increase in the sovereign risk of the indebted euro area countries. Significant impairment of claims on five indebted EU countries, namely Greece, Ireland, Italy, Portugal and Spain, and revaluation of those claims to zero in bank balance sheets is also assumed. This scenario can be considered highly stressed, according to the CNB.

The adverse scenario Unexpected Recession with Extraordinary Dividends reflects the risk that banks, expecting favourable future developments, will decide to downsize their existing capital buffers to the level prevailing in the pre-crisis period (2004-2007) and will pay out extraordinary dividends in H1 of 2011.

While the Baseline Scenario assumes that operating profit in the period ahead will remain at a similar level as in 2010, a considerable drop of nearly 25 percent occurs in the Unexpected Recession stress scenario. In the stress scenario, therefore, many banks get into a loss-making situation, which significantly reduces regulatory capital, the bank said.

The last stress tests of the banks were published by the CNB at the end of November. Their results had shown that the banking sector as a whole would not be jeopardised in case of very unfavourable economic development.


(praguemonitor.con)
 
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Estonia

L'Estonia sceglie il rigore

Süddeutsche Zeitung: Ansip ancora leader della repubblica baltica.
di Pierluigi Mennitti
Superata con maggiore agilità rispetto alle consorelle baltiche la crisi economica e abbracciato l'euro dall'inizio dell'anno, l'Estonia si è recata alle urne confermando al governo la maggioranza di centrodestra uscente, composta dal partito liberale riformista e dai conservatori cristiano-democratici di Res Publica. Il premier Andrus Ansip potrà così proseguire le politiche di risanamento dei conti pubblici di quella che, dalla fine degli anni Novanta fino al 2008, è stata considerata la tigre del Baltico, la nazione dell'ex blocco orientale che più velocemente si era lasciata alle spalle l'eredità del comunismo.

ANSIP ANCORA PREMIER.
«Il risultato è andato al di là delle stesse aspettative dei partiti di governo», ha osservato la Süddeutsche Zeitung, «e lo spoglio delle schede, giunto nella serata di lunedì 7 marzo al 90% del totale, assegnava al centrodestra il 58% dei voti. Tradotto in seggi, significa la conquista di 56 deputati sui 101 che costituiscono il parlamento estone».
In dettaglio, il partito riformista del premier ha ottenuto due seggi in più, gli alleati di Res Publica quattro. Il balzo in avanti più ampio lo hanno comunque compiuto i socialdemocratici, passati da nove a 19 seggi, mentre l'altra forza di opposizione, Il Centro, ha subito un calo di tre seggi.
Per il premier Ansip si tratta del terzo mandato consecutivo: è in carica dal 2005, ma solo nella scorsa legislatura è stato in grado di completare l'intero mandato, sebbene dal 2009 abbia amministrato con un governo di minoranza. Adesso gli elettori gli hanno consegnato una maggioranza piena.

La politica rigorista premiata dagli elettori

L'Estonia è nota anche per essere uno dei Paesi europei in cui i servizi online sono all'avanguardia, tanto che gran parte delle prestazioni fornite dallo Stato sono usufruibili dai cittadini semplicemente con un click sul web. Per la prima volta, internet è entrata anche nella cabina elettorale, trasferita per l'occasione sui computer di casa dei singoli elettori: il 15% degli oltre 900 mila elettori aventi diritto ha utilizzato questo metodo innovativo, confermando una forte predisposizione degli estoni, e in particolare, dei votanti più giovani per le nuove tecnologie.

PAESE IN RIPRESA. Dal punto di vista politico, a giudizio della Süddeutsche, si è trattato di una prova di maturità dell'elettorato estone, che ha premiato la politica rigorista impostata da Andrus Ansip, dopo che la crisi finanziaria aveva colpito con particolare forza la vivace ma ancora fragile economia baltica: «Nell'anno della crisi il prodotto interno lordo (pil) del Paese aveva fatto registrare una caduta spaventosa del 14%, ma le misure restrittive del premier, che potevano risultare impopolari, hanno consentito una rapida ripresa economica che si è riflessa anche sul mercato occupazionale. La disoccupazione, che nel biennio precedente era cresciuta fino al 20%, è di nuovo calata fino a toccare l'11%».

