Deve avere avuto parecchia passione e tenacia questo signore che ha raccolto una enorme quantità di opere prive di valore commerciale.
Sì, sono caratteristiche di coloro che puntano molto sul bianco-nero.
Direi che il bianco-nero (tipicamente le acqueforti, ma anche litografie) rappresenta nel, diciamo, acquirente il momento della ricerca, dello studio, della volontà di conoscenza, mentre il colore (perlopiù lito, acquetinte) si afferma nel momento del "piacere", della rilassatezza, del "mi godo la vita".
Ovviamente i 2 momenti possono tranquillamente essere compresenti nell'animo dell'appassionato.
Più interessante rispetto alla psicologia individuale è il prevalere dell'una o dell'altra posizione nelle epoche storiche (questo è meglio valutabile in epoche recenti, quando la grafica ha migliorato le sue possibilità di essere a colori, cosa che fino al 700 era da considerarsi una eccezione, e dovuta ad interventi manuali sulla singola stampa).
Solo per esempio, proprio nella Belle Epoque si moltiplicarono sia le ricerche per creare stampe a colori, sia la produzione delle stesse. Il pubblico voleva un po' godersela. Negli anni 70 del 900, almeno in Italia, si affermò una visione in bianco-nero legata ad un prevalere della politica di sinistra più teorizzante, soprattutto dopo la crisi petrolifera del 1973 e, attenzione, la conseguente famosa "austerity".
Poi gli anni 80 e 90 si sbilanciarono, sempre in Italia, verso il colore, ma con sottesa una drammatica superficialità. Anni della Milano da bere ...
@red, prima che lo faccia tu piazzo questo post anche in Educare il gusto