La locomotiva baltica torna a trainare l'economia dell'area

Per gli estoni, la crisi era stata una vera e propria doccia fredda. Lodati per anni grazie alla straordinaria capacità del Paese di lanciare profonde riforme economiche all'indomani dell'indipendenza da Mosca, gli estoni si erano abituati a misurare solo numeri positivi: creazione di nuove opportunità di lavoro, nascita di imprese a forte vocazione tecnologica, riassorbimento della disoccupazione, consistenti investimenti esteri, soprattutto dai vicini paesi scandinavi di Svezia e Finlandia che ne sono stati i partner principali anche nell'ottica di una ripresa vigorosa dell'intera area baltica.
Quest'anno Tallinn vive anche la sua esperienza come capitale europea della cultura, rinsaldando il legame con Bruxelles che è l'elemento fondamentale di una politica estera che guarda con sospetto i rapporti con la Russia.

RUSSI PRO-SOCIALDEMOCRATICI. Questo grande sforzo di ammodernamento dello Stato è avvenuto anche a scapito della robusta minoranza russa, figlia degli anni dell'Unione Sovietica, nei quali i territori baltici furono sottoposti a massicce politiche di russificazione. Dopo l'indipendenza i rapporti di forza fra le due etnie si sono rovesciati e la componente ex sovietica è stata pesantemente marginalizzata.
Secondo le prime analisi del voto, gran parte del 40% di elettori estoni di origine russa ha appoggiato i candidati del partito socialdemocratico. «Ma le stime economiche per il 2011», ha concluso la Süddeutsche, «danno ragione al governo di centrodestra, la crescita del pil è prevista intorno al 4%, il tasso di indebitamento resta il più basso di tutta l'Unione e le conseguenze della crisi finanziaria sembrano ormai superate». Risultati che Lettonia e Lituania, gli altri due stati baltici, guardano con profonda invidia.
Martedì, 08 Marzo 2011
 
La view di Fondionline


Uno sguardo all'Europa dell'Est

09 Mar 2011


Le economie degli stati dell'Europa centro-orientale mostrano ancora tendenze di ripresa. La produzione industriale in aumento per effetto dell'elevata domanda dall'estero assicura una crescita dell'occupazione. In alcuni Paesi la domanda interna assume un'importanza sempre maggiore come fattore trainante della crescita, non si deve ignorare però che soprattutto nella Repubblica Ceca la domanda interna non mostra di fatto alcun segno di ripresa, per cui questo Paese dipende ancora in ampia misura dalla congiuntura delle esportazioni. In generale si osserva nell'ultimo periodo un aumento dei livelli dei prezzi, spinto in particolare dal rialzo dei prezzi degli alimentari. Questo dovrebbe ripercuotersi nel corso dell'anno in un rialzo dei tassi di interesse nominali, abbinato a un rafforzamento delle valute. A febbraio i mercati azionari nei Paesi CEE, come in quasi tutti i Paesi emergenti, hanno attraversato una fase laterale o addirittura leggermente al ribasso al netto delle oscillazioni, proseguendo così la tendenza ad un andamento delle quotazioni al di sotto della media rispetto ai mercati avanzati. Il calo di fiducia degli investitori nelle valute ha colpito negativamente soprattutto la corona ceca, ma si sono deprezzati anche lo zloty e il fiorino. Per contro è stato positivo l'andamento del rublo russo, sostenuto fra l'altro dal prezzo fortemente in rialzo del petrolio. Gli spread per gli eurobond CEE si sono leggermente ampliati in seguito all'avversione al rischio generalmente crescente.

Approfondimento sui Paesi

Russia
In Russia cresce ulteriormente la pressione inflattiva – i prezzi al consumo sono saliti a gennaio al tasso annuo del 9,6% (dicembre 8,8%). Di conseguenza la banca centrale ha rialzato il tasso di riferimento di 25 punti base alla fine di febbraio. I tassi di interesse a breve termine riflettevano già da tempo le aspettative di un rialzo dei tassi, ma il provvedimento arrivato in questo momento ha sorpreso tutti. Evidentemente l'inflazione schizzata vicino alla soglia del 10% ha indotto la banca centrale a non temporeggiare ulteriormente. Tuttavia i rendimenti a lungo termine delle obbligazioni russe sono calati nel raffronto mensile e, insieme al rublo forte, hanno prodotto una performance nel complesso positiva. Nel contempo il prezzo del petrolio in rialzo migliora notevolmente – se il trend sarà duraturo - la situazione dei conti pubblici. A febbraio il mercato azionario russo non è cresciuto ulteriormente nonostante l'aumento del prezzo del petrolio, ma si è mosso lateralmente, con varie oscillazioni. Dopo i robusti aumenti delle quotazioni nei mesi precedenti questa tendenza è interpretabile come un normale consolidamento, tanto più che all'effetto galvanizzante del rialzo dei prezzi delle materie prime si oppongono gli effetti frenanti sulle quotazioni dovuti al peggioramento del sentiment a livello internazionale. In conclusione la Russia dovrebbe rientrare anche nei prossimi mesi nel novero dei mercati azionari più promettenti dei Paesi Emergenti, principalmente anche per via delle valutazioni relativamente basse e del potenziale di ripresa a ciò connesso.


Polonia

L'economia polacca continua a mostrarsi molto solida, con una crescita reale nel 2010 del 3,8%. La produzione industriale fatturata è salita nell'ultimo periodo di circa il 10,3% nel raffronto annuo, trainata ancora dall'elevata domanda interna ed estera. L'inflazione, con il recente aumento del 3,8% (tasso annuo), è attestata ben al di sopra dell'obiettivo prefissato dalla banca centrale e anche al di sopra delle aspettative dei protagonisti del mercato. Questo andamento rende più concreta la probabilità di ulteriori rialzi dei tassi da parte della banca centrale nel corso del 2011, sebbene sia presumibile che nella prossima sessione la banca centrale non interverrà ancora sui tassi. Le quotazioni dei titoli di stato polacchi sono state messe sotto pressione a febbraio; anche lo zloty ha perso terreno in seguito a un nuovo diffondersi dell'avversione al rischio da parte degli investitori internazionali. L'indice azionario polacco ha presentato un trend laterale con varie oscillazioni come la maggior parte degli altri mercati azionari dei Paesi Emergenti. Tuttavia risulta ancora penalizzante la potenziale eccedenza di azioni in seguito a ulteriori privatizzazioni da parte del governo.

Repubblica Ceca

Degna di nota nella Repubblica Ceca è la discrepanza fra la crescita economica in forte aumento nell'ultimo anno e i consumi privati che non decollano. L'economia ceca, considerata complessivamente, si è risollevata molto bene dai livelli della crisi, sostenuta da una robusta domanda estera, soprattutto dalla Germania. Esportazioni e importazioni evidenziano ancora alti tassi di crescita rispetto all'anno precedente, anche la produzione industriale ha raggiunto un livello decisamente più elevato. Tuttavia la crescita non sembra essersi spalmata su un'ampia base all'interno del Paese. Le vendite al dettaglio segnalano una costante moderazione dei consumi e anche la disoccupazione è recentemente aumentata tornando ai livelli precrisi. L'inflazione invece ha sorpreso positivamente nell'ultimo periodo scendendo dal 2,3% all'1,7% (tasso annuo) e rientrando così entro il range di tolleranza stabilito dalla banca centrale. Dal punto di vista della stabilità dei prezzi questo è senz'altro positivo, ma allo stesso tempo rafforza l'immagine di una congiuntura interna debole. I rendimenti delle obbligazioni ceche hanno seguito anche a febbraio l'andamento delle obbligazioni benchmark in euro (Germania) e nel corso del mese hanno presentato una tendenza al rialzo. La corona ceca è stata messa sotto pressione a febbraio e ha di nuovo ceduto una parte degli incrementi conseguiti dall'inizio dell'anno. Il mercato azionario ceco ha subito oscillazioni lungo tutto il mese con una tendenza di base leggermente positiva in un range ristretto inferiore al 3%.

Ungheria
Anche l'Ungheria trae vantaggio dalla domanda estera con ripercussioni positive sulla bilancia commerciale. A febbraio il fiorino si è deprezzato nei confronti dell'euro, analogamente alla maggior parte delle valute della regione. Anche le obbligazioni ungheresi sono state messe sotto pressione. Nel lungo periodo il livello di rendimento ungherese sembra conservare ancora la sua attrattività. I listini dovrebbero però mantenersi volatili, soprattutto in considerazione dell'imponderabilità che grava ancora sulle future riforme. Nell'ultima sessione la banca centrale ha lasciato invariati i tassi di interesse al 6%. L'andamento dell'inflazione ha sorpreso positivamente nell'ultimo periodo. Per il prosieguo dell'anno è quindi assolutamente possibile che la banca centrale decida di tagliare i tassi, cosa che potrebbe in parte disinnescare anche il conflitto permanente con il governo. Il mercato azionario ungherese si è mosso a febbraio senza grosse scosse in un range ristretto da un'area di lateralità fino a un lieve trend ribassista.

Mercati periferici dell’Europa centro-orientale
L'Ucraina ha differito di un mese le trattative con il FMI sulla tranche successiva del pacchetto di aiuto, ma è presumibile che si arriverà a un accordo. A febbraio l'Ucraina ha piazzato un eurobond che in un primo momento è stato ben accolto dagli investitori, ma in seguito ha ceduto con il peggiorare del sentiment generale. Il governo rumeno ha pubblicato i suoi piani di rifinanziamento per il futuro, rivelando di voler nei prossimi anni sfruttare il mercato degli eurobond come fonte di rifinanziamento, probabilmente già a marzo. Gli spread degli eurobond dell'Europa orientale hanno attraversato una fase di debolezza nel corso del mese. Sono leggermente saliti in particolare verso la fine del mese, influenzati dal peggioramento del sentiment in seguito ai disordini nel Nord Africa e nel Vicino Oriente. Nel lungo periodo i livelli attuali sembrano ancora attrattivi. La volatilità dovrebbe però rimanere elevata finché non si placa la crisi scaturita intorno al rifinanziamento dei Paesi periferici di Eurolandia.
 
La view di Morningstar

L'est Europa fa il test dell'inflazione
L'aumento dei prezzi al consumo costringe alcune banche centrali dell'area a intervenire sui tassi. Pronti nuovi freni all'economia.

Marco Caprotti | 15-03-11
Le notizie degli scontri che arrivano dal nord Africa hanno suggerito a chi investe nell’est Europa di prendersi una pausa di riflessione. L’indice Msci della regione nell’ultimo mese (fino al 14 marzo) ha perso lo 0,21%, portando a +4,25% la performance da inizio anno. I dati macroeconomici che vengono comunicati dalla zona emergente del Vecchio continente, del resto, hanno bisogno di essere analizzati senza troppe distrazioni per capire quando l’area ricomincerà a correre.
I dubbi della Russia
I riflettori più luminosi sono sempre puntati sulla Russia dove la Banca centrale, a fine febbraio, ha alzato i tassi di interesse di 25 punti base (portandoli all’8%), mettendo la parola fine a un ciclo di tagli iniziato ad aprile del 2009. “La diminuzione del costo del denaro doveva servire a dare un po’ di vigore all’economia nazionale”, spiega una nota di Morningstar. “Tuttavia, con un tasso di inflazione che ha toccato il 9,7%, l’istituto monetario è stato costretto ad intervenire”.
Le scorse settimane sono state complicate anche sul fronte borsistico con la cancellazione di alcuni debutti che dovevano avvenire al London stock exchange. Nor Gold (una controllata di Severstal che si occupa di estrazione dell’oro) è stata la prima ad annunciare la rinuncia, seguita da ChelPipe (oledotti). L’unica buona notizia è arrivata dalla banca controllata dallo Stato Vtb che è riuscita a vendere il 10% del capitale a investitori privati. Sul fronte delle commodity, un comunicato del dipartimento dell’energia ha reso noto che le tasse sulle esportazioni petrolifere scenderanno dal 65% al 60% fra il 2012 e il 2014. “Il provvedimento è stato pensato per dare una mano ai consumi”, continua lo studio. “Tuttavia l’inflazione e la disoccupazione nel breve termine rappresentano due ostacoli che renderanno difficile la crescita congiunturale nel breve termine”.
Ognuno ha i suoi problemi
L’aumento del costo della vita sta diventando un problema anche per la Polonia dove gli ultimi dati parlano di un’inflazione al 3,9% rispetto al 3,8% di gennaio (il massimo degli ultimi due anni. “Con questa situazione non si possono escludere nuove manovre restrittive da parte della Banca centrale già a partire da aprile”, dice il report di Morningstar. Il tetto massimo fissato dal governo è del 2,5%. “Per mantenerlo il governo è pronto a misure impopolari come il taglio dei benefici pensionistici per alcune tipologie di lavoratori pubblici”. Le cose vanno meglio sul fronte della produzione industriale che, nonostante un rallentamento, ha dato risultati migliori delle attese. Sorridono anche le società energetiche che, grazie alla corsa del petrolio, sono riuscite a fare meglio, in termini di fatturato, di alcune concorrenti ungheresi e ceche.
Difficile la situazione anche in Ungheria dove, tuttavia, l’inflazione è l’ultimo dei problemi. Il rallentamento della corsa dei prezzi ha convinto la Banca centrale a lasciare fermi i tassi di interesse al 6% dopo una serie di tre rialzi consecutivi. I dubbi semmai, riguardano il debito pubblico che ha raggiunto l’80% del Pil (il livello più alto fra i Paesi dell’Europa centrale). “Il primo ministro Viktor Orban ha fatto una promessa ambiziosa quando ha annunciato di voler portare il deficit al 3% del Pil”, spiega lo studio. “Non ha spiegato, però, come intende raggiungere questo risultato. Ha solo detto che il piano di tagli e la riforma fiscale saranno presentati entro aprile”.
Più luce sui Balcani
Una delle notizie ha acceso l’interesse degli operatori per l’area balcanica è stata la quotazione sulla Borsa romena del Fondul Proprietatea. Si tratta tecnicamente di un “fondo di restituzione” che il governo di Bucarest ha creato nel 2005 per compensare i cittadini le cui proprietà furono confiscate dal regime socialista di Ceaucescu. Il fondo raccoglie circa 80 aziende (la maggior parte operanti nel settore energetico e non ancora quotate). “Questa quotazione non solo ha avuto il merito di apportare nuova liquidità sul mercato romeno ma, più in generale, ha riacceso l’interesse sull’Europa del sud-est dopo quasi tre anni di vuoto informativo”, spiega uno studio di East Capital. “Per questi Paesi il 2011 sarà l’anno della vera ripresa economica coi livelli di deficit per tutti inferiori ai tetti imposti da Maastricht, contrariamente alla media dei Paesi Ocse”.
 
Ucraina

Ucraina Economia: produzione industriale + 15%
18/03/2011
La produzione industriale dell'Ucraina a Febbraio e' salita dell'11,5% anno su anno. Lo ha comunicato oggi il Servizio Statistico di Stato. Secondo il comunicato, la produzione industriale e' salita dello 0,9% rispetto al mese precedente.
Nei primi due mesi dell'anno la produzione industriale e' salita del 10,5% rispetto al +9,4% dello stesso periodo dello scorso anno, grazie alla continua ripresa dell'economia ucraina.
Le maggiori industrie esportatrici del Paese hanno raggiunto aumenti di produzione di oltre il 15%; tra queste, produttori di macchinari, industrie metallurgiche e chimiche. Il declino produttivo piu' marcato ha riguardato il settore minerario.
Fonte: libero news
 
Lettonia

LUNEDI' 21 MARZO 2011

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Riga, 21 mar - Ambedue le agenzia di rating americane Fitch e Standard & Poor's hanno rivisto in meglio le loro stima sull'economia lettone. Fitch ha classificato BBB la Lettonia con una prospettiva positiva, mentre Standard & Poor's ha modificato da stabile a positivo il suo giudizio sull'economia lettone.
 
Lettonia

WSJ: la Lettonia indica la strada all’Europa. Il miracolo della sua crescita

E’ la Lettonia il Paese con la crescita più sostenuta d’Europa. La piccola nazione baltica (poco più di due milioni di abitanti) ha raggiunto un sorprendente +5,5% nel primo trimestre 2012. Solo due anni fa, la Lettonia era letteralmente in ginocchio: la sua economia si era contratta del 17,7% dal 2009, pagando forse il tributo più alto in Europa alla crisi finanziaria mondiale. Tuttavia, nonostante la sua entrata nell’euro sia tutt’altro che popolare, i politici lituani sono ancora determinatissimi a entrare nell’euro nel 2014. Per questo hanno rinunciato a svalutare la moneta nazionale “lat”, tenendola ancorata all’euro. I termini con cui negoziò la sua entrata nel club della Ue sono la migliore garanzia che non mancherà l’appuntamento del 2014. Il Wall Street Journal la indica come esempio, come “faro” per condurre i paesi europei fuori dalle secche della stagnazione. Chi non fa altro che imputare all’euro l’origine di tutti i mali, farebbe bene a guardare verso i vicini più prossimi ai confini della moneta unica e prendere esempio e ispirazione, sostiene il WSJ.
Quella lettone non è una ricetta indolore. Dopo un consolidamento fiscale del valore attuale attestatosi al 15% del Pil, la Lituania promette di abbattere quest’anno il deficit al 2,5% del Pil, dal 9,7% del 2009. Nel settore pubblico gli stipendi hanno subito un taglio secco del 20%: complessivamente, informa la Royal Bank of Scotland, la media dei salari è scesa del 14,3%. Come primo effetto, la disoccupazione è cresciuta fino al picco massimo del 20% nel 2010, mentre quest’anno si aggira intorno al 15%. Ma tutto ciò ha spinto la competitività del Paese al massimo. Il suo tasso di scambio al netto dell’inflazione è sceso del 9% rispetto ai massimi del 2009, le esportazioni annuali sono cresciute addirittura del 40% da allora. E’ stato fatto tanto, ma non si può ancora dire che la Lettonia sia definitivamente al riparo da ogni rischio. Nonostante la protesta sociale si sia un po’ ammorbidita, sono 200 mila le persone che sono state costrette ad emigrare. Fra due anni i lituani saranno cittadini dell’euro, e questo è un obiettivo importante che è stato raggiunto al prezzo di grandi sacrifici. Chi oserà, al dunque, vagheggiare “euro’s exit strategies”?
23 maggio 2012
 
Lituania

La Lituania torna a crescere
27 Mar 2012

A cura di Rocki Gialanella

Il paese baltico capeggia la classifica della variazione del Pil nell’Unione Europea ma deve produrre sforzi per ridurre il deficit

Secondo le stime di Eurostat pubblicate a fine febbraio, l’economia lituana è cresciuta del 5,8% nel 2011. Se questo dato troverà conferma, il piccolo paese nordeuropeo occuperà il podio della crescita all’interno dell’Unione Europea, moltiplicando quasi per quattro la variazione media del Pil (1,5% circa) registrata dai suoi soci dell’eurozona. Le autorità lituane spiegano questo risultato con la spinta fornita dai consumi interni che, durante la fase più acuta della crisi, sono riusciti a equilibrare il peso del commercio con l’estero e del settore manifatturiero, storicamente i due motori della struttura economica locale.

I risultati positivi arrivano dopo un periodo difficile in cui l’economia lituana è stata, in seno all’UE, tra quelle che hanno maggiormente accusato gli effetti della contrazione economica mondiale a causa di un’intensa fuga di capitali e il collasso del sistema bancario. Nel 2008 l’esecutivo ha deciso di applicare un nuovo programma aggressivo di tagli e di rifondazione della propria struttura economica. Il piano ha comportato un taglio degli stipendi pubblici e delle imposte dirette, un rialzo dell’IVA e dell’età di pensionamento, una riduzione della spesa sociale e una flessibilizzazione del mercato del lavoro accompagnata da un minor peso della burocrazia sull’attività delle imprese.

Questi aggiustamenti di seconda generazione si sono sommati agli sforzi fatti dai governi succedutisi alla guida del paese durante gli anni novanta per completare la transizione da economia centralizzata –la sua condizione di paese annesso all’area sovietica- verso il libero mercato. Nel complesso, il risultato conseguito con questo piano d’impatto, simile a quelli che stanno per essere realizzati nei paesi dell’UE alle prese con gravi problemi di deficit pubblico, debito e liquidità finanziaria, si sostanziano nel passaggio da una caduta del Pil del 14,8% nel 2009 a una crescita dell’1,4% nel 2010.

Durante l’ultimo trimestre del 2011 si sono manifestati alcuni sintomi di rallentamento. Il Pil è cresciuto del 4,4%, in calo rispetto al dato registrato il terzo trimestre, quando il paese era riuscito a centrare la seconda maggiore variazione positiva dell’UE. La cosa più preoccupante è la caduta del 2,1% della produzione industriale, la maggiore da gennaio 2010 per un indicatore che rappresenta un quinto dell’intera economia. In larga parte, queste incertezze derivano dalla frenata del commercio mondiale e dalla crisi di alcuni tra i più importanti partners commerciali dell’UE.

Le previsioni per il 2012 sono meno rosee, ma restano sopra la media europea. Eurostat indica un rialzo del Pil del 2,3% rispetto alla variazione nulla della media europea e al -0,3% dell’eurozona. Gli analisti e l’esecutivo posizionano l’incremento stimato all’interno del range 2%-2,5%, sempre in funzione dell’evoluzione dei principali partners commerciali. Paradossalmente, il maggiore peso in termini di assorbimento delle esportazioni lituane non va a nessun paese dell’Unione Europea: la Russia si accaparra il 15% delle vendite e copre il 32% delle importazioni.

L’altra variabile da prendere in debita considerazione è l’evoluzione del debito e le tensioni finanziarie. I dati certificati da Bruxelles indicano che nel 2010 il deficit è arrivato al 7% del Pil rispetto al 9,5% registrato nel 2009. Le previsioni, non confermate ufficialmente, fissano lo squilibrio all’incirca al 5,7% del Pil nel 2011. Alla fine del terzo trimestre, il debito pubblico ammontava al 37,6% del Pil (un dato che, almeno in teoria, garantisce un discreto margine di manovra).
 
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